er Di Yass
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L.mare Vittorio Veneto 17-18-19 RAPALLO
Ristorante Pizzeria con forno a legna
Tel./Fax 0185 52603 Anno IV - n. 1/ Gennaio/Febbraio 2011 • Direttore responsabile: Emilio Carta
Stampato in 15.000 copie - DISTRIBUZIONE GRATUITA
O giornale o l'é comme l'äze, quello che ti ghe metti o porta Il giornale è come l'asino, quello che ci metti, porta (Antico proverbio genovese)
POLO OSPEDALIERO • LÊinaugurazione • La sedia vuota • Tutti i reparti • I vecchi ospedali
SPECIALE
RAPALLIZZAZIONE
DOVE Svelata la vera paternità ANDARE SCUOLA EDILE Perchè non apre
EMIGRAZIONE Italiani in Patagonia
AMBIENTE Rifiuti: problema scottante
SAN PIETRO NOVELLA Il centro sociale avanza
AMARCORD Le radio (davvero) libere
Associazione Culturale
Caroggio Drito
Associazione Culturale
Onorevole, vada a lavorare! di Emilio Carta
Rapallo Notizie Mensile di informazione
Anno IV - n. 1/ Gennaio/Febbraio 2011 Edito da: Azienda Grafica Busco Editrice Rapallo - via A. Volta 35,39 - rapallonotizie@libero.it tel. 0185273647 - fax 0185 235610 Autorizzazione tribunale di Chiavari n. 3/08 R. Stampa Direttore responsabile: Emilio Carta Redazione: Carlo Gatti - Benedetta Magri Elena Busco - Daniele Roncagliolo
Hanno collaborato a questo numero: R. Bagnasco - M. Bacigalupo - P.L. Benatti A. Bertollo - E. Brasey - A. Carbone - C. Gatti E. Lavagno Canacari - S. Gambèri Gallo - B. Magri B. Mancini - M. Mancini - G. Massa - C. Molfino I. Nidasio - A. Noziglia - D. Pertusati - L. Rainusso E. Ricci - D. Roncagliolo - V. Temperini Ottimizzazione grafica: Valentina Campodonico - Ivano Romanò Fotografie: Fabio Piumetti Archivio Azienda Grafica Busco Agente pubblicitario: Roberto Marino tel. 348-2653107 La collaborazione a Rapallo Notizie è gratuita e ad invito
IN QUESTO NUMERO: 2 3 Ospedale al nastro di partenza di D. Roncagliolo 4 Ospedale: Santa, ancora un no di A. Carbone 5 Ospedale: vecchi e nuovi barbari di R. Bagnasco 6/7 Ospedali: la storia di E. Brasey 8/9 Rifiuti e ambiente di E. Lavagno Canacari 10/11 Manca una scuola edile di E. Carta 12 San Pietro, il centro sociale cresce di A. Noziglia 13 Vita da Lions di M. Ricci 14 Pianeta Giovani di B. Magri 15 Italiani e Patagonia di C. Gatti 16/17 Arte: Gaetano Previati di C. Molfino 18 Personaggi di M. Bacigalupo 19 Gente di Liguria: i Bixio di A. Bertollo 22 Storia locale: la bocciofila di P.L. Benatti 23 Scuola: visita al Centro Latte di E.Ricci 24 Liguri Antighi - i Rapallin 25 U-Boot, lʼultimo mistero di C. Gatti 26 Canoa Club Rapallo di E. Carta 27 Se Cristo ritornasse... di D. Pertusati 28/29 Viaggiare: West Africa di V. Temperini 30 Un canile 5 stelle di I. Nidasio 31 Ricordo o sogno? Quando... di M. Mancini 32 Come eravamo di B. Mancini 33 Anni Sessanta: radio libere di S. Gambèri Gallo 34 I nostri pesci di G. Massa 35 Al cinema in diagonale di L. Rainusso 36 Lettere, notizie e tempo libero 37/38/39 Onorevole, vada a lavorare!
Rapallizzazione, la paternità di E. Carta
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ui a fianco riportiamo la lettera di un lettore che via email ci ha inviato una lettera colma di pesanti interrogativi mentre su tutti i media impazza la questione etica e morale e mezzo mondo ride di noi sui vari casi Ruby, Montecarlo e chi più ne ha più ne metta mentre il Paese è praticamente paralizzato. Caro lettore, stia tranquillo, lei non è né un qualunquista né un disfattista e il costo della democrazia in altre nazioni europee è ben diverso anche se tutti fanno finta di niente. A titolo meramente illustrativo le chiarisco, quanto percepisce, forse per difetto, un normale parlamentare, quello usualmente definito dai suoi stessi colleghi un “peone”, un nostro rappresentante privo cioè di incarichi particolari. Le evidenzio qui sotto una tabella analitica nuda e cruda. Senza alcun commento: le cifre, purtroppo, parlano da sole e i numeri sono numeri. Per fortuna non tutti gli italiani passano il tempo a pettinar le bambole e, a quanto mi risulta, si sta promovendo un referendum per l'abolizione dei privilegi di tutti i parlamentari ma chissà come e quando si arriverà al dibattito senza cioè che venga insabbiato. • STIPENDIO MENSILE Euro19.150,00 • STIPENDIO BASE circa Euro 9.980,00 al mese • PORTABORSE circa Euro 4.030,00 al mese (generalmente parente o familiare) • RIMBORSO SPESE AFFITTO circa Euro 2.900,00 al mese INDENNITA' DI CARICA (da Euro 335,00 circa a Euro 6.455,00) TUTTI ESENTASSE + TELEFONO CELLULARE gratis TESSERA DEL CINEMA gratis TESSERA TEATRO gratis TESSERA AUTOBUS - METROPOLITANA gratis FRANCOBOLLI gratis VIAGGI AEREO NAZIONALI gratis CIRCOLAZIONE AUTOSTRADE gratis PISCINE E PALESTRE gratis FS gratis AEREO DI STATO gratis
Egregio Direttore, sono un affezionato lettore del suo periodico, guadagno milleduecento euro al mese e già mi ritengo fortunato rispetto a coloro che sono sottopagati, che vivono il precariato o, peggio, cercano disperatamente un lavoro. Sul settimanale l’Espresso di poco tempo fa c'era un articoletto che spiegava come il Parlamento avesse recentemente votato all'unanimità, e quindi senza astenuti, un aumento di stipendio per i parlamentari pari a circa 1.135,00 euro al mese. Inoltre la mozione sarebbe stata camuffata in modo tale da non risultare nei verbali ufficiali. Mi chiedo e Le chiedo: di fronte alla pesantissima situazione economica in cui versa questo nostro Paese non trova quantomeno “disdicevole” questa operazione di basso profilo e di alto emolumento dei nostri parlamentari che predicano bene e razzolano male? Mi sentirò ancora ripetere che questo è il prezzo della democrazia e di essere quindi il solito qualunquista e disfattista di turno? Grazie per la pubblicazione. D.P.
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con il rimborso spese elettorali (in violazione alla legge sul finanziamento ai partiti), più i privilegi per quelli che sono stati Presidenti della Repubblica, del Senato o della Camera. (Es: la sig.ra Pivetti ha a disposizione e gratis un ufficio, una segretaria, l'auto blu ed una scorta sempre al suo servizio) La classe politica ha causato al paese un danno di 1 miliardo e 255 milioni di euro. La sola Camera dei deputati costa al cittadino Euro 2.215,00 al minuto !!
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URBANISTICA
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di Emilio CARTA
VOCABOLI
Rapallizzare, un neologismo imbarazzante quanto duro a morire Quel termine non venne coniato né da Montanelli né da Bocca bensì da Enrico Piccardo, un semplice elettricista che militava nel Pci e morto tragicamente per un incidente sul lavoro n recente convegno, “Rapallizzazione. A più di trent’anni di distanza, è tutto da buttare?” ha riaperto vecchie ferite, mai del tutto sanate. Trent’anni ci paiono
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pochi perché le brecce al territorio iniziarono ben prima e forse al dibattito, a parte i pochi soloni vecchi e nuovi presenti, sarebbe stato opportuno invitare anche coloro che più si erano opposti a quel fenomeno e che ne avevano pubblicamente denunciato i pericoli.
A ricordarlo è un vecchio consigliere del Pci di allora, Rino Vaccaro, che, colpito da questo rigurgito di cemento, prova a dare una versione molto più operaia e meno radical chic di quella parola. Senta Vaccaro, da coventrizzare, termine coniato per ricordare la città di Coventry rasa al suolo dai bombardamenti, a rapallizzare il passo è stato abbastanza breve. Perché? Sul neologismo rapallizzare vorrei pre-
denunciare come si rischiava di trasformare o ridurre una città o una località in condizioni ambientali deteriori a causa del numero eccessivo e incontrollato di edifici di abitazione, costruiti per speculazione, senza adeguate opere di urbanizzazione. Ma lui puntava il dito contro un sistema di complicità tra grandi immobiliari, investitori commerciali e banche alla ricerca di un profitto facile, proprietari di terreni collinari, imprese edili anche di livello artigianale,
dendo da una impalcatura - in sintonia con la cultura urbanistica e con la voce di alcuni intellettuali, scrittori e giornalisti come Bocca e Montanelli, ma anche Palumbo, Bianciardi, Vittorio G. Rossi ed altri. Lo sdegno per la devastazione ambientale e l’ottuso limite culturale della borghesia cittadina e lombarda che non capiva la qualità e l’identità dei luoghi resta indelebile, ben oltre la cancellazione del neologismo rapallizzare sul
Enrico Piccardo
Ma non è questo il punto. Il termine rapallizzare, quasi per dargli una patente di maestosità da unire a quelli di un’estrema denuncia venne affiancato ai nomi di due grandi penne del giornalismo italiano: qualcuno fece il nome di Giorgio Bocca, altri di Indro Montanelli. La realtà di quel neologismo, che finì addirittura sui principali dizionari italiani per configurare la distruzione di un territorio fu invece molto più terra a terra e meno blasonata di quanto si pensi.
cisare che non è stato Bocca a coniarlo ma un operaio comunista, Enrico Piccardo, amico dello scrittore Luciano Bianciardi nel corso di una seduta del consiglio comunale, basta verificare sui verbali del tempo. Nessuno poteva immaginare che quel neologismo finisse poi per diventare un marchio infamante. Guardi che il significato finito poi nei dizionari non era quello; Enrico Piccardo provocatoriamente l’aveva coniata per
e infine, operai edili che nel boom edilizio hanno trovato una pur precaria occupazione. Piccardo aveva quindi intuito in anticipo i guai di una speculazione che venne solo fermata all’inizio degli anni Settanta col blocco regionale dell’edilizia in attesa di un nuovo Piano regolatore generale? Sì, e trovo importante l’aver compreso quanto sopra da parte di un operaio morto tragicamente sul lavoro ca-
vocabolario. Se si volevano recuperare gli aspetti della devastazione immobiliare bastava riprendere le conclusioni della commissione di inchiesta sugli scandali edilizi che è consultabile in comune mentre ricordo che un’analoga commissione ministeriale venne affossata. Qui non si tratta di una storia passata con la quale fare i conti fino in fondo ma, come tutti sanno, di una problematica del presente.
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SANITÀ
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di Daniele RONCAGLIOLO
NOSOCOMI
Il nuovo ospedale appartiene a tutti noi All’inaugurazione c’erano quasi tutti: un’immaginetta non si nega a nessuno perativo da un mese, l’ospedale di Rapallo è già avvolto nelle polemiche. Un attacco che proviene da più parti. Dalla Regione si punta il dito contro la mancanza di personale. Da Santa Margherita Ligure si lamenta la scarsità di collegamenti autobus. A Rapallo tengono invece banco i lavori in corso del parcheggio di fronte al nosocomio. Quanto sembra distante quel 18 dicembre, data storica d’inaugurazione della struttura. Un giornata vissuta intensamente da tutta la città. I flash delle macchine fotografiche trattengono le istantanee di un momento storico. I tanti politici accorsi sembrano gareggiare a chi viene immortalato più spesso. Il sindaco Mentore Campodonico, sorriso felice e fascia tricolore sul petto, è tra i maggiormente ambiti per una foto ricordo. A pochi minuti dall’inizio la coda fuori dall’ospedale è ancora consistente. Il ghiaccio formatosi sui marciapiedi fa temere
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qualche scivolata di troppo. Tutt’intorno al perimetro dell’ atrio i tavoli sono imbanditi di ogni sorta di leccornia. La banda cittadina è pronta ad allietare la giornata di festa. I volontari delle pubbliche assistenze colorano l’atrio. I posti in platea sono tutti occupati. Centinaia di persone restano in piedi ed attentano al maxi schermo che consente di viaggiare virtualmente all’interno dell’ospedale. Una soave voce femminile chiede gentilmente di spostarsi di lì perché, dopo 44 milioni di spesa, non si vuole certamente ricomprare quello schermo. Sul palco, allestito per i discorsi di rito, ci sono cinque sedie. Si siedono il presidente della Regione Claudio Burlando, l’assessore regionale alla sanità Claudio Montaldo, il direttore generale dell’Asl 4 Paolo Cavagnaro e il sindaco di Rapallo Mentore Campodonico. Alla sinistra di quest’ultimo la sedia è vuota e così rimarrà per tutta la durata della
Le immagini dellÊinaugurazione
cerimonia. Chi si doveva sedere lì? Le assenze che fanno rumore sono tre: Il presidente della Provincia Alessandro Repetto, il presidente della conferenza dei sindaci dell’Asl 4 Vittorio Agostino e infine Sandro Biasotti l’ex presidente della Regione che diede il via all’iter del nuovo ospedale. Non c’è nemmeno il sindaco di Santa Margherita Ligure Roberto de Marchi, ma questa, come direbbe Carlo Lucarelli, “è un’altra storia”. Terminati i discorsi autocelebrativi, il vescovo di Chiavari Monsignor Alberto Tanasini benedice il nosocomio e l’icona della Madonna di Montallegro posta all’entrata. Poco dopo Miriam Fait, vedova dell’ex assessore regionale alla salute Piero Micossi, scopre la targa dedicata al marito. Al termine c’è anche la possibilità di tour guidati all’interno della struttura. Intanto la coda che ad inizio giornata era fuori dall’ospedale, sembra essersi trasferita ai tavoli del rinfresco. All’esterno spazio alla protesta di un gruppo di cittadini di Recco che reagisce contro la chiusura dell’ospedale Sant’Antonio: una bara nera certifica il funerale ormai imminente, mentre nell’atrio del nosocomio il “galà nuziale” prosegue a suon di bocche piene, strette di mano e apprezzamenti per la bellezza della struttura. Ovviamente, come tradizione ligure vuole, c’è spazio anche per il mugugno. Qualcuno non apprezza l’estetica esterna e dice di approvare solamente il soffitto in vetro che per-
giri di chiglia Ho visitato il nuovo polo ospedaliero a qualche giorno di distanza dal 18 gennaio, data in cui il plesso è diventato operativo. Ero curioso, non lo nego, dopo aver letto le numerose dichiarazioni critiche dei soloni di turno su quella struttura. L’ho trovata razionale nei suoi spazi interni ed esterni, nei posteggi ricavati nel sottosuolo e lungo il perimetro esterno e ho visto gli ulteriori posti auto che si stanno realizzando. Ho trovato reparti spaziosi, una particolare cura nella predisposizione delle camere dei degenti così come sono state allestite, le camere operatorie, le sale d’aspetto. Credo che il progetto iniziale, “un nosocomio con al centro il malato” sia stato rispettato in pieno. Al di là delle giuste preoccupazioni per l’attuale insufficienza del personale medico e paramedico ho trovato le varie lamentele pretestuose, un tormentone alquanto fantozziano. C’è solo da augurarsi che il personale, al di là dell’iniziale sbandamento nel ritrovarsi in una struttura nuova trovi in fretta le giuste motivazioni per lavorare al meglio così come quel volontario di una pubblica assistenza sammargheritese che, nel ritrovarsi in quella nuova struttura pareva emanare acidità da tutti i pori. Godiamoci questo momento e ringraziamo la Madonna di Montallegro che ha realizzato un miracolo cui qualche anno fa non credeva nessuno. E.C.
mette di vedere il cielo terso. Altri invece si domandano come possa aprire un ospedale senza il pronto soccorso. Alla fine tutti a casa. L’ospedale si svuota e il tempo delle polemiche lascia spazio a quello della speranza: non aver bisogno di varcare quella porta.
I numeri dellÊospedale
Alcuni momenti della cerimonia di inaugurazione e di apertura dell’ospedale dedicato alla Madonna di Montallegro
I posti letto saranno 140 distribuiti in camere singole e doppie con servizi igienici all’interno e un’attenzione particolare alle necessità dei diversamente abili. Cinque, invece, le sale operatorie. Saranno presenti attività di chirurgia ortopedica di elezione soprattutto per la chirurgia protesica maggiore (anca) con attività annessa di day surgery ortopedica; cardiologia riabilitativa; medicina interna con relativo day hospital; dialisi; cure intermedie e day surgery multidisciplinare; oculistica e radiologia. Inoltre sarà garantita l’attività ambulatoriale e di diagnostica. Un punto di primo intervento disponibile 24 ore su 24 per codici bianchi e verdi. Nella hall spazio anche per un bar, un’edicola, una farmacia per la distribuzione diretta, un ufficio amministrativo per le prenotazioni e uno spazio attrezzato per i più piccoli. Il costo dell’intera struttura è stato di circa quarantaquattro milioni di Euro.
OSPEDALE/2
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di Antonella CARBONE
NUOVO POLO SANITARIO
Da Santa Margherita unÊassenza assordante Il Sindaco De Marchi: “Esigiamo dalla Regione quanto promesso e dalla Asl l’utilizzo dei ricavi ottenuti dalla vendita dell’area esterna al Comune nella restante parte della struttura. Finché le promesse non saranno mantenute, questa amministrazione considererà l’ospedale che ha sede a Rapallo un’opera incompiuta”.
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lla cerimonia di inaugurazione dell’ospedale di Rapallo erano presenti il presidente della Regione, Claudio Burlando, l’assessore regionale alla Salute, Claudio Montaldo, il direttore generale dell’Asl 4, Paolo Cavagnaro, personalità politiche e istituzionali liguri e del Tigullio a partire dall’amministrazione rapallese con il sindaco Mentore Campodonico; i rappresentanti delle forze dell’ordine, delle associazioni di volontariato e i cittadini. La benedizione è stata impartita dal vescovo di Chiavari, Monsignor Alberto Tanasini. Accanto a lui c’erano anche padre Candido Capponi, l’ultimo confessore del cardinale Giuseppe Siri. Madrina della cerimonia, Daniela Fait, vedova dell’ex assessore regionale Piero Micossi. Assente il sindaco di Santa Margherita Ligure, Roberto de Marchi. “La decisione di non partecipare all’inaugurazione dell’ospedale di Rapallo - ha spiegato De Marchi - non è stata presa a cuor leggero, siamo dispiaciuti e, ovviamente, ci auguriamo che la struttura funzioni bene. Ma voglio innanzitutto sottolineare che non andiamo all’inaugurazione dell’ospedale del Tigullio, non di Rapallo; ospedale che è un complesso di strutture che prevede il primo intervento e la degenza a Rapallo e la piastra ambulatoriale e la diagnostica a Santa Margherita Ligure: tutto ciò per l’intero distretto” Il sindaco ha precisato che il progetto e la realizzazione del nosocomio sono stati effettuati ben prima che la sua Giunta andasse a governare la città. “Non abbiamo fatto cortei e barricate, come altri Comuni, ma questo non significa acquiescenza o stupidità sia da parte dell’amministrazione che dei sanmargheritesi – ha continuato – Siamo stati depauperati del nostro ospedale, inaugurato
nel 1972 e costruito dalla nostra comunità senza alcun aiuto economico della Regione, e sono stati spesi 43 milioni di euro per costruirne uno uguale a Rapallo, per motivi elettorali, come Claudio Montaldo, assessore regionale alla Salute, ebbe a dire. Mi chiedo cosa si sarebbe potuto realizzare per il Tigullio con una cifra simile… La Regione aveva promesso, in consiglio comunale, 2.150.000 euro per realizzare la piastra ambulatoriale a Santa Margherita: non ci sono più, sono spariti. Ciò è scandaloso e spudorato. Abbiamo portato pazienza, per senso di responsabilità, adesso è giunto il momento di dire basta. Esigiamo dalla Regione quanto promesso e dalla Asl l’utilizzo dei ricavi ottenuti dalla vendita dell’area esterna al Comune nella restante parte della struttura. Finché le promesse non saranno mantenute, l’amministrazione di Santa Margherita considererà l’ospedale che ha sede a Rapallo un’opera incompiuta”. Il sindaco De Marchi si dichiara anche soddisfatto delle dichiarazioni del presidente della regione Burlando in merito alla necessità di incontri con Santa e con Recco, per ascoltare quelle che sono state definite le “legittime aspirazioni territoriali: “Era ora che Santa ricevesse l’attenzione che merita, in relazione alla correttezza del comportamento avuto durante la riconversione”. De Marchi però, a proposito di correttezza, segnala anche se “sarebbe importante che il presidente Burlando e l’assessore alla sanità Montaldo facessero maggiore pressione sul direttore generale della ASL 4, “perché nonostante sia passato oltre un mese dall’accordo verbale, non ha ancora inviato il suo nulla osta affinché io possa portare in consiglio la ratifica dell’accordo – spiega – noi abbiamo bisogno di iniziare i lavori per
giri di chiglia
i parcheggi davanti all’ospedale e la ASL ha bisogno dei soldi per la riconversione”. In merito alla questione sollevata da un consigliere regionale circa il trasferimento del day surgery da Santa Margherita a Sestri Levante, De Marchi affonda: “E’ la dimostrazione che l’apertura dell’ospedale di Rapallo non ha risolto affatto l’offerta sanitaria per i cittadini del Tigullio occidentale, ma addirittura la peggiora”. L’allarme di De Marchi è duplice: a rischio ci sarebbero non solo la piastra, ma anche gli ambulatori. “Ci sono miei concittadini che hanno dovuto prenotare la visita diabetologica a Rapallo: questo contravviene agli accordi stipulati. Così come - e ho chiesto alla Asl di verificare e, se fosse vero, di prendere provvedimenti – un endocrinologo ha fissato appuntamenti a Rapallo e non a Santa Margherita, dicendo ai pazienti che per lui era più comodo. È ora di dire basta”. “Santa” preannuncia battaglia: “La nostra città non ha mai fatto barricate - sottolinea - Non vorrei che questa educazione venisse confusa con acquiescenza o,
Abbiamo sempre apprezzato Roberto De Marchi: persona intelligente e colta quanto sincera e schietta. Insomma un sindaco spesso lontano dalle logiche di partito e dai parrucconi con in più quel pizzico di fantasia e furbizia per promuovere se stesso e la città. Per qualche aspetto ci ricorda un po’ Renzi, il primo cittadino di Firenze. Però quella sedia vuota all’inaugurazione del nuovo polo ospedaliero ci ha lasciato un po’ basiti. Se è vero che De Marchi ha voluto pubblicamente contestare i vertici dell’Asl 4 e quelli regionali per il mancato rispetto degli accordi (leggi mancato finanziamento di oltre due milioni di euro promesso in precedenza per l’ex ospedale di Santa) avrebbe potuto farlo in modo certamente più eclatante. Magari incatenandosi davanti all’ingresso della sede regionale o, visto che la fantasia non gli manca, con altre modalità altrettanto degne di risalto giornalistico. Il nuovo ospedale di San Pietro di Novella non appartiene a qualcuno in particolare ma a ognuno di noi e l’assenza del rappresentante di tutti i sammargheritesi alla consegna ufficiale del “N.S. di Montallegro” alla gente, a nostro parere è stato un gesto inutile e sbagliato che lascia un po’ d’amaro in bocca. e.c. peggio, come stupidità. Questo è l’inizio di un percorso: se servono le barricate, saremo peggio di Rapallo, Recco e Camogli messe insieme. Pretendiamo i soldi della piastra ambulatoriale”.
