Il Mare Eco del Golfo Tigullio

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er Di Yass

er Di Yass

Ristorante Pizzeria con forno a legna

Fondato nel 1908

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

L.mare Vittorio Veneto 17-18-19 RAPALLO

Tel./Fax 0185 52603

Anno IV - n. 10 2011 • Direttore responsabile: Emilio Carta

PENSIONI Gli „onorevoli‰ vitalizi

O giornale o l'é comme l'äze, quello che ti ghe metti o porta Il giornale è come l'asino, quello che ci metti, porta (Antico proverbio genovese)

VESPASIANI Pipì sempre più difficili

VIABILIT¤ Traffico e nuvole

IL MARE è consultabile anche on line sul sito

SAN PIETRO

www.marenostrumrapallo.it

In arrivo il centro socio-educativo

Stampato in 15.000 copie - DISTRIBUZIONE GRATUITA

U-BOOT 455 Ufficializzata lÊidentità

MODI DI DIRE Un „Belìn‰ non si nega a nessuno

Associazione Culturale

Caroggio Drito

Associazione Culturale


Gli “onorevoli” vitalizi a cura di Emilio Carta

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

IL MARE

Mensile di informazione Anno IV - n. 10 2011 Edito da: Azienda Grafica Busco Editrice Rapallo - via A. Volta 35,39 rapallonotizie@libero.it tel. 0185273647 - fax 0185 235610 Autorizzazione tribunale di Chiavari n. 3/08 R. Stampa Direttore responsabile: Emilio Carta Redazione: Carlo Gatti - Benedetta Magri Elena Busco - Daniele Roncagliolo

Hanno collaborato a questo numero: R. Bagnasco - P. Bellosta - P.L. Benatti A. Bertollo - C. Gatti E. Lavagno Canacari - S. Gambèri Gallo B. Magri - B. Mancini - M. Mancini G. Massa - C. Molfino - I. Nidasio - A. Noziglia D. Pertusati - L. Rainusso D. Roncagliolo - V. Temperini Ottimizzazione grafica: Valentina Campodonico - Ivano Romanò Fotografie: Fabio Piumetti Archivio Azienda Grafica Busco La collaborazione a Rapallo Notizie è gratuita e ad invito

IN QUESTO NUMERO: 2 Vespasiani inagibili di D. Roncagliolo 3 Via Arpinati raddoppia di E. Carta 4 È lʼU-Boot 455, è ufficiale di E. Carta 6 Magdi Allam alle Clarisse di B. Magri 7 Dieci anni di URP di E. Lavagno Canacari 8 Il nuovo centro sociale di S.Pietro di A. Noziglia 9 La Vespucci compie 80 anni di C. Gatti 10/11 Rapallo Estate funziona di R. Bagnasco 12 Santa: intervista al sindaco di P. Bellosta 13 Parte il Christmas Village di I. Nidasio 15 Ricordo o sogno: alluvioni di M. Mancini 16 Come eravamo di B. Mancini 17 Belìn, un intercalare tutto ligure di E. Carta 18 Amarcord di E. Gambèri Gallo 19 Lo “sterco” di Satana di D. Pertusati 20/21 La famiglia Vaccaro di A. Bertollo 22 Natura: tempo di funghi di G. Massa 23 La musica emigrante di V. Temperini 24 Lʼantica “Corte” di P. Benatti 25 I giovani e la patente di B. Magri 26 Lʼarte di Francesco Gandolfi di C. Molfino 27 Al cinema in diagonale di L. Rainusso 29 Lettere e notizie 30/31 Gli “onorevoli” vitalizi di E. Carta

In questo momento di grave crisi economica in cui quasi tutti i lavoratori sono stati chiamati a contribuire per sanare il bilancio nazionale molti si sono ritrovati a dover stringere la cinghia sino all’ultimo buco. Altri, evidentemente più fortunati, non sono stati invece toccati da tale tsunami finanziario. Chissà, forse i loro calzoni erano retti da bretelle elastiche. Diciamolo con franchezza. A nessuno piace vivere nell’insicurezza sul futuro dei propri figli e a sacrificare il proprio benessere per il bene del Paese se non si ha perlomeno la certezza che tali interventi siano quantomeno strutturali e che ognuno faccia decorosamente la propria parte. Se però si ha la percezione che non tutti, soprattutto coloro che i sacrifici ci impongono, diano il buon esempio la questione si fa diversa. Non si può ad esempio accettare l’idea che a un cittadino qualunque si chieda, per poter percepire una pensione, di versare contributi per quarant’anni, quando ai deputati sono sufficienti cinque anni per percepire un ricco vitalizio. È una distanza quella tra il Paese reale e coloro che abbiamo votato a rappresentarci, che deve essere ridotta, anzi soppressa: non è accettabile che vi siano persone che hanno fatto il parlamentare per un giorno - ce ne sono tre - e percepiscano più di 3.000 euro al mese di vitalizio. Non si potrà mai accettare che ci siano altre persone rimaste in parlamento per sessantotto giorni, dimessisi per incompatibilità, che percepiscano un assegno vitalizio di più di 3.000 euro al mese. Non è accettabile che la vedova di un parlamentare che non ha mai messo piede materialmente in Parlamento, percepisca un assegno di reversibilità. Sono indecenze alle quali bisognerebbe porre rimedio ma ogni proposta, ogni pro-

Giggia,dimezzeranno i parlamentari, le loro pensioni e prebende, via Province e Comunità Montane...

getto di legge finalizzati a porre fine a questa sconcezza finiscono sempre in qualche gabinetto (leggasi nel cesso) e in modo bipartizan. Eppure per procedere alla soppressione degli assegni vitalizi, sia per i deputati in carica che per quelli cessati, basterebbe poco. Sarebbe sufficiente stabilire che, se il deputato svolgeva precedentemente un lavoro, i contributi trattenuti e di spettanza al parlamentare vengano versati al proprio precedente ente di previdenza, oppure al fondo che l’INPS ha creato con gestione a tassazione separata. Ciò permetterebbe ad ogni deputato di cumulare quei versamenti con gli altri percepiti nell’arco della sua vita e, secondo i criteri normali di ogni cittadino e di ogni lavoratore, percepirebbe poi una pensione conseguente ai versamenti realizzati. Proprio la Corte costituzionale, con la sentenza richiamata dai deputati-questori, ha permesso invece di dire che non si tratta di una pensione, che non esistono dunque diritti e che, con una semplice delibera dell’Ufficio di Presidenza, si potrebbe procedere nel senso sopra prospettato, che consentirebbe di fare risparmiare al bilancio della Camera e anche a tutti i cittadini e ai contribuenti italiani circa 150 milioni di euro l’anno. Un esempio? Il 21 settembre 2010 l'Italia dei Valori ha proposto l'abolizione del vitalizio che spetta ai parlamentari dopo solo 5 anni di legislatura in quanto afferSiamo mava cha tale tratsu “Scherzi tamento risultava inia parte”? quo rispetto a quello previsto dai lavoratori che devono versare 40 anni di contributi per avere diritto ad una pensione. Ecco com'è finita: Presenti 525 Votanti 520 Astenuti 5 Maggioranza 261 Hanno votato sì 22 Ogni commento è sudi Pietro Ardito & C. perfluo...

Mi scappa da ridere...


IGIENE

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di Daniele RONCAGLIOLO danironca@hotmail.it

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BAGNI PUBBLICI

Vespasiani: un serio problema di civismo S

i dice che i veri amici si vedano nel momento del bisogno. Quando però il bisogno è fisiologico, più che il sostegno morale di un amico serve un bagno. E per chi in tasca non ha un euro da utilizzare per il caffè al bar, passepartout per usufruire della toilette del locale, l’unica soluzione è cercare un bagno pubblico. Magari in fretta, perché in

da Mario

casi come questi a cambiarti la vita non è una telefonata ma un secondo. In che condizioni sono tenuti i servizi igienici cittadini?

Partiamo da quello nella frazione di Santa Maria del Campo, se non altro perché è l’ultimo arrivato. E nell’epoca della tecnologia imperante entrare in bagno è roba per smanettoni high tech, anche se in questo caso sarebbe più appropriato parlare di “ahi tech”. Nonostante il pannello esterno con tanto di bottone per ricevere le istruzioni sul display e traduzioni in 3 lingue, la porta non si aprirà mai. Tira, spingi, bussa, prega: nulla. Chi in passato ha avuto prima l’onere e poi l’onore di accedervi racconta di un Apollo 13 in salsa rapallese, con tanto di “problema” incorporato. Insomma, anche per i Bravi questo matrimonio non s’ha da fare e non resta che un’aiuola, se possibile lontana da sguardi indiscreti. Dirigendosi verso il centro li troviamo nella piazza della stazione, proprio dietro al posteggio

Trattoria a Rapallo dal 1 9 6 3

dei taxi. La puzza non si può provare su queste pagine ma c’è. Così come ci sono scritte ovunque. Ma la cosa che più inquieta accade nei bagni degli uomini rigorosamente alla turca e da non confondere con il bagno turco: qui le porte sono aperte nella metà inferiore. In pratica, per rendere bene l’idea senza scadere troppo nel trash, chi urina renderà visibili agli altri solo i piedi e parte delle gambe, mentre chi si accuccia per defecare lo farà in diretta, alla faccia della privacy e di tutte le leggi che vanno di corpo. Insomma, cose turche. Salendo le scale si arriva ai servizi igienici posti sul primo binario della stazione ferroviaria: Coccolino non si vede mentre l’odore nauseabondo si sente, eccome se si sente. Quasi un peccato avere cinque sensi. Per chi comunque trova il coraggio di entrarci, spinto dalla necessità, ecco l’amara sorpresa: della carta igienica non c’è traccia, del sapone in-

vece sì. Come a dire che se proprio si deve scegliere è meglio avere le mani pulite e il culo sporco. Questione di gusti. Proseguendo il viaggio si giunge in piazza San Francesco d’Assisi. Chi si aspetta il Cantico delle Creature dovrà accontentarsi, nell’ordine, di un vetro rotto, di un gancio appendiabiti spaccato, di muri imbrattati e dell’immancabile carta igienica che invece manca sempre. Il tour si conclude nei giardini di piazza IV Novembre. Se vedete una donna entrare nel bagno degli uomini, non pensate male. E se il vostro piccolo scende dalla giostra chiedendovi spiegazioni non addentratevi in un discorso filosofico sulla società che si tra(n)sforma: più semplicemente informatelo sul fatto che il locale per le signore e i disabili è chiuso. Sulle condizioni in cui versa è meglio non dilungarsi: è l’ennesimo bagno pubblico diventato sudicio.

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VIABILITÀ E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Emilio CARTA

LA LETTERA DEL MESE

Contestata la rivoluzione del traffico verso l’autostrada I Volontari del Soccorso, col presidente Piergiorgio Brigati, contestano le soluzioni proposte dal Comune di Rapallo per rinnovare la viabilità tra la zona “Siggi” e il casello autostradale. Ma quel progetto non pare da buttare per non restare invischiati in un colpevole immobilismo. ull’ultimo numero de “Il Mare” appare un articolo relativo alla rotonda di Siggi e al previsto doppio senso in Via Arpinati nel quale l’autore rammenta che, se è vero che in zona gravitano i Volontari del Soccorso, è pur vero che eventuali disagi derivanti dal doppio senso potrebbero essere attenuati, se non eliminati del tutto, grazie ai “dovuti accorgimenti”. Or bene, nel ringraziare Emilio Carta per essersi ricordato della nostra gravitazione in zona Sant’Anna, vorremmo prenderci due righe per sottolineare brevemente alcuni punti che ci sembrano fondamentali e che forse, a quanto pare, non sono stati chiariti a sufficienza. I problemi derivanti da un eventuale doppio senso di circolazione sulla via Arpinati non sono (solo) quelli che interesserebbero i Volontari del Soccorso (sebbene comunque ingenti), bensì le centinaia di famiglie che in Via Arpinati e dintorni vi abitano. Lo abbiamo già ribadito più volte: quella strada è stretta e iper trafficata; i marciapiedi, dove esistono, sono piccoli e stretti; gli accessi laterali sono tanti, come le attività commerciali che per andare avanti abbisognano di uno spazio libero davanti alla propria sede; i parcheggi, quei pochi, sono preziosi; gli attraversamenti pedonali, tutti e due, servono agli anziani e ai bambini che vanno a scuola e, guardateli con attenzione, è già difficile usarli oggi per passare da una parte all’altra della strada, figuriamoci con il doppio senso. Insomma i Volontari, se proprio vogliamo, sono quelli che bene o male riuscirebbero a cavarsela meglio di tutti. Visto che per definizione si adattano alle circostanze. Ecco: quel che volevamo dire al direttore de “Il Mare”, pur ringraziandolo per la sua attenta considerazione nei nostri confronti, è che tale considerazione andrebbe rivista e rivolta verso tutta la collettività della zona, perché sarà la collettività intera ad essere seriamente danneggiata. Sarebbe comunque curiosamente inte-

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ressante scoprire cosa intenda quando parla dei “dovuti accorgimenti” sufficienti, a suo dire, per lenire i disagi (Semafori? Rallentatori? Limiti di velocità? Oppure che dovremo guardare a sinistra e a destra prima di attraversare invece che da una parte sola?) ma, forse, è meglio lasciar perdere e fermarci qui. In fondo non è nostro compito andare oltre. Comunque è vero. Noi volontari siamo profondamente preoccupati da questo insano progetto. Abbiamo il dovere di esserlo, per istinto di conservazione, per autodifesa, per voglia di vivere e di lavorare bene. E’ un’assurdità che ci danneggerebbe moltissimo su svariati fronti. Tuttavia, per vocazione, siamo ancor più preoccupati non tanto per noi stessi quanto per gli altri. La vena altruistica e solidale che appartiene al nostro dna ci spinge, forse inconscia- mente, a difendere e soccorrere i soggetti più deboli di noi, quelli che, purtroppo, nessuno prende più in considerazione, come cinicamente dimostra il citato articolo de “Il Mare”. Perché gli altri, i deboli, i bambini, gli anziani, i disabili, i lavoratori della zona, quelli che hanno una finestra o un balcone su Via Arpinati, quelli che agiscono da soli e, come tali, non fanno paura a nessuno e quindi nessuno li ascolta, essi tutti ci sono, esistono, e in silenzio sopportano ogni angheria con dignitosa rassegnazione. Difendere loro è l’unico modo che abbiamo per difendere noi stessi e, ci crediate o meno, si tratta di un grandissimo privilegio. Certo, dice bene Emilio Carta: meglio sperimentare idee nuove che stare con le mani in mano ad aspettare Godot. Ma se, diciamo noi, facendo lavorare le mani la situazione diventa peggiore di quel che era prima (vedi rotonda autostradale: la causa di tutto) allora, santo cielo, aspettiamolo pure questo Godot… e dio ci scampi dal suo arrivo. Piergiorgio Brigati Presidente Volontari del Soccorso

TRAFFICO E NUVOLE

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ispondo all’amico Brigati, presidente della benemerita associazione dei Volontari del Soccorso nonché consigliere comunale di opposizione. Ha ragione quando parla delle negative ricadute sulla popolazione di via Arpinati che pure è già oggetto di un carico di traffico intenso. Anche io sono, nel mio piccolo, un assertore “senza se e senza ma” della qualità della vita di ognuno di noi: da via Arpinati a via della Libertà, da via Mameli alle vie Milano e Torino per non parlare di via Betti e sicuramente ne dimentico qualcuna ugualmente preda con i loro abitanti delle “sardomobili”. L’inquinamento da polveri e idrocarburi in certe aree del centro supera spesso i limiti di legge e questa situazione si verifica da anni, dal dopoguerra ad oggi, con il continuo proliferare delle auto ed ha un suo peccato originale nella malaugurata realizzazione di tanti edifici l’uno a ridosso dell’altro o dei torrenti. Si è costruito tanto e male e meglio di noi non stanno certe località del ponente (scarsa e amara soddisfazione). Tornando a Rapallo sappiamo che oggi siamo al collasso e mi chiedo sgomento: cosa è stato fatto in tutti questi anni dai nostri pubblici amministratori? Niente di niente. Negli ultimi anni ci siamo addirittura crogiolati all’idea di un tunnel salvatutto, guardando il dito del profeta anziché la Luna da lui indicata e abbassando colpevolmente la guardia e proni nella speranza di un Dio minore che ci risolvesse la situazione. La verità è che quel tunnel non vedrà mai la luce - lo san tutti ma nessun lo dice - mentre ad ogni fine mandato (co-

munale, provinciale, regionale etc.) ci verrà assicurato che i finanziamenti ci sono, e che un qualche progetto risolutivo è ormai alle porte. In quanto alla rotonda “Siggi” trovo che la viabilità sia migliorata e il traffico sia più scorrevole. E non lo dico solo io. In quanto al terribile ingorgo verificatosi a metà ottobre che tanto sdegno ha provocato (forse perché è capitato al direttore de Il Secolo XIX?) non foderiamoci gli occhi di prosciutto: gli imbottigliamenti in quella zona si verificano da trent’anni, in particolare durante i maxi esodi e allora c’era il semaforo che oggi si vorrebbe far credere causa di questo sconquasso. Nelle giornate “feriali” la rotonda serve, eccome, e il traffico è più scorrevole. Per questo motivo, e non altri, ritengo che una sperimentazione lungo le vie Arpinati e Sant’Anna, così prevista, possa tamponare in qualche modo la situazione. SI fa sempre in tempo a tornare indietro e almeno si potrà dire che è stato fatto qualcosa, un po’ come gettare un sasso nello stagno e vedere a quali risultati porta. Caro Piergiorgio, non sono un tecnico e neppure un pubblico amministratore ma solo un rapallese che ama la sua città in modo viscerale e che crede di vivere in uno dei posti più belli al mondo. Sono anche un rapallese cui piange il cuore nel vedere marcire come un fiore putrescente la propria città. Il problema della viabilità quando si coniuga con una scarsa comunità d’intenti fra coloro che siedono periodicamente sugli scranni del consiglio comunale, lasciamelo dire, caro Brigati, intristisce. Un abbraccio. Emilio Carta


“Progetto Liguria 2012 il cambiamento” INVITO PUBBLICO: 21 dicembre 2011 ore 21.00 Caffè Centrale Cittadina e cittadino di Rapallo, e iscritti al movimento

“LIGURIA MODERATA - LIBERALI CRISTIANI”

Massimo

PERNIGOTTI

Siete invitati al quinto appuntamento di ascolto pubblico che si terrà in data mercoledì 21 dicembre 2011 alle ore 21.00 presso il Caffè Centrale a Rapallo in piazza Cavour al piano primo. Come per le precedenti riunioni pubbliche siete invitati a dire il Vostro pensiero sui problemi della città e sulle priorità che sentite come urgenze da risolvere. Sembra tutto scontato, ma noi vogliamo cambiare metodo. Dall’ascolto delle Vostre istanze sarà impostato il programma per la città di Rapallo. Vi chiediamo di partecipare. Noi abbiamo il coraggio di cambiare. Ma è necessaria la Vostra forza la Vostra partecipazione. Se nel quarto appuntamento avevamo ascoltato le categorie cittadine che hanno avuto il coraggio di esporsi senza timore, nel prossimo incontro del 21 dicembre detteremo insieme le LINEE GUIDA PER LE SCELTE POLITICHE DEL 2012 e le alleanze in vista delle elezioni amministrative. In qualità di consigliere provinciale eletto nel 2007, dopo il lavoro svolto in Provincia in questa legislatura (che trovate completamente sul mio sito da inizio mandato), credo che potrete riporre fiducia in ciò che stiamo proponendo e organizzando per il bene della nostra città.

Partiamo da lontano senza cercarvi il giorno prima delle elezioni!