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IDEE PER RAPALLO
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di Renzo BAGNASCO
SANITÀ
Vecchi ospedali e nuovi... barbari Il 18 dicembre è stato inaugurato il nuovo nosocomio N.S. di Montallegro a S. Pietro di Novella l vecchio ospedale di Rapallo ha accompagnato, dal 1472, la vita della cittadina. Oggi, divenuta Città, per rispondere alle nuove esigenze, ha dovuto crearne uno nuovo, relegando il vecchio a ruoli di “supporto”. Nacque come Convento con annessa Chiesa dedicata a S. Agostino, voluta dai rapallini e fu il primo dei successivi altri nove Monasteri fondati da Padre Battista Poggi, nato in Genova ma discendente da nobile e antica famiglia de Podio o Poggio di Rapallo, fondatore della Congregazione dei frati osservanti di S. Agostino. Poté realizzarli in forza di un Breve Pontificio che Papa Sisto IV, in data 8 Giugno 1474, gli concesse; fra i tanti privilegi gli dava anche i poteri di erigere Conventi. Di lui, nel 1500, l’analista Mons. A. Giustiniani (a quest’ultimo Rapallo ha intitolata una strada) scrisse: “Il Vs padre Batista dell’ordine di San-
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t’Agostino di osservanza, Religioso di Dio ben dotato, e d’integrità di vita, e di conveniente dottrina …. molto desideroso del religioso e riformato vivere, per opera di Dio, sotto il titolo di S. Maria di Consolazione, ha istituita e fondata una degna congregazione di frati osservanti di S. Agostino“. Sappiamo che dieci anni dopo anche l’ordine dei “Servi di Maria” era presente fra noi. Lo abbiamo scoperto nel fare ricerche sulla esatta grafia delle preghiere in latino riportate nel rarissimo incunabolo del 1474, il primo libro stampato a Genova da allievi del tedesco Gutenberg e noto come “La raxone de la Pasca”. La grafia latina lasciava a desiderare. Nell’adiacente Chiesa gotica trovarono, nei secoli, degna sepoltura le più cospicue famiglie di Rapallo. Nel 1582 la visitò Mons. Bosio e ci lasciò scritto dei sei begli altari in allora esistenti. Nel 1697 vi trovò pure sepoltura il Nobile Ludovico Mola-
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sana, Patrizio Fiorentino che visse 31 anni da eremita nel distretto “al Pianello” di Borzoli. Il Ratti nelle sue “Vite dei pittori e architetti…. ecc”, 1769, ci lascia scritto che in uno degli altari esisteva la famosa ancona di Pierin del Vaga, rappresen-
tante la Madonna coi Santi Agostino e Monica. Nel 1800 però la Chiesa fu, di fatto, distrutta e conseguentemente abbandonata dai frati a seguito di un aspro scontro fra soldataglie tedesche e francesi; nell’occasione
l’opera pittorica del Vaga fu distrutta e, a sciabolate, ridotta a pezzi dai francesi, per poi bruciarli per riscaldarsi le mani intirizzite. Così mal ridotta, abbandonata e incolta, la chiesa rapidamente deperì: gli affreschi si scrostarono, il tetto crollò e anche il campanile fece, poco dopo, la stessa fine; per fortuna le campane si salvarono perché furono portate nella Parrocchiale di Nozarego. Nel 1856, soppresso il Convento, quel che rimase passò nelle mani del Seminario di Chiavari che lo vendette all’Amministrazione dell’Ospedale che, distrutta l’ala orientale che scendeva sullo stradone, utilizzò le altre per il nuovo ospedale. Nel 1861 vi trasportarono i malati dall’esistente vetusto Ospedale S. Antonio (l’attuale Palazzo Comunale) al nuovo. L’Amministrazione poi nel 1868 lo affidò alle cure delle Suore Gianelline; Madre Maria Silvestra, a capo delle consorelle, vi lavorò con cura e amore per oltre 42 anni. L’altro, quello di San Lazzaro al confine della Parrocchia di S. Massimo e quella di S. Maria del Campo, all’epoca sulla strada per Genova presso il Ponte della Paglia, sorse su di un terreno offerto da Giacomo d’Aste a metà del secolo XV. Divenne ospizio per i lebbrosi sino al 1460 data a cui si fa risalire un netto calo del morbo che però riprese violentemente nel 1475, in concomitanza, c’è chi dice “a seguito”, della caduta di Costantinopoli e le conseguenti migrazioni di quegli abitanti.
Nel 1471, per porre fine alle liti fra gli aventi diritto di gestirlo, da sempre una nostra caratteristica, e cioè Tommasino d’Aste e Giovanni de Barbieri, ai quali succedettero gli eredi che ne percepivano anche una parte dei redditi, Papa Sisto IV lo unì all’Ospedale di Pammatone di Genova. Oggi si scorgono con fatica le figure rappresentate nell’intonaco esterno su quel che resta: S. Giacomo, S. Lazzaro, S. Biagio e la Madonna con il Bambino. Dello stesso periodo è il terzo ospedale, quello di S. Antonio, l’attuale Palazzo Comunale. Con l’assenso dell’Arcivescovo di Genova, Giacomo Fieschi, l’11 Novembre 1451, questo nuovo Ospedale sostituì quello ormai fatiscente di San Cristoforo, situato sul torrente San Francesco, più o meno dove oggi c’è l’albergo Europa e destinato ai pellegrini. Come si vede all’epoca Rapallo, evidentemente amministrata da gente in gamba si manteneva al passo con i tempi, rinnovandosi. Oggi di quel che resta del Lazzaretto è meglio non parlare per non vergognarci e si sta facendo di tutto per deturpare anche quel poco che ci è giunto del vecchio Ospedale. Basta vedere i due vasi di marmo allogati nelle due nicchie ai lati dell’ingresso principale. Non manutenuti si stanno sgretolando sotto l’inclemenza del tempo e l’incuria degli uomini che dovrebbero esservi preposti. Il perno di ferro che unisce le varie parti dei vasi, gonfiandosi per la ruggine, spacca il marmo che va a pezzi e
nessuno raccoglie i cocci per poterli un domani restaurare. E che dire del bello spazio antistante, pavimentato con una rizzata di sassi bianchi e neri a formare disegno geometrico, tipicamente ligure. È adibito a parcheggio per le auto del Comune ma è tutto affossato e sconnesso; qualcuno, tempo fa, dimostrando una sensibilità da becero, vi ha pure delimitato i parcheggi con vernice gialla come se si fosse su di una strada qualunque; ancor oggi ne resta trac-
cia. E nessuno si è indignato così come ormai non ci si indigna neppure più nel salire la scalinata (quando piove è piena di pozzanghere d’acqua melmosa e scivolose foglie morte) che unisce il sito alla sottostante Via La Marmora. Hanno resistito per più di 1500 anni; noi riusciamo a farli fuori nell’arco di due cicli Amministrativi. Eppure corre voce che esistano sia l’Assessorato al Patrimonio che quello alla Cultura.
NOSOCOMI
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di Eugenio BRASEY
SANITÀ
Breve storia degli ospedali di Rapallo Rapallo nella sua millenaria storia ha avuto solo tre ospedali. Il quarto si è aggiunto da poco na volta gli ospedali erano situati sulle strade di lunga percorrenza, le cosiddette strade consolari che per noi rivieraschi voleva dire l’Aurelia. Gli ospedali di inizio millennio, come quello di Rapallo, erano in principal modo legati all’assistenza ed anche in parte all’ospitalità verso i viandanti e pellegrini, che nei lunghi viaggi si muovevano via terra soprattutto per motivi religiosi. Sotto questo aspetto si giustifica il fatto che dopo Ruta, il primo ospedale verso levante fosse proprio quello di Rapallo, anch’esso ubicato su una strada di grande percorrenza come l’Aurelia. Del primo ospedale di Rapallo si hanno le prime notizie solo nel mille duecento. Si chiamava Ospedale di San Cristoforo di Pozzarello ed era ubicato al di fuori delle mura rapallesi, oltre il fiume San Francesco in quello che oggi è il giardino dell’albergo Europa, su cui, un tempo, sorgeva uno stabile di buone dimensioni. L’ospedale di San Cristoforo, era suddiviso in corsie per gli uomini e donne. Col passare del tempo la zona insalubre in cui esso era situato lo rese non più consono alla sua funzione. Il fiume San Francesco, su cui la struttura si affacciava, soggetto a periodi di piena tale da renderlo pericoloso per la struttura stessa ed a periodi di bonaccia tale da rendere il suo greto soggetto alle scorribande di qualsiasi tipo di roditore, costituiva una minaccia continua per esso e per i suoi usufruitori. L’Ospedale non aveva neppure il collegamento con l’acquedotto e man-
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cava pertanto non solo di acqua corrente ma di ogni necessità per la cura dei malati. Già alla fine del Trecento ai maggiorenti della città appariva pertanto indispensabile rimuovere l’ospedale da quella zona insalubre troppo vicina a quel sonnecchiante e pericoloso San Francesco. Passa più di un secolo quando, a metà del quattrocento, il Notaio Baldassarre Canessa, procuratore dei disciplinanti di Santa Maria, aventi la sede nella chiesa di Santo Stefano, odierno Oratorio dei Neri, prometteva il terreno posto a nord della chiesa stessa, terreno sottostante ad essa di alcuni metri, per l’edificazione di un nuovo Ospedale. Con decreto del 15 novembre
1451 l’arcivescovo Giacomo Imperiale autorizzava Giovanni della Torre a vendere la vecchia struttura al S. Francesco per costruirne una nuova appunto sotto la pieve di Santo Stefano, che prenderà il nome di Ospedale di Sant’Antonio Abate. Alla costruzione contribuirono anche i confratelli della Casaccia dei Bianchi che si svincolarono dalla confraternita di S. Maria che aveva i propri sepolcri in S. Stefano che costruirono anche un nuovo oratorio all’ombra del nuovo ospedale, ora Oratorio dei Bianchi. I confratelli della Casaccia dei Bianchi la fecero da padrone all’interno del nuovo ospedale ricavandone benefici ed anche dei locali che furono sottratti alla fun-
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zione ospedaliera, rendendosi anche invisi alla popolazione rapallese. Nel frattempo quasi contemporaneamente, nel 1472, si inizia l’edificazione del Convento degli Agostiniani, ad opera del rapallese Battista del Poggio, che in seguito, secoli dopo, sarà parte integrante della storia degli Ospedali Rapallesi. La struttura operò come complesso conventuale fino alla fine del XVIII secolo quando, con la dominazione napoleonica del Primo Impero francese, un editto del 1798 ne ordinò l'espulsione dei religiosi e la conseguente confisca dell'edificio in favore della municipalità. Dal 12 novembre del medesimo 1798 il convento venne adibito all'uso scolastico
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Periodo
con l'obbligo d'insegnamento della lingua italiana e dell'aritmetica, oltre che ai sani principi morali e costituzionali. Ma torniamo al secondo ospedale nella storia della città. Esso subì parecchie peripezie. Nel 1494 vi fu l’episodio più feroce che lo colpi. L’eccidio di più di cinquanta ammalati nel proprio letto, durante l'assedio svizzero del 1494 ad opera delle guarnigioni del Duca D’Orleans che senza alcun ritegno si accanirono su rapallesi disarmati ed impossibilitati a difendersi proprio nel loro ricovero venendo barbaramente uccisi dalle truppe elvetiche con feroce e gratuito accanimento. Nel 1771, nella stesa sala dove ora si svolgono i lavori del consiglio comunale, verrà eretta una cappella per la preghiera e per celebrare le funzioni religiosi all'interno del nosocomio. Con il passare del tempo il secondo ospedale di Rapallo diventerà anch’esso di insufficienti
dimensioni rispetto alle necessità. L’amministrazione cercherà allora una struttura di dimensioni piu consone trovandole nel convento di Sant’Agostino. Come detto sopra il Convento di S. Agostino era una costruzione coeva con quella costruita per il secondo ospedale presso l’odierno Oratorio dei Bianchi, e sin dalla sua costruzione era stata adibita a convento dei frati Agostiniani. I frati agostiniani dovettero abbandonarlo dopo circa trecentocinquant’anni di uso, nel 1799 con l’avvento di Napoleone, che lo confiscò. Dopo tale data la struttura rimase abbandonata a se stessa per quasi cinquant’anni. Le richieste dell’Amministrazione dell’Ospedale al Seminario di Chiavari proprietario per la cessione della struttura, si reiterarono nel 1805, 1815 e 1818 ma senza alcun costrutto. Nel frattempo l’Amministrazione Ospedaliera, mentre richiede il Convento degli Agostiniani alle au-
Nome ospedale
Collocazione ospedale
1200 – 1456
Ospedale di S. Cristoforo
Attuale Giardino dell’Albergo Europa (Via Milite Ignoto)
1456 - 1861
Ospedale di S. Antonio Abate
Attuale Palazzo Municipale (Via Magenta)
1861 – 2011
Ospedale civico di Rapallo Piazza Molfino
2011 –
Ospedale di N. S. di Montallegro
torità, tratta con il Comune per la cessione dei locali che si renderebbero liberi con il trasloco dell’ospedale nella nuova sede degli Agostiniani. Passeranno ancora molti anni prima che questa soluzione giunga in porto; solo in data 3 maggio 1856, il Consiglio Comunale «approva di ricevere in enfiteusi il locale dell'ospedale e tutte le sue adiacenze per stabilirvi la propria sede» e, successivamente, con atto del 26 marzo 1859 stipulato nanti il notaio Norero, il Comune perviene all'acquisto dell'edificio per la somma di lire 15.349,24. Nel medesimo anno 1856 l’amministrazione dell’Ospedale acquista dal Seminario di Chiavari per la somma di L. 8.000 il Convento degli Agostiniani. Ma il passaggio dei malati dal vecchio ospedale dell’odierna Via Magenta a quello attuale di Piazza Molfino ebbe luogo solo tra il 1861 ed il 1862. Oggi l’ospedale di Piazza Molfino a Rapallo costituisce il terzo Ospe-
Via S. Pietro di Novella
dale di Rapallo e negli ultimi anni è stato parzialmente svuotato delle sue competenze in attesa che entri in funzione il quarto nosocomio della città. Siamo arrivati ai nostri giorni ed entra quindi in gioco l’ultimo degli Ospedali della città, quello di N. S. di Montallegro a San Pietro di Novella. Esso viene costruito molto fuori la città semplicemente perche non vi è altro luogo più vicino al centro, cosi capiente da ospitarlo. Il terreno su cui sorge era chiamato secoli fa “ prato bandito “; sembra che secondo gli anziani della zona quel terreno fosse così denominato perche essendo di proprietà di nobili molto potenti, neanche la giustizia, quella giustizia di secoli fa, quindi molto sensibile ai potenti, vi potesse entrare, costituendo così un valido rifugio a chiunque vi si fosse addentrato, anche per coloro i quali avevano bisogno di un riparo dalla giustizia. Da qui il nome di prato bandito. Sino al 1877, data del decreto di espropriazione del terreno per la costruzione della strada carrozzabile, vi era una strada ma solo pedonale. Nell’esproprio si legge di “superficie dell’antica strada”, riconoscendo al proprietario del terreno di fronte, un’indennità per un muro a secco. A breve il quarto ospedale della storia della città sarà inaugurato, e porterà come detto il nome di Nostra Signora di Montallegro; sarà all’avanguardia nelle sue dotazioni tecnologiche e nelle strutture ospedaliere, per donare alla città una nuova fase di assistenza ai malati, rispondendo ad ogni attuale e moderna esigenza della popolazione rapallese e del circondario. Questa breve storia degli ospedali rapallesi da il significato di quanto la data del 18 dicembre 2010, data di inaugurazione del nuovo nosocomio, sia stata importante e storica per una collettività come quella di Rapallo.
SOCIETÀ
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di Elena LAVAGNO CANACARI
ATTUALITÀ
I rifiuti e lÊambiente: un problema scottante A Rapallo i nuovi servizi di igiene urbana
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ella nostra era, caratterizzata dalla costante promozione di uno sviluppo accelerato e dalla ricerca affannosa di un benessere economico e materiale sempre più elevato, i rifiuti costituiscono il capolinea di questo modello di vita, che non ha previsto il rovescio della medaglia della crescita e cioè la massa abnorme di rifiuti che la stessa produce. Il nostro Paese produce annualmente oltre 32 milioni di tonnellate di rifiuti solidi urbani, oltre ad una quantità anche superiore di rifiuti speciali, provenienti da industria, agricoltura ed edilizia, un mostro che ingigantisce anno per anno e che rischia di sommergere le nostre città, riducendole alla stregua della “città invisibile” di Calvino. E' di tutta evidenza che lo smaltimento di questa enorme massa di rifiuti che incombe sul nostro territorio, incide pesantemente sui bilanci degli enti locali e di riflesso sui cittadini e costituisce uno dei problemi più gravi ed urgenti nella sua drammatica attualità. Aggiungasi che, in relazione alla pericolosità dei rifiuti medesimi, sussiste un rischio proporzionale per l'ambiente e la salute pubblica. Occorre precisare che il rifiuto urbano indifferenziato – cioè il sacco nero delle abitazioni – deve essere gestito per legge nel territorio in cui viene prodotto. Si può fare eccezione solo per situazioni di emergenza, come quella di Napoli, a patto che ci sia uno specifico accordo tra le Regioni. I rifiuti speciali, invece, sono gestiti nel libero mercato e quindi possono essere trasportati in altre zone d'Italia in base alla migliore offerta economica e tecnologica. Una quantità immensa di spazzatura, che alimenta un giro d'affari di almeno 15 miliardi di euro all'anno. Ma a chi è devoluto il compito istitu-
zionale dello smaltimento dei rifiuti, della difesa dell'ambiente e della programmazione degli interventi necessari? Facciamo un po' di storia di questo travagliato problema. La legge 8 luglio 1986 n. 349 istituiva il Ministero dell'Ambiente e la legge 28 agosto 1989 n. 305 formulava la programmazione triennale per la tutela ambientale. In materia di rifiuti urbani un decreto del 22 febbraio 1991 dell'allora Ministro dell'Ambiente Giorgio Ruffolo, attivava una campagna integrata di informazione ambientale relativa alla “Gestione dei Rifiuti” con un duplice scopo informativo ed educativo di contribuire ad una estesa ed approfondita conoscenza del problema e di sviluppare un efficace servizio pubblico per affrontare la problematica ambientale, per favorire una diffusa presa di coscienza da parte dei cittadini, degli enti sociali ed istituzionali e delle imprese, incoraggiandone l'orientamento dei comportamenti e delle scelte. Ma è soltanto con il decreto legislativo n. 22 del 5 febbraio 1997, il cosiddetto Decreto Ronchi dal nome del Ministro dell'Ambiente in carica che, in materia di rifiuti, è stata effettuata una vera e propria riforma, nel presupposto che l'immobilismo di anni su un problema tanto importante, non poteva più essere tollerato. Il decreto Ronchi, disciplinando in maniera organica la materia, prevedeva, per lo smaltimento dei rifiuti, l'applicazione da parte dei Comuni, entro l'anno 2001 (termine successivamente sospeso) della tariffa anziché della tassa sui rifiuti; la tassazione cioè in base ai rifiuti prodotti e non in base alla superficie dei locali; l'istituzione dei bacini di raccolta e l'introduzione della raccolta differenziata che entro l'anno 2003 avrebbe dovuto raggiungere la quota del 35 %. La raccolta differenziata è infatti la mi-
Emblematiche immagini di Napoli
gliore risposta alla riduzione dei rifiuti e rappresenta la soluzione ottimnale del problema senza contare che, trasformando i rifiuti in un primo anello di una catena idustriale, crea nuove risorse e nuovi posti di lavoro. Si può dire che può rappresentare una filosofia di vita, in quanto da ciò che deve essere buttato fa nascere nuova vita commerciale. Nella realtà, l'ambizioso traguardo previsto dalla Legge Ronchi a tutt'oggi, nella generalità del territorio italiano, è ancora ben lontano dall'essere raggiunto, se si fa eccezione per alcuni comuni “virtuosi” che hanno raggiunto mete importanti. Passando all'esame del nostro territo-
rio, possiamo affermare che nella nostra provincia di Genova il problema dello smaltimento dei rifiuti, se non si darà impulso alla raccolta differenziata, potrebbe assumere a breve il carattere di una vera e propria emergenza. Tralasciando volutamente il problema delle discariche, degli impianti di separazione dei rifiuti e di termodistruzione o inceneritori, che da anni viene dibattuto senza riuscire a trovare soluzioni soddisfacenti mentre, nel contempo, la discarica di Scarpino, nell'entroterra genovese, ove attualemente confluiscono i rifiuti di quasi tutta la provincia di Genova, ha ormai raggiunto il punto di saturazione, si rende necessaria una
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forte presa di coscienza da parte di tutti, Enti pubblici, cittadini ed imprese su una emergenza che non ammette più ritardi o rinvii. Non è più sufficiente limitarsi ad affrontare le situazioni di emergenza con interventi tampone: occorrono piani e strategie precise, strumenti economici adeguati, incentivi anche di carattere fiscale, iniziative mirate. Sicuramente il consenso dei cittadini è alla base della politica ambientale e dei rifiuti. Occorre dunque informare, educare, far partecipare la gente alle scelte di base, rendere trasparenti i processi decisionali, fare comprendere che il bene pubblico è prioritario rispetto agli interessi privati e che per la sopravvivenza del nostro pianeta è indispensabile, urgente ed inderogabile la promozione di una vera e propria cultura ecologica ed ambientale. RAPALLO COME SI COLLOCA RISPETTO AL PROBLEMA DELLA RACCOLTA DEI RIFIUTI URBANI ? In questi giorni, dopo il conferimento del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani ad una nuova Società, radicata sul territorio da oltre venti anni e presente nel 28 per cento dei comuni liguri, vincitrice del contratto di appalto, l'Amministrazione comunale ha presentato i nuovi servizi di igiene urbana. Questi prevedono: 1) - Una nuova organizzazione dei servizi di raccolta 2) - Una nuova organizzazione dei servizi di pulizia del territorio; 3) - L'aumento dei quantitativi raccolti in modo differenziato; 4) - Sistemi di controllo e qualità. 1) NUOVA ORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI DI RACCOLTA. La raccolta, a differenza della situazione attuale che prevede i contenitori stradali, verrà organizzata in tre flussi distinti: 1) Utenze domestiche: raccolta stradale; 2) Utenze selezionate: raccolta porta a porta; 3) Realizzazione ecocentro per intercettare tutte le frazioni di rifiuto. Per la frazione umida, attualmente indifferenziata, verrà istituito il servizio di raccolta differenziata. Per i cassonetti, oggi di tipologie e volumetrie diverse e non omogenee, verrà istituito un parco contenitori reso omogeneo con cassonetti di uguale tipologia. I cassonetti, oggi non organizzati ma sparsi sul territorio, verranno organizzati in isole ecologiche, dove gli utenti potranno conferire: Frazione organica dei rifiuti - Carta - Plastica e lattine vetro – Frazione indifferenziata. Le isole ecologiche stradali – punti di riferimento dove portare tutte le tipologie di rifiuti - comprenderanno TRE FASI: Fase 1 differenziazione domestica con appositi contenitori Fase 2 conferimento presso i contenitori stradali
Fase 3 Vuotatura con mezzo robotizzato a caricamento bilateriale. Mentre attualmente non esistono servizi “ mirati “ ad utenze specifiche, saranno istituiti circuiti di raccolta differenziata porta a porta dedicati ad utenze selezionate per intercettare i maggiori quantitativi possibili di: Frazione organica dei rifiuti – Carta / Cartone – Plastica e lattine – Vetro 2) NUOVA ORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI DI PULIZIA DEL TERRITORIO. I servizi di pulizia verranno riorganizzati con: LO SPAZZAMENTO MANUALE, effettuato in due turni – mattutino e pomeridiano – con un aumento rilevante delle squadre impiegate; LO SPAZZAMENTO MECCANIZZATO, con un turno mattutino che vede un aumento del 100 per cento delle macchine impiegate. Saranno installati nuovi cestini stradali. Il nuovo ecocentro che verrà realizzato per intercettare tutte le frazioni di rifiuto, sarà un punto di riferimento per tutta la cittadinanza, il controllo degli accessi avverrà tramite badge personalizzato; verrà effettuata la pesatura dei quantitativi conferiti; verrà effettuata una campagna informativa e di educazione ambientale; aumenteranno i quantitativi di rifiuto raccolti in modo differenziato. 3) AUMENTO DEI QUANTITATIVI RACCOLTI IN MODO DIFFERENZIATO. Gli obiettivi della RACCOLTA DIFFERENZIATA consistono in: - Aumento in percentuale della raccolta differenziata che, ai sensi del Dlgs 152 del 2006 dovrebbe raggiungere il 65% entro il 2012. - Minori costi di smaltimento - Aumento degli introiti per il materiale ricuperato. E' necessaria dunque la PROMOZIONE del compostaggio domestico ed una grande azione di EDUCAZIONE AMBIENTALE. 4) SISTEMI DI CONTROLLO E QUALITA' I sistemi di controllo e qualità preve-
Alla luce di quanto sopra esposto è di tutta evidenza che per raggiungere lo scopo di ottenere una Città pulita, l'ambiente salvaguardato ed i costi di smaltimento ridotti, è necessario sia l'impegno costante della ditta appaltatrice del servizio, che la collaborazione puntuale e precisa di tutta la cittadinanza, residenti ed ospiti, al fine di rendere efficiente l'opera di deposito, raccolta e smaltimento dei rifiuti. Infine giova ricordare che lo scorso 18 novembre 2010 è stato approvato il Decreto Legislativo che recepisce la “DIRETTIVA RIFIUTI“ della Comunità Europea. L'attuazione della nuova Direttiva, come precisa il Ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, valorizzando il rifiuto sia come materiale riciclabile che come risorsa energetica, determinerà una diminuzione dei costi dello smaltimento per i cittadini, perchè i rifiuti troveranno una effettiva collocazione in una filiera produttiva che li utilizzi per la produzione di materia prima “seconda-
ria“ o come fonte di energia rinnovabile. Altra novità della Direttiva è l'individuazione degli obiettivi di riciclaggio da raggiungere entro il 2020, riguardanti flussi di rifiuti quali: la carta, i metalli, la plastica ed il vetro, che consentirà di chiudere il ciclo di vita dei materiali e di reintrodurli nel settore economico di produzione e consumo; per raggiungere tali obiettivi la raccolta differenziata costituirà uno dei principali strumenti utilizzabili. E' stato inoltre approvato un sistema sanzionatorio che, in ossequio a quanto richiesto dalla Direttiva comunitaria, sia uno strumento efficace sia per la prevenzione che per la repressione dei reati ambientali legati alla gestione dei rifiuti. All'uopo, appositi controlli verranno effettuati su tutto il territorio cittadino, affinchè venga rispettato rigorosamente il deposito dei rifiuti, sanzionando quei comportamenti poco civili che offrono lo spettacolo indegno di cumuli di rifiuti di ogni genere abbandonati negli angoli della città. A Rapallo due agenti della Polizia Municipale in borghese controlleranno la nostra Città comminando sanzioni pesanti (fino a 200 euro) a chi abbandona illegalmente i rifiuti ingombranti per strada, getta i sacchetti della spazzatura fuori dai cassonetti o lascia i cartoni accatastati in orari non corretti. Un appello forte, dunque, al senso civico di tutti, per avere una Città pulita.
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di Emilio CARTA
OCCUPAZIONE
Una scuola edile per offrire lavoro ai giovani disoccupati Felice Colman, Maestro del lavoro, la propone da 15 anni ma senza successo: “C’è un muro di gomma nei miei confronti” elice Colman, Maestro del lavoro, da oltre QUINDICI ANNI propone al Comune di Rapallo ma anche ad enti pubblici sovracomunali come la Provincia di Genova, la creazione di una scuola professionale per operatori dell’edilizia ma malgrado tante promesse e qualche timida iniziativa, ad oggi tutto è bloccato e non si vedono sbocchi positivi. Colman, perché tutto questo, quando ci sono lavori che con personale professionalmente preparato potrebbero rivelarsi una buona fonte di reddito? Mi sono sempre rivolto ai giovani disoccupati, a quelli che non se la sentono di studiare fino a sedici anni. Sarebbe loro utile un apprendistato di 2 o 3 anni per imparare un mestiere dignitoso, tale da poter vivere senza dover dipendere dai genitori e formarsi una propria famiglia. A Rapallo c’è la disponibilità di locali, terreno, maestri, architetti, geometri. Resta solo la volontà politica per portare avanti questo progetto ma senza una presa di coscienza e la consapevolezza del ruolo che occupano è tutto inutile. Non sente un po’ di frustrazione per questa sua idea che non riesce a decollare malgrado l’indubbia utilità economica e sociale? Potrei scrivere un romanzo su questo argomento ma sono sicuro che riceverei ancora tali e tante pacche sulle spalle da farmi venire la gobba come Rigoletto. Sono un melomane e mi viene in mente “Cortigiani vil razza dannata.. ”. E la cosa continuerà sempre, illudendo i giovani e la gente a cui era stato promesso pubblicamente la ricerca di nuove fonti di lavoro in
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campagna elettorale. Sarà come il traforo della Fontanabuona, come il ponte sullo stretto di Messina. Mi chiedo: che cosa consegneremo alle giovani generazioni? La crisi è vera o è un fatto puramente propagandistico alla rovescia come qualcuno sottolinea? Nelle grandi città, anche nelle più ricche come Genova, Milano etc. la percezione della crisi è evidente.. Nelle nostre città come Rapallo, Chiavari, Lavagna, la crisi si sente anche per mancanza di sufficiente esportazione di materie come, un esempio per tutti, l’ardesia, che si fanno arrivare dall’estero. L’edilizia, con le costruzioni e soprattutto con le ristrutturazioni abitative offrono lavoro. Perché non creare maestranze valide professionalmente? Io forse non ho molta istruzione ma conosco la vita e so la fatica che si deve fare per guadagnarsi un pezzo di pane col proprio sudore. Torniamo al suo vecchio pallino, la scuola professionale Noi qui a Rapallo nel 1997 abbiamo pensato di fare dei corsi per preparare addetti all’edilizia. Il sindaco di allora appoggiò subito l’iniziativa, anzi, si attivò per farmi ottenere iltitolo di Maestro del lavoro. Da allora abbiamo subito pubblicizzato l’iniziativa, abbiamo raccolto decine di iscritti ai corsi, ma, ahimé, sono passati tredici anni e ancora niente. Che delusione! A cosa mai serve il titolo di Maestro? È come se fossi stato ordinato sacerdote e non mi facessero mai celebrare la Messa! Questi non sono il Clero, sono gli amministratori provinciali di Genova, ai quali mi rivolgo ancora una volta perché le scuole edili di-
pendono dalle Province. Apriamole e diamo prospettive e forza lavoro alla nostra comunità.
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FRAZIONI
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di Annalisa NOZIGLIA
S. PIETRO DI NOVELLA
Cresce il nuovo centro sociale polivalente opo qualche tempo siamo tornati a San Pietro di Novella, abbiamo incontrato il parroco Don Giuseppe Culoma per fare il punto della situazione sull’andamento dei lavori del nuovo Oratorio Parrocchiale o Centro Sociale Polivalente. Avevamo lasciato l’opera alle fondamenta e al nostro arrivo è stato sorprendente trovare la struttura in uno stato di costruzione avanzato, segno, questo, che quando c’è l’intenzione i lavori procedono bene e in modo spedito! L’inizio dei lavori era stato dato nell’ottobre del 2009 e ad oggi per le opere in muratura e l’impiantistica sono stati spesi 450 mila euro. Don Beppe, per giustificare l’ingente spesa ci ha subito ricordato, per mezzo di una dettagliata cronaca dei lavori quanto è stato propedeutico alla costruzione dell’immobile: - modifiche del contesto circostante - ristrutturazione del piazzale laterale - acquisto di una striscia di terra dal Comune di Rapallo - sbancamento di un muro di sicurezza perché il terreno da edificare si trova in una posizione più bassa rispetto i confinanti Dopo queste opere iniziali si è proceduto con gli scavi, le fondamenta e i pilastri, soletta del primo piano e tamponamento. A fine febbraio verrà posizionato il tetto in legno lamellare e si procederà con gli intonaci esterni. La speranza del parroco è di riuscire a terminare il prima possibile il salone del primo piano in mondo che possa essere utilizzabile al più presto. Il sogno è quello di poterlo già inaugurare per la festa patronale il 29 giugno. Come ben ci ha illustrato i tempi tecnici ci sono e, come abbiamo potuto constatare, i lavori procedono a ritmo incalzate, tutto dipende però dai finanziamenti che devono ulteriormente arrivare dal Comune di Rapallo e dalla Regione, nonché da tutto ciò che si riesce a raccogliere tramite cene, iniziative e sovvenzioni da parte di privati. Un’interessante iniziativa che don Beppe ha promosso è la campagna: “acquistate, a 100 euro l’uno, i mattoni della nostra casa”. A tal proposito, per chi fosse interessato a contribuire, oltre a contattare direttamente la parrocchia può usufruire di un conto corrente che prevede le seguenti coordinate bancarie: Parrocchia di San Pietro di Novella Codice Iban IT16 D030 6932 1101 0000 0012 103 Ci pare lodevole la scelta di assegnare i lavori della costruzione del nuovo Oratorio a piccole e medie imprese presenti sul territorio, dando la priorità ai discendenti di artigiani che nel tempo avevano già lavorato per la parrocchia. Un esempio tra tutti: la ditta che si occupa delle opere murarie discende direttamente dal muratore che nel lontano 1909 costruì la canonica. E’ proprio per questo motivo che i fondi sono necessari e indispensabili per procedere con i lavori, infatti, trattandosi di ditte a livello locale gli interventi devono essere pagati con sollecitudine. Anche questa scelta, di far lavorare “gente del posto”, è perfettamente pertinente con gli scopi e i principi che
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questa comunità, guidata dal suo parroco, si prefigge in tutte le attività materiali e spirituali di cui si occupa e trova conferma nelle parole di Don Culoma: «Per la nostra parrocchia la realizzazione dell’Oratorio ha una duplice valenza: da una parte permette a questa comunità di non limitare la sua vita ai soli momenti culturali e di favorire una integrazione delle famiglie che vi abitano. E’ indubitabile che coloro che abitano a San Pietro sono avvantaggiati dall’avere una casa che offre opportunità di incontro e di dialogo. D’altra parte è un valido sostegno a tutte le necessità della nostra comunità, non ultime quelle economiche. Per tutti gli amici che partecipano alla nostra vita comunitaria è la possibilità di un punto di riferimento, di aiuto alla comunione». In precedenza avevamo già scritto circa gli scopi che assolverà questo nuovo centro polivalente, oggi, alla luce di quanto è già stato concretamente realizzato, ci sentiamo sempre più convinti della effettiva utilità che questa “casa” avrà per la comunità di S. Pietro e per l’intero comprensorio di Rapallo. Le nuove povertà economiche, sociali e spirituali a cui la nostra epoca ci chiama sono la grande sfida dell’uomo contemporaneo e soprattutto dei giovani di questo tempo. E’ necessaria una rieducazione dell’uomo all’umanità, non possiamo pensare di continuare a vivere come se noi e il nostro prossimo fossimo una mera merce di scambio all’interno di un società unicamente impostata su leggi di mercato. L’uomo di oggi, il giovane di oggi, ha bisogno di ritrovarsi di riconoscersi persona, valore, dignità. E’ nell’autentica educazione che possiamo trovare la chiave di volta e ancor più in quell’educazione cristiana che una comunità come quella di Don Beppe propone. L’impegno per la costruzione di questo Centro Sociale Polivalente va ben oltre alla costruzione
materiale di una casa, è piuttosto l’impegno per l’edificazione di un luogo dove fraternità, solidarietà e comunione potranno cooperare per il bene di tutti.
Un augurio, quindi, per il completamento dell’opera, con l’impegno di continuare a seguire i lavori in attesa dell’inaugurazione dell’Oratorio!
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VITA DA LIONS di Marina RICCI
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S. MARGHERITA LIGURE
La Cerimonia del „Confeugo‰ è tornata in piazza Per camminare con sicurezza verso il futuro, è necessario ricordare le antiche tradizioni e mantenere vive le prorie radici
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ra la vigilia di Natale del 1307 quando Jacopo Groppallo, Abate della Val Bisagno, si recò dai Capitani del Popolo recando in omaggio un albero d’alloro, e da allora l’usanza entrò nel costume locale. Ogni anno, la mattina del 24 dicembre, il nuovo Abate si incamminava verso la città con il tronco di alloro adornato, accompagnato da un seguito di contadini e portatori di bandiere, scortato dai granatieri. Il corteo terminava a Palazzo Ducale, dove l’Abate offriva al Doge un mazzo di fiori finti e portava le richieste e le proteste del popolo.Il Doge gli donava un biglietto della Banca di San Giorgio di lire 100. La sera il tronco di alloro veniva bruciato (da qui il termine Confeugo) e il Doge vi versava sopra vino, zucchero e confetti. Il desiderio di possedere i tizzoni, ritenuti sacri e magici,- ma anche utili per riscaldare le povere case - era così forte che il Comune dovette provvedere a distribuirli tra i cittadini. La cerimonia fu soppressa e ripresa più volte nel corso della storia, finché fu portata a nuova vita dall’Associazione genovese “ A compagna”; ai nostri giorni rivive a Genova e in alcune città del Tigullio, come Chiavari e Rapallo. A Santa Margherita Ligure, l’eredità storica del Confeugo è stata
raccolta da molti anni dal Lions Club, che ha voluto riproporla alla città in collaborazione con l’Amministrazione Comunale. E’ l’occasione per rinnovare i rapporti che saggiamente devono intercorrere tra la Civica Amministrazione e la cittadinanza; è il momento per sciorinare i “mugugni” sui soliti problemi insoluti della città e presentare i desiderata dei cittadini, con la speranza che il Sindaco ne tenga conto. La cerimonia si è svolta all’aperto, nella centralissima ed elegante piazza Caprera, dove l’Abate - un giovane sammargheritese - ha incontrato il Sindaco Roberto De Marchi. Marco Delpino ha guidato i vari momenti dell’incontro, allietati dalle note del gruppo canoro “Zena de na vota” e dallo spettacolo degli sbandieratori dei Sestrieri di Lavagna. Sono stati premiati i tre ragazzi vincitori del Concorso “Poster per la pace” dedicato alla memoria del Lion Pierluigi Verdoia e i giovani imprenditori della città, perché con coraggio hanno accettato di iniziare o portare avanti un’attività nonostante la non facile congiuntura storica. Siamo certi che per camminare sicuri verso il futuro sia necessario conoscere il proprio passato, che le tradizioni dei nostri avi siano ancora, oggi più che mai, un valore da riproporre ai giovani e
da ricordare a chi giovane non è più. Condividiamo il pensiero di Padre Giovanni Semeria sulla storia : “Sventurato quel popolo che non ha ricordi. Più sventurato quel popolo che avendoli li lascia per ignavia disperdere….” . Invitiamo tutti ad assistere, almeno una volta, a questo antico rito, certi che ognuno ritorni alla propria casa un poco più ricco, non di denari, ma di dolci ricordi, di sapori lontani, di Natali più veri, quando bastava un tizzone, qualche confetto e un rametto di alloro per sentirsi contenti.
„Natale a Rapallo 2010‰ Sabato 8 gennaio, alle ore 16 nel Salone Congressi della Casa della Gioventù e delle Opere Sociali di Rapallo, alla presenza del Sindaco della Città di Rapallo avv. Mentore Campodonico e del Vice Parroco della Basilica dei SS Gervasio e Protasio Don Stefano Curotto si è svolta la premiazione dei bambini che hanno partecipato all'iniziativa avviata da “Natale a Rapallo”, una pubblicazione di una quarantina di pagine nata nel 1995 e contenente la storia del presepio con gli itinerari per visitare i presepi a Rapallo. Grazie alla collaborazione delle Scuole Elementari pubbliche e private di Rapallo e Zoagli tutti gli alunni hanno ricevuto una copia della pubblicazione “Natale a Rapallo 2010” e ben 557 bambini hanno scritto nello spazio apposito un pensierino sul Presepio o sulle festività e lo hanno consegnato alle insegnanti che lo hanno fatto pervenire agli organizzatori . Il sig. Antonio Gori che ha ideato la pubblicazione insieme all'Editore Massimo Busco (Azienda Grafica Busco Editrice) con il particolare sostegno dell'Arch. Ivano Erba (Mobilificio Chiavarese), che ha creduto fortemente nella partecipazione dei bambini, hanno voluto dare un riconoscimento ad alcuni pensierini che si sono distinti per le sensazioni suscitate durante la loro lettura. Dopo il saluto del Sindaco che ha apprezzato l'iniziativa ed il lavoro svolto dai bambini e dagli Istituti, sono stati premiati: Marianna delle Scuole Antola, Rachele Bruni delle
Scuole Teramo Piaggio-Zoagli, Veronica delle Scuole Pascoli, Emanuele Valente e Sofia Castagneto dell'Istituto Gianelli, Margherita Dangiò dell'Istituto San Benedetto, Hasan della Scuola Delle Piane, Julian Costantin Chirila delle Marconi e Giovanni Cuneo del Nido San Girolamo. I premi speciali sono andati a: Angelica Pelosi delle Scuole Delle Piane, Elena Garbarino delle Scuole Teramo Piaggio, Andrea Molfino e Tommaso del Nido San Girolamo, Josephine Queirolo, Alessia Iannello, Sara Ninfo, Angelica Zoratti, Yasmine Hamroun delle Scuole Pascoli ed a Tiziana Di Antonio, Stefano Materno, Marco Rosato dell'Istituto San Benedetto. Infine è stata effettuata l'estrazione di un pensierino per ogni livello scolastico dalla I alla V per ogni Scuola; la manifestazione si è conclusa con i saluti di Don Stefano. Ecco i pensierini premiati: Margherita dell'Istituto San Benedetto: “Il
Natale è così bello da far brillare gli occhi” Sofia e Emanuele dell'Istituto Gianelli: “In classe abbiamo fatto un bellissimo presepe. Sulla stella cometa c'è scritto: “Accogliamo con gioia Gesù che viene per noi !” Giovanni della Scuola Nido San Girolamo: “Quest'anno avevo chiesto a mio papà di fare un presepe più grande e più ricco degli altri anni. Così è avvenuto: il giorno dell'Immacolata ci siamo messi al lavoro. Abbiamo pas-
sato tutto il giorno tra statuine, mulini, cascate, muschio, casette e lucine. Il presepe è molto bello, ma quello che mi è piaciuto di più è stato trascorrere un'intera giornata fianco a fianco con il mio papà e ora aspetto soltanto la notte di Natale per mettere Gesù Bambino nella capanna.” Julian Costantin delle Scuole Marconi: “Quando è il giorno di Natale sono contento e voglio che arrivi presto Babbo Natale per portarmi i regali. Nel mio paese il Natale si festeggia decorando l'albero di Natale e si preparano cibi tradizionali buonissimi.” Hasan delle Scuole Delle Piane: “Mi piace il Natale perchè ci sono i regali e anche perchè dono qualcosa ai miei genitori. E' più bello dare che ricevere”. Marianna delle Scuole Antola: “Il presepe rappresenta un bellissimo messaggio di speranza per tutti i popoli del mondo e le persone si sentono piene di bontà.” Rachele delle Scuole Teramo Piaggio di Zoagli: “Vorrei che in questo Natale tutti fossero felici come lo sono io.” Veronica delle Scuole Pascoli: “Buon Natale a tutti anche a quelli che non ci sono più, grazie Dio per averci regalato la vita.”