Massimo Pernigotti

E GLI ISCRITTI AL MOVIMENTO VI ASPETTANO massimo@pernigotti.net – www.pernigotti.net – 3272878467 cellulare


MARE NOSTRUM E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Emilio CARTA

SCOPERTE

Identificato ufficialmente il “sommergibile di Portofino” Si tratta dell’U Boot 455 scomparso il 6 aprile 1944. La verifica è stata illustrata in occasione della manifestazione “Mare Nostrum”, cui hanno partecipato numerosi esperti ell’ambito della manifestazione Mare Nostrum 2011 alla sala congressi del Gran Caffè Rapallo sabato scorso si è tenuto il convegno-dibattito sul tema “U Boot 455: svelato l’ultimo mistero”. All’incontro era presente un folto pubblico di appassionati ed esperti tra cui anche numerosi soci dell’associazione AIDMEN (Arte e documentazione marinara), di aderenti al gruppo Betasom e dagli amici del Museo marinaro di Chiavari guidati dal presidente Ernani Andreatta. L’incontro promosso dall’associazione Mare Nostrum Rapallo era coordinato dal presidente com.te Carlo Gatti e si avvaleva quali relatori della presenza di Emilio Carta e Lorenzo Del Veneziano autori del libro storico illustrativo “Il mistero dell’U Boot 455 – ventinove immersioni fra i relitti della provincia di Genova”. Durante l’incontro sono state dibattute le varie teorie sull’identità del sottomarino scoperto ad una profondità di oltre 100 metri dal noto sub Lorenzo Del Veneziano che per primo lo aveva filmato e fotografato scatenando l’interesse di storici ed esperti. Il sottomarino oggi si presenta con la prua rivolta verso l’alto mentre la parte poppiera si era praticamente disintegrata per lo scoppio di una mina la notte del 6 aprile 1944.

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A dividere gli esperti sulla certa identità del sommergibile era una grossa rete a strascico che copriva parzialmente lo scafo impedendo di fatto di verificare se il relitto avesse le mitragliere o meno. “Ciò avrebbe reso inconfutabile che il sommergibile tedesco fosse operativo e non un vecchio sottomarino portato alla demolizione – spiega Lorenzo Del Veneziano – In una successiva esplorazione, perfezionata assieme ad altri esperti sub, siamo riusciti a tranciare quella rete e a sollevarla parzialmente. Ciò ha evidenziato la presenza dei supporti delle mitragliere le cui canne si sono probabilmente spezzate sotto la pressione della pesante rete all’atto della sua rimozione”.

Sulla destra del relitto, si nota il supporto della mitragliera

“A spezzare le ultime perplessità, se ancora ce ne fosse stato bisogno, è stato il ritrovamento di una mitragliera da 37 mm parzialmente infossata nel fango scoperta ad una distanza di una ventina di metri dal relitto dell’U Boot 455 – aggiunge Lorenzo Del Veneziano – A dirla tutta, insomma, il sommergibile era pienamente operativo e si chiude così il cerchio delle ipotesi: l’U Boot U 455 era l’unico che ancora mancava all’appello nel Mediterraneo e gli archivi tedeschi lo confermano. Speriamo che nessuno tenti di penetrare all’interno di quel battello divenuto un sacrario di guerra contenente i corpi dei 54 uomini dell’equipaggio.

Tutti i Gioved ì torna

GIROPIZZA!


INCONTRI E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Benedetta MAGRI

RELIGIONI

Magdi Cristiano Allam riempie le Clarisse Lo scontro tra islam e cristianesimo in Europa affrontato dal Lions Club Rapallo ieci minuti prima dell'incontro la sala era giá piena e non poteva più entrare parte della cittadinanza. L'auditorium delle Clarisse di Rapallo, infatti, alle 18.00 ospitava l'incontrodibattito con Magdi Cristiano Allam ed è cominciato alla presenza di un teatro rosa confetto gremito e una quindicina di persone fuori che ascoltavano l'incontro tramite altoparlanti. Tale occasione di dialogo è stato organizzata dal Lions Club Rapallo, con l'aiuto del Leo Club Rapallo - Santa Margherita Ligure - Portofino. Ragione, legittimo amor proprio, valori radicali e opere concrete sono state le parole chiave del discorso di Magdi Cristiano Allam, eurodeputato di "Io amo l'Italia", che hanno interessato la platea. L'evento, infatti, è stato accolto positivamente dalla popolazione locale ed era presente un target molto variegato: soci Lions, rappresentanti cattolici e politici locali, ma anche cittadini di ogni tipo. In primis c'è stato il saluto del Presidente del Lions Club di Rapallo, Alberto Cipolla. Poi il Sindaco Mentore Campodonico si è concentrato sull'importanza del problema connesso alla convivenza di religioni molto differenti in Italia, scegliendo un metodo in linea con quello di Magdi Allam. "L'analisi politica non basta se non è supportata da un'analisi profonda del problema: la religione, la cultura, lo stato. Tenendo conto dei flussi migratori. Bisogna approfondire, riflettere, dibattere, ricordando i valori di umanitá e civiltá. E' necessario uno sviluppo della nostra capacitá di analisi e volontá di produrre soluzioni che passino dal reciproco rispetto. Si tratta di un cammino difficile e lungo." L'ospite, Magdi Cristiano Allam, ha la tara caratterizzante del giornalista e la esprime nei suoi discorsi, che riportano dati precisi e fatti di cronaca recente. Ha iniziato a rivolgersi all'auditorium con una precisazione. "C'è un equivoco di fondo: la sovrapposizione della dimen-

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sione della religione con le persone, perchè quella religiosa ha una stabilitá nel tempo e nello spazio per le parole e le opere di un profeta, ma le persone mutano per la loro specificitá. Le due dimensioni non possono essere sovrapposte, perchè portano a derive come il relativismo (...) e il razzismo. Due mali che stanno minando dall'interno la civiltá. Necessaria la capacitá di rimettere al centro la ragione, non si possono assumere acriticamente delle posizioni." Sono dunque due gli errori legati a questa sovrapposizione: rifiutare la religione e quindi coloro che la praticano, oppure accettare coloro che la praticano e acriticamente anche la loro religione. Esiste una via di mezzo? Un metodo di ragionamento differente in cui porre religione e persone credenti su due piani diversi. "Noi in Europa siamo fragili, perchè non abbiamo la certezza delle nostre radici e dei nostri valori. Bisogna riportare al centro la ragione e poi il passo successivo è il riscatto del legittimo amor proprio. Si tratta della traduzione della parola "ama il prossimo tuo come ami te stesso". " Per Magdi il nostro continente va rafforzato con valori forti e questo potrebbe essere il primo. Infatti, al momento il nostro collante è una moneta: l'Euro e noi siamo schiavi della materialitá. Per questo l'Euro non è una garanzia e non ha risolto i nostri problemi, non abbiamo la consapevolezza delle nostre radici, in tal modo ci "concepiamo come landa deserta. Ció stimola l'appetito di alcuni di essere destinatari della missione di compiere un cambiamento in un territorio dove non ci siano più ricchezze". Poi il discorso si sposta sul tema della costruzione di moschee in Italia. Il punto focale sembra essere un'ipocrisia tutta italiana: siamo favorevoli alla libertá religiosa, ma non ad avere un moschea davanti a casa nostra. Questo tema "rappresenta una realtá fortemente problematica. Prima di costruire altre mo-

Da sinistra, Mentore Campodonico, Magdi Allam e Alberto Cipolla

schee oltre le 900 che giá abbiamo, dobbiamo avere la consapevolezza che operino nella completa legalitá e diffondano valori come la sacralitá della vita di tutti e la pari dignitá tra tutti le persone, donne comprese." Se nelle moschee si operasse come nelle sinagoghe e nelle chiese si avrebbe un tradimento del corano, ma la nostra cultura sarebbe rispecchiata. Su questo Magdi Allam pone un interrogativo: perchè non lo richiediamo? Per motivi economici. In ogni caso, il rapporto con i musulmani non deve portare a negare noi stessi a casa nostra, dobbiamo attuare un processo di emancipazione interiore, che non puó essere delegato a qualcunaltro o cadere dall'alto. In questo modo si assicurerá che ovunque nel mondo si crei un rapporto positivo tra le varie religioni di persone che condividono valori non negoziabili e che credono nel bene comune. Moderatore dell'incontro era il Direttore de "Il Secolo XIX" Umberto La Rocca, che si è dichiarato non pienamente d'accordo con Magdi Cristiano Allam, peró in linea con il problema delle moschee e l'atteggiamento degli italiani nei loro confronti. "In generale - spiega La Rocca - si

tende a sottovalutare che, come la nostra, anche le altre civiltá evolvono. E' in corso una trasformazione lenta e molto faticosa, che peró c'è. Magdi Allam non considera possibile l'esistenza di un islam moderato, ma gli islamici moderati esistono e in Italia crescono." Magdi Allam non è d'accordo e nuovamente porta esempi tratti dall'attualitá, dell'involuzione islamica e della richiesta di maggiore incidenza a livello politico. Si parla poi del basso tasso delle nascite e Magdi individua come soluzione un aiuto verso le famiglie nel poter avere le condizioni economiche per mantenere un maggior numero di figli, non di aiutarsi coi figli degli immigrati, e l'uditorio si trova ad approvare quanto detto dal relatore ospite. Il dibattito è stato molto partecipato e ricco di domande per affrontare le problematiche dell'attualitá, come l'ingresso della Turchia nell'Unione Europea, che l'eurodeputato non ritiene possibile e giusto. La platea era nettamente divisa tra coloro a favore della posizione di Magdi Allam e altri su posizioni opposte. Dopo oltre 2 ore di incontro Magdi Allam si è recato a cena con i soci Lions e altri ospiti e ha affrontato il difficoltoso tema della politica italiana.

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È un dispositivo collegato al telefono di casa che, in caso di emergenza, semplicemente premendo un tasto di un piccolo telecomando che lʼutente porta sempre con sè, invia un allarme alla Centrale Operativa che provvede ad avvertire le persone preindicate o ad inviare soccorso secondo la necessità.

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SOCIETÀ E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Elena LAVAGNO CANACARI

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INFORMAZIONE

L’importanza dell’informazione e della comunicazione nella Pubblica Amministrazione URP – Ufficio per le Relazioni con il Pubblico del Comune di Rapallo - Decennale della costituzione ieci anni fa, nel mese di ottobre 2001, veniva inaugurato presso il Comune di Rapallo l' URP - UFFICIO PER LE RELAZIONI CON IL PUBBLICO punto di contatto qualificato tra Amministrazione Comunale e cittadini, destinato a svolgere un ruolo strategico per la sua collocazione come primo e diretto interlocutore degli utenti. La struttura, avviata sotto l'impulso del Sindaco allora in carica dott. Roberto Bagnasco e concretizzata dalla Commissione Consiliare presieduta dal Consigliere Comunale Elena Lavagno Canacari, fruì dell'apporto fattivo dell'Arch. Magnani, che trovò ed attrezzò lo spazio idoneo nell'atrio di ingresso del Palazzo Comunale sito in Piazza delle Nazioni n. 4. L'introduzione degli Uffici per le Relazioni con il Pubblico nell'ordinamento italiano si colloca nella più ampia cultura della trasparenza amministrativa e nella crescente attenzione verso la qualità dei servizi ed il rapporto istituzioni – cittadini. E' infatti attraverso l'URP che spesso il cittadino stabilisce il primo contatto con la realtà amministrativa dell'Ente Locale ed è in questo momento che la facilità di accesso alle informazioni e l'efficienza delle risposte ricevute, diventano il criterio di valutazione privilegiato dell'efficacia dell'intero apparato comunale e della capacità di soddisfazione dei fabbisogni da parte degli amministratori. La legge di istituzione degli URP è datata 3 febbraio 1993, ma è soltanto con la legge 150 del 2000 che all'URP sono state assegnate nuove funzioni, ampliando il ruolo ed i compiti di tale struttura e prevedendo specifiche professionalità per il personale addetto.

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L'art. 8 della Legge 150/2000 assegna all'URP le seguenti funzioni : • Garantire l'esercizio dei diritti di informazione, di accesso agli atti e di partecipazione. • Agevolare l'utilizzazione dei servizi offerti ai cittadini, anche attraverso l'informazione sulle disposizioni normative e amministrative, sulle strutture e sui compiti dell'amministrazione. • Promuovere l'adozione di sistemi di interconnessione telematica, coordinare le reti civiche, promuovere e gestire la comunicazione istituzionale on line. • Promuovere l'ascolto dei cittadini ed i processi di verifica della qualità dei servizi e di gradimento degli utenti. • Garantire lo scambio di informazioni fra l'ufficio e le altre strutture operanti nell'amministrazione, promuovendo e organizzando la comunicazione interna. • Promuovere la comunicazione interistituzionale, attraverso lo scambio e la colla-

borazione tra gli URP delle altre amministrazioni. Al di là di queste funzioni istituzionali, l'URP di Rapallo ha assunto negli anni altri compiti estremamente importanti, tra cui: • Orientamento e consulenza ai cittadini, fornendo informazioni chiare e immediate sui meccanismi burocratici, organizzativi e procedimentali che regolano l'Ente. • Promozione dell'immagine del Comune, attraverso la cortesia, la disponibilità e l'accuratezza delle risposte che vanno ben oltre il semplice dovere d'ufficio. • Spiegazione delle motivazioni e delle scelte compiute dal Comune, mediante il contatto diretto con i cittadini per una più efficace comunicazione. Funzioni che si possono sintetizzare in: garanzia di accesso ai servizi, ascolto delle esigenze, promozione dell'innovazione e della semplificazione, verifica della soddisfazione del cittadino. A titolo statistico, si segnala che nell'anno 2010 i cittadini che hanno fruito dei servizi dell'URP hanno raggiunto il numero di 23760 unità, quantificabili in circa 90 presenze al giorno, un traguardo lusinghiero ed impegnativo, basato sulla qualità del servizio come elemento fondante. Questa ricorrenza dell'istituzione di un importante servizio per i cittadini prestato dal nostro Comune, ci offre l'occasione per parlare della notevole importanza sociale che rivestono oggi l'informazione e la comunicazione e del ruolo determinante che hanno assunto in ambito economico, politico, del marketing e delle relazioni interpersonali. Oggi il successo di una campagna elettorale, di un'azienda, di un prodotto o anche di un semplice messaggio, dipende dalla strategia di comunicazione e di informazione che viene adottata. Tutti sappiamo che la democrazia si basa su tre poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario, ma l'informazione è definita il quarto potere che può modificare le regole democratiche di una nazione. Il cittadino informato può decidere, quello disinformato crede di decidere. Leggere un contratto, avere consapevolezza dei propri diritti, conoscere le norme legislative vigenti, ottenere informazioni giuste, tenersi aggiornati sugli avvenimenti della vita civile e politica, scambiare informazioni ed esperienze, ampliare le proprie conquiste culturali e non vanificare quelle ottenute, sono alcuni modi per potersi orientare e sapersi muovere nel mondo moderno. A questo scopo abbiamo una molteplicità di strumenti di diffusione, come non era mai esistita nella storia dell'umanità. Basta pensare ai giornali, alla radio, alla televisione, al cinema e, ultimo arrivato ma

forse primo per importanza, internet. Questa pluralità di mezzi a disposizione è senza dubbio una risorsa, ma è anche un problema perchè non abbiamo ancora imparato ad usarla nel modo giusto. Da circa trent' anni diciamo che siamo entrati “nell'era della comunicazione” e speravamo che avremmo risolto tutti i problemi della società e della cultura. Ma è veramente così ? L'informazione e la comunicazione sono sempre giuste, obiettive ed efficaci? Oggi viviamo in mondo che ci subissa di informazioni, a tutti i livelli, che usa la comunicazione di massa come mezzo per entrare non solo nelle nostre case, ma nelle nostre coscienze e le manipola, le piega ai suoi voleri, le trasforma, crea quella che viene chiamata “cultura di massa”. Lo scrittore Umberto Eco in un suo libro dal titolo “Apocalittici e integrati: comunicazione di massa e teorie della cultura di massa” elenca alcuni capi di accusa precisi contro la comunicazione di massa: I mass media diffondono su tutto il globo una “cultura “ di tipo omogeneo, distruggendo le caratteristiche culturali proprie di ogni gruppo etnico; incoraggiano una visione passiva ed acritica del mondo, che elimina ogni sforzo personale per il possesso di una nuova esperienza; tendono ad imporre simboli e miti dalla facile universalità, creando dei “tipi” di immediata riconoscibilità, e quindi riducono al minimo l'individualità e la concretezza delle nostre esperienze; incoraggiano una immensa informazione circa il presente, riducendo nei limiti di una cronaca attuale anche le eventuali riesumazioni del passato, e intorpidiscono perciò ogni coscienza storica. Tendono infine a provocare emozioni vive e non mediate in quanto, invece di simboleggiare una emozione e di rappre-

sentarla, la provocano, invece di suggerirla la consegnano già confezionata. Sacrosante parole, quelle di Umberto Eco, che ci fanno riflettere sugli innumerevoli messaggi che ci vengono lanciati quando , per curiosità, per necessità o per divertimento ci avviciniamo ai moderni mezzi di comunicazione di massa, correndo il rischio che qualcuno o qualcosa ci incanali dove non abbiamo alcuna intenzione di andare. Troppe sirene ci allettano e ci tentano. La saggezza consiste nel girare al largo dalle loro trappole e andare dove ci spinge il desiderio legittimo di conoscere e la curiosità di imparare. Tutto il resto è inutile e pericoloso. Di fronte a queste considerazioni, è di tutta evidenza quanto sia importante un sistema di informazione e di comunicazione obiettivo, equilibrato e rigoroso. E questo sistema deve essere essenzialmente adottato dalla Pubblica Amministrazione che deve interagire con il cittadino fornendo messaggi chiari, comprensibili, realistici, che possano consentire allo stesso di muoversi nei meandri delle leggi, dei regolamenti e dei vari adempimenti a cui è giornalmente tenuto nell'ambito della sua vita privata, sociale e politica. Qualcuno ha giustamente asserito che l'informazione e la comunicazione servono a dare visibilità all'attività della Pubblica Amministrazione, garantendo correttezza e trasparenza, trasformando i “palazzi del potere” in case di vetro nelle quali, al centro, ci siano gli interessi dei cittadini. Solo in questo modo l'informazione e la comunicazione assolvono il loro compito prezioso e determinante di servizio alla comunità e di miglioramento delle relazioni tra Pubblica Amministrazione e cittadini.