PIANETA GIOVANI di Benedetta MAGRI
TIGULLIO
Il nuovo ruggito dei Leo Ha ripreso vita il club dei futuri Lions della riviera di Levante nno nuovo vita nuova. Questa frase sembra calzare a pennello per i club Lions di Rapallo e Santa Margherita Ligure-Portofino, che con gennaio 2011 vedono terminare la fase di ristrutturazione del loro club giovani: i Leo Rapallo-Santa Mergherita Ligure. Dopo qualche tempo di stop il Leo club riparte in grande stile, infatti con il compimento dei 30 anni di alcuni iscritti e il trasferimento, per studi o per lavoro, di altri del gruppo precedente, vi era stato un blocco delle attività. L’ultimo Presidente, ancora in carica, e' il giovane Davide Rinaldi, 25 anni, che aveva dovuto prendere insieme ai suoi fedeli iscritti la decisione di mettere in standby il club. Ora sembra essere il momento giusto per un nuovo inizio, con un gruppo di ragazzi tra cui spicca il delfino Francesco Autelitano, 19 anni, che confessa di essersi sentito onorato della possibilità di ricreare insieme ai suoi amici questo club nel nostro territorio. L’impronta sarà di avere finalità serie, ma mezzi volti al divertimento. Sono già una quindicina i ragazzi che hanno accolto positivamente l’invito e tutti con un’età ancora lontana dall’ostacolo dei 30 anni. La prospettiva, infatti, è di creare un gruppo solido che permetta sempre un riciclo continuo, in modo da non dover più vedere la mancanza di questo club sul territorio. Perché entrare in un club Leo? Molti ragazzi non conoscono il Leo club – spiega
A
Autelitano - e credo che ciò sia un peccato, perché attraverso questo club vengono fornite loro numerose opportunità. Si possono conoscere persone interessanti con cui in futuro si potranno avere delle agevolazioni e soprattutto si presentano loro proposte attraverso cui confrontarsi con svariate esperienze di vita, sempre all'insegna del divertimento. Chi può entrare a far parte di un club Leo? Non ci sono requisiti particolari per entrare a far parte del club, tranne l’età che deve essere compresa tra i 14 anni circa e i 30 al massimo. Partecipando sarà poi auspicabile un ingresso nei Lions club raggiunta l’età, inoltre una partecipazione attiva è apprezzabile, perché le varie cariche hanno cadenza annuale, proprio per permettere a tutti di mettersi alla prova con esse. Per il resto si deve sfatare il mito del club elitario, perché tutti vi possono partecipare con la finalità di riconoscersi umili nell’aiutare il prossimo e naturalmente di entrare a far parte di questa grande famiglia che si estende a livello internazionale. L'unico onere e' costituito da una quota associativa annuale di 50 euro, necessaria per coprire le spese di affiliazione al club distrettuale. Infatti l'organizzazione dei Leo prevede più club locali che fanno parte di un distretto, il quale a sua volta fa parte di un multi distretto, nel nostro caso l'Italia.
Essere legati a livello internazionale offre dei vantaggi? Notevole è la possibilità di essere ospitati presso altre sedi per dei periodi, stando in casa di altri Leo. Questa è un’attività che evidenzia le potenzialità internazionali del club e lo rende ancora più interessante, ma anche l'aggregazione tra distretti e' positiva, perche' si conoscono persone di quasi tutta Italia e si ha modo di divertirsi sempre con gente diversa, oppure consolidando amicizie a distanza. Come agisce sul territorio un club Leo? Ci si mette in azione per aiutare il prossimo, secondo il motto “We serve” che viene portato avanti dai club Lions di tutto il mondo. Si segue l’esempio dei club padrini, ma in una chiave più giovanile, cercando di coinvolgere in maniera divertente i ragazzi del territorio e organizzando attività che abbiano la finalità di raccogliere fondi a scopo benefico. Possiamo svelare una delle attività proposte? Si scenderà in piazza con dei banchetti per raccogliere fondi. Un esempio concreto è costituito dalla vendita delle arance che avverrà nei prossimi mesi. Inoltre i club Lions sono ben radicati nel territorio e hanno già attuato opere importanti, come la partecipazione alla creazione dell’ascensore a Montallegro. Il club Leo coprirà il territorio di Rapallo, Santa Margherita Ligure e Portofino, dove in realtà
Francesco Autelitano
ci sono due club Lions, sarà un vantaggio o uno svantaggio? Avere due club padrini costituisce un ottimo aiuto, al di là di tutte le battute che si possono fare. La prima occasione in cui si è sentita la presenza dei due club è stato a Natale, quando non si sapeva a quale cena partecipare, questo è sicuramente un indice dell’entusiasmo con cui guardano a noi entrambi i club. La positività reale è costituita però dal fatto che entrambi i club sono disposti ad aiutarci e dunque sarà possibile portare avanti più iniziative e si spera nel migliore dei modi. Secondo me è anche importante che il club Leo sia uno solo, perché i giovani, in una realtà come la nostra, sono tutti legati tra loro senza considerare le città di appartenenza, per cui due club Leo sarebbero stati superflui e probabilmente di piccolo numero entrambi. Ci saranno proposte innovative? Una prima idea è quella di organizzare un torneo di tennis, a cui potranno iscriversi tutti, appena verrà la bella stagione. Diciamo che siamo ancora work in progress, però persone volenterose ce ne sono tante e speriamo di riuscire a diventare una realtà importante sul territorio.
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MONDO
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di Carlo GATTI
UNA STORIA DIMENTICATA
Italiani alla fine del mondo - Viaggio a Ushuaia in Patagonia Nell'immediato dopoguerra una nave, un'impresa italiana e tanta mano d'opera specializzata in cerca di lavoro e fortuna partono per la Terra del Fuoco, regione inospitale, difficile e senza strutture. shuaia è la città più australe del mondo e si trova sulla costa meridionale della Terra del Fuoco, in un paesaggio circondato da montagne che dominano il Canale Beagle (Ushi = al fondo, Waia=baia). Baia al fondo,
U
alla fine. È così che gli indigeni Yamanas, da oltre seimila anni, chiamano il loro mondo: la "fine del mondo".
Ushuaia si trova 140 km a NW di Capo Horn - Cile.
Nell’immediato dopoguerra, la decisione del governo argentino di costruire la capitale Ushuaia nella Terra del Fuoco fu presa per riaffermare la sovranità del paese sull'isola Grande, all'epoca oggetto di aspre dispute con il confinante Cile. Siamo nel 1947 e le imprese italiane ricevono l’incarico di costruire opere pubbliche. L’unica struttura presente sull’isola è un vecchio penitenziario ormai fatiscente. Occorre partire da zero: case, strade, ospedale, scuola, centrale idroelettrica. Ad organizzare la spedizione è Carlo Borsari, imprenditore edile bolognese e proprietario di una fabbrica di mobili che convince il governo argentino di saper operare con le sue maestranze anche in climi molto rigidi. Nella primavera del 1948 il presidente Peròn firma il decreto che attribuisce all'imprenditore italiano la commessa di lavoro. Il 26 settembre 1948 salpa dal porto di Genova la prima nave che, guarda caso, si chiama “Genova”, con a bordo, 506 uomini e 113 donne, per un totale di 619 lavoratori. Durante il lungo viaggio della nave, le autorità argentine vietano di scalare i soliti porti intermedi per evitare defezioni. La paga dei lavoratori è di circa 3,5 pesos, superiore rispetto ad altri luoghi in Argentina e permette di mandare soldi alle famiglie in Italia. Il 28 ottobre 1948, dopo 32 giorni di oceano, la M/n Genova giunge ad Ushuaia con un carico umano colmo di speranze e con le stive stracolme di materiale. Ad accoglierla c’è il ministro della Marina argentina dell'epoca. La stagione è la più favorevole per iniziare i lavori. Per i primi mesi una parte degli operai è siste-
mata nei locali dell'ex penitenziario, il rimanente alloggia a bordo di una nave militare del governo. La mano d'opera è soprattutto emiliana, ma non mancano piccole comunità di veneti, friulani e croati. Nelle ampie stive della nave c’è tutto l’occorrente per la costruzione ed il montaggio di un paese moderno. Del carico fanno parte 7.000 tonnellate di materiale per allestire una fornace e la centrale idroelettrica, vi sono mezzi di trasporto leggeri e pesanti, gru, scavatrici, case prefabbricate, generatori, l’attrezzatura per la costruzione di una fabbrica di legno compensato e persino le stoviglie per la mensa dei dipendenti. L’inventario della merce trasportata comprende tutto il necessario alla comunità per essere autosufficiente ed il suo valore attuale corrisponde a venti milioni di euro che il governo argentino, ha pagato all'impresa Borsari che li aveva anticipati. Agli emigranti provenienti dal nord Italia, le montagne alle spalle di Ushuaia ricordano le Alpi, e per tutti loro la nuova terra significa un futuro migliore per se stessi e per i propri figli. I primi due anni pattuiti con Borsari sono veramente duri per il freddo, la neve, l’oscurità e con le difficoltà di costruire opere murarie e idrauliche. Onorato il contratto, in molti decidono di stabilirsi definitivamente in questa città che hanno creato dal nulla e che sentono ormai propria. Grazie al lavoro di un nucleo di avventurieri italiani, si assiste ad un fenomeno di migrazione di massa unico al mondo. Ushuaia cresce, si popola e si trasforma in una città viva, speciale per varietà di razze e culture. Restano i ricordi. Lo sforzo per l’ambientamento climatico fu sostenuto dagli emigranti grazie anche al promesso ricongiungimento con le famiglie, che fu rispettato e si concretizzò con l’arrivo di una seconda nave italiana, la M/n "Giovanna C." che giunse a Ushuaia il 6 settembre 1949 con mogli e figli. Quel giorno la comunità italiana raggiunse le 1300 unità. Gino Borsani aveva promesso due anni di lavoro ben pagato, terre e case ai suoi uomini. “Alcuni di noi non sapevano neppure dove erano diretti” - dice Elena Medeot 78 anni, nata a Zara – “In Italia c'era il mito dell' Argentina, ma quando siamo arrivati qui, dopo un mese di navigazione, abbiamo scoperto la verità. Per scaldarsi, in un posto dove in piena estate la temperatura raramente supera i 10 gradi, si doveva risalire la montagna per fare un po’ di legna. Le promesse del bolognese svanirono in pochi mesi, così come il sogno di tutti, mettere da parte un po' di soldi e tornare a casa. “Però si mangiava carne tutti i giorni e
La M/n Genova della Co.Ge.Da. è in partenza da Ponte dei Mille per la Terra del Fuoco. Questa rara fotografia è una preziosa testimonianza di quella grande spedizione.
questo già sembrava un miracolo”. Ricorda Dante Buiatti nato a Torreano di Martignacco. “Nel 1923 Avevo un lavoro in Friuli, ma era più importante dimenticare la guerra e a casa non ce la facevo”. Dante fu uno dei pochi pionieri, arrivati ad Ushuaia con la ditta Borsari, che scelse di restare in quella terra al confine del mondo. La maggioranza, infatti, rincorse orizzonti più caldi, spostandosi in altre province “più ospitali” dell’Argentina. Buiatti s’impegnò nell’attività commerciale del paese, che oggi continua con sua figlia Laura; mentre Leonardo, il figlio minore, gestisce un albergo. Sempre col cuore rivolto alla sua cittadina natale, Dante Buiatti fu uno dei principali animatori dell’associazionismo friulano e italiano nella Terra del Fuoco. Fino al giorno della sua morte è stato il principale punto di riferimento per gli studiosi dei processi migratori, per la collettività italiana, per i giovani della comunità friulana di Argentina ed Uruguay e, fondamentalmente per i suoi cinque nipoti. Franco Borsari, figlio dell'imprenditore, ricorda ancora lo stacco del padre dalla
banchina del porto di Genova. Nel 1948 aveva solo 5 anni e La lontananza terminò nel 1953 quando, insieme alla madre e le due sorelline, raggiunse suo padre a Buenos Aires per rimanervi fino agli anni Sessanta. Marco David fu il primo figlio di italiani a nascere ad Ushuaia. I genitori erano tra coloro che vissero per qualche tempo su una nave militare del governo argentino, fino alla costruzione delle prime baracche. Il padre era responsabile tecnico del cantiere e ricorda: “C’era solo abbondanza di carne di pecora, tutto il resto doveva arrivare via nave, e d'inverno lo sbarco non era mai assicurato a causa del cattivo tempo”. La famiglia rimase ad Ushuaia fino al 1964. Anna Maria Floriani, 85 anni, insieme al marito Osvaldo Tartarini, carrozziere, e la figlioletta Claudia di sedici mesi, fece parte del primo gruppo della M/n Genova. Di quell'impresa ricorda soprattutto il freddo dei primi tempi: “Fummo alloggiati nell'ex penitenziario, in una stanza di due metri e mezzo per due, senza cibo fresco, schiacciati dal peso della nostalgia e della solitu-
La M/n Giovanna C. degli armatori Costa di Rapallo
trice di Savoia, nel 1961, l'arrivo della rivista di fotoromanzi, Grand Hotel, che le donne si passavano di mano in mano per mesi. Poi, negli anni Settanta, le feste a bordo delle navi da crociera Costa (Eugenio C. e, in seguito la Costa Allegra) che si fermavano alla fonda nella baia. La memoria muove molte emozioni e ogni 28 ottobre si consuma un rito. A USHUAIA, nella gelida Terra del Fuoco (Argentina), quindici reduci della M/nave Genova, da cinquantatré anni issano la bandiera italiana nel vento gelido che soffia dall' Antartide. Si contano di nascosto per vedere se manca qualcuno, si abbracciano con qualche lacrima e non diL’emigrante Dante Buiatti
Veduta di Ushuaia
dine. Ci sentivamo abbandonati dal mondo”. Ricorda infine le parole del marito che, arrivati nello stretto di Magellano e vedendo un cimitero di navi affiorare qua e là disse con le lacrime agli occhi: “Dove sto portando la mia famiglia?” Mentre l'Italia si rimboccava le maniche nella ricostruzione dopo la tempesta del secondo conflitto mondiale, quella piccola, dimenticata spedizione diventò per molti di loro un’occasione di benessere e tranquillità economica. Oggi Ushuaia è una meta turistica per crocieristi, un'isola relativamente felice nel disastro economico e sociale in cui vive l'Argentina. Per molti anni i suoi disagiati abitanti hanno ricevuto stipendi superiori alla media nazionale, grazie anche al suo “porto franco” che diventò una ghiotta oc-
casione per rilanciare piccole industrie e commerci. Oggi il suo centro è costellato di negozi che traboccano merce importata, e non sembra affatto una città posta ai confini del mondo. Gli italiani che hanno resistito alla tentazione di ritornare in patria non si lamentano più e si sono perfettamente ambientati come i loro figli argentini. Qualcuno è diventato persino benestante, come l'imprenditore Luciano Preto, scomparso l'anno scorso. Certo, Ushuaia resta pur sempre la fin del mundo e i contatti con l'Italia, per mezzo secolo, sono stati davvero pochi. Dante Buiatti e Elena Medeot ci sono tornati solo una volta, con la nave, trent' anni fa. Gli eventi legati alla patria furono pochi ma indimenticabili, come la visita di Maria Bea-
menticano di rendere omaggio anche alla loro seconda bandiera, quella bianca e azzurra dell' Argentina. Figli e nipoti si stringono tutti gli anni attorno ai loro nonnos, come chiamano indistintamente i quindici vecchietti, e cercano a fatica di conservarne la storia e le tradizioni. Quindici sono i sopravvissuti di una delle più straordinarie storie dell'emigrazione italiana nel mondo. Fa tenerezza la tenacia della piccola comunità italiana, che vuole ricordare, conservare la storia, non far sparire tutto davanti al tempo che inevitabilmente si porterà via i protagonisti della grande avventura.
ULTIMA ORA
10.12 2010 - CRUISE SHIP HORROR Per fortuna è solo un pessimo ricordo l’odissea vissuta in alto mare, qualche giorno fa, nelle gelide acque dell’oceano Antartico, per i 166 passeggeri (16.000 $ a persona) della nave da crociera di lusso Clelia II, battente bandiera maltese. La love-boat si è trovata per ore in balia di altissime onde nello Stretto di Drake mentre proveniva dall’Antartide con un motore in avaria, il radar fuori uso e molti danni alle sovrastrutture. La Marina Militare Argentina ha reso noto che la CLELIA II ha potuto raggiungere il porto di USHUAIA scortata dalla nave polare Explorer, inviata in suo soccorso. C.G.
ARTE
di Claudio MOLFINO
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molfino.claudio@libero.it
IL PITTORE
Gaetano Previati e la „gioia di Lavagna‰ Il Tigullio fonte ispiratrice del capofila del divisionismo
Q
uando finirà questa infame noncuranza, questa vergognosa incoscienza artistica e nazionale verso il piú grande artista che l'Italia ha avuto da Tiepolo ad oggi?... L'opera di Gaetano Previati è di una vastità e di un valore che sconcertano... Previati è il solo grande artista italiano, di questi tempi, che abbia concepita l'arte come una rappresentazione in cui la realtà visiva serve soltanto come punto di partenza. Egli è il solo artista italiano che abbia intuito da piú di trent' anni che l'arte fuggiva il verismo per innalzarsi allo stile. Gaetano Previati è stato il precursore in Italia della rivoluzione idealista che oggi sbaraglia il verismo e lo studio documentato del vero. Egli ha intuito che lo stile comincia quando sulla visione si costruisce la concezione, ma mentre la sua visione si è rinnovata nella modernità, la concezione è rimasta, come ossatura, al vecchio materiale elaborato del Rinascimento italiano...” Con queste accorate e lusinghiere parole Umberto Boccioni celebrava l'arte di Gaetano Previati in un articolo pubblicato nel 1916, pochi anni prima della scomparsa del grande pittore divisionista che concluderà la sua vita, nella Riviera Ligure e precisamente a Lavagna dove si era stabilito da molti anni, Liguria che gli era stata fonte di ispirazione ed anche motivo di consolazione spirituale negli anni della maturità. Al giudizio positivo di Boccioni si aggiungono le parole di Giorgio de Chirico, che celebra Previati tra i maggiori protagonisti del simbolismo capace di anticipare, con le sue figure sospese in una dimensione fantastica, le atmosfere senza tempo della pittura metafisica. Gaetano Previati nasce a Ferrara il 31 agosto 1852, città nella quale si svolgono i suoi studi artistici, ma presto egli si trasferisce
a Milano, dove frequenta l’Accademia di Brera. E’ nel capoluogo lombardo che l'artista inizia la sua attività, spiccando subito per modernità e innovazione. L’Ottocento, che in Europa è caratterizzato dalla nascita della nuova pittura impressionista, e poi post impressionista, in Italia si chiude ancora in un clima culturale legato alla pittura regionalista. Gaetano Previati è tra i pochi autori che superano la tradizione della pittura di storia ottocentesca aprendo il secolo nuovo alle modernità del Divisionismo e del Simbolismo. Previati affronta, in modo originale e anticonvenzionale, i soggetti già consacrati dalla tradizione classica e romantica di carattere storico, letterario, religioso ed esotico. Si interessa, con un numero ridotto di opere, anche al paesaggio, alla natura morta e ai ritratti, sviluppa temi nuovi di natura mistico-simbolica inserendosi nel filone del Simbolismo europeo e negli ultimi anni di attività dipinge anche opere legate al progresso moderno in sintonia col clima del Futurismo. Questo ampio quadro tematico indica la sua disponibilità a sperimentare tutta la gamma comunicativa nel desiderio, forse, di ottenere comprensione, riconoscimenti e successo da parte del pubblico e della critica. Spesso in età matura replica quadri precedenti usando la tecnica divisionista per attribuire ai vecchi soggetti nuovi significati di carattere simbolico. La Liguria affascina da sempre il pittore padano, l'opportunità e la possibilità di poterci soggiornare sarà la conseguenza dell'incontro, nel 1899, con il gallerista milanese Alberto Grubicy de Dragon che, oltre ad acquistare tutte le opere che il pittore conserva nello studio, lo lega a sè con un contratto decennale, garantendogli un certo benessere economico. Già nel 1900 Previati si stabilisce a Lavagna in "una modesta e linda casa situata dinnanzi alla riva
G. Previati con la cognata Anna sulla spiaggia di Lavagna, 1919
Tramonto in Liguria - (1912) - olio su tela, cm 147 x 197
Maternità - (ca. 1890-91) - olio su tela, cm 174 x 411
del mare poco lungi dalla foce dell'Entella". Prende inizio il "periodo di Lavagna" o meglio la "gioia di Lavagna" come la definisce lo stesso artista. Di questo periodo ci dà una mirabile descrizione il Barbantini ancor oggi considerato il maggior editorialista di Previati; "... "...dopo il 1901 appena la primavera s'inoltrava, egli poteva lasciare Milano per non ritornarvi che d'autunno, vivere colla famiglia sulla riviera ligure a Lavagna, che è un villaggio di pescatori, di giardinieri e d'ortolani, una conca traboccante di giardini e di orti sull'orlo del golfo celeste... Previati ci abitava una casa che da una parte era tutta occhi sugli orti e sui giardini, dall'altra parte era tutta occhi sul mare. Quando si svegliava, vedeva nella finestra il mare e le barche dei pescatori. A mezzodì gli oleandri rosei, nell'azzurro dell'aria incandescente, avevano un'aureola di luce più chiara del sole. II mondo non era fatto che di alberi, di fiori, di frutti, di firmamento abbagliante, di mare blu, di fragranze verdi, di ventate salmastre, d'aria impregnata di luce. A camminare sulla spiaggia non si sapeva se fosse il cielo che si specchiava nel mare o se il mare si specchiasse nel cielo. Verso sera s'accendevano già le prime stelle, che le sfere degli aranci non si spegnevano ancora tra le fronde brune. Quei molti mesi di comunione incantata ed estatica colla natura,
Pino marittimo - (ca. 1911-12) olio su tela, cm 87 x 70
hanno esaltata la fantasia del pittore, arricchita la sua poesia di accenti e d'ispirazioni, ravvivata la sua arte". Da quel momento Gaetano Previati non abbandonerà più la nostra bella Riviera, finirà i suoi giorni in questa terra traendo dalla natura ispirazione e nuova linfa per la sua opera, che gli varrà numerosi riconoscimenti in Italia ed all'estero. Referenze bibliografiche: Gaetano Previati. Vent'anni in Liguria (1901-1920) - De Ferrari La Pittura in Italia. L'ottocento. Electa
PERSONAGGI
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di Massimo BACIGALUPO
PITTURA
Mirella Manara Bergonzini, instancabile pittrice e testimone M
irella Manara Bergonzini, pittrice di scorci e paesaggi, è un’istituzione rapallese. Ogni anno sotto Natale c’è una sua mostra che di solito attira numerosi visitatori. I soggetti sono immancabilmente paesaggi delle nostre colline: fasce, pergole, rustici, scorci di mare, le tre gobbe della penisoletta di Portofino o le rocce a strapiombo della Cala dell’Oro. Infatti Rubaldo Merello, il pittore di San Fruttuoso dai colori intensi a cavallo fra ’800 e ’900, qualcosa le ha insegnato. Ma in Mirella c’è meno simbolismo e misticismo. E’ una donna pratica, una gran camminatrice, con un naso importante e la pelle scurita dal sole e dal vento. D’ogni tanto la troviamo col cavalletto fra gli scogli del Pozzetto, a cercare di cogliere gli spruzzi della mareggiata e la casetta cantoniera accanto alla ferrovia ancora abitata mezzo secolo fa.