SOCIALE E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Annalisa NOZIGLIA

FRAZIONI

S. Pietro di Novella: il nuovo centro socio educativo

A quasi un anno dal nostro ultimo sopraluogo siamo tornati nella parrocchia di San Pietro di Novella per vedere come procede la costruzione del nuovo centro sociale. Intervista a Don Beppe Culoma bbiamo incontrato nuovamente il parroco Don Giuseppe Culoma che ci ha illustrato dettagliatamente il proseguo dei lavori e ci ha accompagnato a visitare la struttura ormai completa degli intonaci esterni, pronta per la realizzazione di tutti gli impianti: elettrico, di riscaldamento e di condizionamento. L'opera costerà complessivamente alla parrocchia 1.200.000 euro di cui la Chiesa ha già contribuito direttamente con 410.000 euro attraverso i fondi dell'8 per mille; inoltre, sono stati erogati 250.000 euro da parte della Regione Liguria; 80.000 euro dalla Fondazione Carige; 60.000 euro dal Comune di Rapallo; 100.000 euro sono stati ricavati, nonostante la crisi, dalle svariate raccolte promosse dal parroco sul territorio. Per avere la liquidità necessaria per proseguire i lavori a ritmo sostenuto il Parroco ha deciso di accendere un mutuo da 600.000 euro che gradualmente, man mano che entreranno i vari contributi, verrà estinto; l'obbiettivo è di lasciare un mutuo di soli 300.000 euro a lavori ultimati. Don Culoma, approfitta di questa occasione per ringraziare ancora una volta tutti coloro, enti pubblici e privati, che hanno contribuito e che vorranno ancora contribuire alla costruzione di questo edificio che senza ombra di dubbio sarà di grande utilità alla comunità di San Pietro e non solo. I lavori procedono a ritmo serrato tanto che Don Culoma ha già ipotizzato una data per l'inaugurazione che è stata infatti fissata per il 25 maggio 2012, alla

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quale interverrà Mons. Alberto Tanasini Vescovo della Diocesi di Chiavari. Ovviamente questa data potrebbe subire variazioni nel caso in cui dovessero presentarsi intoppi o ritardi di vario genere. Man mano che progrediscono i lavori aumenta la consapevolezza della funzione che questo centro socio educativo dovrà compiere. Inizialmente si parlava di un centro polivalente, oggi la missione di questo luogo ci pare abbia preso forma in modo specifico. Il centro sarà un luogo sociale ed educativo al tempo stesso, sarà dedicato ai giovani e alle loro esigenze ma non un posteggio, verrà invece adibito ad accompagnare le nuove generazioni in quelle che sono le difficoltà scolastiche e lavorative tipiche della loro età. Afferma Don Culoma: «Avevo in mente una cosa, o meglio ancora, avevo una reazione e una specie di arrabbiatura, perché mi sembrava e mi sembra che i giovani di oggi non siano presi sul serio. Tutto quello che infatti si fa per i giovani di oggi, spendendo miliardi, è aiutarli nel tempo libero, nei loro passatempi. Questa constatazione mi ha fatto pensare che il vero aiuto che si dà ad una persona non è ampliare il suo divertimento, ma condividere il bisogno che vive. ... Allora mi sono detto, e ho detto ad alcuni insegnanti: "mi piacerebbe provassimo a fare diversamente dagli altri". Mentre tutti illudono questi ragazzi dicendo loro "Ma sì, non importa, l'importante è il parco giochi", noi invece dobbiamo dire: "No. Proviamo ad affrontare insieme il bisogno

L’angolo di Rossella* Il primo giorno di ottobre. Diversi anni fa la fatidica prima campanella suonava quel giorno. Magari... diremmo tutti noi giovani, soprattutto quest'anno, che l'estate sembrava non finire mai...e l'acqua era ancora gradevole, seppur fredda, verso la metà di ottobre..:) Quest'anno, migliaia di studenti hanno ripreso la propria "attività cerebrale" tra il 12 e il 19 settembre. Noi della Liguria siamo stati i primi. Io, come molti altri, ho compiuto il grande salto, ho iniziato l'avventura delle superiori, e mi piace molto. ... Le prime verifiche, interrogazioni, i voti... e i pagellini di novembre. La scuola però non è semplicemente costituita dalle insopportabili (non per tutti ;) interrogazioni, ma è il posto in cui si afferma il carattere di una persona, in cui si scoprono e si apprendono informazioni interessanti, si tessono nuove relazioni, e la nostra cultura generale aumenta. Ma ovviamente non esiste - e non deve esistere - uni-

che avete!» La sfida è grande e il servizio che questo centro farà al nostro territorio è senza dubbio di primaria importanza, aiutare i giovani nelle loro necessità siano esse scolastiche o lavorative, nei bisogni che la vita di tutti i giorni presenta è una missione di cui la nostra società ha urgente bisogno, oggi più che mai. La vecchia formula dell'oratorio, già utile per le famiglie e per l'educazione dei più piccoli, può essere quindi rinnovata e completata da un'offerta socio educativa mirata alle problematiche specifiche dei ragazzi. Certamente se Rapallo saprà sfruttare quest'offerta ne trarrà un grande beneficio, poiché educare i giovani di oggi significa mettere le basi per una società di uomini e donne migliori per il futuro. La visita all'edificio è stata decisamente

sorprendente, in particolar modo ci ha colpiti il salone sito al primo piano: un vero gioiello, una sala congressi che sarà dotata di tutti i comfort, essa vanta inoltre uno splendido soffitto ligneo con travi a vista che certamente non può passare inosservato! In definitiva siamo rimasti davvero colpiti sia per il proseguo dei lavori materiali che per la nobile veste che questo centro presto assumerà. Ancora tante saranno le iniziative di raccolta fondi che verranno effettuate; chi volesse contribuire è come sempre il benvenuto, ognuno secondo le proprie possibilità, e nella certezza che tutto il ricavato verrà concretamente investito per l'edificazione di un luogo che sarà un concreto aiuto per i giovani di oggi e di domani.

Il primo giorno di ottobre... camente lo studio nella vita degli adolescenti odierni. Svago primario, molto comune, è l'uscire con gli amici. O meglio, "fare le vasche nel "Caroggio Drito". Sì, sono d'accordo, ma non ha molto senso, tutti i giorni gli stessi volti, lo stesso tratto di strada, gli stessi argomenti, gli stessi negozi, la stessa monotona quotidianità. Esistono invece molte altre occasioni, tra cui le visite ai musei e alle pinacoteche, la danza, il canto, l'opera, i concerti, il cinema, il teatro. Tutte attività da "vecchietti", si potrebbe erroneamente pensare... Ma ci avete almeno mai provato? Esempio. L'anno scorso il Palazzo Ducale di Genova ha ospitato la mostra "Mediterraneo- da Courbet a Monet a Matisse", nella quale erano presenti 80 quadri di artisti famosi provenienti da tutto il mondo. Per il mio colloquio interdisciplinare dell'esame di licenza media avevo deciso di parlare dell'Impressionismo e mi sono servita, per esporre, di cartoline di alcuni quadri acquistate proprio in quell'evento. Que-

sto dimostra che è di utilità pratica per la scuola arricchire il proprio patrimonio di conoscenze. Tra poco sarà aperta al pubblico la mostra "Van Gogh e il viaggio di Gauguin". Incoraggio vivamente a visitarla perché si potranno ammirare 105 capolavori (da Turner a Monet, da Hopper a Kandinsky) e lettere originali di Vincent Van Gogh mai esposte nel nostro Paese.. Magari ci incontreremo.. L'arte è un dono che ognuno porta racchiuso in sè stesso e che può esprimersi in modi differenti, tutti meravigliosi nella propria distinzione. Sarebbe veramente un peccato lasciarsi scivolare dalle dita l'occasione di un'osservazione reciproca delle emozioni...Perciò.. non solo "vasche", aggiungiamo la cultura!!


STORIE DI MARE E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Carlo GATTI

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SAN FRUTTUOSO

La nave scuola Amerigo Vespucci compie 80 anni I

l comandante del Vespucci é un Capitano di Vascello “specializzato” alla Scuola Comando di Augusta come tutti gli ufficiali che aspirano al comando di una nave militare italiana, ma non deve essere necessariamente un raffinato velista, anche se nel destino di questa Nave brillò una stella di prima grandezza che si chiamava Agostino Straulino. Questo grande Ammiraglio, insieme al genovese Nicolò Rode, illuminò la nostra giovinezza con numerose vittorie Mondiali ed Olimpiche con il Merope III nella classe Star, quando la tecnologia non mortificava ancora il talento, quando le barche avevano un nome e non una sigla. “Il vento lo devi sentire sul viso e solo allora puoi valutare”. Poche parole, ma erano il suo “credo”. Il mago del vento assunse il comando del Vespucci nel 1964 con i gradi di Capitano di Vascello e in quel periodo della Campagna di Istruzione, gli allievi videro cose magnifiche. Non era mai successo prima e neppure dopo che una nave a vela affrontasse quello stretto “passaggio” con quel vento rinunciando al motore. Ma di Straulino si ricordano soprattutto le imprese di un celebre viaggio quando riuscì ad ormeggiare il veliero italiano a Portsmouth, Amburgo, Kiel, Helsinki, Stoccolma ed Oslo manovrando le vele e fu un vero trionfo per la marineria italiana. Si dice che la manovra sia un’arte e l’olimpionico Straulino compì la sua opera maggiore a Cowes (U.K.) quando entrò a vela ed ormeggiò perfettamente il Vespucci tra un incrociatore ed una portaerei strappando l'applauso della popolazione locale e della stampa mondiale. Dall’epoca di Straulino sono passati quasi 50 anni ed il ricordo di quel grande marinaio é entrato ormai nella leggenda ma, strano a dirsi, il suo spirito rivive ancora a bordo del veliero, reincarnato nella mente di un altro campione del vento e delle manovre veliche: il

Nostromo (1° Nocchiero in Marina M.), l’ultimo dei quali resiste a bordo da ben 16 anni e quest’insolita permanenza la

dice lunga sulla difficoltà di reperire uomini capaci d’imbrigliare il vento. A dire il vero, la nave scuola Vespucci naviga spesso a motore e dedica alla scuola velica quel numero di ore prescritto per la formazione professionale degli allievi ufficiali dell’Accademia. Quando ciò avviene, si spengono gli apparati di bordo e nel silenzio più assoluto rinasce l’atmosfera antica di un’epoca che non c’é più. La ciurma si nutre di vento, di fruscii, di sciabordii d’acqua che frangono lungo lo scafo obbedendo agli ordini modulati del fischietto del nostromo, il “tramite” tra la forza della natura ed il bordo che esegue le manovre per avanzare tra le onde. Il nostromo consiglia le manovre al comandante e le ordina allo stesso tempo. Avete indovinato, il nostromo é proprio come il pilota portuale di una nave che manovra nelle vicinanze e dentro un porto qualsiasi del mondo. Il più esperto in quella fase della navigazione assume il controllo della nave. Nella navigazione a vela, il nostromo diventa il suggeritore e l’operatore nello stesso tempo che non toglie il comando al capitano di vascello, al contrario, lo arricchisce. Da questo bel discorso s’intuisce che il rapporto tra nostromo e comandante non é sempre idilliaco, e un uccellino mi ha bisbigliato in un orecchio che é quasi sempre il nostromo ad avere la meglio... La sua esperienza velica é al di sopra di ogni discussione più o meno “accademica”. Ma non é soltanto una realtà dei nostri tempi, la letteratura marinara dei secoli passati ci racconta di velieri affidati a giovanissimi comandanti perfettamente integrati con nostromi veterani di Capo Horn. A questo punto vi chiederete: ma chi comanda a bordo del Vespucci? La risposta é molto semplice! Il responsabile é sempre il comandante, anche quando a bordo sono imbarcati numerosi specialisti-laureati (medici, commissari, ingegneri ecc...). Tuttavia, per quanto riguarda il mondo velico, il nostromo ha forse 10 lauree, il Comandante lo sa ed “abbozza”. Da questo status symbol meritato sul campo, ne deriva un personaggio che rappresenta il punto di riferimento dell’equipaggio. E vi chiederete ancora: Ma é così esclusiva la maestria del nostromo? Si! E’ un’arte carismatica molto difficile da apprendere nelle aule scolastiche e ve lo spiego con alcune cifre. La nave scuola Amerigo Vespucci ha una superficie velica di 3.000 metri quadrati. La metà esatta di un campo da calcio. 32 sono i chilometri di cordame diviso in manovre fisse e correnti. Ad ogni curva una cima qualsiasi cambia nome e funzione. Le vele sono 26 ed ognuna funziona come un’elica a passo variabile. Tutti i sottufficiali di coperta e i marinai prendono ordini dal 1° nostromo, il coordinatore assoluto di

tutta la tela (vele), la canapa (cavi–cimedraglie) e l’attrezzatura (argani-ancorebozzelli, pastecche, pennoni, caviglie......) Alcuni anni fa il Vespucci sfidò per sei lunghi mesi le burrasche degli oceani. L’usura del materiale impose la sostituzione di tutte le vele e buona parte dell’attrezzatura. Per il nostromo, che é anche un valente rigger (attrezzista nautico), fu un lavoro immane cui dovette far fronte per lunghi giorni insieme alla sua ciurma specializzata. Già! Ma solo lui n’aveva l’assoluta competenza e responsabilità per riprendere la navigazione in sicurezza. Molti ancora si chiedono: perché

oggi il Vespucci naviga a motore e meno con le vele? La risposta é piuttosto semplice: oggigiorno spegnere gli elettrogeni di bordo per qualche ora e andare a vela significa interrompere il funzionamento dei congelatori, frigoriferi, impianti d’aerazione, aria condizionata, circolazione acqua-servizi, potabilizzazione-acqua di mare, azzeramento degli strumenti nautici-satellitati e chissà di quanti altri apparati e servizi di sicurezza imposti dalle leggi della navigazione moderna. Navigare a vela con 350 uomini di equipaggio é diventato un lusso difficile da gestire. Pertanto, quando vedete transitare il


Il motto del Vespucci

Vespucci con le vele avvolte sui pennoni, contenete la vostra delusione, e calcolate che il gasolio necessario per far girare il suo motore ausiliario costa meno del vento ed é più sicuro. Il nostromo di bordo è sempre e solo uno, è il capo supremo dei nocchieri. Impartisce gli ordini dati dal comandante tramite il fischio del nostromo. E' aiutato nel suo lavoro da un gruppo di nocchieri, muniti anche loro di fischietto. Ogni albero della nave ha un armo di uomini comandato da un nostromo subalterno che anch’egli impartisce gli ordini tramite il fischio, stando alla base di ogni albero. Questo fischietto è chiamato proprio "fischio del nostromo", generalmente è di ottone ed ha una catenina che consente di tenerlo al collo sempre pronto all'uso. E' composto da un tubicino detto cannone, da un anello detto maniglia, attaccato all'estremità dell'impugnatura, chiamata chiglia, e di una pallina forata, detta boa, da cui esce il suono. S’impugna all'altezza della chiglia, tra pollice ed indice; con le altre dita si regolano invece l'inten-

sità e la modulazione del suono (una nota alta e una bassa, tre toni: pieno, modulato e trillo). Ma chi é veramente il nostromo? Il nostromo é l’uomo rozzo e volgare che conduce la ciurma all’arrembaggio.... Da secoli questa definizione arcaica e un po’ romantica circola sui bordi e conserva un margine di verità anche nel nuovo millennio. Se il moderno capitano marittimo ha assunto, suo malgrado, il compito di manager aziendale e quello d’ingegnere elettronico, la figura del nostromo rappresenta tuttora la continuità, la maglia di catena che unisce e dà un senso ai lunghi capitoli della marineria dei sette mari. Il suo ruolo é sempre lo stesso: trovare la soluzione ai problemi che il mare propone a getto e in forme sempre diverse. E’ questione di feeling, recita una canzone di Cocciante. Nel nostro caso il mare sceglie i suoi figli migliori e li chiama nostromi. Il nostromo dei miei tempi “abitava” praticamente a bordo, conosceva ogni bullone della nave, sapeva dove e come mettere le mani per impiombare (unire) due cavi spezzati, sostituiva un’ancora perduta, riparava qualsiasi avaria in coperta, tamponava falle e poi cuciva e rappezzava i cagnari che coprivano le stive, maneggiava le cime (corde) di ogni calibro con l’arte di un prestigiatore e usava gli aghi, il paramano, le caviglie e tanti attrezzi personali avuti in eredità dai vecchi lupi di mare di Camogli, Viareggio, Il Giglio, Imperia, Carloforte ecc... Un vero corredo di utensili che portava all’altare quando sposava la nave. Già, proprio così! Il no-

anze funebri r o n O

Serra & Olmo

Notare il vento di traverso in questa foto dʼarchivio che fissa nella storia il passaggio a “gonfie vele” del Vespucci nello stretto passaggio che collega il Mar Piccolo ed il Mar Grande a Taranto.

stromo nasceva e moriva con la “sua” nave proprio come accade ancora sulla nave Vespucci con il suo ultimo nostromo: la tradizione nella continuità. Lo sanno bene i cadetti dell’Accademia Navale di Livorno al termine del 1° corso quando salgono sullo scalandrone di legno intarsiato, e da quel momento avviene l’incontro con gli antichi dei del mare e di bordo: Nettuno, Eolo ed il 1° Nostromo. Da quel momento il Vespucci diventa il testimone del passaggio delle consegne marinare alle nuove generazioni. L’antico veliero diventa la forgia miracolosa che trasforma bamboccioni in uomini di mare; ragazzi avventurosi, in marinai consapevoli che ridurre o sciogliere le vele a 54 mt. d’altezza (albero di maestra), 50 mt. (albero di trinchetto)

e 40 mt. (albero di mezzana) su una nave che rolla e beccheggia é un compito arduo che spetta solo ai veri marinai. Ma alla fine del viaggio il premio c’é, e si tratta del tatuaggio invisibile ed indelebile che scende dallo spirito carismatico di questa unità della M.M. e marchia per sempre il loro essere marinai italiani. Il nostro sguardo scende lentamente dai pennoni della Vespucci e ci chiediamo: “Ma chi é il vero spirito di questa nave?” Ormai la risposta viene da sé. Il vero spirito della nave Vespucci, almeno per noi, é il nostromo di bordo.

Si ringrazia caldamente il Capitano di Vascello Roberto Cervino per averci ospitato a bordo della “nave più bella del mondo”.

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TURISMO & CULTURA

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di Renzo BAGNASCO

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

EVENTI

Le “cose” che funzionano: Rapallo Estate Una visita personale ad alcune fra le manifestazioni che hanno caratterizzato il turismo rapallese. Da “Mare Forza Sette” al Festival Organistico per non parlare di Valle Christi, del Blues e di Palco sul Mare

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on avevo ancora finito di godermi le istruttive serate proposte nel giardino pensile dell’Oratorio dei Neri da “Mare Forza Sette”, benemerita filiazione dell’Associazione “Mare Nostrum”, che da anni è impegnata a non farci dimenticare quel fresco profumo “de l’arzillo du ma” che ci identifica, quando mi hanno incuriosito gli incontri proposti dall’Associazione Culturale “Rapallo Musica”. Due mondi affascinanti. Mi rammarico di averli incontrati solo così tardi, dopo tanti anni che abito a Rapallo; sono evidentemente un “rapallese distratto”. Sono due Associazioni fra le tante nominalmente esistenti in città; queste però non solo vivono ma lavorano per la cittadinanza con iniziative che mantengono accesa, da privati, la flebile fiammella della cultura, ormai abbandonata da chi dovrebbe occuparsene. Il non averle notate prima credo dipenda dal fatto che, essendo serie, organizzano eventi di alto livello impegnandosi più sulla qualità che sul clamore. Quest’anno mi sono rifatto, regalandomi edificanti serate. Mare Forza Sette, le organizza in un ambiente evocativo, situato a lato dell’Oratorio dei Neri, protetto da rinfrescanti alberi e fra antiche pietre, angolo incantato che dalla strada non si intuisce. Lì si respira il nucleo iniziale della nostra Città. Ogni incontro è dedicato al mare o alla gente che lo ha solcato sia in pace che in guerra; vengono proiettati dei filmati, spesso inediti e il più delle volte sconosciuti perché di prima mano, proposti e commentati da chi c’era o ne ha raccolto direttamente dai protagonisti le memorie. Tutto sul mare e i territori che bagna, raccontato e documentato per ricordarci, a volte sorridendo come con i cartoonist, le nostre origini, senza delle quali saremmo come irrecuperabili foglie finite nella guazza. Intanto sulla passeggiata si scatenava l’estiva kermesse musicale di massa.

Quegli attraenti filmati fanno rivivere episodi “vissuti” dalla maggior parte di noi per sentito dire, ma mai visti. Lì c’erano i protagonisti a spiegarceli. Chi commentava era vera gente di mare e le cose che ci dicevano, le avevano spesso davvero vissute. Si è notata la “pesante” assenza di qualsiasi nostro “politico”, presenti invece in massa in passeggiata, nella speranza di raccogliere consensi assai più ampi, esponendosi ad un pubblico più numeroso e che sperano di “bocca buona e corta memoria”; evidentemente perseverano nella convinzione che la cultura non paghi. A mio modestissimo parere (e non sono il solo a pensarlo), sbagliano perché in questi incontri, più mirati e non stordenti, spesso sono presenti leader di opinioni che hanno poi un’influenza non trascurabile sugli altri. Quelli sono ancora convinti che facendo qualche lavoretto negli ultimi mesi prima del voto, la gente, nel segreto della cabina, gliene sia riconoscente dimenticandosi di tutto il resto. Svegliamoci! Come dice un noto cabarettista “è cambiato tutto”. Il Festival Organistico Internazionale, è stata una vera rivelazione. Siamo ad un livello impensabile per una piccola realtà come Rapallo: una scoperta affascinante. Merito quindi a chi lo anima, scavalcando ostacoli facilmente intuibili, pur senza avere ….. gli stivali delle sette leghe. Loro ci credono e basta. E’ quindi d’obbligo ringraziare a nome di tutti noi, gli sponsor e i partner che li sostengono. Denari ben seminati, altro che Pinocchio! Questa 13^ edizione ha riproposto, per il terzo anno, l’indovinata formula delle “Armonie Sacre percorrendo le terre di Liguria”. In pratica organizzano, in molte chiese o vecchi oratori sia nella provincia di Genova che in quelle del ponente purché abbiano strumenti aerofoni antichi di notevole pregio, concerti di musica sacra organistica atta a valorizzare quanto colà posseggono, veri tesori dell’arte organara dei secoli passati. Nella loro moda-

Mare Forza Sette allʼOratorio dei Neri

lità itinerante hanno la sensibilità, di volta in volta, di unirvi a supporto, strumentisti o voci ad hoc per meglio farci apprezzare questi tesori, ai più sconosciuti. Io era fra questi. Ove “tecnicamente” possibile, precedono gli incontri suggestivi concerti di campane, suonate da Maestri della rinata Associazione Campanari Liguri. Tutti i protagonisti che si avvicendano sono scelti o fra giovani di sicuro avvenire o fra l’alta concertistica nostrana o europea. Per quanto ci tocca da vicino, hanno fatto scoprire ai distratti (colpevoli come chi scrive), l’ “Ensemble Rapallo Musica” che ci onora. Sono nostri giovani concertisti già di livello, che ci fa piacere segnalare perché rientrano fra quelli “giusti”, sui quali questo giornale và da tempo cercando di attrarre l’attenzione per stimolare gli altri. Questa Associazione, riconosciuta anche dal Ministero dei Beni e Attività Culturali, organizza in Liguria serate musicali una diversa dall’altra: quest’anno ben ventidue appuntamenti. Ogni volta presentano gruppi strumentali e/o vocali differenti sia per orientamento che per nazionalità. Valgano per

LEGA NAVALE ITALIANA Sezione di Rapallo

In occasione delle prossime festività natalizie Il Presidente ed il Consiglio Direttivo della Lega Navale Italiana - Sezione di Rapallo augurano alla Cittadinanza Buone Feste

tutti le “Improvvisazioni Organistiche” di antiche Laudi, rivisitate con le modalità del jazz. Il termine “internazionale” è perfettamente calzante, perché mezza Europa è qui rappresentata dalle presenze più significative nel panorama concertistico. Il Presidente della Repubblica li ha quest’anno onorati, conferendo una “medaglia di rappresentanza” in concomitanza anche delle celebrazioni per il Centocinquantesimo Anniversario dell’Unità d’Italia. Oltretutto pressoché tutti gli organi suonati, all’epoca erano già operanti. A Rapallo hanno tenuto quattro serate diversamente localizzate e anche lì si è notata la pesante assenza dei nostri “politici”; e pensare che ogni serata ha fatto il pieno di pubblico. Forse hanno pensato che non tutti i presenti sarebbero stati rapallini ma “ospiti”, classificabili come “non votanti”; quindi non meritava dedicare loro una serata …. elettoralmente inutile, ignorando quanto scrive Nunziante Minichiello “solo l’alta cultura e l’alta conoscenza, mettono in condizioni di affrontare qualsiasi situazione”.


URBANISTICA E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Paolo BELLOSTA

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PORTO

“Santa rischia di diventare una città morta” Intervista al Sindaco Roberto De Marchi sul possibile ampliamento dell'area portuale, una questione che sta, letteralmente, dividendo la città rmai da diverso tempo si parla del progetto “Santa Benessere & Social spa”, lo scorso settembre è stata presentata una seconda proposta sostenuta dagli operatori portuali e rinominata “Porto Cavour”. Al di là delle analogie e delle differenze tra i due progetti il fatto che più lascia perplessi è il clima di tensione e di divisione interna che si respira negli ultimi mesi . Cosa ne pensa? E' inconcepibile che si sia arrivati a una situazione del genere, è normale che la questione faccia discutere, sarebbe assurdo il contrario ma non capisco come si possa arrivare fino agli insulti e alle calunnie personali. Negli ultimi tempi si è creato un clima assurdo, se sei favorevole al progetto sei un corrotto, se sei contrario sei un uomo puro. Voglio che venga finalmente ristabilita la verità, esiste un decreto, il 509, emesso nel 1997, dall'allora ministro dei trasporti Claudio Burlando, che riconosce a qualsiasi imprenditore privato la possibilità di presentare proprie ipotesi di lavoro sull'area portuale. Io ho solo rispettato questa legge accogliendo le domande presentate. Cosa avrei dovuto fare? Respingere queste legittime richieste andando contro la legge? Inoltre dire che abbia appoggiato una delle due proposte di lavoro è una falsità colossale, l'unica cosa che ho sempre ripetuto è che tutti dovremmo fermarci a riflettere e a discutere, in maniera costruttiva per il bene della città. Una discussione che oltre al Sindaco e al Consiglio Comunale dovrà

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coinvolgere anche la Regione, la Sovraintendenza, la Capitaneria di Porto, insomma tutti e tredici gli enti che compongono la Conferenza dei Servizi. Tornando al progetto “Porto Cavour” quanti giorni verrano messi a disposizione per le eventuali osservazioni? Innanzitutto sono molto contento che sia stata presentata una seconda proposta, vuol dire che si stanno cercando soluzioni diverse per risolvere un reale problema. Tornando alla domanda, verrano concessi 60 giorni per le osservazioni dell'Amministrazione Comunale, poi il progetto verrà valutato dalla Conferenza dei Servizi e solo dopo tre mesi se ne parlerà in Consiglio Comunale, solo allora ognuno potrà esprimere il proprio giudizio. Quel giorno qualcuno dovrà rimangiarsi quello che ha detto, ho ricevuto insulti gratuiti da molti, non vedo l'ora di poter dire anche io ciò che penso. Facendo un nome a caso mi farebbe molto piacere discutere con il Capitano Dario Savino e dargli una lezione di procedura amministrativa, lui sicuramente sarà bravissimo a fare il suo mestiere ma dovrebbe imparare a rispettare il lavoro degli altri come io rispetto il suo. Recentemente anche lo stesso comitato “Difendi Santa” sembra essersi diviso riguardo all'opzione “Porto Cavour”. Non mi meraviglio, tutte le posizioni assunte con furia ideologica, senza un ragionamento equilibrato alla base, prima o poi crollano. Bastano

semplici concrete domande per incrinare rigidi ideologismi, per esempio l'ex area Spertini per quale motivo non è ancora stata riqualificata? Tutte queste polemiche almeno saranno servite a far muovere le acque. Al di là di tutto non pensa che qualcosa di concreto debba essere fatto? Santa non può certo rimanere così, chi dice il contario sbaglia di grosso, l'immoblismo non porta da nessuna parte. Se tutti avessero ragionato così non avremmo nemmeno le strade o la ferrovia. Se continuiamo così non so dove finiremo, il tempo passa in fretta e il rischio è di trovarsi ad ammirare una città tanto bella quanto morta, Santa deve mantenere i suoi caratteri ma dev'essere viva. Io sto cercando di svolgere il mio incarico in maniera equlibrata, non voglio fare né lo speculatore, né l'ambientalista. Sarebbe più facile schierarsi da una delle due parti, ma sarebbe sbagliato, io devo rispettare le esi-

genze della società nel suo complesso, non di una sola fazione. Bisogna analizzare le varie proposte e discuterne tutti assieme in maniera civile. Il clima che si respira negli ultimi mesi non le ha fatto passare la voglia di ricandidarsi fra tre anni? Ho sempre pensato che cinque anni svolti con passione e dedizione fossero più che sufficienti, mi farebbe molto piacere tornare a coltivare le mie passioni: leggere, ascoltare musica sinfonica, andare a teatro e viaggiare. Inoltre nel 2014 avrò 66 anni e a quell'età bisogna anche incominciare a riflettere e a prepararsi al “grande salto”. Però pensare di lasciare la città a certi irresponsabili mi ha fatto venire voglia di rimanere, mi farebbe piacere vedere la candidatura del Signor Marco Delpino o del Signor Francesco Ortona. Sarei contento se per una volta ci mettessero la faccia.

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L’EVENTO

Christmas Village: pronti al decollo Dal 26 novembre all’8 gennaio, in passeggiata a mare, con il coinvolgimento di più di 35 esercenti i chiama Christmas Village l'ultima strepitosa idea nata dalla fantasia e dalla lungimiranza di Elisabetta Lai, la vulcanica presidente Ascom che, dalla sua elezione ad oggi, ha ottenuto numerosi successi nell'organizzazione di eventi che hanno coinvolto non solo i commercianti, ma la città tutta. Il progetto, che avrà inizio il 26 novembre, prevede l'allestimento di un vero e proprio mercatino di Natale, come quelli che siamo abituati a vedere nelle località di montagna, direttamente sul Lungomare rapallese, dove verranno disposte le casette in legno, in tutto una quarantina, adibite a spazio espositivo e di vendita. «Questa idea è nata sulla scia del successo del Red Carpet – afferma, entusiasta, la Lai – :entrambe le iniziative sono sorte per accrescere l'indotto turistico di Rapallo proponendo qualcosa di nuovo in modo divertente e originale. Cercheremo di ricreare lo stesso spirito delle cittadine di montagna in una location del tutto diversa: tutte le risorse che sono state necessarie alla realizzazione di questo progetto sono esclusivamente rapallesi, con l'unica eccezione delle casette di legno, che provengono da Bressanone. Questo mercatino, che sarà presente sulle passeggiata a mare fino all'8 gennaio, aiuterà la città non

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soltanto attirando i visitatori che, soprattutto nel weekend, avranno un'alternativa nuova al solito giro all'Ikea o alla Fiumara, ma anche creando nuovi posti di lavoro che, seppur temporanei, oggi più che mai sono preziosi». Ad essere coinvolti nel progetto sono più di trentacinque esercenti che operano, in gran parte, nei settori dell'abbigliamento e dell'oggettistica, ma anche della ristorazione. Negli stessi giorni, inoltre, diversi bar e ristoranti associati all'Ascom proporranno menù o abbinamenti piatto e bevanda a prezzi fissi: «tutto è stato pensato per rendere Rapallo attraente per chi viene da fuori – continua Elisabetta Lai – Anche l'iniziativa di istituire dei prezzi fissi all'interno dei locali è stata pensata per permettere ai visitatori, soprattutto alle famiglie, di sapere esattamente cosa andranno a spendere, senza dover temere spiacevoli sorprese. Stiamo facendo grossi sforzi per poter fare di Rapallo un importante “centro commerciale naturale” e Village Christmas può essere visto come un ulteriore passo verso il nostro obiettivo: un passo che si aggiunge agli importanti successi ottenuti negli scorsi mesi con Cartoon on the Bay e con il riuscitissimo Red Carpet».

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ALLUVIONI

Quando non c’era il ponte “intelligente”... È

plurisecolare la storia delle inondazioni che hanno funestato Rapallo; il torrente Boate ha infatti un breve corso di tipo torrentizio le cui capacità di portata sono peggiorate dalle varie affluenze delle valli laterali e dalla posizione della città a livello del mare. Ecco alcune date: 7 agosto 1608; 23 ottobre 1626;19 giugno 1637; 6 settembre 1667; 17 agosto 1764;15 agosto 1765; 24 ottobre 1911 e così via fino a quella più disastrosa del 25 settembre 1915 in cui vi furono 16 vittime e distruzioni ingenti. La massicciata della ferrovia aveva agito per un certo tempo da diga, trattenendo le acque che scendevano dalle valli al mare, quando improvvisamente cedette travolgendo persone e cose. Per quella del 24 ottobre 1911 il cronista de ”Il Mare”così titolava: ”un milione di danni, ma non vi furono vittime.” Per poi raccontarci di due ubriachi nell’acqua : ”In corso Umberto si dette un caso tragico e comico allo stesso tempo: due ubriachi che non avevano ancora smaltito la sbornia della notte si trovarono nell’elemento che più detestano correndo il rischio di annegare a

bocca…asciutta. Alle loro grida disperate furono calate delle corde dalle finestre soprastanti e ritirati in alto all’asciutto, così anche loro furono salvati”. In occasione di quella più devastante del 25 settembre 1915 Luigina Sessarego invia il 15 ottobre al nipote soldato Canessa Gaetano,80° Battaglione, M.T. 4a compagnia, 3a Armata-Zona di guerra, una cartolina che riproduce i danni dell’alluvione: ”In questa mia può avere una visione di piazza Saline, vi è una gran fossa che arriva fin dal ’Boccia’ ed ha la profondità di metri 3. L’hotel Savoia è al pericolo e la Rosa Bianca una parte è demolita. Ricevete i più cari saluti da vostra moglie e bambini, da tutta la mia famiglia e dalla vostra affezionatissima zia Luigia Sessarego”. Ed ancora il Mare del 1° luglio 1916 titola: ”Nove mesi dopo…” ed elencati infiniti ritardi nei lavori di ripristino delle opere distrutte dall’ultima alluvione, così ironicamente conclude: ”Sono passati anche i nove mesi e…abbiamo atteso l’evento; inutilmente! Dalla faticata mente dei nostri reggitori, non è uscito neanche un aborto. Ma quel che non si è fatto si farà, non

Militari del Regio Esercito al lavoro in corso Regina Elena (ora corso Matteotti) I locali dellʼallora Caffè Roma sono adesso sede della farmacia Anglo-americana

ricordate le promesse del Governo?… Non si può pretendere che tutto possa sorgere per incanto sotto il bacio d’una bacchetta magica. Via....ci vuol pazienza….é tanto lunga la vita dei comuni!? Ed eccoci in piena stagione estiva. Argini rotti, spiagge devastate, buche non riempite attorno a stabilimenti semi distrutti, giardini e passeggiate trascurate, alla notte, buio assoluto… Arrivano i primi frequentatori del mare: una visita alla città e al lido; commovente meraviglia pel disastro subito dalla bella Rapallo…il giorno dopo, le valigie e…via. Qualche manifesto, ingiallito dal tempo, pende melanconicamente

dalle lamiere inoperose : Rapallo - stazione climatica e balneare - aperta tutto l’anno - comode passeggiate - spiagge pulite - conforto moderno ”. Negli anni successivi e fino ai giorni nostri, altre ne accaddero; la più disastrosa fu quella del 28 ottobre 1961 provocata in gran parte dalla scellerata costruzione di un distributore di carburanti alla foce del San Francesco, opera demolita tre anni or sono. Il Comune, la Provincia e la Regione sono impegnate per la soluzione definitiva di messa in sicurezza di tutto il territorio rapallese da questa ormai eterna calamità.

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COME ERAVAMO

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RAPALLIN

„A bûttega‰, il centro della vita famigliare erto, innanzitutto fonte di sussitenza ma anche punto di unione, di incontro, di calore famigliare, di confidenze, di profondi affetti; luogo di socializzazione con parenti e amici, dove era bello ritrovarsi. È così che l’hanno sempre vissuto Olga Travi e Amedeo Zunino, che dopo anni di fatiche e sacrifici sempre condivisi, partiti dal niente (nel vero senso della parola), riescono finalmente ad aprire un’attività, portando tra mura sicure un lavoro che sicuro non era mai stato. Si vendevano uova a domicilio e sui mercati, già allora aiutati dai figli, i piccoli Mirella ed Elio, con la forza e la tenacia di chi vuole emanciparsi da una condizione economica e sociale difficile, come era per molte famiglie negli anni terribili, eppure pieni di speranza, dell’immediato dopoguerra. E con umiltà e onestà, Amedeo e Olga aprono la loro bottega nel 1951, negli stessi locali dove si trova ora; queste doti, riconosciute ed apprezzate da tutti, vengono trasmesse ai figli Mirella ed Elio, che partecipano da sempre al lavoro, in un ambiente sereno e pieno

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di affetto, crescendo tra quelle mura dove si lavora, si pranza e a volte anche si cena, si fanno i compiti, tutti assieme. Più tardi, a sorpresa, na-

scerà anche il terzogenito Roberto e la storia si ripete: è una bella storia. Tutti danno il proprio contributo alla crescita dell’attività che poi Elio prende

definitivamente in mano e, con la moglie Fortunata, continua a far crescere e a migliorare. Poi arrivano anche i giorni tristi: la scomparsa di Olga e poi di Amedeo lasciano un vuoto enorme, ma nel loro ricordo e nei loro insegnamenti, il senso della famiglia, l’affetto ed il reciproco rispetto, non vengono meno, anche nei nipoti che nel frattempo sono nati. E il ciclo si ripete, perché Simona, la figlia di Elio e Fortunata, rappresenta la terza generazione della Polleria Zunino: sono loro che proseguono oggi l’attività con gli stessi principi di sempre e continuano a far vivere “a bûttega”, che così continua ad essere il riferimento e l’identità di una famiglia unita e onesta che, come per fortuna tante altre, ha partecipato alla crescita e allo sviluppo della nostra Rapallo.

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di Emilio CARTA

GENOVESE

„Belìn‰, un intercalare tutto ligure Q

Belìn, Giggia, che fadîga

veddite travaggiâ!...

uante volte, ci siamo sentiti fare questa domanda? Quante volte i “foresti” (ossia, i non genovesi e non liguri) ci hanno chiesto e ci domandano notizie su questo termine un po’ strano, immancabile intercalare nei discorsi di un buon zeneize ? Navigando su Internet ho trovato questa curiosa nota illustrativa corredata da numerosi modi di dire, che caratterizzano la parlata ligure. Di questo termine infatti ne facciamo un uso letterario intenso a caratterizzare il nostro stato d’animo: sdegno, afflizione, ammirazione, simpatia, irritazione, sarcasmo, enfasi e denigrazione. "Belin", in effetti, rappresenta l‘imprecazione, l‘esclamazione più usata nel dialetto genovese, potendo assumere tono affermativo, risentito, solenne, stupito, iroso, sconsolato, beffardo, e altro ancora. Insomma, va bene un po’ dappertutto e serve a rafforzare spesso il senso di una frase detta da un genovese. Un mondo di sentimenti, emozioni e situazioni perfettamente espresso da una sola e unica parola. Si può ben dire che belìn è un pò il nostro "marchio di fabbrica", come le troffie al pesto o la cima alla genovese, ed è stato consegnato alla storia della lingua italiana Testo liberamente tratto da un disegno di Luciano Bottaro niente meno che dal vocabolario della lingua italiana. I vecchi genovesi pronunciavano spesso l'espressione Discorsci do scio Bela (o anche Raxonamenti do scio Bela) per indicare discorsi assurdi. Bela è il termine genovese per dire "budello", ma vi consiglio di non chiedere il significato di Bela a meno che non vogliate sentirvi rispondere, per altro giustamente, che è "o puae do belìn" (cioè, il padre del belìn). Un tempo, le persone più garbate avrebbero preferito belan o belandi, ma non cambia molto ... anzi, di solito si dice o l'à dito belìn e belan (cioè, se non è zuppa è pan bagnato). Grazie all’etimologia del termine fornita dal sito www.belinteam.it - Belin Team Zëna, ecco accontentati le curiose e i curiosi!

Questo dizionario, indispensabile, esaurisce tutte le occasioni della vita. Inutili altre parole. DIZIONARIO DEL “BELINO”!! Belin: organo sessuale maschile, ma anche rafforzativo nelle frasi.