Mirella non avanza grandi pretese per la sua pittura, la pensa giustamente come lavoro di un’onesta artigiana. Non cade però mai nel cattivo gusto, tipo quadri da fiera. Deve aver fatto pratica di disegno architettonico, infatti il suo forte sono i colori, resi con piccole pennellate, e le architetture dei casolari, con le loro finestrelle bianche, le pietre d’angolo, i muretti rabberciati. D’ogni tanto un ricordo del passato. La Torre Doria sulla baia di San Fruttuoso, con sullo sfondo le case dell’imperituro ristorante Giovanni, quasi invisibili sui loro archi. La villa Costa col tetto a pagoda alta all’ingresso di Portofino. Il “Castello” di Sem Benelli (“era uno scrittore; sa, è morto lì, povero in canna”)... Sono trent’anni che la Bergonzini si dedica a queste sue registrazioni di un mondo naturale e umano che conosce, ama e difende. Perlustratrice di colline, sa come pochi altri che la natura e i manufatti intorno a noi sono fragili, e in trent’anni, ma anche in tre settimane, cambiano irrimediabilmente, spesso sono distrutti da speculazioni e interventi irrispettosi. Bergonzini abita nella Vallata di Monti, quella tanto deturpata in basso dai casermoni che risalgono
dalla Funivia. E dire che ricordo quando da quelle parti c’era solo un misterioso quanto puzzolente porcile al quale, bambino in bicicletta, osavo appena avvicinarmi. Più in alto si trova la chiesetta di San Bartolomeo e la località Pellegrino, con un gazebo ora separato dalle case da una via asfaltata. Poco sopra c’era un grande rustico semiabbandonato con un cortile interno frequentato soprattutto da gatti, in cui si entrava attraverso un cancello arcuato con sopra un San Giorgio. Un luogo magico. Bergonzini l’ha spesso raffigurato, con i suoi tocchi blu d’aster, e sullo sfondo “il delirio del mare”, come diceva il poeta. Ahimè, altro delirio ha infierito su quelle pietre indifese. Vado a trovare Bergonzini nella sede della mostra “La pietra e la luce. Storia e immagini del territorio del Tigullio”, tenutasi come sempre sotto Natale ma stavolta (2010) nella degna sede del Castello. Accanto alle tele, ordinate da Rosanna Arrighi, ci sono testi di poeti rapallesi su emozioni e impressioni parallele alle immagini. Bergonzini mi accompagna nel giro spiegando dove e come ha “trascritto” i suoi scorci. Pochi sono di fantasia, a volte c’è un bel contrasto di superfici e colori, di rado si va nella “carineria” (co-me con il campo di papaveri raffigurato troppe volte dal buon Michele Cascella). Certo, i ciliegi e prugni in fiore sono rosei, ma i colori sono di solito asciutti, abbastanza ruvidi. Davanti a un’immagine di Sestri Levante dico all’autrice che anche Kandinsky dipinse quel porticciolo, ma Mirella scrolla il capo, il suo lavoro non ha tali ambizioni. Però in fondo nasce, come anche quello dei grandi, dalla passione per la cosa vista, la pietra e la luce. Quindi Bergonzini mi mostra delle fotografie. Dove era la casa-osteria, forse lazzaretto, sopra il Pellegrino, è in corso una ristrutturazione e l’impresa ha pensato bene di recintare tutto con una sorta di altissima parete metallica, da prigione. Sicché dove un tempo il gitante (o pellegrino) scorgeva a ogni passo le colline, la cittadina e il golfo, oggi la vista è chiusa, si cammina in un vicolo senza prospettiva. Suggerisco a Bergonzini di segnalare questa bruttura alle autorità comunali e ai responsabili di Italia Nostra, che spesso hanno agito a salvaguardia del territorio. Forse qualcosa si può fare per riaprire perlomeno la vista. Certo quell’antico cortile abbandonato da tutti salvo che dai gatti e dai rari gitanti resterà un ricordo. Ma ci sono le tele di Bergonzini che preservano queste atmosfere. Conosce tutti i sentieri della vallata. Una volta mi ha proposto di mostrarmi non so quale portale di
villa rustica. Siamo arrivati in automobile a uno spiazzo, poi pochi passi ci hanno portato a un grande portale barocco semidiroccato, sul quale spuntavano rossi dei gladioli selvatici. Sarebbe bello disporre di una guida che elencasse siffatti monumentini suggestivi, che si possono godere senza stiparsi con la folla per vedere quello che comunque vedono e fanno tutti. Forse qualcuno potrebbe scriverla e Bergonzini illustrarla. Casolare in località “Il Pellegrino” in un lavoro della Bergonzini. Sempre in Valle di Monti (e Sotto, la stessa mulattiera come si presenta oggi. A sinistra, l’artista all’opera. fra le immagini in mostra) c’è l’insediamento storico di Villa Molfino, celebrato addirittura da un Premio Nobel, Gerhart Hauptmann, in una poesia: “Cipressi cipressi abitano / il mio paradiso infantile...”. Ciò non ha salvato i cipressi che fanno ala all’antico anfiteatro Assereto e lo stesso rustico teatrino (ne ha parlato “Il Mare” nel numero di aprile 2009). Qualche benemerito club di servizio potrebbe impegnarsi nel un auspicabile sviluppo turistico, culturale ed restauro di questo luogo incantevole, organizzan- economico. dovi poi un simpatico ricevimento-spettacolo. “E Rapallo ha un debito nei confronti della Bergonzini poi che tristezza” continua la Bergonzini, “la vicina per la sua serena passione documentaria. Le sue cappella barocca di San Francesco Saverio sta opere danno piacere evocando colori e forme falentamente franando. Non si potrebbe salvarla?”. miliari, pietre e luci, ma soprattutto contribuiscono Giriamo la domanda a coloro che di queste cose a ricordare e stimolano a salvaguardare un mondo che senza testimonianze come la sua riattivamente si occupano. Le scampagnate pittoriche della Bergonzini pro- schia di sparire senza lasciare traccia. seguono oltre Villa Molfino fino alla frazione di CITTÀ DI RAPALLO Gravero. Mi mostra una bel quadretto di quei Assessorato alla Cultura rustici spesso citati per lamentarne l’inaccessibilità. Ciò non ha impedito i soliti scempi. “Oggi quella casa col suo stretto passo non c’è più, è "FOTOGRAFIA E TERAPIA" tutto cambiato”. Chissà se in futuro si avrà più Conversazione di attenzione nel conciliare conservazione, reAndrea Botto, fotografo, stauro, sviluppo, perché tutto un tessuto abitae Olga Schiaffino, psicoterapeuta. tivo e naturale non abbia a sparire. Un Parco del SABATO IN BIBLIOTECA Tigullio debitamente protetto e promosso potrebbe attirare non meno delle Cinque Terre, poBIBLIOTECA INTERNAZIONALE polarissime all’estero. Non sono dunque solo VILLA TIGULLIO risorse immateriali che la miopia e l’interesse di Sabato 26 febbraio - ore 16 pochi sottrae a tutti, ma la stessa possibilità di
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In OMAGGIO a tutte le coppie partecipanti all’iniziativa, una litografia-ricordo di Rapallo ai primi del ’900
GENTE DI LIGURIA
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di Alfredo BERTOLLO
GENS LIGURE
„Ragazzi, qui si fa lÊItalia, o si muore!‰ I Bixio, due fratelli di famiglia chiavarese che contribuirono, in diversa maniera, all’unità d’Italia i sembra doveroso, nel centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, ricordare una famiglia ligure che ha dato lustro all’Italia: i Bixio. Il membro più noto è Nino (18211873), collaboratore di Garibaldi nell’impresa dei Mille, famoso per la storica frase da lui pronunciata a Calatafimi: “Qui si fa l’Italia o si muore”. Egli era l’ultimogenito di Tommaso e di Colomba Caffarelli e di lui si possono leggere le prodezze in ogni libro di storia e per questo non mi dilungo nell’illustrarne la biografia anche se non posso fare a meno di collocarlo fra i grandi uomini del Risorgimento italiano. Suo fratello Alessandro, di tredici anni più vecchio di lui, ci ha lasciato un ricordo molto diverso da quello di Nino pur avendo contribuito con il suo intelletto, e non poco come vedremo, all’unità d’Italia. Mentre Nino non fu seguito dai genitori al punto che, per qualche tempo a Genova condusse persino la vita del barbone, Alessandro, (1808-1865) il terzogenito che pare fosse figlio di una relazione extraconiugale di Colomba con Alessandro Stechs, il sottoprefetto di Chiavari, quando nell’epoca napoleonica la città era capoluogo del dipartimento degli Appennini, fu portato dallo Stechs in Francia dove venne istruito nel rinomato collegio “Saint Barbe” che vanta aver avuto nel passato allievi quali Ignazio di Loyola, Francesco Saverio, Etienne Montgolfier e molti altri illustri nomi. Studente riconosciuto fra i migliori, il giovane chiavarese, uscito dall’isti-
M
da
Mario
tuto con ottimi voti, s’iscrive alla facoltà di Medicina dell’università di Parigi. L’anno della laurea coincide con un momento tempestoso della storia di Francia. Il trono di Carlo X vacilla; il re usa la prepotenza e in luglio, subito dopo le elezioni che registrano l’affermazioni dei liberali, scioglie, come se niente fosse, il Parlamento. La risposta a tale atteggiamento non si fa attendere e a Parigi la folla prende le armi e s’impossessa del municipio. Il 29 luglio i deputati liberali, onde evitare ulteriori guai, si appellano a Luigi FIlippo, duca d’Orléans, che accetta ai primi d’agosto, che si dia vita a una monarchia costituzionale. Alessandro Bixio vive questa bufera dell’estate 1830 non restando inerte ma partecipando al sostegno delle idee liberali e svolge una notevole attività intellettuale e pubblica. Scrive: “La maison rustique du XIX siècle”, dirige il “Journal d’agriculture” e poi istituisce la “Libreria agricola”. Il suo nome, a poco a poco, esce dall’anonimato e, mentre gli viene riconosciuto d’aver reso importanti servizi al settore produttivo più importante di Fancia, si afferma nel mondo culturale di Parigi come una personalità di rilievo. A metà secolo frequenta uomini già famosi come Sainte Beuve, Delacroix, Cavour e con altri, come Victor Hugo, De Musset, De vigny, tiene un’intensa corrispondenza, L’attività di Bixio è soprattutto di giornalista e scrittore mentre si accresce di anno in anno la sua partecipazione alla vita politica in un
Trattoria a Rapallo dal 1 9 6 3
Due immagini di Nino Bixio
periodo quanto mai delicato per la Francia. Sul trono è sempre Luigi Filippo ma i primi ministri cadono uno dopo l’altro perchè non riescono a governare in modo soddisfacente. Si arriva così al 1848 quando esplode la insurrezione popolare dovuta in larga misura alla grave crisi economica. Parigi si trasforma in un campo di battaglia e si elevano un po’ dovunque le barricate. Le forze dell’ordine vengono travolte. Luigi Filippo viene deposto e si proclama la Seconda Repubblica. Il nuovo governo è presieduto dal poeta Lamartine che in aprile vince le elezioni alla guida dei repubblicani moderati. Caduta la monarchia, Alessandro Bixio, che milita nel movimento riformista, viene nominato ministro degli Affari Esteri e poi inviato, quale Incaricato Straordinario di Francia, alla
corte di Torino, impegnata nella Prima Guerra d’Indipendenza, cui partecipano i suoi figli Maurizio ed Oliviero. Verso la fine del 1848 Luigi Bonaparte diventa presidente della Repubblica e nomina per pochi giorni Alessandro Bixio ministro dell’agricoltura e del commercio. Quando alla fine del 1852, Luigi Bonaparte costituisce l’impero e ne diventa capo con il nome di Napoleone III, Bixio si è già ritirato dalla vita politica attiva. Si dedica ormai a questioni agricole, bancarie e ferroviarie, resta in contatto con Cavour e ne diventa un prezioso consigliere così che lo si può ritenere l’ispiratore dello storico incontro di Plombières, che sanzionerà l’alleanza della Francia allo Stato Sabaudo e l’inizio dell’unità d’Italia. Tutti giudizi positivi sull’illustre uomo, ma qui mi limito a riportare quanto scritto da Victor Hugo nella sua lettera al fratello di Alessandro, Nino: “...io amavo e stimavo il vostro eccellente e nobile fratello...Le lotte ci avevano fatto amici. Era un cuore generoso. Era di due patrie: parigino per l’amore dell’indipendenza e romano per l’amore della libertà. Io amavo in lui l’Italia e la Francia”.
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STORIA LOCALE di Pier Luigi BENATTI
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MEMORIE
La vecchia bocciofila
Pierluigi Benatti racconta un mondo ormai scomparso rima che Rapallo cambiasse pelle sotto l’impetuosa spinta edilizia, i campi da bocce rappresentavano una dotazione obbligatoria per osterie, trattorie e locande distribuite nelle vie del centro e presenti nelle diverse frazioni.
P
Monti. Poi, nel 1946, il sodalizio si spostò in Piazza cile e i campi si affiancarono, alla recinzione dello stadio Macera, dove si trova tutt’oggi. Con il trascorrere degli anni i campi sono stati protetti delle intemperie con coperture e tendoni e oggi le in-
La formazione 2010-11 della Bocciofila Gandolfi milita nel Campionato Italiano serie B
Una consolidata tradizione si era così radicata per questo gioco popolare, occasione di giovanili incontri, spazio vincente delle differenze sociali e disciplina sportiva praticata a tutte le età. Le cronache degli anni Trenta nel secolo scorso ricordano le interminabili partite domenicali all’osteria “Vittoria” (ora Ristorante) in Corso Umberto I (Via Mameli), al “Cantiere” presso il porto di Langano, alla “Piemontese in “Corso Italia, al “Giardino” in Rolecca, ma sempre in Corso Umberto dalla “Jolanda” (poi Ristorante Nicola) e dal “Passatempo”: ma anche dal “Galletto” in Laggiaro, da “Siggi” e “Mario Boero” a Sant’Anna, da “O Cardena” e da “O Louenso” a Santa Maria del Campo, da “Ardito” a San Pietro e al “Pozzetto” sull’Aurelia verso Zoagli. C’erano frequenti gare fra le varie società che via via si erano costruite ma non mancava l’impegno dei contendenti ogni qualvolta era in palio, al posto di medaglie e trofei, un buon bicchiere di vino da gustare sotto il pergolato (a tepia) nella frescura tra il verde. Al 1937 si indica la data di fondazione della Bocciofila Rapallese, oggi legata al nome del suo propugnatore Mario Gandolfi e c’è chi ricorda i primi campi da gioco in Fossato di
numerevoli coppe, trofei e foto esposti in sede stanno a ricordare i campioni che hanno impugnato le bocce (che dal legno iniziale, attraverso il materiale sintetico, sono approdate al metallo rilucente) portandole al successo su bocciodromi sparsi in tutta Italia. Consentitemi di ricordare quel manipolo di “Ruspanti”, appassionati del gioco “a pe’ fermo” su terreno accidentato naturale che, negli anni Ses-
santa, animava una porzione di Piazza Cile, offrendo uno spaccato di viva umanità maturata dagli anni che richiamava sempre una folta cornice di spettatori. La latitudine raggiunta verso le ginocchia dalla cintura dei calzoni del primattore “Ferretto” agevolava oltremodo l’intepretazione di quale fosse l’andamento della partita che poneva in palio la tipica “spuma” da bar sociale, mentre i decibel raggiunti dalle vivaci discussioni, richiami e commenti ne davano conferma “O balin son mi!”; “Vegnila allegra che ghè brutto come ti”; “Daghene e tegnila erta c’a case”; “Cuscì son messe dite”; “Campion do mondoò Tutto perdonouò”. Questo il florilegio di espressioni del protagonista nei confronti della sua “spalla” precipitato nella polvere ed innalzato all’empireo... Si intrecciano anche battute in diversi
dialetti, non mancavano richieste di rivincita da parte dei perdenti avviati.. alla cassa. Le bocce venivano accarezzate a lungo durante il gioco, erano tirate a lucido con saliva e una delicata pezzuola che aveva perso la tinta iniziale. Poi, in coppia, trovavano alloggio in apposite borse con maniglia o andavano a riposare negli stipetti gelosamente custodite sotto chiave, pronte sempre a ricominciare. Bocce: gioco che solo marginalmente conosce l’agonismo e può offrire relax, moto, dialogo, amicizie lasciando estranei quegli inquirenti non esenti in tanti altri più celebri sport. Nella società d’oggi non meraviglia che non di rado sorga la tentazione di suggerire “Tia in to balin!” per cancellare tante brutture e riprendere la vita da veri uomini senza più bestialità.
SCUOLA
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di Elisabetta RICCI
ISTRUZIONE
Visita alla Centrale del Latte Tigullio N
ell'ambito dell'educazione alimentare e alla salute la classe quarta del Plesso Delle Piane è andata a visitare la Centrale del Latte Tigullio a Santa Maria del Campo:è stata una visita istruttiva... e buona!! Che cosa abbiamo imparato? Ecco la spiegazione che il Responsabile delle visite didattiche ci ha fornito con grande entusiasmo, gentilezza e….pazienza!!!!! Dalla Cascina al Centro Latte Rapallo Nelle campagne esistono circa 100 stalle che forniscono il latte alla Centro Latte di Rapallo. Tutte le mucche vengono sottoposte a controlli sanitari dalle Autorità Veterinarie per garantirne lo stato di salute. Vengono inoltre effettuati controlli igienici per accertare la correttezza delle operazioni di mungitura. Ogni 12 ore si procede alla mungitura che viene effettuata applicando le più moderne tecnologie per un'ulteriore garanzia di salubrità del latte raccolto. Il latte appena munto, per legge, deve essere filtrato e refrigerato nell'Azienda di produzione. Ogni giorno le autocisterne effettuano la raccolta dai frigoriferi contenenti il latte appena munto e lo portano, il più celermente possibile, ai centri di raccolta selezionati dalla Centrale del Latte di Rapallo. La qualità finale del latte del Centro Latte Rapallo dipende dalla metodicità e assiduità dei controlli sia chimici sia batteriologici fatti sul latte crudo alla stalla. Tali analisi si effettuano giornalmente presso i laboratori interni ed esterni del Centro Latte Rapallo e due volte al mese presso la struttura dell'Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte, della Liguria e della Valle d'Aosta. Le successive fasi di lavorazione del latte, totalmente automatizzate e computerizzate, sono in sequenza: la pulitura, la standardizzazione, l'omogeneizzazione, la pastorizzazione per il latte pastorizzato, la sterilizzazione ad elevata temperatura per il latte a lunga conservazione (U.H.T.). Tante analisi per tanta sicurezza Grazie ad una collaudata e qualificata struttura interna ed esterna di laboratorio, il latte subisce numerosi esami chimico-fisici e microbiologici, prima di essere immesso in commercio. L'insieme di queste analisi rivela eventuali anomalie del prodotto e permette
di scoprire e respingere le partite di latte non idonee agli standard di qualità previsti dalla legge. Sono in media 400 al giorno le analisi e le indagini chimiche e batteriologiche effettuate sull’intero sistema produttivo. In aggiunta le Autorità Sanitarie compiono, periodicamente, una serie di esami nei loro laboratori sia sul latte crudo in arrivo, sia sul prodotto finito in uscita pronto per essere distribuito. Trattamenti per la sicurezza del Latte Dopo le operazioni di filtrazione per eliminare eventuali impurità, il latte deve essere sottoposto ad ulteriori trattamenti di risanamento all'interno del sito produttivo: la pastorizzazione o la sterilizzazione. Pastorizzazione E' un sistema di riscaldamento del latte ad una temperatura prestabilita per un tempo necessario a distruggere tutti i germi patogeni, senza intaccare le proprietà alimentari del prodotto. Filtrato e raffreddato il latte giunge al pastorizzatore all'interno del quale percorre quattro sezioni distinte corrispondenti alle quattro fasi principali del processo di pastorizzazione: Preriscaldamento del latte all'entrata - Riscaldamento alla temperatura di pastorizzazione - Sosta del latte - Sezione di raffreddamento in uscita Omogeneizzazione E' un processo che consente di frantumare, in appositi apparecchi detti "omogeneizzatori", i globuli di grasso del latte, disperdendoli in modo uniforme nella massa liquida. La dispersione risulta in questo modo molto più stabile e si riduce quindi la tendenza all'affioramento del grasso. Il latte omogeneizzato ha come prerogativa principale quella di avere un sapore più uniforme, gustoso e gradevole migliorandone la digeribilità. Contemporaneamente alle operazioni di pastorizzazione, il latte subisce un processo di omogeneizzazione. Sterilizzazione mediante sistema U.H.T. L'Ultra High Temperature è un processo di risanamento durante il quale il latte viene riscaldato a 140°C per un tempo che varia tra i 2 e i 3 secondi, sufficienti a distruggere tutti i microrganismi presenti in forma vegetativa. Successivamente il latte viene riportato a una temperatura di 18°C. Scopo della steri-
lizzazione è ottenere un prodotto esente da qualsiasi forma contaminante e, di conseguenza, dotato di grande attitudine alla conservazione. Infatti può essere conservato per lungo tempo, anche fuori dal frigorifero, a condizione che sia convenientemente confezionato. Naturalmente, una volta aperta la confezione, il latte va conservato in frigo e consumato entro 3/4 giorni per evitare che i microrganismi presenti nell'aria riproducendosi a contatto con il latte lo rendano acido in breve tempo.Alla fase di risanamento segue quella del confezionamento necessaria ed indispensabile per concludere il ciclo garantendo al consumatore un prodotto salubre e genuino. Una corretta sanificazione degli impianti preserva dal pericolo di una contaminazione del latte già trattato termicamente. Il latte viene confezionato in pacchetti tipo Purepak e bottiglie di plastica. Dal funzionamento di questo reparto dipende lo svolgimento normale del ritmo produttivo. Il latte pastorizzato trascorre il breve intervallo tra il confezionamento e la distribuzione all'interno della cella frigorifera. Qui i contenitori sostano ad una temperatura di 4°C Partono i camion, arriva il Latte E' necessario che il latte pastorizzato, dopo la "sosta" nella cella frigorifera del Centro Latte Rapallo, arrivi al consumatore in condizioni ottimali. Per questo motivo deve essere
trasportato da automezzi attrezzati, dotati di impianto di refrigerazione e coibentati in modo da mantenere il latte costantemente a basse temperature ed al riparo dalla luce. Questo servizio richiede una organizzazione efficace, che assicuri una distribuzione capillare in un tempo sufficientemente breve. Alla fine della visita, ad ogni alunno è stato regalato un “sacchetto” ricco di golosità prodotte dall’Azienda….gli alunni sono ritornati a scuola molto entusiasti e soddisfatti della mattinata trascorsa!!!