• Raddoppiandolo abbiamo: Belinbelino!: esclamazione di sorpresa e/o apprezzamento. Pou belin!: accidenti! Ou belin!: insomma! Du belin: del cavolo In belin: niente di niente • Aggiungiamo qualche prefisso: Desbelinarsi: levarsi dai guai/casini. Desbelinato: persona sveglia e accorta. Imbelinarsi: inciampare e/o cadere rovinosamente. In una diversa eccezione: Cosa (mi) imbelini? : che cazzo fai? Me n’imbelino! : e che caspita! Mentre: e io me n’imbelino: me ne infischio. Malimbelinato: conciato male, malvestito, malcagato. Così come per: abelinato: per-

sona sciocca. Simile è anche l’accrescitivo: belinone, belina: scemo, coglione. quindi: Belinata: errore, sciocchezza, cosa di scarsa difficoltà e/o importanza, urto contro qualcosa/qualcuno Menabelino: provocatore, prendingiro Rumpibelin: come sopra Menabelin cou cu: provocatore particolarmente efficiente Sussabelin: scocciatore, rompicazzi

LE "FRASI FATTE" : U belin u l’e’ u pue di belli: genealogia, il belino è il padre di ogni bellezza U belin cu te neghe: possa tu annegare (soffocare) grazie al belino Portare via il belino: andarsene O deve avèi o belin a manego de paegua deve avere il c…. a manico d’ ombrello" (così si ipotizza a proposito di persona

dalle forme tutt‘ altro che armoniose; spesso, anche di chi, andando alla toilette, bagna tutt’ attorno). Tirare il belino: prendere in giro. Menare il belino (da cui menabelino, vedi sopra) Non ce n’ho (per) il belino : non ho proprio voglia Mi gira il belino: mi sto incazzando, sto rapidamente cambiando idea, prendendo una decisione da incazzati Alla belin di cane: fatto male, alla carlona Farsi mangiare il belino dalle mosche: essere ignavi, incapaci, inetti Farsi crescere l’unghia sul belino: non avere una vita sessuale brillante Me ne battu u belin (variante e precisazione: in sci scoeggi de Camuggi): me ne frego. segue In scë ‘n ‘articciocca su un carciofo: che non è cosa da poco! Mancu pou belin e mancu pe

dui: per nulla al mondo, non ci penso neanche Fâ rië o belin: cosa ridicola, insignificante G’ho in tu belin…: ho l’impressione che… No distingue o belin dä corda ": non avere nessuna capacità speculativa A l’ha vistu ciu belin le, che’n vespasiano…: dicesi di donna di facili costumi (in bagasciun...) Toccâse o belin cö-a camixa toccarsi il c… con la camicia " (mostrarsi straordinariamente casto o schizzinoso, affettare modi esageratamente raffinati) Belin tu cu: meglio non tradurre cmq imprecazione a seguito di una’azione/cosa andata male.. Piggia in po de belin (da in po de belin) anche se nn lo traduco è cosa di facile intuizione Ûn belin ch ‘ o pä ûn figgieu piccin ch‘ o rïe un c…. che pare un bambino piccolo che ride


ANNI SESSANTA E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Silvana GAMBÈRI GALLO

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AMARCORD

Individuo a ore dodici (ossia, massima allerta) Come ti svezzo il pupo: vecchie terminologie oggi in disuso ogni tanto riappaiono sistono termini che, a più di una generazione, sembreranno oggi assolutamente incomprensibili. Qualche esempio: box, girello, guinzaglio. Attenzione, non presi fine a se stessi, ma correlati ai bambini – noi – poco più che poppanti. Ho tralasciato il seggiolone, perché magari si usa ancora, e personalmente lo impiegai per un auto-svezzamento a soli sei mesi, quando stufa di rigurgitare orrende sbobbe di farina lattea grumosa, cioppettai – da buona ligure – un'intera fondina di minestrone, incautamente appoggiata lì per raffreddarsi. Manin manina, le dita che entravano nelle verdure e poi sul palato, crisi isterica della genitrice a ve-

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rifica del reato compiuto. Ma torniamo alle tre parole. Il box, prima che un garage dai costi elevatissimi, definiva una sorta di prigione in legno open-air: esibito dai più abbienti, utilizzato dal baby recluso soprattutto per lanciare i giocattoli oltre le sbarre. In coda, pianto di segnalazione alla famiglia – io sono qui! - quando tutti i pupazzetti erano evasi. Il girello ricordava invece una crinolina formato infante, con tanto di mutanda sospesa dove predisporre l'erede. Le rotelle accluse, illudevano il pargolo con sogni di libertà. Sbagliato, bugia proporzionale alle dimensioni della stanza: in una camera minuscola, qualunque audace velleità di movimento

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emulava – al più - una pallina contro i bumpers del flipper. Zero punteggio, ed un desiderio immenso di riprendere a gattonare. Infine il guinzaglio, che detto così suona politicamente scorretto, eppure negli anni sessanta faceva anche fino: una vera e propria pettorina, identica a quella che oggi usiamo per il cagnolino domestico, rigorosamente in cuoio ma foderata con garbato panno bianco. Si imbragava la prole e vai con la passeggiata, nella convinzione – speranza – che uno strattone al momento opportuno avrebbe distolto i tatini da gesti inconsulti. Rivisti al presente, appaiono metodi degni di Torquemada; in realtà, traducevano nell'immediato l'ansia per l'incolumità dei propri figli. Costo limitato, assicurazione in pectore sugli incidenti. Ma qualcosa, nel tempo, sembra aver deviato. E proprio nell'estate che ci siamo lasciati alle spalle, ho individuato due categorie refrattarie a cotanti - saldi? - principi. La prima e' quella dei runners, leggesi maratoneti fai-da-te. Emergono in massa col bel tempo, non sono stanziali, giocano con la propria ghirba e le coronarie altrui soprattutto nel transito lungo la Pagana: allarme rosso, la salita che conduce alla Piazza dei "Cavalieri di Malta". Per carità, nessuno gli rimprovera lo sforzo fisico (encomiabile) ed il sudore versato (invidia, ho rimosso da tempo il progetto "tartaruga addominale"); ma l'Ipod o mp3 che sia, ben ficcato tramite cuffiette nei padiglioni auricolari, e' un terzo incomodo da non sottovalutare. Ovatta le sgommate delle moto, i ciuff impazienti di bus ed autocarri, le reprimenda mordaci di noi automobilisti; tutto questo, mentre l'uomo/donna solo/a al comando si inebria di Rihanna o Lady Gaga. E svariate volte, nel periodo trascorso, siccome gli impegni di vacanza e lavoro mi hanno costretta spesso a vari slalom, mi sono chiesta perché non istituire anche un

conteggio punti-patente tipo videogame: eviti dieci runners e ottieni un bonus. Magari utilizzabile nei periodi “caldi” (Natale, Pasqua, festività rimaste dopo la manovra governativa) per una sosta in libera scelta. Seconda categoria, assai più imprevedibile, le mine vaganti: coloro che negano l'uso del marciapiede a priori, o ne scendono a casaccio lateralmente, garruli e ottimisti verso qualunque pericolo in avvicinamento. E dinanzi a un cuore fiducioso, talvolta provvisto di braccino alzato come a regolare il traffico, cosa vuoi opporre? Nient'altro che il classico inchiodo dei freni, gli pneumatici a rabbrividire in una nube tossica di gomma bruciata, rivendicazioni dal linguaggio greve. Per poi tornare a chiedersi “e questi dov'erano?”, negli anni della trafila boxgirello-guinzaglio; magari avran-no anche disertato le prime corsette traballanti, fatte nella Piaz- zetta Est del Lungomare. Punto d’incontro di tutte le mamme, le nostre e le attuali; due palme con sedili circolari per gli adulti, un impiantito nocciola temprato ad accogliere ruotine e palleggi, strilli a seguito di ginocchia sbucciate o capricci. Ormai, un ricambio generazionale è già avvenuto; anzi, conti alla mano, anche tre. Forse cinque. Tutti pronti ad affiancarci nel “vero” gioco di ruolo, chi pedone, chi autista, chi runner e così via.

P.S. Un noto marchio di prodotti per l'infanzia ha reimmesso sul mercato il suddetto guinzaglio, chiamandolo “redinelle”. Volutamente lirico, la “mamma che sussurrava ai puledrini”. Ma la sostanza, e lo strattone (al momento giusto...) non cambia.


CULTURA E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Domenico PERTUSATI

„Lo sterco‰ di Satana piace a tutti senza dubbio un’espressione forte, forse anche sgradevole, ma quanto mai vera. Mi riferisco alla definizione piuttosto originale che Papini diede del denaro, da tutti cercato in modo palese e anche, talvolta, in modo subdolo e scaltro. Nessuno, almeno nell’intimità della propria coscienza, può sottrarsi a questo rapporto. C’è forse qualcuno che aborre il denaro e sputa contro la ricchezza? Chi è veramente pulito da tale “sterco”? Sarei veramente curioso di conoscerlo e ammirarlo. Purtroppo (credo di non errare) il desiderio del denaro non risparmia nessuno... Non è solo questione di egoismo o di rapacità, ma ritengo che faccia parte della nostra intima natura, quella legata alla cosiddetta “colpa” originale. Da sempre in tutti i tempi il desiderio di denaro ha avuto la prevalenza su ogni altro sentimento: talvolta messo a freno, ma sempre presente e persistente. Non c’è santo - come si dice volgarmente che possa estinguerlo. Colui che è privo di soldi è alla mercè di se stesso, viene ritenuto un essere che ha perso la dignità di uomo e che vive come se fosse già morto. I genovesi che hanno sempre da secoli valorizzato il denaro realizzando grandi imprese e conseguendo lauti guadagni conoscevano bene il motto: “Homo sine pecunia est imago mortis”. Erano convinti - come tutti - che l’uomo che vuole vivere dignitosamente non può fare a meno di occuparsi del denaro e cercare di acquisirne quanto più possibile. C’è da aggiungere, a proposito dei genovesi, che fanno parte del loro carattere la massima riservatezza e la discrezione: possedere ricchezze, ma non darlo sfacciatamente a vedere. Questa è sempre stata una loro “prerogativa“: contano i fatti, cioè quanto si è in grado di “guadagnare” e reinvestire. Ci sono chiese in Liguria che conservano opere d’arte e tesori che i marinai riuscirono a “trasportare” dall’Oriente. Per citare un esempio, nel museo della cattedrale di S. Lorenzo si conserva il vassoio sul quale - secondo un’antica tradizione - sarebbe stata posta la testa mozzata del Battista su richiesta della figlia dell’amante di Erode (cfr. Mt.14,11). Mi è stato fatto notare che nelle piazzette dei “carugi” erano state collocate le “meri-

diane” (gli orologi solari) con la precisa finalità di rammentare a coloro che trafficavano e facevano affari che “Il tempo è denaro” e che di conseguenza si doveva agire speditamente per far fronte a tutte le incombenze finanziarie programmate. CHIESA SANTA E PECCATRICE Non è escluso che qualche lettore possa chiedersi: “lo sterco di Satana piace anche agli ecclesiastici?” E’ una bestemmia il solo pensarlo risponderebbero i cosiddetti “benpensanti”, coloro che non accettano alcuna critica verso i “rappresentanti” di Cristo. Come è possibile che a un uomo di Dio possa piacere il prodotto malefico di Satana? Sarebbe una contraddizione in termini secondo i cattolici “integralisti”, i quali non tollerano che venga gettato “fango” sulla Chiesa. Dimenticano costoro che le vicende della Chiesa non sono sempre edificanti: è sufficiente studiare a fondo la storia del Papato per rendersi conto che esistono non solo luci, ma anche ombre. Diciamo con molta chiarezza sia ai credenti che agli agnostici che la chiesa è santa e peccatrice insieme. Santa per il suo Fondatore, per la sua Grazia che salva i credenti, peccatrice perché costituita da uomini deboli e fragili. Se la barca di Pietro non è affondata in duemila anni non è stato per la saggezza di chi l’ha guidata, ma per l’azione di Colui che ha promesso la sua continua assistenza. Per questo può continuare anche nel terzo millennio la sua navigazione, nonostante le ambiguità e le debolezze degli uomini che la compongono. A questo proposito fa notare Nazareno Fabbretti: “Giovanni XXIII ha detto la verità più semplice e spesso la più dimenticata, sia al vertice che alla base: Capo della Chiesa è Cristo, non è il papa. Papi e papato sono soltanto strumento e canali per l’annuncio del vangelo, la redenzione e la liberazione degli uomini nella fede”. (N. Fabbretti, I Vescovi di Roma, ediz. Paoline, Cinisello Balsamo 1986 pag.12). SERVIRE DIO E IL DENARO Molti sono più che convinti che i soldi non dispiacciano ai preti. Non lo si può negare. Gli esempi sono numerosi. Basta non chiudere gli occhi. Viene da chiedersi: come è possibile che i preti possano essere interessati a “Mammona d’iniquità”, cioè alla ricchezza? Il monito di Cristo è sempre attuale: “Non potete servire a Dio e al denaro”. Eppure questa contraddizione è quanto mai presente. C’è un detto popolare che stigmatizza il comportamento poco corretto (per usare un eufemismo) degli uomini che si dicono ministri di Dio: “Predicano bene e razzolano male”. Il popolo, anche se poco istruito,non usa mezzi termini di fronte agli scandali dei preti soprattutto quando riguardano i beni Le meridiane venivano dipinte nelle piaz- finanziari. Questo giudizio apparentezette dei “carrugi” per rammentare agli af- mente drastico è condiviso da coloro che faristi e trafficanti che il tempo è denaro. non nascondono come gli struzzi la testa

È

sotto la sabbia. Cito un maestro di spiritualità che riprova certi comportamenti per nulla evangelici di un certo clero: “Ci sono magagne sulle quali si può stendere il velo pietoso dell’ipocrisia, la quale, almeno per un certo tempo, le nasconde agli occhi indiscreti che si appuntano sulla figura del sacerdote L’epiteto che Papini riferì al denaro è forse un po’ sgrae ne scrutano la vita; ma devole, ma indubbiamente efficace e significativo l’avarizia non è fra questi; essa si esercita necessariamente nelle re- zionò con regolarità. Purtroppo da quallazioni con i fedeli, i quali divengono testi- che anno le cose sono cambiate: si è rimoni oculari di tutte quante le miserande tornati durante il funerale a chiedere con espressioni: spilorceria, grettezza, esosità, insistenza una generosa offerta a suffiscalità, rapacità… E’ purtroppo vero che fragio del defunto. parecchi abbandonano la casa del Signore È il caso di sottolineare che le decisioni dei quando vi sentono l’acre odore del soldo. cosiddetti Consigli Pastoriali non hanno Ecco lo scandalo: il ministro della religione alcun valore se il parroco è dissenziente. diviene causa di irreligiosità” (Rhauden- Il Diritto Canonico parla chiaro: la loro funses, Lezioni di vita, Milano 1962 pag.180). zione è soltanto consultiva, mai deliberaCi sono forme di arricchimento di vario ge- tiva. Conta, come sempre, la volontà di chi nere (business, operazioni finanziarie, ri- “comanda” (Cfr. Canone 536 parag. 2). cerca di donazioni, caccia ai legati testa- I laici nella chiesa devono sempre e comentari etc) che sono segnali inequivoca- munque stare “ sottomessi”: questo è il loro bili di attaccamento al denaro e di acca- compito. Tutto il resto sono parole e soltanto parole, sia pure dette con garbo e parramento di beni materiali. Come può un parroco parlare di povertà e con “savoir faire”. invitare i fedeli a donare le ricchezze ai bi- Sempre a proposito di “offerte” durante i sognosi, quando la sua testimonianza è ca- funerali, il mio pensiero corre ad un morente e riprovevole o, nel migliore dei casi, mento che mi aveva ingenuamente molto colpito. Diversi anni fa era venuto imalquanto dubbia? Di fronte a insinuazioni non mancherà di provvisamente a mancare un noto e protestare dicendo con forza che tutto bravo componente del Consiglio comuquello che riceve lo adopera per aiutare e nale, che ricopriva la carica di vice-sinsoccorrere chi è nel bisogno e che assolu- daco. Potete immaginare la grande folla di amici, conoscenti ed estimatori pretamente non tiene nulla per sé. Come vorremmo che tutto questo fosse senti alla messa funebre. Mi ricordo che a stento riuscii ad entrare in fondo alla navero! vata. Rimasi “senza parola” (si fa per dire) OFFERTE “BENEFICHE” Sono rimasto sorpreso l’estate scorsa nel nel vedere diversi volonterosi, incaricati leggere in un paese del Monferrato un ma- dal parroco, che passavano con fatica tra nifesto funebre con la raccomandazione di i presenti sollevando in alto i cesti per riconsegnare le offerte durante la messa di- cevere le offerte: traboccavano di biglietti rettamente ad un familiare dello scom- delle vecchie lire. La somma raccolta cerparso che le avrebbe devolute perso- tamente fu notevole: un’occasione che nalmente all’Istituto di Cura. Mi sono chie- non andava persa. E’ opportuno, ad onor sto: perché non si è seguita la via ordinaria del vero, precisare che queste “entrate” di depositare tutto nelle mani del parroco? di denaro sono pienamente legittime ed Purtroppo c’è una inveterata usanza di esenti da ogni tassazione. chiedere con insistenza offerte generose a suffragio dell’anima del defunto durante la Viene tuttavia da chiedersi: le generose ofmessa “presente cadavere” (come si usa ferte richieste pubblicamente per il suffragio del defunto sono effettivamente effidire). In una parrocchia (che non intendo indi- caci? Fanno sì che la sua anima ne riceva care) il Consiglio Pastorale-liturgico anni un maggior beneficio? fa aveva deciso di sospendere tali rac- Mi astengo da ogni commento: mi limito a colte per due ragioni: la prima per evi- sottolineare che chi dispone la salvezza o la tare di creare disturbo durante la sacra purificazione dell’anima - così insegna la teofunzione, la seconda perché, come si sa, logia - è soltanto il Signore, non le decisioni l’offerta per il funerale viene fatta perve- degli ecclesiastici… Dirò di più. Secondo la nire al parroco tramite l’agenzia funebre “sana” dottrina della Chiesa il frutto delle alla quale i familiari versano quanto ri- messe celebrate, dietro offerta di danaro, è chiesto. Per svariati anni l’iniziativa fun- molteplice: soltanto una parte va a suffragio


del defunto. Su questo punto ci vorrebbe maggior chiarezza. LA PRESA DI POSIZIONE DI LUTERO Al riguardo vorrei rifarmi a Martin Lutero, che prima di essere scomunicato era ritenuto un buon teologo. Le sue famose 95 tesi rese pubbliche a Wittemberg nel 1517 diedero avvio alla Riforma protestante, che venne condannata dal Concilio di Trento. Trascelgo alcune tesi che mi sembrano quanto mai significative e quanto mai veraci. Con la numero 27 annota: “Coloro che affermano che non appena il danaro cade nella cassetta, l’anima di un defunto si libera dalla pene del purgatorio, predicano arbitrarie invenzioni umaneâ€?. Precisa nella successiva (n.28): “E’ certo invece che al suono del danaro l’avarizia e la rapacitĂ aumentano. Quanto all’efficacia dell’intercessione della Chiesa, essa dipende esclusivamente dalla volontĂ sovrana di Dioâ€?. Conta la caritĂ , non le indulgenze: “Si deve insegnare ai cristiani che donare ai poveri o

Le liturgie funebri sono occasioni favorevoli per raccogliere offerte

prestare ai bisognosi è meglio che acquistare indulgenzeâ€? (n.43). Leggendo la tesi n. 50 si avverte il tentativo di Lutero di scagionare il Papa dagli abusi sulle indulgenze tese a procacciare denaro: “Si deve insegnare ai cristiani che, se il Papa conoscesse le estorsioni dei predicatori delle indulgenze, preferirebbe vedere la basilica di San Pietro ridotta in cenere, piuttosto che saperla edificata con la pelle, la carne e le ossa delle sue pecorelleâ€?. Queste parole verranno presto smentite dallo stesso papa Leone X che condannerĂ le tesi di Lutero in quanto privavano la “Fabbrica di S.Pietroâ€? di ingenti entrate di denaro. Non va sottaciuto che in questa riscossione era interessata anche la famosa banca Fugger. Lutero senza mezzi termini condanna i predicatori coinvolti: “Le indulgenze, delle quali i predicatori vantano a gran voce i meriti, ne hanno in veritĂ uno solo: quello di procurare guadagnoâ€? (n.67). Il divario con la Chiesa di Roma era piĂš che evidente. “Il vero tesoro della Chiesa è il Santissimo Vangelo della gloria e della grazia di Dioâ€? (n.62). Ma per il Vaticano le entrate di denaro erano benedette in quanto finalizzate agli interessi della Chiesa. DOMANDE IMBARAZZANTI Oggi viene da chiedersi: le cose sono cambiate? La Chiesa dĂ ancora importanza al denaro? E’ soltanto al servizio di Dio, escludendo decisamente le ricchezze, cioè Mammona di iniquitĂ come le chiama il Vangelo? Sicuramente i “cortigianiâ€? e caudatari (quanti sono?) giurano che la Chiesa per-

La vendita delle indulgenze fu lo scandalo che innescò la rivoluzione religiosa di Lutero.

segue solo e unicamente il bene spirituale dei fedeli e ripudia le ricchezze. Ma le cose stanno proprio cosĂŹ? Se la Chiesa seguendo l’esempio di Cristo, disprezza Mammona, come ha potuto raccogliere tante ricchezze utilizzate in interessi piĂš disparati? C’è un detto famoso “Pecunia non oletâ€? (Svetonio, De vita Caesarum VIII, 23) che giustificherebbe certi comportamenti degli uomini della chiesa: il denaro non puzza, da qualunque parte provenga può essere impiegato a scopi benefici, Per cancellare definitivamente ogni sospetto di un uso “pocoâ€? evangelico della ricchezza da parte del clero, c’è chi ha fatto una interessante proposta che certamente i “fedelissimiâ€? riterranno indecente e peccaminosa e che di certo le Gerarchie condanneranno: “PerchĂŠ non affidare l’amministrazione dei beni materiali che la chiesa possiede (e sono

tanti!) esclusivamente a laici probi, onesti e competenti e lasciare al clero e ai ministri di Dio solo le mansioni spirituali? E’ possibile questa correzione o è da ritenersi inaccettabile e scorretta? I piĂš “devotiâ€? potrebbero obbiettare: “PerchĂŠ i preti non possono “toccareâ€? il denaro?â€? La risposta viene dal comportamento di Cristo che visse povero, insegnando che la sola ricchezza da ricercare è quella del Regno dei Cieli. Non è mancato chi si è posto l’interrogativo: “Quanti del clero rimarrebbero al loro posto a queste condizioni, cioè senza quel benessere che la loro posizione comporta? Continuerebbero a predicare il “beneâ€? della povertĂ e a vivere lontano dalle ricchezze?â€?. Mi astengo dal rispondere; preferisco esprimere la mia profonda convinzione che Cristo continuerĂ a sorreggere la Sua Chiesa, nonostante le debolezze degli uomini.

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GENTE DI LIGURIA E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Alfredo BERTOLLO

CASATI

Dal circondario chiavarese: i Vaccaro C

entro originario della famiglia dei Vaccaro è, senza ombra di smentita, il circondario di Chiavari. Da più di mille anni il loro nome appare in archivi liguri e/o lapidi, con molteplici variazioni tipiche nella modificazione dei cognomi nei secoli femminile (Vaccara), plurale (Vaccari) o sempilcemente Vacca. I Vacca, cittadini doviziosi di Genova organizzarono la nota congiura per cui la porta, detta dei Vacca fu poi definita “infame”. Il cognome Vaccaro, ancor oggi diffusissimo in Liguria ed esportato in molte altre parti d’Italia e d’Europa, deriva dai custodi delle vacche come, del resto, appare nell’arma della famiglia che rappresenta una vacca; sullo sfondo ci sono un pino che, con molte probabilità, si riferisce alla pineta della “Madonna delle Grazie” di loro proprietà e un castello. Ma, senza riandare al 1.100, seguendo i secoli del primo millennio, troviamo innumerevoli segni lasciati da membri dei Vaccaro o di

altre persone portanti un cognome collegato ad esso. Fra i più importanti ricordo il nome di Franchino Vaccaro che nella seconda metà del XVI secolo fece dipingere dal celebre pittore Teramo Piaggio gli affreschi che ancora oggi ornano le pareti della chiesa di Santa Maria delle Grazie. La chiesa, che prima era una semplice cappella, fu costruita su terreni appartenenti alla famiglia. Un’altro importante nome Vaccaro è quello di David, ascritto nell’albergo de’Promontori (uno cioè dei 28 alberghi di nobiltà di Genova) che, membro di entrambi i Consigli della Repubblica, fu eletto doge il 14 novembre 1587. Nel 1610 la figlia di David, Porzia, fu la celebre benefattrice della fabbrica della Chiesa di N.S. dell’Orto di Chiavari, alla quale regalò due case ed orti connessi. Andando alla ricerca di documenti e monumenti relativi alla famiglia, ci s’imbatte in moltissimi altri nomi, tutte persone di grande talento e di grandi capacità ma mo-

AGENZIA DI RAPALLO DE PASQUALE DR. ANNAMARIA

Il Santuario di S. Maria delle Grazie. In basso, particolare dell’interno

tivi di spazio m’impediscono di citarle in modo specifico. Quello che intendo far notare al lettore è che, in un periodo nel quale tutte le famiglie che avevano raggiunto una notevole posizione sociale, cercavano elementi aulici da far apparire nei loro stemmi, i Vaccaro ebberò il gusto della semplicità e, se le loro dovizie erano provenute dal lavoro, anche semplice come quello di custodi di vacche, non esitarono ad indicare quell’animale, nel loro blasone. Oggi, come già ho fatto cenno in apertura, troviamo Vaccaro un po’ dappertutto: la maggioranza ovviamente a Genova e in Liguria ma si sono irradiati in molte città del Nord-Italia, nelle Marche, in Sardegna, in Sicilia, Francia, Spagna ed America. Mi piace ricordare, essendo sammargheritese, i Vaccaro di questa mia città e non posso non far cenno a Luigi Vaccaro che nel secolo scorso costruì i “famosi” bagni “Flora”, tra il cantiere ex Spertini e

la punta del vecchio molo frequentati da importantissime famiglie quali gli Agnoletto, gli Ascari, i Pisapia, i Toso-Biffani nella prima e seconda metà del secolo scorso. Molti altri furono gli imprenditori di questa famiglia che si distinsero in diversi campi in Santa Margherita Ligure. Non posso non citare poi un Vaccaro che vive proprio a Chiavari sulla collina di Rovereto, origine della famiglia, e a poca distanza dalla Chiesa delle Grazie, che, come già scritto, fu una splendida donazione della famiglia. Rino mi ha consegnato un opuscolo “I Vaccaro della Liguria” scritto nel 1900 da Giovanni Vaccaro,. Da esso ho tratto alcune notizie fra le quali quelle relative alla Chiesa delle Grazie e alla donazione per la costruzione della Chiesa di N.S. dell’Orto che già conoscevo ma che ritengo vadano divulgate a molti liguri e specialmente chiavaresi che non le sanno.

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NATURA

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di Giorgio MASSA

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

MICETI

Autunno, tempo di prelibati funghi I misteriosi abitanti del sottobosco e dei prati e il loro ruolo nell’ambiente In generale, nei meccanismi di sviluppo dei funghi, che culminano con la formazione del corpo fruttifero, gli organismi che prendono vita dalle spore, che molto empiricamente considereremo di polarità diversa (+e-), formano un micelio primario molto piccolo (qualche centimetro). Se hanno fortuna, ad un certo punto della loro vita, fondono le ife del micelio primario, le cellule del quale posseggono ciascuna un solo nucleo, con quelle di un micelio primario prodotto Due splendidi esemplari di porcino nero (Boletus ae- da una spora della stessa specie ma di poreus). Il fungo crea simbiosi con alcuni alberi del bosco. larità opposta, originando ife composte da cellule binucleate (micelio secondario), che e c’è una stagione nella quale tutti si da quel momento potranno produrre corpi ricordano dei funghi, questa è l’au- fruttiferi (si veda il disegno nella pagina). tunno. In realtà i funghi vivono tutto Tra le eccezioni, il micelio secondario del l’anno, prevalentemente sottoterra, ma fungo Boletus aereus, che produce i poranche nel legno di alberi o sotto la cor- cini neri, generato dall’unione di ife di quatteccia, sottoforma di sottili e invisibili tro miceli primari diversi. filamenti di cellule (ife), e ciò che noi Il micelio secondario può svilupparsi per mangiamo, il corpo fruttifero o carpo- molti metri e vivere per anni. È questo in foro, rappresenta il coronamento della pratica il vero fungo, capace di creare simloro attività nascosta. Nel corpo frutti- biosi o svolgere attività ecologiche. Un mifero, infatti, si concentrano le ife, che in celio secondario durevole si forma, ad questo modo diventano visibili…eccome esempio, per alcuni tra i funghi più pregiati, come i porcini e gli ovuli, che per questo se lo diventano! Le ife formano spesso fitti intrecci di fila- motivo producono i loro corpi fruttiferi più o menti, che vengono chiamati micelio, e meno negli stessi luoghi ogni anno. Altri funcosì aggregate si possono osservare ghi, invece, sviluppano annualmente un anche ad occhio nudo sopra la terra, so- nuovo micelio secondario e quindi produprattutto dove si stanno per sviluppare i cono corpi fruttiferi in punti diversi del tercorpi fruttiferi. Il micelio del fungo affiora reno da un anno all’altro dalla terra, prevalentemente in periodi Nonostante siano sottovalutati o poco conumidi e miti, per produrre il corpo frutti- siderati, il ruolo ecologico dei funghi è imfero e ciò avviene solo se esistono anche portantissimo. all’esterno condizioni ottimali di umidità Molti di essi sono simbionti, ossia vivono in modo ottimale solo quando riescono a e di temperatura. I funghi, per riprodursi, producono corpi prendere contatto con le radici di alcuni alfruttiferi, che a loro volta generano beri. Questi funghi avvolgono con le loro ife spore. Queste ultime sono apparente- le radichette delle piante, formando un mamente tutte uguali, ma in realtà possie- nicotto che lascia comunque scoperto dono patrimonio genetico di “sesso” l’apice radicale, libero così di allungarsi e di diverso. In questo caso non sembre- far crescere la radice. Prolungamenti delle rebbe corretto parlare di sesso diverso, ife riescono a penetrare tra le cellule della anche perché sembra esistano funghi, come il Boletus aereus, che producono quattro “tipi” di spore.

S

sarea) (foto M. Bisso). Un ovulo buono (Amanita cae simbionte. cie spe porcino si tratta di una

Come il

Una piccola Mycena seynii. Si tratta di un fungo saprofita che attacca il legno delle pigne (foto M. Bisso)

radice, prendendo contatto con esse. Da quel momento in poi il fungo riceve sostanze zuccherine e cede all’albero sali minerali ed acqua. È un po’ come se il fungo, grazie alle sue ife, mettesse a disposizione delle piante un ulteriore e capillare sistema radicale Alcuni funghi sono saprofiti e disgregano più o meno assiduamente la materia organica, morta o di scarto, prodotta da altri esseri viventi nei boschi e in natura. Anche se questi organismi non sono gli unici distruttori di materiali organici, perché al loro fianco lavorano milioni di larve di insetti, senza di loro, probabilmente, gli ambienti naturali sarebbero ben diversi e squilibrati, con forti accumuli di sostanza da decomporre. Anche un grosso tronco caduto nel bosco è destinato con il tempo a scomparire e questo soprattutto per merito dei funghi saprofiti. Terminiamo con i funghi parassiti, i più odiati da chi apprezza le piante da giardino e frutteto o quelle delle alberature stradali, perché molte specie di questi organismi si sviluppano nei tessuti delle piante, spesso uccidendole. In condizioni naturali, però, questi funghi operano una selezione, eliminando piante malate e sofferenti e favorendo così il rinnovo dei boschi. Esistono specie aggressive, come alcune del genere Armillaria, al quale appartengono quelle che producono i comuni “chiodini”. I “chiodini” sono corpi fruttiferi che crescono a gruppi alla base delle piante, quando il fungo ha ormai invaso la pianta ospite. Altre specie di funghi parassiti possono non uccidere la pianta aggredita; è il caso del poliporo delle querce, comune nei boschi di leccio. In questo caso la pianta riesce spesso a reagire, isolando il fungo dai tessuti del fusto e dei rami, formando una callosità e relegando le ife del fungo nella zona basale del tronco. Ma cosa sono i funghi? Oggi vengono inseriti in un regno a parte, distinto da quelli

Un gruppo di chiodini

Schema generale della riproduzione di un fungo.

principali, animale e vegetale. Il motivo è essenzialmente quello che questi organismi sembrano solo in apparenza vegetali, perché ad esempio le loro cellule mostrano una parete cellulare, assente negli animali, ma questa non è costituita da cellulosa, come nei vegetali, bensì da chitina, ossia la proteina che costituisce lo scheletro esterno di insetti, crostacei ed altri animali, nonché le nostre unghie. Nelle piante, poi, la sostanza di riserva contenuta nelle cellule è l’amido, mentre negli animali e nei funghi è il glicogeno. Ecco quindi che queste caratteristiche, unite al fatto che i funghi non sono organismi autotrofi, ossia capaci di effettuare la fotosintesi come i vegetali, ma eterotrofi, che quindi necessitano per sopravvivere di trovare sostanze nutrienti nell’ambiente, hanno necessariamente portato gli studiosi a inserire i funghi in un regno a sé. Nel bosco questi silenziosi abitanti trovano l’ambiente ideale per sopravvivere, per poi esplodere al momento propizio in una “fioritura” di corpi fruttiferi che riempie il sottobosco di bizzarre forme e di colori, spesso accesi o mimetici come quelli dei porcini. Tutto questo prima che passi l’uomo…

Poliporo delle querce (Inonotus dryadeus). Questa specie parassita produce grossi corpi fruttiferi alla base degli alberi, soprattutto lecci e querce, che si riconoscono per le goccioline presenti sulla loro superficie


VIAGGI E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Vinicio TEMPERINI

CURIOSITÀ

La musica emigrante indiscutibile che il suono (phoné) sia alla base della comunicazione umana. Comprende rumori, parole, movimenti, danze e ti dà... la vita. Sentimenti, sensazioni, concetti, desideri, persino religioni che poi sono ovunque sempre gli stessi: amore. fede, desiderio, odio, gioia, tristezza, soddisfazione, rassegnazione. I veri maestri? I primitivi che hanno cominciato ad emettere suoni con il desiderio, la necessità di comunicarsi. Semiotica, semantica, melodica, didattica sono venute dopo. La lettera “R” da sola non comunica nulla. La lettera “E” da sola, nemmeno. Mettile assieme invece ed avrai un significato concreto: la parola “RE”. Lo “Ydaki didjeridoo” degli

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Aborigeni Australiani ed il “Guarneri del Gesù” di Paganini, due strumenti così distanti. Millenni di evoluzione, progresso: eppure qual’è l’intendimento di entrambi? Un essere umano li ha creati, scelti per comunicare, partecipare. Perchè l’interlocutore recepisca, apprezzi, sia coinvolto ed ami. Pare un’eresia ed invece è un tributo alla sensibilità dell’animo umano. Mi piacerebbe fare qualche commento tra amici sulla musica. Solo quella più popolare ed immediata, per vocazione personale. Intanto, importante citare il mare. il nostro Grande Padre. Quasi tutto ciò che è musica, canto, danza viene dalle rive, da città e villaggi sui mari. La diffusione poi avvenne attraverso oceani e mari. AFRICA – SUD AMERICA – USA Tutta la musica è sempre evento collettivo, coinvolgente. Quella africana lo è in modo totale ed identitario. In Mozambico, Angola la musica tradizionale di origine Bantu ha avuto consistenti influenze arabe (sembra strano). Tra le più popolari della zona ci sono la Marrabenta e la Dzukuta, gioiose e ballabili ma che comprendono anche temi diciamo così “sociali”. Non è molto noto ma da sempre si accompagnano recite popolari con musiche e canti, precursori dei “Musicals”. Qualche esempio: Azagaia – specie di Rapper politicamente scomodo. La Dama do Bling. Questi suoni a suo tempo emigrarono in Sud e Nord America. Maggiormente nel Sud soprattutto in Paesi di lingua ed influenza lusofone (portoghesi). Sono nati così Samba, Merengue, Bosa Nova, Caipira, Sertanejo etc. In Nord America invece l’influenza è venuta principalmente dal West Africa di lingua anglo-francofona.

CANACARI

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Porgy and Bess di Gershwin – opera basica della musica USA – in fondo è una ispirata lettura della tradizione africana di unire, come detto, storie popolari con canti e musiche. Da Senegal, Nigeria, Costa d’Avorio (nomi attuali) e tutta la Costa Ovest dell’Africa sono nati Spirituals, Swing, Jazz e poi Rock e tutta l’affascinante famiglia della musica che ormai fa parte (e meno male....) della nostra vita. Eccoci poi al ritorno a casa della musica africana – arricchita da nuovi elementi e nuove sensazioni – portando messaggi diversi e forse più completi. Esempi : EDR Esquadrâo do Rap (nientemeno....) – Lizha James, chiamata addirittura “A rainha do reggae”. Sono convinto che la musica dei Caraibi, dopo un periodo “locale”, abbia ricevuto una forte influenza nell’ondata di ritorno verso l’Africa sia per la parte ritmica e strumentale che per i testi anglofoni. Superfluo (non porto vasi a Samo....) citare anche solo i “maggiori” come Marley, Belafonte etc. Insisterei sul ritorno di una forte componente africana in un andamento ritmico già molto identificato. CURIOSITA’ PARAMUSICALI L’Argentina a suo tempo si creò una versione nazionalizzata del Flamenco e nacque così lo Zapateo. Gli Indios del Paraguay – con il loro “Lago azul de Ipacarai” del Grupo Cuñatai – sono vicini al reggae ma anche a qualche ritmo un po’ malinconico del Senegal. I Guarany – popolo indio nato e presente tra i fiumi Uruguay e Paranà – sono bravissimi suonatori d’arpa. In origine appresero a suonarla avendola in dono o sottraendola..... ai Missionari (pare che ci sia stato anche qualche episodio di cannibalismo). Poi lo strumento fu nazionalizzato e divenne molto popolare. Uno dei motivi dell’arpa uruguaya più conosciuti nel mondo è “El pajaro campana”. Un esperimento divertente e sorprendente. Sostituire con musica dello stesso ritmo ma di altri paesi, altre origini mentre passa un video senza suoni di danze e movimenti. Molto spesso musica e danze si so-

vrappongono quasi perfettamente. Nel mondo, specialmente in USA, si balla (o si ballava ?...) il Tip Tap basato sulla percussione con i piedi mentre le mani accompagnano solamente, con grazia ed espressione. Anche in Scozia si danza con percussioni podali mentre le mani e le braccia si aprono e chiudono ritmicamente (clench). La “River Dance” irlandese – bellissimo ballo individuale e collettivo –invece mentre segue per i piedi la stessa regola impone ai danzatori di mantenere braccia e mani rigide lungo il corpo. Chissà che sia un messaggio ? Noi ci scateniamo in balli difficili ed impegnativi anche gioiosi ma manteniamo sempre un rigido controllo delle nostre azioni. E voi ?.... Cattiveria: un italiano medio credo che non riuscirebbe mai ad esprimere un concetto compiuto con braccia e mani bloccate.....


STORIA LOCALE E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Pier Luigi BENATTI

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RELIGIOSITÀ

L’antica “Corte” che ospitò la Podesteria e il Capitaneato osto praticamente a metà del nostro “caroggio dritto”, è componente dell’incrocio identificato “in sci quattro canti”; un breve segmento di strada recava la suggestiva denominazione di Vico della Corte per fare memoria dell’importante centro amministrativo e di governo che qui sorgeva a pochi passi dal mare. L’edificio in questione, infatti, era posto nei pressi della “Marina delle barche”, l’arenile (oggi occupato dal chiosco musicale) ove venivano tirate a terra le imbarcazioni dei marinai e pescatori rapallesi riuniti nella Compagnia di S. Erasmo (il loro Patrono è venerato con un altare in Basilica ed effigiato anche su di una casa che fa sfondo). Era questa la cosiddetta “Corte” che, edificata prima del 13° secolo poco distante dalla pieve di S. Stefano, accolse l’attività giurisdizionale prima della Podesteria e, dal 1608, del Capitaneato rapallese che abbracciava, oltre al Borgo, gli antichi sestieri di Borzoli (Monti, S. Ambrogio, Zoagli, Semorile), Amandolesi (Cerisola ed Area collinare), Olivastro (Santa Maria, San Pietro, San Martino), Pescino (Portofino e Santa Margherita) ed Oltremonte (Cicagna, Borzonasca, Avegno, Tribogna, Favale, Lorsica). Appartenente all’aristocrazia genovese, il Capitano di Rapallo durava in carica per un anno ed aveva ampi poteri legislativi e di giustizia, disponendo di un vicario, di un cancelliere e d’una scorta di soldati ed inservienti. Il primo Capitano fu Gio Antonio Fieschi e l’ultimo a venir nominato Nicola Peirano nel 1796, quando la rivoluzione francese e la ventata napoleonica travolse il governo aristocratico della Superba.