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L’ Associazione a due anni dalla sua costituzione La trasparenza è uno dei suoi obiettivi solo due anni di vita siamo già più di cento e le nostre iniziative suscitano un sempre maggior interesse tra i partecipanti, tanto da far prevedere un notevole incremento della componente sociale da qui in avanti. Lʼidea della costituzione della Associazione è nata durante il “gemellaggio” dei Canessa di Rapallo con quelli Toscani presso il Santuario di Montenero di Livorno, nel maggio del 2008, e si è concretizzata in ottobre dello stesso anno. Da subito, anche per sollecitazione di soci fondatori rapallini, residenti a Livorno, si è pensato e programmato il 1°Raduno Mondiale dei Rapallin, che ha avuto luogo dal 4 al 13 settembre 2009. Eʼ stato un evento di notevole rilievo, che ha comportato delle esitazioni per qualcuno di noi ed un deciso ed assiduo impegno per altri che, con tenacia e testardaggine e il provvidenziale aiuto economico di chi voleva che lʼevento non fosse procrastinato, sono riusciti a perseguire lʼobiettivo con successo e soddisfazione. Tra le iniziative più qualificanti di questo primo raduno ricordiamo le mostre e i convegni allestiti a Villa Queirolo, gli incontri culturali con figli di rapallini emigrati, la solenne funzione religiosa con conferimento del premio speciale “Rapallino dʼOro” in Basilica, il concerto bandistico e lo spettacolo folcloristico degli sbandieratori di Volterra, la cittadinanza onoraria di Rapallo conferita, in forma solenne, nel salone del
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Rapallo: lo storico nucleo frazionale di Chignero con il particolare di un' antico portale litico sul cui architrave è incisa la vetta del Calvario con la Croce Consiglio Comunale a un Rapallino illustre e lʼ incontro conviviale mondiale. Nel 2010 lʼattività associativa è proseguita con i preparativi e la realizzazione del secondo Raduno dei Rapallin, dal 28 giugno al 4 luglio, con il programma simile a quello dellʼanno precedente, esclusa ovviamente la cittadinanza onoraria e sostituendo il concerto bandistico e lo spettacolo degli sbandieratori con un concerto di organo e tromba in Basilica ed uno spettacolo musicale presso lʼAuditorium delle Clarisse.
DUE GIORNI A VENEZIA Sabato 9 e Domenica 10 Aprile 2011 Gita sociale dell’Associazione “Liguri Antighi – I Rapallin” QUOTA DI PARTECIPAZIONE Euro 85,00 se i partecipanti sono più di 40 Supplemento di Euro 10,00 se in numero inferiore La quota comprende: viaggio in pullman GT, pernottamento in hotel 3*** in camere a due letti, con colazione il mattino del 10, assistenza per le visite in gruppo e sosta a Padova, nel viaggio di ritorno, per visita alla Basilica di S. Antonio. Per camere singole (in numero limitato) supplemento di Euro 15,00. Per chi lo desidera, libera scelta, a Venezia, per visite, spostamenti, pranzi e cena. Chi resta in gruppo può fruire di pranzi, cena e ticket per spostamenti illimitati con vaporetti e bus per 24h e dell’assistenza organizzativa col supplemento di Euro 75,00.
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Inoltre, durante il 2010, sono state promosse due iniziative di carattere socio-ricreativo e culturali con un pellegrinaggio alla Madonna della Guardia il 29 di agosto ed un tour in Piemonte il 3 di ottobre, con visita a borghi antichi, castelli, vigneti e alle famose cantine sotterranee di Canelli. Entrambe le iniziative hanno ottenuto unʼampia partecipazione e un ottimo gradimento da parte della componente sociale. Lʼattività dellʼAssociazione proseguirà nel 2011, in primo luogo con una gita sociale a Venezia il 9 e 10 aprile, poi con lʼorganizzazione del 3° Raduno Mondiale dei Rapallin lʼ 8 – 9 e 10 luglio. Le altre iniziative in programma per questo nuovo anno saranno fatte conoscere in seguito.
Sono aperte le iscrizioni allʼAssociazione per lʼanno 2011. Chi desidera aderire può telefonare ai numeri 0185/206073 328/7137716 - 349/3819645 chiedendo la scheda di adesione N.B.: LA PUBBLICAZIONE DELLE MEMORIE SUL CASATO DEI “DE BERNARDIS” SARAʼ RIPRESA IN UN PROSSIMO NUMERO
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di Carlo GATTI
MONDO SUB
U-Boot 455: la sua misteriosa scomparsa nel 1944 divide ancora gli esperti Il sommergibile tedesco, che secondo gli ordini ricevuti doveva raggiungere La Spezia, scomparve nel nulla. Il relitto è stato invece recentemente individuato, completamente fuori rotta, al largo di Camogli. Perché? ultima novità del 2010 in fatto di ricerche documentali navali è sicuramente il volume storico-fotografico “U-Boot 455, il sottomarino della leggenda: 30 immersioni sui relitti della provincia di Genova” presentato recentemente al pubblico dagli autori, il giornalista e scrittore Emilio Carta e il noto fotosub Lorenzo Del Veneziano. Punto fondamentale di questo certosino lavoro è stata l’individuazione del relitto dell’U-Boot 455. Oggi del sottomarino tedesco misteriosamente scomparso e dato per disperso il 6 aprile 1944 sappiamo praticamente tutto: dalle missioni effettuate nel Mediterraneo al naviglio affondato e il nome di coloro che si erano avvicendati al suo comando. Il tutto suffragato da immagini storiche, tratte dagli archivi tedeschi, sino a quelle più recenti, affascinanti e splendide. “Permane comunque il mistero sui motivi che hanno provocato l’affondamento dell’U 455 e, soprattutto, il perché sia affondato nella zona compresa fra Portofino e Camogli – racconta Emilio Carta - L’U-Boot 455 era svanito nel nulla nell’aprile 1944 mentre, lasciato il Nord Africa si dirigeva, come da ordini ricevuti, verso il porto di La Spezia, ritenuto più sicuro di quello di Tolone. Dell’U-455, restano sconosciuti ancora oggi sia la causa della sua perdita (una mina alla deriva, un incidente avvenuto a bordo?) sia i motivi per cui anziché dirigersi verso La Spezia il Comandante del sottomarino tedesco decise di proseguire puntando verso nord”. L’U-455, al comando del tenente di vascello Hans-Martin Scheibe, entrò nel Mediterraneo nel gennaio 1944 dopo nove missioni di guerra svolte in Atlantico e partì da Tolone il 22 febbraio per la sua decima ed ultima missione.
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La destinazione bellica comportava di posare uno sbarramento minato nelle acque dell’Algeria, dove il sommergibile stazionò per circa quaranta giorni. I bombardamenti aerei statunitensi furono violentissimi. In particolare quello dell’11 marzo causò quasi settecento morti, colpì il Comando della XXIX Flottiglia, danneggiò molte navi all’ormeggio, affondò i sommergibili U-380 e U-410 e due dragamine e, in particolare, arrecò gravissimi danni alla zona dei bacini. Il Comandante Marina Ovest, ammiraglio Theodor Krancke, preoccupato per la scarsa difesa di Tolone da parte della Luftwaffe ed anche dall’artiglieria contraerea (Flak) fece deviare l’U-455 e l’U-230, al rientro dalle loro missini di guerra, a La Spezia. Dei due sommergibili, l’U-230, arrivò a La Spezia il 24 febbraio, per poi ripartire il 6 aprile e raggiungere Tolone tre giorni più tardi. Secondo quanto riferiscono alcuni storici il capitano di vascello Werner Hartmann, Comandante degli U-boote del Mediterraneo, il 1° aprile 1944 ordinò all’U-455 di raggiungere La Spezia inviando al sommergibile dettagliate istruzioni per entrare in quel porto della Liguria fissando un appuntamento ad ovest del Golfo della Spezia, sul punto “C” (per “Caesar”), con una nave di scorta, che avrebbe dovuto fungere da nave pilota nell’entrata in porto del sommergibile. Il Comandante della XXIX Flottiglia consigliò all’U-455 di raggiungere il punto “C” al tramonto, e gli chiese di segnalare con urgenza il momento in cui esso riteneva di arrivare all’appuntamento, nella zona stabilita, con la nave scorta. Un dragamine, avrebbe dovuto pilotarlo in porto attraverso le rotte di sicurezza che passavano tra gli sbarramenti minati difensivi e che portavano, da ponente lungo la costa, all’entrata del Golfo di La Spezia. Il
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sommergibile fu, in effetti, avvertito delle difficoltà esistenti, durante la traversata, per mantenersi nei limiti dell’area minata, denominata “Gurke”. L’U-455, che lasciata la zona di Algeri si trovava a sud-ovest della Corsica, segnalò, via radio alle 04.42 del 2 aprile ‘44, la sua intenzione di arrivare sul punto “C” alle 19.30 del giorno 5 aprile. “L’U-Boot 455 però non si presentò all’appuntamento e, non avendo più dato sue notizie, il 6 aprile venne considerato perduto per causa sconosciuta – chiarisce Lorenzo Del Veneziano - Le informazioni dell’Ammiragliato britannico, nel dopoguerra, sulla perdita dell’U-455 fornirono due differenti versioni: la prima, che oggi alla luce del recente rinvenimento nelle acque portofinesi del sommergibile va considerata totalmente errata, riporta che il sommergibile sarebbe affondato poco a sud dell’Isola Del Tino; la seconda ipotesi, più seria e realistica, afferma che la causa della perdita è sconosciuta e che l’U-455 sarebbe “affondato dopo il 6 aprile 1944, senza lasciare
traccia e la sua sorte rimane un mistero”. Se l’U-455 doveva raggiungere La Spezia – passando, per la rotta più breve e meno sorvegliata dal nemico, ossia doppiando Capo Corso la punta estrema settentrionale della Corsica per poi attraversare, come era logico, il Mar Ligure con rotta diretta e in immersione di giorno per raggiungere il Punto “C” – che cosa sarebbe andato a fare il sommergibile molto più a nordovest tra Portofino e Camogli a circa 2 miglia dalla costa? Per di più senza aver ricevuto un ordine preciso dal suo Comando ed entrando in una zona fortemente minata dai tedeschi (lo sbarramento “Rettici” che iniziava dalla zona immediatamente sud e a ponente del promontorio di Portofino per estendersi verso Genova fin quasi a Nervi), in un’area particolarmente pericolosa, e non consigliabile senza l’appoggio di una nave pilota? E’ questo il mistero che, dopo l’identificazione ormai certa del battello, oggi affascina più che mai studiosi e ricercatori.
TEMPO LIBERO
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di Emilio CARTA
KAYAK
Nuovo direttivo al Canoa Club Rapallo
I quindici anni di attività ne hanno rafforzato lo spirito ambientalista e amicale cento soci del Canoa Club Rapallo hanno recentemente rinnovato i propri quadri direttivi che ad oggi vede alla presidenza Adriano Lenoli con Claudio Gardella, vice presidente e tesoriere, Andrea Menini, segretario, Elia Chiapolino e Marcello Cecchi, Responsabili di spiaggia, Gianfranco Magistrelli, responsabile eventi e Silvana Mapelli, responsabile di sede. Il Canoa Club fondato nel 1997 da un gruppo di appassionati del kayak.ha una sede amministrativa a Rapallo in Via Venezia 47/4 e una sede di spiaggia con relativa rastrelliera e spogliatoio a San Michele di Pagana sulla spiaggia di Trelo. “Ci proponiamo di diffondere e promuovere la pratica sportiva della canoa o più propriamente del kayak da mare, intesa come mezzo ecologicamente valido di vivere il mare e di far conoscere meglio le nostre splendide coste – chiarisce il presidente Adriano Lenoli - Il nostro club ogni anno, inoltre, propone e realizza programmi di attività con raduni, manifestazioni e partecipazioni ad aventi canoistici significativi”. I primi “vagiti” del Canoa Club Rapallo datano fine anno 1996 nella vecchia sede del Ristorante “U Bansin” in Piazza Venezia per iniziativa di alcuni amici accomunati dalla stessa passione per il mare in una città come Rapallo con tradizioni e passioni marinare radicate. Superate le prime difficoltà, legate alla ricerca di una sede di spiaggia per custodire la canoe il Canoa Club Rapallo è attualmente ubicato a Trelo con un comodo scivolo, uno spoglia-
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toio e il deposito pagaie. Oggi il Canoa Club Rapallo è una realtà e vale la pena ricordare i nomi di questi primi soci che concretamente hanno creduto nel progetto nonostante il diffuso scetticismo dei molti che avevano dovuto recedere precedentemente per le difficoltà incontrate sul percorso: Luca e Ruggero Cangioloni, Marcello Cecchi, Paolo Devoto, Paolo Ferraris, Paola Giuffra, Michele, Lazzeroni G..Franco Magistrelli, Roberto Peirano, Adriano Persich, Alda Pirro, Andrea Terren e “Pippo”.Tixi. In un angolo di Paradiso che risponde al nome di S.Michele di Pagana oggi il Club ha la sua agognata rastrelliera, ricovero naturale dello strumento di lavoro del canoista . Dal 2004 il club rapallese è gemellato con la locale Associazione Nazionalele Marinai d’Italia, che ha voluto così sancire non solo lo stesso spirito marinaro che accomuna i canoisti, ma anche il riconoscimento, prestigioso e gratificante per il Canoa Club, di far parte integrante e a pieno titolo,del tessuto sociale cittadino. “Il nostro Guidone (con i colori sociali bianco/neri) ha sventolato in tante manifestazioni cui abbiamo partecipato (Vogalonga, Vigevano/Pavia, giro dell’Elba, Isole Ponziane, Giro della Sardegna, S.Michele/Saint Tropez/S.Michele, Giro della Capraia, numerose manifestazioni svoltesi nel Golfo del Tigullio e Paradiso) – aggiunge Adriano Lenoli - sempre facendosi onore portando idealmente in giro per i mari che ha solcato l’onore e l’orgoglio di rappresentare Rapallo . Dal Febbraio del 2006 abbiamo migliorato la nostra logistica aggregan-
doci in un unico sito con il Gruppo Sportivo Multedo, storica e prestigiosa associazione remiera con la quale, pur mantenendo la nostra iden-
tità e autonomia desideriamo sviluppare nel futuro attività comuni che abbiano un unico comune denominatore: l’amore per il mare!
CULTURA
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di Domenico PERTUSATI
Se Cristo ritornasse... „La chiesa è veramente esente da ombre?‰ (II) D
evo ammettere che sono rimasto sorpreso, se non addirittura interdetto, nell’udire l’affermazione perentoria del Pontefice pronunciata nel corso della cerimonia relativa al conferimento della porpora con l’imposizione della “berretta” ai nuovi cardinali: “Nella Chiesa nessuno è padrone!”. E’ questa in verità una delle tesi che da sempre fanno parte delle mie convinzioni, le cui esternazioni in verità non sono quasi mai gradite nell’ambiente ecclesiastico. Ma i lettori - come molti continuano a confidarmi - hanno capito perfettamente le ragioni di un certo dissenso... Aggiungerei per inciso che alcuni sacerdoti con onestà e sincerità mi hanno manifestato la loro approvazione, pregandomi tuttavia di non rivelare la loro identità. Le motivazioni sono ovvie: “veritas odium parit”, vale a dire purtroppo la verità comporta rischi e conseguenze negative. Quella di Benedetto XVI è stata una affermazione “sconvolgente” in quanto ribalta (o sembra ribaltare) la concezione dell’autorità assoluta (e quindi “padronale”) che da sempre i Papi si sono attribuiti. E che in effetti hanno esercitato. DECISIONI INDISCUTIBILI ED INAPPELLABILI Quante volte ci sono state decisioni perentorie e pronunciamenti insindacabili, prese di posizioni presentate come inoppugnabili ! E’ sempre prevalsa la regola: “Roma locuta est, causa finita est”: quando Roma, cioè il Pontefice decide e sentenzia, ogni questione deve considerarsi risolta in modo definitivo e non sono ammesse ragioni per rimetterla in discussione… Ovviamente non mi riferisco ai pronunciamenti “ex -cathedra” che sono rari in quanto in qualche modo “toccano” i dogmi. A questo riguardo vedasi quanto fu deciso nel Concilio Vaticano I (1869-70) con la Costituzione “Pastor aeternus” che proclamò l’infallibilità del Papa a precise condizioni. A scanso di equivoci va sottolineato che “infallibilità” non equivale a “impeccabilità” personale come a volte viene erroneamente interpretata. Qualcuno si chiederà non senza ragione: “Non è questa una forma di “padronanza?” Solo un padrone può esigere di essere ascoltato e ubbidito senza “se” e senza “ma”.
Alessandro VI fu un papa che brillò non per l’ardore apostolico ma per la spregiudicata volontà di assicurare ai suoi figli naturali solide posizioni di prestigio e di potere - Ritratto dal Pinturicchio in atteggiamento di preghiera - appartamento Borgia nel Palazzo Apostolico (Vaticano)
Cristo è il solo capo della Chiesa: i “vicari” sono suoi servitori e imitatori nella umiliazione, sofferenza e amore incondizionato per i fratelli
La storia è colma di atteggiamenti “padronali” da parte delle autorità vaticane, tanto che coloro che si permettevano di contestare o di opporre qualche timida riserva venivano disattesi (nel migliore dei casi) oppure ritenuti “servi iniqui e malvagi” meritevoli di severe punizioni. ATTEGGIAMENTI AUTORITARI E “ PADRONALI” Al riguardo i riferimenti si sprecano. Mi limito a citare, qua e là, alcuni tra i numerosi Papi che si sono distinti per il rigore oltremodo “ autoritario” o che hanno seguito una certa prassi “padronale”. Chi conosce la storia (non quella ad usum Delphini, insegnata nei Seminari), avrà certamente presente il pensiero di Gregorio VII espresso nel “Dictatus Papae” (1075), un documento basilare per la “teocrazia” papale. In esso si legge: “Solo il Pontefice romano può a buon diritto essere considerato universale (….) Un suo messo, anche se inferiore in grado, è, nei concili, superiore a tutti i vescovi e può nei loro confronti emettere sentenza di deposizione (……). Egli solo può usare le insegne imperiali. Il suo titolo è unico al mondo. Gli è lecito deporre l’imperatore. Nessuno lo può giudicare”. Come non rammentare le convinzioni di Innocenzo III (1198-1216) sul potere indiscusso del papato? Nella sua concezione “teocratica” l’imperatore poteva agire solo col pieno consenso del Pontefice, dal momento che l’autorità spirituale riassorbiva anche l’autorità imperiale. Più avanti nel tempo fu papa Bonifacio VIII (1294-1303) a riprendere e a portare alle estreme conseguenze l’ideologia teocratica: con la bolla Unam Sanctam (1302) non esitò ad affermare che entrambe le “spade”, la temporale e la spirituale, spettano al Pontefice, che ha il primato sui regnanti della terra e il suo potere è senza limiti. Alessandro VI (1492-1503) usò il pontificato, ottenuto in modo simoniaco, per favorire spregiudicatamente i suoi numerosi figli naturali: la sua politica fu tesa in particolare a creare per il figlio Cesare Borgia, detto il Valentino, uno Stato con ogni mezzo, servendosi anche, a detta di alcuni storici, del denaro del Giubileo (1500). Non si può sottacere che per l’intervento di Alessandro VI venne comminata la scomunica con la successiva condanna al rogo nei confronti del frate Gerolamo Savonarola che aveva osato alzare la voce contro gli scandali della corte papale. Non si mostrò forse un padrone dispotico?
Papa Benedetto XVI, felicemente regnante (come si usa dire), viene osannato dalla massa dei fedeli presenti in piazza San Pietro
Poco dopo fu di scena Giulio II (1503-1513) che si prefisse di rafforzare il suo dominio temporale, combattendo le signorie locali a capo dell’ esercito pontificio. Per riprendersi i territori (Cervia e Ravenna) che la Repubblica di Venezia gli aveva sottratto si fece promotore della Lega di Cambrai (1508). Non posso non rammentare le due iniziative principali che caratterizzarono il pontificato di Paolo III: la convocazione del Concilio di Trento (1545) e la sistemazione “adeguata” dei propri figli naturali in quanto padre e dei nipoti in quanto nonno. Mi è stato posta una domanda che ritengo senz’altro retorica: “La condanna a morte di Giordano Bruno (arso vivo il 17 febbraio 1600) e quella al carcere a vita (commutato in residenza coatta) inflitta a Galileo Galilei (1633) non sono state forse una orribile manifestazione di potere assoluto?” Mi fermo in questa denuncia del resto molto limitata e ristretta: non intendo stigmatizzare, oltre a quel poco che ho palesato, ulteriori distorsioni e atti dispotici delle Autorità ecclesiastiche. Ho soltanto sollevato un velo: il lettore attento e consapevole potrà andare oltre a questi miei brevi cenni, un po’ rapsodici e frammentari, approfondendo le relative problematiche. Non è mia intenzione provocare scandalo e sollevare polemiche, ma desidero e auspico soltanto il rispetto della verità sia nelle parole che nei fatti. Qualcuno irritato potrebbe farmi presente il vecchio adagio: “Distingue tempora et conciliabis jura”. E’ vero: i tempi cambiano, ma gli insulti al Vangelo, nonostante i tentativi accomodanti, rimangono. COME INTENDERE IL PRIMATO A questo proposito mi sovviene un detto latino. “Quod factum est, infectum fieri nequit”: ciò che è stato fatto non si può cancellare e ritenere come non avvenuto. Mi preme nel contempo sottolineare che non intendo minimamente mettere in dubbio l’autorità di Papa Ratzinger, ma soltanto evidenziare talune affermazioni che lasciano adito, salvo incertezze interpretative, a stupore e a perplessità. Come ho già detto, rimango favorevolmente sorpreso nel sentire: “Il criterio della grandezza e del primato secondo Dio non è il dominio, ma il servizio”. E ancora: “Non è la logica del dominio, del
potere secondo i criteri umani, ma la logica del chinarsi per lavare i piedi, la logica del servizio, la logica della Croce che è alla base di ogni esercizio dell’autorità”. Si avverte nelle parole di Benedetto XVI l’eco delle parole di Cristo: “Sono venuto per servire, non per essere servito” (Cfr. Marco 10,45). Sono più che certo che non mancheranno coloro che mi accuseranno di aver messo in evidenza solo le ombre, aver cioè evocato talune discutibili figure di papi. Rispondo che non sono mancati Pontefici che hanno compiuto il loro dovere con un esempio di vita corretto e coerente. Sono del parere che sia questo il comportamento doveroso di ogni Pontefice: non c’era e non c’è nulla di eccezionale. Fa parte del loro compito annunciare e diffondere il Vangelo con uno stile di vita irreprensibile, senza esaltazioni o glorificazioni. IL PAPA: “SERVO DEI SERVI” Da tempo immemorabile ogni Pontefice si è sempre attribuito la qualifica di “servo”. Per essere più precisi ponevano sotto la loro firma la seguente dicitura: “Servus servorum Dei”, cioè “Servo dei servi di Dio”. E’ questa una espressione di grande umiltà, un segnale inequivocabile di chi non intende “comandare” e “farla da padrone”, ma aprirsi con amore e disinteresse agli altri e sacrificarsi “ senza misura” verso tutti, soprattutto i
Il volume mette in risalto le luci e le ombre dei predecessori di Benedetto XVI. I Papi che presero il nome di Benedetto furono davvero tutti “benedetti”?