P

di Rapallo e del suo Capitaneato assieme alla denominazione toponomastica (subalterna di quella che ricorda il cantautore genovese Fabrizio De André) di un vicolo che fa eco a quella “Corte” che per secoli qui operò nel segno dei Grifoni genovesi.

GIRI DI CHIGLIA

L’edificio di cui parliamo ebbe così a subire il saccheggio durante gli scontri fra le opposte fazioni e si avviò un progressivo inarrestabile degrado che gli impedì il ritorno alla sua funzione pubblica e che non si arrestò nemmeno con il diverso utilizzo cui venne destinato. Aveva ampi portici sottostanti e linee di chiara impronta ligure come ci conferma la foto anteriore al 1932

che ce lo restituisce in pieno disfacimento. Verrà così in quell’anno la demolizione totale della costruzione che, se recherà l’ampliamento dell’angusto vicolo attiguo, ne cancellerà inesorabilmente la originaria identità per far posto all’indirizzo architettonico un po’ tronfio dominante in quel tempo. Solo la targa murata è oggi rimasta a riassumere tante pagine di storia

Povero vico della Corte. Col passaggio all’euro era diventato via della Lira, ma anche questa dizione toponomastica era presto scomparsa per lasciare il posto a via Fabrizio De André. Nulla da ridire sulla lira (che, anzi, molti oggi rimpiangono) e neppure sul cantautore genovese che personalmente ritengo uno dei maggiori poeti del Novecento. Ma un dubbio mi assale: non era meglio lasciare tutto com’era e dedicare a De André il vicino vico delle Barche? Senza offesa, per barcaioli, pescatori e marinai, naturalmente. E.C.


PIANETA GIOVANI E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

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di Benedetta MAGRI

GUIDA

L’indipendenza giovanile parte dalla patente I

giovani vogliono l'indipendenza, prima fra tutte quella di movimento. Per questo quasi tutti dispongono di patenti che permettono loro di guidare. Il primo esame che i giovani danno per potersi mettere su strada è a 14 anni, quando hanno la possibilità di guidare il motorino di cilindrata 50. I corsi per questo tipo di patentino vengono effettuati presso le scuole secondarie di primo e secondo grado e sono tenuti direttamente da vigili urbani. Inizia così l'avventura con due ruote e un motore che per anni impegna e ha impegnato i ragazzi dai 14 ai 16 anni e anche oltre. Una passione che ha coinvolto un po' tutti, tra scocche da pitturare e motori da truccare per farli andare il più veloce possibile. Per questo si va in cerca di adesivi, magari tribali, oppure neon, che appostati sotto il poggiapiedi rendono il proprio bolide molto "tamarro", per non dimenticare l'importanza delle manopole, che con 15 euro danno un tocco di stile completamente diverso. In questo modo iniziano i giri per le nostre frazioni e le prime corse innocenti, o almeno che così paiono. Si instaurano amicizie e le serate si passano in garage tra pezzi di motore e marmitte Malossi, che costano tutti i soldi ricevuti a Natale e cacciaviti di ogni dimensione. A 16 anni giunge poi il momento di alzare la cilindrata del proprio mezzo e si inizia a studiare seriamente. L'esame di teoria, infatti, è pari a quello per la patente automobilistica: 4 errori massimo su 40 domande. Per un costo in media di 280 euro di iscrizione alla scuola guida, più 70 euro di esame scritto e 80 euro di esame pratico. Dopo l'esame scritto c'è la vera prova in campo: slalom tra i birilli e poi, se siete stati bravi, ma soprattutto se non vi siete distratti, allora con la pettorina arancione e l'auricolare si parte per un giretto in città. I bocciati non sono fantascienza, ma rivolgendosi ad una scuola guida e non facendo l'esame da privatisti, una mano in più si riceve. Questa è l'età giusta per sfoggiare la moto nuova, o il 125 comodo per la città, quello che se si va in due - anche se non si dovrebbe - non arranca in salita. Altri riman-

Si danza

gono fedeli al proprio F10, che tanto mettendoci mano e senza i blocchi raggiunge comunque i 70km/h o più e se non si hanno troppe pretese va ancora bene; soprattutto se ti è costato tutti i risparmi perché hai voluto personalizzarlo e renderlo il più figo. Senza dimenticare la passione per la Vespa, il 125 Primavera, che il fratello maggiore si è comprato e tu speri presto di fare altrettanto e in garage la metti in moto di nascosto. Piano piano arrivano i 18 anni e non te ne sei neppure accorto, così portare la fidanzata dietro in motorino con il timore di essere fermati dagli "sbirri" e avere un sacco di conseguenze, tra cui il sequestro del mezzo, non è più un incubo e si è contenti di aver alla fin fine accettato la targa grossa, quella brutta, che però permette di girare in due. Allora a questo punto ci si siede un po', perché chi ha fatto questo iter, partendo magari anche dalla bicicletta o - le leve degli anni '80 si ritroveranno di più in questa alternativa - dai pattini e dallo skate all'americana, si trova bene sulle due ruote e allora posticipa l'iscrizione alla patente B e magari la si prende alla soglia dei 19 anni, quando si è passato un inverno sempre e comunque fedelissimi al proprio SH con l'impermeabile e i guanti, perchè un po' di pioggia non potrebbe mai impedire di andare a bere la birra con gli amici. Prima o poi però la comodità di stare all'asciutto porta a fare la fatica di ripassare dalla scuola guida, iscriversi nuovamente, richiedere il foglio rosa e dopo un po' di ore di lezione (30 euro il costo di ogni lezione in media) si è pronti a dare l'esame. Oltre alla pigrizia ciò che fa ritardare la decisione di buttarsi nel mondo delle 4 ruote è il costo, infatti all'iscrizione alla scuola guida e alle lezioni si aggiungono i costi collegati ai certificati oculistico e medico anamnestico (altri 100 euro circa). Allora la soluzione più adottata è quella di richiedere la patente come regalo di compleanno, così si aprono due strade: prendere la patente o godersi quei 600/800 euro circa (perché questa è la cifra complessiva che si spende in linea di massima). Oltre alla categoria di

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chi è sempre stato motorizzato, c'è quella degli appiedati oppure “scarrozzati” dai genitori come se fossero taxisti per loro volontà. I ragazzi che hanno dovuto seguire questo corso per le paure della mamma o del papà, per cui in strada “nessuno guarda dove va e andare in motorino è pericoloso”, compiuti i 18 anni di solito hanno già portato i documenti alla scuola guida per iscriversi. Per qualche mese si è gomito a gomito con i propri genitori, come non si è mai stati, perché per imparare a guidare utilizzando il foglio rosa ci vuole un passeggero, che abbia almeno 10 anni di patente e che stia al tuo fianco mentre impari a fare la partenza in salita. No, sono troppo ottimista: mentre in pari a tenere acceso il motore e inserire la prima. Arrivati a questo punto si apre un mondo di regole nuove, entrate in vigore dal 9 febbraio 2011 per i neo patentati: prima tra tutte? La limitazione potenza/peso, cioè tra la potenza di un'auto, rintracciabile in qualunque scheda internet, e la sua tara. Il rapporto massimo consentito è di 55kW/t, ciò significa che un alto numero di modelli di macchine non può essere guidato per il primo anno di patente. Non basta. La potenza non deve comunque superare i 70kW. Per aiutarvi a scoprire se potete guidare l'auto del papi o, se dovete lavorare un'estate intera per comprarne una usata o nuova e quale modello potete scegliere, vi consiglio il link www.patentati.it/blog/articoli-patente/limitazioni-potenzaneopatentati.html. Inoltre non ci deve scoraggiare, infatti le case automobilistiche hanno prodotto tantissimi nuovi motori per i

neopatentati, anche macchine con una certa linea, come Audi e Mini. Poi naturalmente ci sono le limitazioni alcooliche, per cui se si è neopatentati non si può mangiare neanche un Moncherie. Inoltre a chi è stata revocata la patente per uso o commercio di stupefacenti, la limitazione dei 55kW/t si estende a 3 anni. I paletti extra non sono conclusi e quindi per 3 anni per tutti i neopatentati il piede sull'acceleratore deve starci ben poco: autostrada non superate i 100km/h e su strade extra urbane i 90km/h. Inoltre state attenti a non farvi togliere la patente per guida in stato di ebbrezza, perché oltre alla multa, al ritiro del mezzo e alle visite al SERT, una volta ripresa la patente siete nuovamente soggetti a tutti questi tetti, se non peggio. Ma anche la patente A che si può prendere fin dai 16 anni impone delle limitazioni: per i primi 2 anni la potenza non deve superare i 25kW oppure avere un rapporto potenza/peso superiore a 0.16kW/kg. Su questo c'è una scappatoia: avere 21 anni e aver conseguito l'esame con motocicli di alte prestazioni. Le patenti non finiscono qui, esistono quelle internazionali, meno diffuse e spesso i ragazzi non sanno neppure come vadano richieste. Ci si deve rivolgere all'ACI per informazioni. Infatti la patente italiana ha validità nei Paesi dell'UE, negli altri Paesi europei ad esclusione della Russia e in pochissimi Paesi extraeuropei. Naturalmente esistono delle patenti superiori alla B e altre riguardanti chi guida aerei o barche.

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ARTE E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

di Claudio MOLFINO

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UNITÀ D’ITALIA

Francesco Gandolfi, pittore e patriota N ei 150 anni dell’unità d’Italia è doveroso ricordare Francesco Gandolfi insigne pittore, fervente patriota e combattente. Nacque a Chiavari l'8 luglio 1824 da Giovanni Cristoforo e da Teresa Solari. Trascorse l'infanzia nella cittadina ligure e nella villa sulla collina di San Lorenzo della Costa. Il padre, avvocato era stato nominato sotto la dominazione francese alla carica di presidente dei Ponti e delle Strade e altri incarichi pubblici, e fu promotore della Società economica, letteraria e artistica di Chiavari, per la quale raccolse una collezione di quadri. Nel 1834 Francesco si trasferì a Genova con la famiglia, perché il padre era stato nominato bibliotecario della Reale Università. Fu il padre ad iniziarlo all'arte e lo portò a perfezionarsi nel disegno con la pittrice Rosa Bacigalupo. Sempre nel 1834 il Gandolfi venne iscritto all'Accademia Ligustica di belle arti. Nel 1840 si recò a Firenze - viaggio tradizionale per gli artisti liguri - dove frequentò per cinque anni l'Accademia di belle arti. La successiva tappa della formazione del Gandolfi fu Roma, dove il giovane poté dedicarsi allo studio dell'arte classica e moderna. I disegni e ac-

querelli raffiguranti contadini e abitanti della Ciociaria, alcuni dei quali conservati in collezioni private genovesi, sono i soli documenti rimasti del soggiorno romano. I moti per l'indipendenza del marzo 1848 lo distolsero dalla sua attività artistica spingendolo ad arruolarsi volontario nel battaglione universitario romano. Il patriottismo che lo animava è ben testimoniato dalle scritte a matita presenti sul retro di alcuni suoi lavori - per esempio, il bozzetto (Genova, collezione privata) per il quadro con S. Filomena che avrebbe dovuto eseguire per la chiesa di Nostra Signora dell'Orto a Chiavari ma che non dipinse - che, come una sorta di diario, raccolgono le memorie personali in rapporto agli eventi storici contemporanei. La partecipazione ai combattimenti di Goito e Cornuda gli valse la medaglia al valor militare. Nel 1849 si trasferì definitivamente a Genova dove, dal 1850 e per un decennio, prese parte alle esposizioni della Società promotrice di belle arti. La personalità di Francesco Gandolfi maturò proprio nell'ambito di quell'evoluzione che dal romaticismo portò al naturalismo e che, già dalla Promotrice

Il ruscello di San Lorenzo della Costa, olio su tela

Autoritratto, olio su tela

Madonna Miracolosa, olio su tela

del 1850, sottolineò il declino della scuola storica. Egli aderì in questi anni alla "Scuola grigia", così denominata per la predilezione per le tonalità tenui e per il rifiuto dei neri, a favore di una morbida luminosità naturale. Fino alla metà degli anni Cinquanta il pittore ebbe il proprio studio nel chiostro di S. Maria di Castello, poi si spostò nel convento di S. Sebastiano (demolito), quindi in palazzo Spinola (oggi sede della prefettura) e, alla morte della madre, si trasferì in via S. Luca, in casa Boasi. L'epidemia colerica che nel 1854 infierì su Genova condusse l'artista a rifugiarsi a San Lorenzo della Costa, dove, durante "quaranta afflittissimi giorni" trascorsi con la famiglia (secondo la nota manoscritta sul retro del Ruscello di San Lorenzo della Costa conservato a Genova in collezione privata) studiò il paesaggio e gli animali, divenendo sempre più cosciente del valore del movimento verista francese. Negli anni 1857-59 il G. allestì una sorta di galleria di ritratti lavorando per le famiglie nobili e della ricca borghesia ligure. Schizzi e notizie militari, ancora conservati a Genova presso gli eredi dell'artista, riguardano gli eventi della guerra del 1859 e la spedizione dei Mille; tra queste carte vi è anche lo studio per il quadro esposto alla Promotrice del 1860, Un episodio della guerra di Sicilia. Garibaldi invita il popolo a soccorrere i napoletani feriti. Del 1860 è anche il già citato dipinto intitolato Gian Luigi Fieschi svela la congiura alla moglie (Genova, collezione privata), esemplare rievocazione storica del celebre conte di Lavagna. L'opera diede celebrità al pittore anche oltre i confini regionali dal momento che fu esposta, e premiata con una meda-

glia d'oro, all'Esposizione nazionale tenutasi a Firenze nel 1861, per poi venire riproposta nel 1867 alla Promotrice di Genova. Nelle opere di ispirazione religiosa il Francesco Gandolfi tradusse i principî della scuola verista nella rappresentazione degli episodi della vita dei santi, ricostruendo talvolta l'ambiente storico, altre volte trasferendo l'iconografia sacra in uno scenario ligure ottocentesco. Nel 1861 l’artista decorò la chiesa parrocchiale di Albisola Superiore con le Storie di s. Nicola; nel 1869-70 eseguì gli affreschi per la chiesa di S. Maria dell'Orto a Chiavari che si presentano come quadri storici nel complesso (vi sono rappresentati cinque episodi esemplari della storia cittadina), come quadri di genere nei particolari. La decorazione di ville e palazzi manifesta maggiormente l'influenza del manierismo e del simbolismo del tempo, che il pittore seguì nelle figurazioni allegoriche di palazzo Pallavicini e di palazzo Cambiaso, nell'atrio della stazione ferroviaria Principe (ora perdute) e nel palazzo del Comune (Colombo alla corte di Spagna, 1862). Per quanto riguarda l'attività espositiva, negli anni Sessanta egli inviò ritratti alla Promotrice di Genova, dal 1862 al 1866. I personaggi che immortalò sulla tela rappresentavano innanzitutto l'alta borghesia, l'aristocrazia elegante e raffinata e gli esponenti popolari della categoria degli artisti suoi colleghi: questi ritratti, dai caratteri ben definiti, non compiacciono estetismi formali ma, anticipando la conquista verista, competono con i migliori dipinti italiani di metà Ottocento. Insieme con altri pittori genovesi, Francesco Gandolfi visitò l'Esposizione di Parigi del 1865, mentre per l'Esposizione internazionale di Vienna del 1873 preparò, per l'ingresso della sezione italiana, la grande allegoria (perduta) dell'Italia ricevuta dall'Austria (bozzetto a Genova, collezione privata). Morì a Genova il 5 sett. 1873


CULTURA

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E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

Nasce a Rapallo il Circolo Hemingway l Circolo Hemingway Rapallo è una Associazione di Volontariato Culturale che ha sede a Rapallo presso Hotel Riviera in piazza IV Novembre 2. La prestigiosa sede è stata scelta perchè nel 1923 vi ha soggiornato Ernst Hemingway, che durante il suo soggiorno rapallese ha scritto uno dei suoi racconti "Cat in the Rain" inserito poi nel volume “I 49 racconti”. Il famoso romanziere, giornalista e Premio Nobel proprio a Rapallo scrisse quel racconto dalla sua camera al primo piano dell’albergo, in una giornata di pioggia avendo sullo sfondo la Porta delle Saline, una delle cinque porte che cingevano la città e unica porta rimasta intatta fino ai giorni nostri da qui la scelta di usare questa immagine nel logo. Hemingway era già stato a Rapallo nel 1922 in occasione della Conferenza Internazionale di Genova che, nel capoluogo genovese, aprì i lavori il 10 aprile. Complessivamente i delegati presenti erano 1.254 e nutrita era la schiera degli 'inviati speciali. Fra i maggiori giornalisti dell'epoca figuravano anche Hemingway, Pietro Nenni e D'Annunzio. Proprio a Rapallo, a sorpresa, venne siglato l’accordo Russo-tedesco che prenderà il nome di “Trattato di Rapallo” E' il 16 aprile 1922, giorno di Pasqua, e la firma del documento coglie di sorpresa un po' tutti, soprattutto i 200 giornalisti accreditati che - fra di loro c'era anche l'inviato Emest Hemingway - in occasione della festività avevano deciso di recarsi a Rapallo per una gita in riviera in piena libertà. Lunedì 24 ottobre il Circolo è stato ufficialmente presentato presso Hotel Europa con una forte presenza di pubblico. Quest’anno ricorre tra l’altro il cinquantenario della morte dello scrittore americano, avvenuta il 2 luglio 1961.

I

Da sinistra, Salvatore Alongi, Pierangelo Paganini e Giovanni Arena

I PROSSIMI EVENTI IN CALENDARIO: - SABATO 26 NOVEMBRE Convegno su "Hemingway a Rapallo" relatore Prof. Massimo Bacigalupo - MERCOLEDÌ 14 DICEMBRE Incontro con la scrittrice Sara Rattaro Entrambi gli eventi si terranno alle ore 18.00 presso l'Hotel Riviera.

SCOPI DEL SODALIZIO: Perseguire esclusivamente finalità di solidarietà sociale nell’ambito dello sviluppo delle attività ed iniziative della Cultura L’Associazione si propone pertanto di svolgere le seguenti attività: Intraprendere iniziative di diffusione della cultura attraverso il coinvolgimento attivo dei cittadini anche in collaborazione e sinergia con le altre organizzazioni di volontariato culturale Organizzare manifestazioni artistiche, corsi di formazione aggiornamento, conferenze, convegni e dibattiti

CIRCOLO HEMINGWAY RAPALLO Piazza IV Novembre n° 2 16035 RAPALLO e-mail eh.rapallo@gmail.com

IL DIRETTIVO

Il folto pubblico presente alla presentazione ufficiale del Circolo

Presidente - Salvatore ALONGI Vice Presidente - Pierangelo PAGANINI Consigliere Addetto Relazioni Esterne - Gianni ARENA Segretario - Nadia BRIGANTI Tesoriere - Ludovica RUSSO Consigliere addetto all’Organizzazione – Remo CASTRUCCIO Consigliere – Antonio CODAZZI Consigliere – GianRenato DE GAETANI Consigliere – Georgios KARALIS Consigliere – Luisa MARNATI Consigliere – Luigi Ernesto ZANONI Revisore dei Conti del Circolo Hemingway Rapallo D.ssa Nadia BOSCHINI

PAGINA REDAZIONALE

* Per informazioni e iscrizioni inviare una e-mail a eh.rapallo@gmail.com * L'associazione non ha fini di lucro.


CINEMA E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

Un critico che parla di verosimiglianza è una persona senza immaginazione

di Luciano RAINUSSO

AL CINEMAin

diagonale

Il ragazzo con la bicicletta

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Alfred Hitchcock, maestro di cinema

Source Code di Duncan Jones

di Jean-Pierre e Luc Dardenne Sempre unico per rigore il cinema dei fratelli Dardenne che, con questo film, sono tornati a vincere allʼultimo Festival di Cannes: due belgi, sui sessantʼanni, costantemente impegnati sul tema della difficoltà di crescere. (Si ricordino almeno, tra le loro opere, Rosetta e Lʼenfant: storia amara, la prima, di una ragazza povera decisa ad ottenere un lavoro decoroso; la seconda centrata su un giovane padre costretto dal bisogno a vendere il figlio appena nato). Forse più leggero, rispetto ai loro precedenti film, questo racconta di un dodicenne deciso a rintracciare il padre che lo ha abbandonato in un centro di accoglienza. Una ricerca portata avanti con ostinazione, la stessa con cui vuole ricuperare la bicicletta che il genitore gli ha sottratto per venderla. Poi, coinvolto in una maldestra rapina, si salverà grazie ad una giovane parrucchiera che gli si è affezionata, nonostante le sue continue ribellioni. Unʼesposizione lucida delle reazioni che caratterizzano il comportamento del ragazzo. Uno sviluppo narrativo basato su situazioni esposte con straordinaria semplicità (indovinatissima quella dellʼincontro del ragazzo col padre, intento a rifarsi una vita lontano da lui). Insomma un film che appaga e fa crescere la parte nobile del cinema. Si aggiunga la grande spontaneità del giovane protagonista (Thomas Doret), al cui fianco, come parrucchiera, dopo Hereafter di Clint Eastwood, la dolce Cecile de France, simbolo di serenità e dedizione.

Se sei così ti dico sì di Michael Hafström Un immeritato esito disastroso al botteghino ha ottenuto questa gradevole commedia che nulla ha da spartire con i quattro o cinque film nostrani che hanno dominato nei mesi scorsi la classifica degli incassi (compresi, per essere chiari, Che bella giornata, Benvenuti al sud e Natale in Sudafrica). Dotata di un titolo poco felice che ricorda gli esecrabili filmetti a base di infermiere fulminanti e onorevoli sotto il letto, la quinta prova registica di Eugenio Cappuccio non ha usufruito neppure della presenza, come traino, di Belén Rodriguez, forse amata dalle platee televisive. (Ma non al punto di lasciare la poltrona di casa per raggiungere una sala cinematografica). Va, comunque detto, che se qualcuno sperava in questʼaltra occasione per sparare sulla show-girl argentina, stavolta ha dovuto ricredersi, perchè la Rodriguez ha sorpreso non poco per la capacità di ironizzare sul suo ruolo di diva. La vicenda concerne un ex cantante di provincia che, grazie alla trasmissione “I migliori anni” di Carlo Conti, torna alla ribalta con il suo unico successo. Lʼincontro fortuito con una star risveglierà in lui desideri di rivincita mai sopiti. Tutto qui, ma il film assicura sorrisi e malinconie, guardando con occhio attento al tremendo mondo della televisione (e il celebre conduttore non ci fa proprio figura) e alla stupidità di certe platee. Una volta tanto protagonista, Emilio Solfrizzi sfrutta al meglio la sua aria da sconfitto rassegnato. (Arriva persino ad apparire in pubblico con il parrucchino e una giacca a lustrini argentati). Alle spalle del regista un curioso e amabile filmetto del 1997: Il caricatore, diretto con Massimo Gaudioso e Fabio Nunziata, bella storia di tre ragazzi che cercano disperatamente di esordire dietro la macchina da presa.

Thriller fantascientifico complicato, la cui trama potrebbe essere così sintetizzata: un pilota americano caduto in guerra è riportato in vita più volte e sempre per pochi minuti, affinché possa individuare il terrorista che ha fatto saltare in aria un treno passeggeri. Naturalmente, gli eventi si svolgono secondo una scelta narrativa ben diversa. Infatti, allʼinizio, evitando di fornire qualsiasi spiegazione, si insiste sul momento in cui il protagonista viene a trovarsi sul treno, senza sapere chi è, seduto di fronte ad unʼaffascinante giovane donna che, a differenza di lui, sembra conoscerlo molto bene. Eppure il film cattura lʼattenzione dello spettatore; trova la maniera di prendere al cuore con il risvolto sentimentale riguardante lʼincontro tra i due, per i quali non ci sarà futuro. Perchè, nella realtà, lʼesplosione allʼinterno del treno è già avvenuta. Il regista (figlio del cantante David Bowie) si era già avvicinato alla fantascienza con l'opera d'esordio: Moon, film più che buono, senza effetti speciali, sulla solitudine di un uomo impegnato a reperire risorse energetiche sulla Luna per il nostro dannato pianeta. Protagonista allo stato virtuale il bravo Jake Gyllenhaal (uno dei due cowboy de I segreti di Brokeback Mountain). A seguirne il dramma, alla consolle, per conto della Cia, un'intensa Vera Farmiga, la partner di George Clooney in Tra le nuvole.

Le donne del 6° piano di Philippe Le Guay Commedia francese che, in patria, conobbe un successo di pubblico strepitoso, dopo l'affermazione all'ultimo Festival di Berlino, dove fu presentata fuori concorso. Vanta un cospicuo gruppo di attrici poco note, ad eccezione di Carmen Maura, ex musa del regista Pedro Almodovar, da tempo però lontana dai nostri schermi. Le spagnole del gruppo impersonano domestiche e badanti che, giunte a Parigi, prendono dimora in un antico palazzo di proprietà di due coniugi, autentici campioni in fatto di austerità: lui agente di cambio, lei schiava dei rituali borghesi. Nella vita di questa coppia, le spagnole porteranno non pochi cambiamenti con la loro esuberanza ed allegria, e il peso del loro dolente passato. (Siamo negli anni Sessanta e in Spagna c'è ancora il dittatore Franco). Cambiamenti di ogni tipo, anche sotto l'aspetto amoroso. Ricco di sottile humor, preciso nel disegno delle psicologie, centrato sulla forza rigeneratrice delle donne, il film è stato diretto da un regista particolarmente portato per la commedia. (Va ricordato, fra i suoi film, soprattutto Il costo della vita, costruito sui destini incrociati di alcuni personaggi, ognuno dei quali condizionato dall'importanza del denaro). S'impone come protagonista maschile, Fabrice Luchini, attore dalla preziosa espressività. Indimenticato il suo Perceval, cavaliere di re Artù, sostenuto nell'omonimo film che Eric Rohmer diresse nel 1978, rileggendo il famoso testo in versi di Chrétien de Troyes.

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LETTERE E NOTIZIE

Luciano Bottaro: il ritorno di un maestro Luciano Bottaro: un Maestro del Fumetto europeo più volte celebrato, con mostre e volumi a lui dedicati. Un grande confezionatore di sogni che diviene tale cedendo al fascino dei giornalini colorati della sua infanzia. Un lettore che si adopera, da perfetto autodidatta, a realizzare nuove storie con i propri mezzi, sfidando la contrarietà paterna rispetto a un’attività ritenuta insensata, un mestiere visto addirittura con sospetto, secondo una percezione dei Fumetti comune nella società italiana del secondo dopoguerra. Il volume Luciano Bottaro, edito dall’etichetta bolognese Comma 22, inaugura una serie di libri antologici dal titolo I Magnifici del Fumetto italiano, dedicati ciascuno a un Maestro della Nona Arte, presentando storie rare, inedite o introvabile, introdotte da un ampio apparato di immagini e di redazionali, in questo caso scritti da Luca Boschi, Marco Della Croce e Stefano Gorla. Questo primo volume ripercorre attraverso alcune delle sue pricipali tappe la carriera di Luciano Bottaro, fondatore della cosiddetta “Scuola di Rapallo”, nonché eccezionale autore Disney. Luciano Bottaro ha definito uno stile italiano del racconto a fumetti per ragazzi realizzando avventure di personaggi indimenticabili come il corsarino Pepito, il tiranno Re di Picche, la piccola Lola e il suo gatto Otello, la coppia comica Beppe e Cucciolo, il funghetto Pon Pon, la guardia canadese Baldo, il serraglio antropomorfo dell’elefante Oscar Nasolungo e del topo Gambacorta, l’orso ubriacone e l’amico trapper Whisky e Gogo e una miriade di altri, molti dei quali presenti nelle 256 pagine del volume in uscita in occasione di Lucca 2011. Titolo: LUCIANO BOTTARO - Editore: COMMA 22 Collana: MAGNIFICI DEL FUMETTO ITALIANO - N° 1 - Prezzo: € 19,00

ASCOM Spett.le Redazione de “Il Mare” Leggo sul vostro numero 8/9 2011 “Un ciclone chiamato Elisabetta” elogi a non finire, sia chiaro che mi associo al vostro giudizio. Signora che per il suo incarico sta dando lustro alla sua città con iniziative moderne, eventi e tutto quanto in suo potere, cercando di ravvivare quel mondo

commerciale per troppo tempo in letargo. A tale proposito suggerirei, nel suo ambito di presidente ASCOM pressioni agli organi competenti, a tutela dei suoi associati, un divieto di vendite abusive in passeggiata a mare, gioiello scalfitto da un commercio totalmente fuori legge, snaturando tutto quello che è più prezioso della nostra città. Scandalo

Associazione Culturale

Caroggio Drito SABATO 26 NOVEMBRE ore 16,30 Villa Queirolo Conferenza della dott.ssa Claudia Bergamaschi "L’APERTURA DI VIA XX SETTEMBRE: UNA RIVOLUZIONE NELLA GENOVA DELL’OTTOCENTO" Invitiamo i lettori a volerci segnalare suggerimenti, problemi. Pubblicheremo le vostre istanze, raccomandandovi la brevità dei testi per evitare dolorosi tagli.

Scriveteci a Redazione “IL MARE” Via Volta 35 - 16035 Rapallo E-mail: rapallonotizie@libero.it

che i nostri Comuni confinanti se ne guarderebbero bene di tollerare salvaguardando nel contempo, commercio e buon turismo. Per quanto riguarda la sua ascesa in politica la vedrei molto bene come candidata a poltrone importanti, sarebbe portare una ventata nuova di modernità con idee nuove che così in breve tempo ha saputo dimostrare. La signora Lai non avrà certamente bisogno dei miei consigli, cordiale, gentile, bella presenza ma anche con piglio e volontà non deluderà la sua città nel suo incarico e chissà!!! La mia lettera è in risposta all’ottimo articolo del dott. Carta che apprezzo per la sua capacità mai faziosa dei suoi articoli. “Un lombardo onorato dell’ospitalità di questa città” Gianfranco Rizzi

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nianza. Trascinato da una ambulanza, anche se di malavoglia perchè già stavo meglio, al pronto Soccorso dell'Ospedale di Lavagna (Ge) per una poi definita "sincope riflessa post-prandiale con prognosi benigna" (il pranzo era avvenuto a Rapallo, ma, come tutti ormai sanno,nel pur grande ed efficiente Ospedale ruentino, il Pronto Soccorso latita...) sono stato subito controllato,con prelievo sanguigno e diversi test, cardiogrammi ed eco-cardiogrammi, ecografie all'addome, alla colecisti, all'aorta, controllo sistematico della pressione arteriosa. Infine, visita di diversi specialisti tra cui il bravo cardiologo Alberto Solano, che, oltre ad essere bravo come mestiere, è pure simpatico ed ha una non comune dote di rincuorare i pazienti. A tutto il personale medico e infermieristico di quell'Ospedale va la mia riconoscenza e considerazione per il lavoro che svolgono. L. F.

SANITÀ Gentile Redazione, qualcosa, ogni tanto, in Italia, funziona e mi sembra corretto darne testimo-

RUMENTA Gentile Direttore, ahi, ahi, ahi, ci risiamo! La Ditta incaricata di ritirare

50 anni di Panathlon Tigullio Chiavari

el 2011 sono stati tanti gli eventi per festeggiare questo anniversario. Il direttivo ha proposto anche una gita a Roma per celebrare il loro primo lustro. "La scelta di andare a Roma - spiega il Presidente Magri Luigi - per visitare gli studi di Saxarubra e partecipare all'udienza del Papa, ha avuto il fine di valorizzare il lavoro fatto dai presidenti e dai soci che si sono avvicendati dal 5 dicembre 1961 e che hanno voluto portare avanti in molte forme lo spirito panathletico, anche tramite eventi mediatici". Il 25 ottobre il gruppo è stato ospitato negli studi di Saxarubra della RAI, dove è stato spiegato come funziona il digitale, in che modo stanno cambiando le apparecchiature e tutti si sono sentiti un po' protagonisti, sedendo alla scrivania del tg2 o in regia. Quale miglior posto per seguire l'alluvione che ha colpito la nostra regione? Infatti dagli schermi del polo dell'informazione della RAI i panathleti si sono trovati davanti al disastro di Vernazza, Monterosso e della Lunigiana. "Questa tappa - racconta Magri - ha una valenza perchè ci ha permesso di conoscere da vicino le potenzialitá di comunicazione delle notizie del sistema radio televisivo italiano, che puó aiutare a trasmettere in maniera più vasta i principi del Panathlon, fondati sul fair-play, sull'etica nello sport e sul diritto dei giovani di formarsi anche con lo sport". Il giorno dopo, con stato di allerta 2 della protezione civile su Roma, il gruppo ha partecipato all'udienza del Papa e una preghiera particolare stata rivolta proprio alle persone delle zone colpite dall'alluvione. L'evento deriva dal fatto che i principi panathletici si fondano anche sulla fratellanza cristiana e il rispetto reciproco.

N


Gargantua di Renzo Bagnasco

E c o d e l g o l f o Ti g u l l i o

LETTERE E NOTIZIE

Associazione Culturale A COALINN-A Domenica 6 novembre alle ore 16 presso hotel Tigullio et Milan conferenza di Vittorio Mizzi “I genovesi in Crimea”

Riso con le acciughe

Domenica 11 dicembre alle ore 16 presso hotel Tigullio et Milan conferenza di Raffaella Saponaro “Massimo d’Azeglio”

400 gr di riso, 4 acciughe sotto sale, poco prezzemolo tritato, brodo di granulare vegetale, olio e sale. ESECUZIONE: lavare e diliscare le acciughe. Lessare il riso al dente, in acqua insaporita con del granulare; in un tegame stemperare, in un po’ d’olio, le acciughe e aggiungervi, colato, il riso spolverandolo con il prezzemolo. Rimestare e appena ben amalgamato, servire

i rifiuti urbani, dopo un pò che è qui, comincia anch'essa a respirare l'inneficiente aria rapallina. Per troppi giorni restano intasati alcuni raccoglitori così che la gente è "costretta" a buttare i rifiuti sui marciapiedi, pardon "depositarli" nei soliti sacchetti- fantasia di plastica, neppure ben chiusi. C'è qualcuno dell'Amministrazione Comunale che, almeno a tempo perso, potrebbe soprintendere, facendo sentie il fiato sul collo dei raccoglitori o, avvicinandosi le elezioni, intende risparmiarselo per i comizi in cui ci ripeterà che tutto va bene? Grazie e cordialità, Lettera firmata

Trasporto pubblico Il degrado delle stazioni ferroviarie liguri è sotto gli occhi di tutti. I giornali locali ci mostrano, implacabili, come vengono ridotti i locali che di notte si trasformano in dormitori pubblici. Non invidio i pendolari che, avendo pagato regolarmente il biglietto, quasi sempre "in anticipo sul servizio ", perchè abbonati, di primo mattino sostano oppure semplicemente attraversano quei locali che mi ricordano quelli delle camerate del piroscafo "Giovanna C" quando trasportava emigranti da Lisbona al Sudamerica. Ancora, sugli autobus in servizio urbano o extraurbano, nel capoluogo come nelle due Riviere, viaggiano moltissimi "por-

CASARZA LIGURE Via Annuti 40 (Croce Verde) Apertura: Martedi ore 12

www.ac-ilsestante.it

MESE

Novembre

Giorno

31

Il proverbio del mese

A veitae e l'êuio vegnan sempre a galla La verità e l'olio vengono sempre a galla

Spazio Aperto di Via dell’Arco Associazione di Promozione Sociale

Novembre

Domenica 18 dicembre alle ore 16 presso hotel Tigullio et Milan lettura poesie e racconti di Alfredo Bertollo e Lisa Pesatori

VENERDÌ 11, ore 16.00 Cattive compagnie: come difendersi dalle assicurazioni Consigli utili per evitare sorprese spiacevoli, dalla parte del cliente Gianluigi De Marchi, ex bancario & ex assicuratore

Martedì 8 novembre gita a Carrara per l’inaugurazione della mostra dello scultore russo Stefano Erzia. Nel pomeriggio visita ai laboratori degli scultori.

SABATO 12, ore 16.00 Strategia dell’emergenza Come affrontare situazioni difficili e pericolose Marco Ferrini, presidente RCL Protezione Civile

Nella seconda decade di novembre (di venerdì) gita e visita all’Accademia Navale di Livorno in collaborazione con il Lions di San Michele di Pagana. toghesi", ossia viaggiano "a sbafo". Mi chiedo da tempo se non sarebbe più decoroso per una Nazione che non ci stanchiamo a definire civile, ma soprattutto (perchè,dopo tutto,sempre di "palanche" si tratta...) per il benessere delle Aziende, ripristinare i controllori nelle stazioni, giorno e notte, ripristinare i cancelletti di un dì, così che i viaggiatori, invece di dover attendere l'arrivo del treno sotto la pensilina, magari sotto la pioggia, potrebbero di nuovo usufruire delle sale d'aspetto pulite e non ridotte a latrine. E, negli autobus, una sola entrata, a prua, come è in uso in Inghilterra, per il controllo sistematico dei biglietti, oppure, se si ritiene che si perda troppo tempo, rimettere il controllore "fisso" con una entrata unica, stavolta..."a poppa". Lettera firmata

2011

Lunazioni, Stagioni e Segni Zodiacali

Ora.min. Descrizione

Mercoledì 02

17:38

Primo Quarto

Giovedì

10

21:16

Luna Piena

Venerdì

18

16:09

Ultimo Quarto

Martedì

22

17:09

Il Sole entra nel segno del SAGITTARIO

Venerdì

25

07:09

Luna Nuova: 9A Lunazione delle Braccia tese: (Eclissi parziale di Sole - Non visibile dall’Italia)

VENERDÌ 18, ore 16.00 Il viaggio nella pittura di Gauguin e Van Gogh Riflessioni sulla mostra “Van Gogh e il viaggio di Gauguin” al Palazzo Ducale di Genova Sergio Antola SABATO 19, ore 16.30 La medicina cinese, un mondo di emozioni Storia, principi, metodi ed applicazioni Luciano Andreoli, docente di agopuntura e medicina tradizionale cinese presso l’Università Statale di Milano MERCOLEDÌ 23, ore 16.00 Rapporti di coppia e senso della vita Il film “Alle soglie della vita” di Ingmar Bergman con Eva Dahlbeck, Ingrid Thulin e Bibi Andersson (1958) a cura di Luciano Rainusso [RISERVATO AI SOCI] VENERDÌ 25, ore 16.00 Racconti di viaggio e storie di viaggiatori, partendo dal Tigullio Emozioni, suggestioni e ricostruzioni storiche di Fabrizio Benente, archeologo e docente di Archeologia del Mediterraneo presso l’Università di Genova, autore del libro «Appunti di Viaggio – Racconti e immagini tra Genova e il Tigullio, Istanbul, Israele, la Cina e la “Merica”» SABATO 26, ore 16.00 Il tempo fugge Le macchine del tempo: dalle meridiane agli orologi atomici, il tempo e la società Diego Mecca, scrittore



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