San Pietro fu il primo Papa che si distinse per l’umiltà, il coraggio, la dedizione totale (morì crocifisso) e soprattutto per la povertà evangelica - Affresco del Masaccio Chiesa del Carmine, Cappella Brancacci - Firenze
più bisognosi, nello spirito e nel corpo, considerandoli fratelli in Cristo. Ma ritorno a domandarmi: “E’ sempre stato così?” Chi acconsente a “fare” il Papa accetta altresì la croce, le sofferenze e le umiliazioni sull’esempio del Divino Maestro. Non ha senso l’esaltazione, non è giustificato il privilegio, non sono congrue le acclamazioni e gli “osanna” che da sempre si desidera ricevere dai “buoni” fedeli. E’ sempre stato per me indicativo ed esemplare (forse perché isolato) il gesto di Pio X ( al secolo Giuseppe Sarto) quando ad una bambina che lo acclamava chiamandolo “Papa Santo”, si avvicinò e la corresse dicendo: “Ti sbagli: io non sono papa Santo, ma papa Sarto”. E’ stata una bella lezione di verità e di umiltà, unica nel suo genere. Ritengo utile riportare quanto un autorevole scrittore e apprezzato studioso di teologia, Nazareno Fabbretti, rammenta senza esitazione: “Il papato è per la Chiesa, non la Chiesa per il papato. Il papa fa parte della Chiesa, ne risponde per confermare i suoi fratelli nella fede: mai ne è il sovrano insindacabile, il padrone indiscutibile. Anche nell’arduo privilegio dell’infallibilità personale egli esprime il patrimonio dell’intera Chiesa e l’intera chiesa si esprime in lui”. Su questo - prosegue con chiarezza e franchezza - a scanso d’ogni presunzione e ambizione ai limiti della bestemmia e della rapina del potere, Giovanni XXIII ha detto la verità più semplice e spesso la più dimenticata, sia al vertice che alla base: Capo della Chiesa è Cristo, non il papa. Papi e papato sono soltanto strumento e canali per l’annunzio del Vangelo, la redenzione e liberazione degli uomini nella fede”. ( Domenico Pertusati, Benedetto XVI e i suoi predecessori - Breve excursus storico dei Papi che presero il nome di Benedetto, Edizioni Tigullio - Il Mare, Rapallo 2006- pag 12 e 13)
UMILTÀ E POVERTÀ: VALORI INSOSTITUIBILI Non pochi mi hanno posto domande piuttosto imbarazzanti: “Perché il Papa viene designato col nome di “Santità” e gli vengono tributati onori “regali”? Perché quando presiede le celebrazioni in San Pietro (e non solo) si notano conturbanti segnali di “teatrale” esteriorità rilevabili nel corteo maestoso e solenne, nei paramenti lussuosi, nella preziosità della mitra sul capo, nello splendido pastorale che stringe con la sinistra, mentre nella destra espone un elegante anello, nella croce preziosa che porta sul petto. Perché il calice d’oro e ornato di pietre pregiate, gli splendidi arredi, i pizzi raffinati e i merletti artistici nel vestiario cerimoniale?” Ci sono tanti aspetti - mi è stato fatto notare - che non stanno ad indicare “un servo” umile e povero alla maniera di Cristo. Posso rispondere a questi rilievi, precisando che il Papa, pur immerso in tanto lusso e sfarzo, può rimanere “povero” nel profondo del cuore, come recita la prima beatitudine formulata da Matteo (5,3): “Beati pauperes spiritu”, in parole più esplicite “felici coloro che sono poveri soprattutto dentro di sé, cioé sono distaccati interiormente dai beni materiali”. L’evangelista Luca (6,20), come si sa, parla di “poveri” senza alcuna agggiunta. Ma su questa analisi scritturistica non intendo inoltrarmi. Anche se le intenzioni possono essere diverse, lo sfarzo eccessivo, la ricchezza , il lusso restano e prestano il fianco a insinuazioni (forse non del tutto benevoli) di una certa “mondanità” che non contribuisce ad alzare il tono spirituale delle sacre celebrazioni. Purtroppo nel passato è sempre stato detto che il popolo dei semplici fedeli ha bisogno di tutta questa esteriorità, che lo sospinge ad entusiasmarsi e ad aumentare la propria devozione per le cose della Chiesa.
Una tra le più rilevanti capacità di governo sta nello scegliersi collaboratori efficienti. Pio X (19031914) riconobbe di non conoscere le lingue straniere, corse ai ripari nominando Segretario di Stato il Card. Raffaele Merry Del Val: “Ho scelto lui perché è poliglotta, conosce i problemi di tutti i Paesi ed è molto modesto”.
Se siamo sinceri, aggrapparsi a formalismi e simboli esteriori non ha nulla di evangelico: fa parte della cosiddetta “tradizione” della Chiesa che viene pedissequamente seguita, nonostante il passar del tempo, allo scopo di conferire maggior aderenza e suggestione. Ricordo al riguardo il disappunto del cardinale Siri, quando Paolo VI decise di mitigare lo sfarzo eccessivo dei Prelati, riducendo di molti metri il lungo strascico (la cosiddetta “coda”) che i Cardinali e i vescovi (questi in verità ne avevano una più corta a motivo del loro grado inferiore) erano soliti esibire nelle manifestazioni “liturgiche” o “paraliturgiche” (processioni, solennità varie). Diceva il Primate ligure che, se fosse dipeso da lui, anziché accorciarla, l’avrebbe allungata del doppio e aggiungeva come giustificazione: “Il popolo ha bisogno anche di queste cose; la coreografia diventa un momento di attrazione e di adesione, come del resto è per le uniformi e le parate”. Mi ha molto impressionato lo stile esemplare praticato da Benedetto XIII (Pier Francesco Orsini di nobile famiglia), il quale, eletto papa (1724), nella sua vera e profonda umiltà, volle entrare in San Pietro a piedi, scendendo dalla sedia gestatoria: si assise non al centro dell’altare, ma da una parte (quella meno importante, detta in cornu epistulae) per ricevere il tradizionale omaggio dei cardinali. Lo storico e studioso J. Kelly riferisce che rifiutò di abitare nei sontuosi palazzi del Vaticano. Questi suoi atteggiamenti dettati dal suo umile sentire furono biasimati dai suoi cortigiani, abituati alle solenni e trionfalistiche intronizzazioni dei Pontefici (Domenico Pertusati, Benedetto XV I e i suoi predecessori, op. cit. pag.44). “UN POVERO CRISTO” Sovente mi sono sentito ripetere: “Perché non chiamare il Vicario di Cristo con il semplice appellativo di “Padre” senza aggiungere altre specificazioni: Santità, Santo Padre etc. ?” Tento di rispondere, richiamando le parole suggerite ai discepoli dal Divino Maestro: “Quando pregate, dite: “Padre nostro…” Se dobbiamo chiamare Dio con il nome di Padre, perché non farlo con il Papa, che è, come tutti noi, una creatura umana. Viene da chiedersi: è corretto attribuire la santità ad una persona che, per quanto irreprensibile e unico nel ruolo che ricopre, è ancora in vita? La teologia ci insegna che fin che siamo pellegrini in questo mondo siamo soggetti sempre a tentazioni e a debolezze. L’homo viator corre sempre l’alea di inciampare nel suo cammino verso l’eternità. Solo con la morte si chiude il periodo delle prova : “tempus probationis morte finitur”. Da quel momento si apre la verifica sulla santità di chi ha vissuto in modo esemplare ed eroico i consigli evangelici. Ricordo che Giovanni Paolo I ai cardinali che lo avevano eletto (il 27 agosto 1978) disse: “Spero che i miei confratelli cardinali aiuteranno questo povero cristo vicario di Cristo a portare la croce”: Nessun trionfalismo o potere sovrano: volle eliminare i
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Benedetto XIII (1724-1730): la sua prestigiosa condizione di Supremo Pastore non gli impedì di condurre una vita improntata alla semplicità, povertà e carità. A chi lo consigliava di non affaticarsi troppo (a motivo dell’età) rispondeva: “Un Papa deve morire con il piviale addosso”.
Giovanni Paolo I (27 agosto - 28 settembre 1978) Ha detto di sè di essere “un povero cristo”: parole che rivelano il suo animo umile, mite e sereno
segni esteriori più macrocospici della potestà temporale: la sedia gestatoria e il triregno, così chiamato perché formato da tre corone sovrapposte. Sono più che convinto che Papa Ratzinger condivida nella sua profonda umiltà e scienza teologica questo convincimento, che tuttavia non mancherà di trovare l’opposizione di tanti “benpensanti”. Caro “padre” Benedetto XVI, non v’è dubbio che questo semplice ed evangelico appellativo farà crescere notevolmente la simpatia, la vicinanza e (perchè no?) l’affetto per il Vicario di Cristo soprattutto tra coloro che sono poco credenti e attirerà la stima anche da parte degli agnostici. Rimane sempre di estrema attualità il monito che Cristo rivolse ai suoi discepoli: “Vi ho dato l’esempio, perchè come ho fatto io, facciate anche voi” (Cfr. Giov. 13,15). Fine della Seconda Parte
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Porti di mare nel mondo - West Africa/3 MAURITANIA - NOUAKCHOTT Sino a non molti anni fa a questo porto potevano attraccare massimo due navi per volta, non troppo grandi. Praticamente la banchina dava sul mare (l’aggressivo Atlantico). Fu fatto un primo intervento con scarso successo. Finalmente francesi ed italiani – con mano d’opera cinese – intervennero ed il porto divenne finalmente affidabile, seppur limitato. Ad un centinaio di chilometri a Nord, sulla stessa costa, sempre Mauritania, c’è Nouadibou. Uno dei punti più pescosi del Continente Afro/Europeo. Nota curiosa, volendo si può raggiungerla in auto lungo la spiaggia, con attenzione alle maree naturalmente.... La maggior parte di questo pesce si imbarca a Nouakchott verso tutto il mondo anche se ci sono casi particolari di spedizioni aeree. Operatività buona ma burocrazia complicata, lunga e....diffidente. Da quel punto di vista probabilmente
uno dei Paesi e dei porti più difficili anche per la marcata discrasia tra la popolazione di etnia araba e quella totalmente africana. GUINEA - CONAKRY Ex Guinea Francese, occupata nel 1890 ed indipendente nel 1958 (abbastanza eccezionale il fatto che l’indipendenza fu ottenuta per referendum indetto dagli stessi francesi). Paese piccolo e traffico molto limitato. Fu a suo tempo la base principale della vendita degli schiavi che quasi spopolò tutta la zona. Praticamente coperto da una giungla di mangrovie ma, come tutta l’Africa, ha una zona naturale bellissima. L’Arcipelago delle fantastiche isole Bijagos. Pochi abitanti, i Bassari che sono solitari, animisti, taciturni e diffidenti. In Guinea ci sono però anche edifici storici, coloniali ed autoctoni, ed un Museo Nazionale che comprende anche la vicina Guinea BIssau. Nota di colore: Miriam Makeba ha vis-
Mauritania: il porto di Nouadibou
Guinea - Conakry: città e porto
suto qui praticamente in esilio dal Sud Africa (1971) proprio quando la sua “Pata Pata” divenne uno dei primi “boom”musicali veramente mondiali. Diversi anni fa, con una commissione europea composta da francesi, jugoslavi, banche svizzere, italiani (tra i quali il vostro devoto sottoscritto....) collaborammo con il nuovo Governo alla stesura di un piano di sviluppo delle risorse minerarie ed agricole assieme con il coordinamento e l’organizzazione delle attività marittime e portuali. Con noi italiani c’era il celeberrimo pittore Sal- Al confine tra Guinea Bissau e Guinea Conakry - Africa abbonda d'acqua ma... va tutta (o quasi) direttamente al mare...... vatore Fiume. Genio universalmente riconosciuto nella sua arte ed uomo colto, cali. Oltre naturalmente a godersi brillante, cordiale e simpatico ma to- sole, mare, piscina. talmente distante dai nostri problemi. Nota personale: Salvatore Fiume mi Non siamo mai riusciti a capire (nean- fece un ritratto/caricatura (firmato) che lui.....) chi e e perchè lo aveva in- che conservo con sicuro apprezzacluso in quella commissione tutt’altro mento anche se....... essendo senz’altro peggiorativo al limite del che artistica. Profittò per fare qualche bozza e crudele – come del resto deve esqualche disegno che ora probabil- sere una caricatura – con le mie ben mente si trovano in un museo ma note vanità e presunzione esercito sopratutto per tenere simpatici una drastica censura, lo tengo nameetings con studenti e giovani lo- scosto e non lo mostro a nessuno.
Guinea - Conakry:: moschea principale
VITA DA CANI
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Un „hotel‰ a 4 stelle per i quattrozampe pelosi! A quasi due anni dalla sua inaugurazione, il canile di Rapallo mostra la sua piena affidabilità
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perto nell'estate del 2009, il canile di Rapallo festeggia in questi giorni un anno e mezzo di attività: infatti la struttura, situata in località Tonnego, è stata inaugurata il 23 luglio del 2009, giorno in cui, grazie all'impegno, alla pazienza e alla dedizione dei volontari, la Lega Amici degli Animali, presieduta da Gabriella Bellati con la collaborazione di Elisabetta Calcagno (vicepresidente), ha iniziato ad accogliere i quattrozampe meno fortunati. Nel canile, aperto al pubblico tutti i giorni nell'orario compreso tra le 18.00 e le 20.00, possono trovare rifugio una quarantina di animali, anche se, spiega Gabriella Bellati, “attualmente sono soltanto venti gli ospiti a quattrozampe, il cui numero è diminuito grazie alle adozioni avvenute durante le feste natalizie”. Ma come avvengono queste adozioni? Per poter accogliere in casa propria un animale abbandonato è necessario compilare una serie di moduli e rilasciare i propri dati in modo da permettere ai responsabili del canile di valutare la possibilità di affidare i cani a nuovi padroni: “I “nostri” cani, dopo essere stati segnalati all'Asl, e in seguito al controllo cui vengono sottoposti dal Dott. Pagella, vengono consegnati al futuro padrone,
che si impegna a dare una vita migliore all'animale, garantendogli le cure e l'amore che si merita. Spesso, dopo aver dato in affido un cane, continuiamo a ricevere informazioni su come procede la sua nuova vita e sulle sue condizioni di salute”. Contrariamente a quanto si pensi, gli animali che vengono portati al canile di Tonnego non sono, nella maggior parte dei casi, randagi o animali abbandonati, magari in prossimità delle ferie estive: al contrario, di frequente sono cani che vengono affidati al rifugio da padroni che non possono più tenerli a causa, ad esempio, di morte, di divorzi o di traslochi in case troppo piccole per poter ospitare l'amico a quattro zampe. “Per fortuna - prosegue la signora Bellati - oggi c'è più sensibilità e rispetto nei confronti degli animali: almeno nella nostra area geografica non c'è un incremento degli abbandoni in particolari periodi dell'anno, come accade ad esempio in altre regioni di Italia. Inoltre proprio la sensibilità di chi ama davvero gli animali è ciò che ci permette di portare avanti il nostro lavoro: a cominciare dall'impegno dei volontari che ogni giorno si dedicano agli ospiti di questo canile, fino ad arrivare alle per-
sone che, con un grande atto di generosità, donano dei fondi, contribuendo economicamente alla gestione della struttura e all'accoglienza degli animali. Per fortuna anche alcune istituzioni ci vengono incontro: in particolare le Amministrazioni comunali di Zoagli, Lavagna e Sestri Levante, le quali ci aiutano a prenderci cura dei nostri ospiti, offrendo un contributo giornaliero di 3 euro. Il Comune di Rapallo, invece, ha sottoscritto una convenzione decennale con la Lega Amici degli Animali, finanziando il 30% della ristrutturazione del canile, avvenuta prima dell'inaugurazione, e durata quattro anni. Un altro 30%, invece, è stato finanziato dalla Regione, mentre il restante 40% è stato raccolto dalla Lega Amici degli Animali”. Per chi, mosso da generosità, volesse
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offrire il proprio contributo a favore del canile di Tonnego, è sufficiente collegarsi al sito internet www.ilrifugiorapallo.org ed effettuare un versamento sul conto corrente segnalato o, più semplicemente, effettuare la propria donazione presso il gazebo della Lega Amici degli Animali, che si può trovare nel centro cittadino durante il fine settimana. L'impegno e l'amore di tutti i volontari e dei cittadini che sostengono l'associazione fanno sì che il canile di Tonnego possa essere definito come un”hotel a quattro stelle” per gli animali che lì trovano rifugio: tuttavia, la speranza è che la loro permanenza possa essere solo transitoria e che gli ospiti del canile riescano a trovare padroni affidabili che se ne prendano cura e che li amino per tutta la vita.
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oggettistica, antiquariato, cose vecchie e/o particolari Lungomare, la raccolta delle olive anziché dei datteri Sul lungomare di Rapallo un gruppo di volenterosi associati del Circolo “Le Nagge” ha provveduto alla raccolta delle olive cresciute sui numerosi alberi presenti nelle aiuole della passeggiata. Il ricavato è stato devoluto in beneficenza. L’iniziativa è partita dall’Assessorato Parchi e Giardini e si è rivelato un simpatico momento di aggregazione sociale. Impedendo la caduta a terra delle olive, si è evitato un inutile sperpero, che poteva anche rivelarsi pericoloso per i pedoni.
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RICORDO O SOGNO? QUANDO...
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di Mauro MANCINI
MA SE GHE PENSO...
Quando ‰Pippo‰ sganciava le bombe La paura viaggiava di notte: nonostante fossimo ”civili” eravamo in... ”prima linea” a mia famiglia: papà Pietro, mamma Gina, il fratello Bruno ed io abitava in quegli ultimi mesi del 1944 in una camera con uso cucina al civico n.19 di via Betti che mio padre aveva preso in affitto da due anziane sorelle: Angela e Caterina ”a Catte”. Il trasferimento dal centro città, dove era la nostra residenza abituale, era stato necessario perché la casa era inagibile dopo il bombardamento di Rapallo del 28 luglio 1944 al quale eravamo fortunatamente scampati. La zona del ”fossato di Monte”, allora periferica, era giudicata abbastanza sicura. In via Maggiocco, a villa Michele, abitavano gli amici di nonna ”Tetta”: la famiglia Vicino. Con Maria Rosa e Nino, nostri coetanei, decidemmo di costruire, nel vano del loro portone il presepe di Natale. Si riaprivano gli scatoloni che dal-
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Disegno di Giampietro Pastene
l’anno precedente custodivano le statuine, le casupole, la carta variopinta e tant ’altro. Il muschio (ö zerbin) lo raccoglievamo nel bosco del torrente Carcara dove, per la grande umidità, cresceva molto rigoglioso. Giunse così la sera del 31 dicembre quando, seduti attorno al tavolo in cucina, ammiravamo la mamma che preparava i ”magri” ravioli per il pranzo di Capodanno; fu alle ore 19,30 che un aereo anglo-americano ”Pippo” sganciò quattro bombe: due rimasero inesplose, una creò una grande voragine nel bosco adiacente la funivia, l’altra scoppiò sul terrapieno dietro Villa Michele e provocò quattro vittime ed alcuni feriti. Anche il lucernario crollò sopra il presepe. Contemporaneamente alla esplosione venne a mancare la luce e lo spostamento d’aria spalancò la fi-
nestra del terrazzo; papà accese la candela, ci guardammo in volto impauriti e in quel fioco chiarore non ritrovammo il viso di Bruno. Attimi di panico perché non riuscivamo a capire dove fosse finito; lo chiamammo a gran voce: nessuna risposta. Fortunatamente la mamma guardò sotto il tavolo dove istintivamente lui si era nascosto, rannicchiato ed impaurito. Fu allora che la mamma mise in bocca ad ognuno di noi uno dei ravioli ancora crudi e questa semplice, amorevole ”trovata” ci rasserenò. ”Pippo”, così stranamente definito dalla fantasia popolare, un aereo che nelle notti vagava senza un obiettivo preciso e che a caso sganciava quell’esplosivo su una popolazione inerme col solo scopo di, a basso costo, terrorizzarla ed ucciderla.
” böin propoxiti” ” buoni propositi” figgiêu in te stalle , figgiêu pe-e cattiveie ;
nö raxiönemöne sölo da Natale a san Stëva e poi pe tûtto l ’ anno : ” andae , andae e che ö Segnô ö ve ne mande ! ”
sempre più bimbi che nascono nelle stalle sempre più bimbi che muoiono per cattiverie ;
Disegno di Pietro Ardito
sempre ciù chi nascian sempre ciù chi mêuan
non ragioniamone solo da Natale a santo Stefano e poi per tutto l’anno : ”andate , andate e che il Signore ve ne mandi ! ”
31 DICEMBRE 2010: dalla spiaggia di ”lettura e ricreazione”, gli amici e i simpatizzanti del Castello,
buon anno 2011
augurano un al periodico ”Rapallo Notizie”, ai ”furesti” e a tutti i ”rapallin superstiti”. La Redazione ringrazia di cuore gli amici del “Castello” e porge i più vivi complimenti per la sala lettura aperta sulla spiaggia. Contraccambia gli auguri di buon anno, lieti di aver ricreato in città, tramite il nostro periodico, l’atmosfera rapallina che si era persa nel tempo
COME ERAVAMO di Bruno MANCINI
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1954/1955 Scuola Statale di Avviamento Professionale "Manusardi" di Rapallo 1° tecnica computisti commerciali Da sinistra in alto: Bruno Morchio - Luigi "Gino" Arata - Franco Biancardi - Maurizio Maulu Aldo Pizzi - Emilio Aste - Giuseppe Casagrande - Vittorino Ratto. Da sinistra al centro: Don Nicolò Stelleni (Professore Religione) - Emilio Zerega (operatore scolastico) - Edda Guarnieri - Antonietta Basso - Mirella Zunino - Anna Maria Pasquale - Adalgisa Vallero - Giovanna "Vanna" Gubitosi - Roberta Peirano - Olga Canessa - Anna Canepa Caterina Costa - Caterina Delucchi. Da sinistra seduti: Anna Ferretto Macelloni (segretaria) - Prof. Renato De Bartolomeis (Ragioneria - Computisteria) - Prof.ssa Luisa Rotelia Rosso (Preside) - Prof.ssa .......... Bosio (Educazione Fisica) - Prof. Carmelo Puglisi (Educazione Fisica) - Romana Queirolo. Da sinistra in basso: Arturo Assereto - Maria Luisa Tessera - Maria Costa - Celestina Bavestrello - Anna Mei - Giuseppina "Pina" Tassara - Leonilde Rossi - Romano "Uccio" D'Asta La Tecnica della Scuola di Avviamento Commerciale Statale, rilasciava dopo 2 anni una licenza di "Computista Commerciale" che oggi potrebbe essere definito un "Diploma breve" di Ragioneria: la qualifica o abilitazione ottenuta era quella di "Segretario Aziendale" corrispondente al secondo anno della Media Superiore.
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ANNI SESSANTA
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di Silvana GAMBÈRI GALLO
RADIO
E lontano, lontano nel tempo apparvero i primi DJ (tra ricorsi e note libere, ma libere veramente)
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mmettiamolo: ho dei trascorsi nelle radio private, tra i "pirati" e pionieri dell'etere, molto entusiasmo e nessuna lira. Ma c'e stato un tempo in cui le cose si facevano per passione, magari per seguire un gruppo e il cuore, salvo poi chinare la testa qualche anno dopo - alla dura legge della sopravvivenza, e quindi un lavoro "vero". Del resto la musica ha sempre avuto un posto importante nella mia vita, ecco il DNA cui non si sfugge: un bisnonno corista al Regio di Torino, la nonna con timbro da mezzosoprano mai sfruttato per via di cinque figli a carico. Inevitabile, trovarsi a canticchiare qualche aria di Verdi o Puccini; a teatro ho persino retto – sopravvivendo a me stessa - le cinque ore del Tristano e Isotta in lingua originale, ferrigno tedesco di Herr Wagner. In parallelo, scoprivo il jazz, lo swing, il be-bop. Mia madre era tra i "clandestini" che ascoltavano Radio Londra, e assieme ai messaggi del Colonnello Buonasera con la quinta di Beethoven e lo storico bum-bum-bum-bum, ecco Cole Porter, Dizzie Gillespie, Glenn Miller e svariati altri. Sono cresciuta tra il nero dei vinili, dai mitici 78 giri che frusciavano sempre ma erano una conquista, ai 33 larghi come un frisbee dove bisognava indovinare il "solco" giusto; infine il moderno 45, una canzone e via, quelli che si portavano e consumavano alle feste. Figlia della mia epoca, sono approdata alle radio. Esordio a diciannove anni, un microfono aperto di colpo e una luce rossa, io biascico qualcosa e mi sembra di morire. Troppo timida, ho ingoiato quintali di saliva prima di integrarmi, di capire che avrei parlato tra un disco e l'altro con nessuno a contraddire, almeno non subito. Una sicurezza.
Trasmettevamo dalla torretta più alta del Castello, con il telefono a piano terra. A turno, si scendeva e risaliva non senza avere risposto a qualche ascoltatore, il brano richiesto scarabocchiato su pagine volanti. Fuori, attraverso le inferriate, una distesa di mare e tutta Rapallo. Noi li, manipolo di giovincelli sospesi tra Crosby-StillNash-Young e Venditti/De Gregori, che ricevevano lettere e dolci a rendere tutto un grande happening, mai nessuno – evviva – che si sia preso troppo sul serio. Neanche davanti a qualche sorpresa come Gianni Belfiore, arrivato in un pomeriggio uggioso a raccomandare l'astro spagnolo nascente, tale Julio Iglesias. Sono seguite tante esperienze, altre emittenti, amicizie che tuttora reggono all’incalzare degli anni. Ed è bello scoprire come basti poco a suscitare una magia: quando ci ritroviamo - per caso o altro - con i “pirati” del tempo, lo sguardo è sempre quello di allora, generazione di Dorian Gray che non si vedono invecchiati. La musica ha un potere forte, quella di entrare sotto pelle come un virus buono e rimanerci in letargo per giorni o mesi o anni e d’improvviso scatenarsi in un crescendo psichedelico di ricordi. Con una nota, una sola: ecco il ritornello intonato nella gita scolastica, il primo “lento” sfiorando il petto di chi ti avrebbe calpestato il cuore, la band che esce dall’autoradio nella macchina. Indietro, sempre piu' indietro, a scavare in un passato lontano con l'obbligatorio aneddoto che può apparire fasullo e invece no. E quasi mi stupisce. Ricordo una rivendita di libri e dischi, che esiste ancora ma e' ovviamente cambiata negli anni. Si andava non solo a comprare musica, ma anche a sentire musica: c'era una cabina piccola, nel retro, dove si poteva valutare il mi-
crosolco in anteprima. Se era quello giusto, se - nel caso di noi piccoli - i soldini bastavano, era fatta. In più, per ogni acquisto si otteneva un rettangolo colorato, un "buono": ogni dieci, altro 45 giri gratis. Il titolare era paziente, assomigliava a Lelio Luttazzi e concedeva volentieri quei preascolti; magari raccomandando l’uso del riduttore in plastica, da inserire nel perno centrale. Non sapevamo che, negli Usa, quel “miracolo” esisteva da tempo: ce lo avrebbe raccontato – svariati anni dopo – un film intitolato “American Graffiti”. Io trovavo fantastico chiudermi nella cabina per pochi minuti di note, accennare qualche passo di danza in beata solitudine. Finché una sera in famiglia, tra un cucchiaio di minestra e l’altro, mi scappò detto di un ragazzo – uno “grande” – che vedevo entrare furtivo, parlare brevemente col proprietario e poi uscire. Mi avevano colpito gli occhi, da lupo braccato, e quel materializzarsi silenzioso e brevissimo. La reazione garibaldina di mia madre fu immediata, si presentò nel negozio di musica a chiedere spiegazioni su “quel tipo”. “Quel tipo” era innocuo, un cantante che aveva inciso alcuni dischi e –
spiegò il proprietario – girava le rivendite della zona per sapere se il pubblico acquistava. In seguito, avrei rivisto gli stessi occhi inquieti su tante copertine e mille articoli, avrei imparato a memoria le canzoni del ragazzo, conservandole tuttora nell’ipod. Riandando distratta alla me stessa bambina, stupita da colui che arrivava e fuggiva, che consegnava la sua poesia al famigerato vinile e poi spiava, in incognito, il consenso desiderato dall’artista. Che non era uno qualunque. Che si chiamava Luigi Tenco.
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NATURA
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di Giorgio MASSA
FAUNA
I nostri pesci: i serranidi Proviamo a distinguere le specie appartenenti ad una famiglia di pesci molto diffusi nel nostro mare
Castagnola rossa (Archivio AMP Portofino-foto L. Capurro)
ei mari italiani i serranidi sono molti e non solo perché ne esistono specie diverse ma anche perché alcune di esse possono contare su elevati numeri di individui. Per chi si immerge anche solo con la maschera non è difficile vederne alcuni, magari qualche serrano scrittura dalla livrea variopinta. In un numero precedente si è trattato ampiamente del serranide più famoso che vive nei nostri mari: la cernia bruna. Ovviamente questa cernia, che può raggiungere dimensioni veramente notevoli, non rappresenta l'unica specie presente nel Mar Ligure, ma sono stati osservati anche esemplari di cernia rossa ed esemplari di cernia di fondo, una specie di grosse dimensioni, che vive a notevoli profondità e si avvicina alla costa solo per riprodursi. Ancora più grandi sono le cernie nere, che si trovano però lungo le coste mediterranee africane e dell'Italia del sud, e più piccole sono invece le cernie dorate, dall'inconfondibile livrea a bande trasversali. Va ancora ricordata la cernia bianca, una specie atlantica che sembra penetrare occasionalmente nel Mediterraneo e che comunque è stata catturata lungo le coste siciliane e pugliesi. Non è escluso che con il potenziale ri-
scaldamento delle acque dei mari compaia anche lungo le nostre coste qualche esemplare appartenente alle specie più “meridionali”. Danno il nome alla famiglia alcuni pesci dalle dimensioni minori che sono estremamente diffusi negli ambienti costieri. Molto comune e inconfondibile per la livrea coloratissima, lo sciarrano scrittura, così come lo sciarrano comune o perchia. Per correttezza va precisato che il nome volgare “perchia” è spesso utilizzato in diverse zone italiane per l'una o per l'altra specie, o ancora per entrambe e quindi può dare origine a confusione. Inoltre queste specie hanno ispirato un'infinità di nomi volgari locali, come barchetta o “bolaxu”, e quest'ultimo termine a sua volta viene utilizzato nel volgo ligure per indicare chi “abbocca” facilmente a scherzi o truffe; abbocca facilmente un po' come questi pesci, tra i più facili da catturare all'amo. Meno diffusa sotto costa è un'altra specie di dimensioni inferiori: lo sciarrano sacchetto. Gli esemplari di questa specie vivono infatti su fondi sabbiosi o fangosi e spesso a profondità maggiori. Lo sciarrano scrittura ha istinto territoriale e in quello che individua come territorio possiede diverse tane che utilizza alternativamente. Nono-
stante ciò è un pesce che si avvicina incuriosito ai subacquei e quindi può essere fotografato facilmente. Anche se può sembrare strano la sua è una livrea mimetica, nonostante la vivacità dei colori. Ciò perché le macchie e le bande grossolane non consentono ai predatori né alle prede di individuare con precisione i contorni del suo corpo e quindi di comprenderne l'orientamento e la posizione precisa nello spazio (colorazione distruptica). Se le cernie possono cambiare sesso (da femmine a maschi) in ragione della loro età o del peso, gli sciarrani hanno solitamente ghiandole riproduttive mature contemporaneamente (ermafroditismo sincrono), potendosi così comportare sia da maschio che da femmina. Resta però l'impossibilità che avvenga l'autofecondazione (ermafroditismo insufficiente). Questi pesci si riproducono tra la primavera e l'estate. La territorialità degli sciarrani li porta a vivere isolati, tranne proprio nel periodo riproduttivo quando formano coppie occasionali o permanenti. Sembra poi che gli individui che compongono la coppia, comportandosi alternativamente sia da femmine che da maschi, si garantiscano reciprocamente una numerosa e vitale progenie. Come le cernie questi pesci hanno una bocca piuttosto grande e predano piccoli pesci, molluschi e crostacei. Sembra poi che lo sciarrano scrittura abbia anche l'abitudine di convivere con i polpi, spazzolando i resti del cibo dei molluschi. Tra le gorgonie e i coralli in profondità, o occasionalmente tra le fronde della posidonia, si muovono alcuni serranidi dalle dimensioni modeste, intorno ai 10 – 15 centimetri. Sono le castagnole rosse. La loro livrea somiglia a quella di alcune specie tropicali. Sono solite spostarsi in banchi, all'interno
Cernia dorata o dotto (Archivio AMP Portofino-foto L. Capurro)
Cernia rossa (Archivio AMP Portofino-foto B&B Diving Center)
Sciarrano comune (Archivio AMP Portofino-foto G. Risso)
Cernia bruna (Archivio AMP Portofino-foto B&B Diving Center)
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dei quali si trovano molte femmine ed un solo maschio dominante. Da questo punto di vista le castagnole rosse sono più simili alle cernie che agli sciarrani e inoltre, come le prime, nascono femmine e divengono maschi con l'età e nel caso che questi ultimi “scarseggino”. Le castagnole hanno abitudini notturne e si cibano di crostacei e piccoli pesci. Sino a qualche tempo fa anche la spigola o branzino era inserita in questa famiglia, ma attualmente e più correttamente viene oggi considerata nella famiglia dei Moronidi. I serranidi, diffusi dalla superficie sino a notevoli profondità e quasi esclusivamente carnivori, hanno ruoli ecologici importanti come predatori di specie animali di piccola e media taglia. A ciò si può aggiungere che le colorazioni di molte specie sono estremamente belle perché vivaci e complesse (addirittura cangianti nel caso delle cernie), rendendo questi pesci una delle maggiori attrazioni per chi si immerge nelle nostre acque marine.
Sciarrano scrittura (Archivio AMP Portofino-foto A. Carbone)
Sciarrano sacchetto (Archivio AMP Portofino-foto M. Gambirasi, M. Muratore)
CINEMA
di Luciano RAINUSSO
AL CINEMAin
THE TOWN
di Ben Affleck Come attore, Affleck (classe 1972, bostoniano) fu giudicato piuttosto mediocre, forse a causa dell'aria vagamente ottusa e il fisico da palestrato con cui si presentava sullo schermo. (Ma, all'inizio di carriera, aveva ottenuto un Oscar, insieme all'amico Matt Dillon, per la sceneggiatura di Will Hunting - Genio Ribelle, interpretato da Robin Williams, pure lui vincitore di statuetta). Sorprese poi per come impersonò un Superman televisivo in Hollywoodland, film che gli procurò la Coppa Volpi a Venezia nel 2006. E maggiormente stupì al suo esordio nella regia, avvenuto con Gone Baby Gone, un noir di notevole efficacia, ambientato a Boston, città da anni al top per rapine bancarie. (La vicenda riguardava le indagini di un giovane detective, aiutato dalla propria compagna, per rintracciare una bambina scomparsa). Ora, unʼ altra sorpresa, questo thriller di classica fattura, nuovamente ambientato a Boston, dove un ladro, nel corso di una rapina in banca, ne sequestra per pochi minuti la dirigente. Per accertarsi che la donna non lo riconosca, comincia a frequentarla e se ne innamora, ricambiato. (Ma non c'è un finale consolatorio). Affleck lavora in profondità, bada ai sentimenti, agli stati d'animo e fa di necessità virtù quando ricorre a un paio di sequenze d'azione, girate peraltro con sommo mestiere. Accanto al protagonista, perfetto per il ruolo, Rebecca Hall: in Vicky Christina Barcelona di Woody Allen era la brunetta giudiziosa in procinto di sposarsi, incapace di sottrarsi al fascino di Javier Bardem; qui, preferisce lasciare ma potrebbe trovare, sepolto in giardino, il sostanzioso frutto della rapina.
INNOCENTI BUGIE di James Mangold Film d'azione come tanti, frenetico, adrenalinico, senza spessore, iperbolico, assai poco divertente, dove quasi nullo è l'apporto di due star come Cameron Diaz, soltanto affascinante, e Tom Cruise. Si tratta di una commedia spionistica in cui tutto è buono battute di pessimo gusto comprese - per tentare la parodia di pellicole famose. Nella vicenda, uno 007 (Cruise, ovviamente, rodomontesco al massimo) costretto a coinvolgere in fughe ed inseguimenti una tranquilla casalinga per rintuzzare le ingiuste accuse di un collega corrotto. (Il punto alto di questa storia si ha quando Cruise, all'interno di un aereo di linea in volo, elimina nemici ed equipaggio nei pochi secondi in cui la suddetta signora è al bagno per un bisognino). Il resto si svolge tra Spagna, Austria e Boston, tutte da cartolina, all'insegna dell'inverosimile più scontato, condito da battibecchi pure nei momenti più pericolosi. In sostanza, una modesta prova, a parte la professionalità, di un regista che altrove realizzò di meglio. Come, ad esempio, in Quel treno per Yuma, remake che non demeritava affatto rispetto all'omonimo e celebre western di mezzo secolo prima.
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WALL STREET - IL DENARO NON DORME MAI
Il cinema è il modo migliore per esprimere il mondo dei sogni, delle emozioni e dell'istinto.
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Luis Buñuel, maestro di cinema
INCONTRERAI LʼUOMO DEI TUOI SOGNI
di Oliver Stone Nuovamente sullo schermo lo spregiudicato affarista interpretato, sempre per Stone, nel 1987, da Michael Douglas, ottenendo giustamente l'Oscar. Nella vicenda raccontata da questo seguito, sono trascorsi soltanto otto anni. Si parte dal 2001 e dal momento in cui il protagonista, condannato per frode finanziaria, esce dal carcere. Poiché, come si sa il lupo non perde il vizio, Gordon Gekko (questo il suo nome) torna a sfruttare brogli e intrighi del sistema bancario. Stavolta non rovina - come nel precedente film - i piccoli risparmiatori, ma si vendicherà di chi contribuì a rovinarlo e farà in modo che sua figlia, con cui ha un difficile rapporto, non debba più preoccuparsi per l'avvenire, almeno dal lato economico. Efficace il ritratto sempre mostruoso di Wall Street e degli squali che l'affollano, ma il film non appassiona. Sarà per l'ostica materia che tratta (non sono partite di tresette quelle che vi si giocano). O per il risvolto sentimentale che la vicenda assume, trattando, in modo risaputo, il rapporto padre-figlia. Il guaio è che il film è ben lontano della cattiveria che Stone aveva spremuto fino all'osso nella precedente pellicola. Per il grande Douglas un nuovo Oscar? Forse.
di Woody Allen Un altro piccolo gioiello nella straordinaria filmografia del settantacinquenne regista newyorkese. Questa sapida commedia dei sentimenti dove si sostiene - ed è una verità non da poco che le illusioni fanno meglio delle medicine. A tutte le età, stando al film. Con il tono ironico-amaro tipico di Allen, qui si raccontano alcuni casi umani: un settantenne, combattendo la vecchiaia in palestra, lascia la moglie coetanea quasi per sposare una squillo al fulmicotone che lo tradirà; l'ex consorte, succube di un'ingorda veggente, prova a riscaldare il cuore di un vedovo libraio; la figlia dell'ex coppia sembra vivere con i piedi per terra, ma divorzia e s'innamora di un fascinoso gallerista d'arte che a sua volta è legato segretamente alla migliore amica di lei. E c'è un marito, velleitario scrittore, che si infatua di una ragazza vista alla finestra, e fa passare per farina del suo sacco il manoscritto sottratto ad un amico creduto morto. Non scoppiano drammi, perchè tutti, fiduciosi nel futuro, sono convinti di avere diritto alla loro parte di felicità. Degli interpreti strepitosi qui è possibile citare soltanto Anthony Hopkins, neo-marito al viagra, e Naomi Watts, sua figlia, attrice di notevole sensibilità da tempo immeritatamente tenuta lontano dal podio degli Oscar.
UOMINI DI DIO
HEREAFTER
di Xavier Beauvois Più che giusto il premio speciale della giuria all'ultimo festival di Cannes a questo film che si rifà ad un fatto vero: l'eccidio di alcuni monaci trappisti francesi compiuto in Algeria nel 1996, forse da una banda di terroristi mussulmani integralisti. (O, secondo notizia recente, dall'esercito locale per screditare gli islamici). Praticamente sconosciuto al pubblico nostrano il regista Beauvois, il quale ha dichiarato di non essere un credente. Eppure il suo film è di una religiosità alta. Vi si sofferma sul quotidiano dei monaci che dividono il poco cibo, le medicine e il lavoro con la piccola comunità kabila cresciuta attorno al monastero. Vi si racconta in modo straordinario il mistero della fede, parlando di uomini (Des Hommes et des Dieux, precisa meglio il titolo originale), della loro angoscia dinnanzi al pericolo, della loro solitudine di vecchi, anche malati. Una preziosa asciuttezza di linguaggio, il rigore che ricorda un cinema del passato (dal danese Dreyer al francese Bresson, dallo svedese Bergman, al nostro Rossellini) sempre meno evocato. Un finale senza crudeltà che appanna gli occhi: i monaci rapiti in fila, silenziosi, condotti da uomini armati su un sentiero di montagna, che scompaiono, lentamente inghiottiti dalla nebbia. Di loro, annuncia una didascalia, si troveranno soltanto le teste mozzate.
di Clint Eastwood L'aldilà (stando al titolo) secondo il regista maggiormente dotato di finezza che vanti il cinema di oggi. Ipotesi sul grande mistero, formulate in un film che allunga la serie di capolavori firmati dall'ex pistolero dagli occhi di ghiaccio (ottantunenne il prossimo 31 maggio). Serie iniziata con l'ormai celebre Million Dollar Baby, se non si vuole risalire allo struggente I ponti di Madison County, con Meryl Streep, solitaria casalinga d'origine italiana. L'arduo tema colora di mestizia tre storie riguardanti una giornalista francese, un operaio americano e un bambino londinese. La prima torna dal coma (o dalla morte?) dopo essere stata travolta da un tremendo tsunami e aver intravisto insolite ombre; il secondo ha "contatti" con l'aldilà, ma questa sua dote di sensitivo gli procura dubbi e tormenti, il terzo perde il fratello gemello in un incidente stradale e non può vivere da solo. Senza patetismo, le storie s'intrecciano secondo le non regole del caso. Scoprono la vulnerabilità dei vari protagonisti, rasentano miracolosamente l'inverosimile e si concludono in un finale tra i più incantevoli offerti dal cinema. Una concessione agli effetti speciali con la sequenza dello tsumani all'inizio del film. Ma Eastwood è sommo anche in questo.
LETTERE E NOTIZIE
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Sporcizia, oggetti ingombranti, in città e in periferia La protesta di alcuni residenti che hanno “imbracciato” con rabbia la macchina fotografica lcuni nostri affezionati lettori ci hanno segnalato, allegando le immagini relative, lo stato di degrado riscontrato in via Macera e in località Santa Maria del Campo. Se per via Macera si tratta di "rumenta" e oggetti ingombranti abbandonati, rimossi dagli operatori ecologici e nuovamente lasciati da cittadini sporcaccioni e incivili per la frazione rapallese - parliamo della Strada ai Campi da Tiro - lo stato di degrado accomuna i vari depositi a cielo aperto che si affacciano sulla via di comunicazione. Per correttezza va detto che punire i cittadini "sporcaccioni" è più che giusto ma una corretta informativa sarebbe più che auspicabile, anche alla luce del recente appalto per la raccolta dei rifiuti. Gli automezzi si vedono circolare e la percezione di un servizio migliore ci sta tutta ma prima di bastonare il cittadino con i vigili in borghese sarebbe opportuno una seria informativa a ogni famiglia sui servizi messi a disposizione, gli orari e quant'altro necessario. E le telecamere mobili da porre nei punti maggiormente a rischio che fine hanno fatto? Per le frazioni i depositi di materiale dismesso, dal legname al materiale ferroso e persino all'amianto si entra in un contesto diverso: occorrono controlli da parte dei funzionari pubblici ma in campagna e nelle aree private è più difficile intervenire.
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Via Macera come si presentava al momento del click fotografico. Sotto, alcuni scorci di S. Maria del Campo scattati nella zona della strada ai campi da tiro
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LETTERE E NOTIZIE
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I lai degli albergatori Feste di Luglio Spett. Redazione, ho avuto modo di leggere l’articolo apparso su Rapallo Notizie a firma di Renzo Bagnasco e sono rimasto, purtroppo, molto deluso dalla descrizione che viene fatta circa la categoria degli Albergatori di Rapallo. Probabilmente il signor Bagnasco non conosce le problematiche che in questi anni attanagliano gli Albergatori tutti a causa della crisi (innegabile) e alla quantità assurda di balzelli e di obblighi cui ultimamente siamo costretti ad adeguarci; tanto per elencarne qualcuno…: “la valutazione dei rischi, i corsi pronto soccorso, la legge antiterrorismo, la prevenzione incendi ed i relativi corsi, l’ HCCP, il responsabile sicurezza, il medico del lavoro aziendale, la denuncia Intrastat, la denuncia Black list ecc. ecc. “ Forse ci si dimentica che quando gli Alberghi alcuni anni fa lavoravano a ritmo più sostenuto, grazie ai Meetings e Congressi che si svolgevano sul Territorio durante la bassa stagione e alla Clientela individuale che veniva ancora attratta dalla nostra destinazione, anche gli altri (negozi e ristoranti) facevano buoni affari. La differenza però è che la promozione del proprio albergo e delle destinazione veniva (e viene ancora fatta) dagli Alberghi e, in modo esemplare, dal Consorzio Portofino Coast che si sobbarcano costi di trasferte a Fiere e a Sales Blitz, pubblicità su carta stampata e ospitalità ad agenti di viaggio e giornalisti. Un’ altra cosa che è molto importante ricordare è che una camera d’albergo rimasta invenduta questa notte non la possiamo mettere in saldo a Febbraio….. Ognuno di noi, anche in tempi di “vacche magre”, anno dopo anno, destina dei capitali per ristrutturare e per adeguare alle nuove normative di Legge il proprio albergo, anche se non im modo eclatante…… Comunque mi dispiace venga messa in discussione la professionalità della categoria a cui appartengo solo perché a volte esponiamo, senza mezzi termini, i nostri giudizi; dopo tutto, se lo facciamo, è perché il nostro obiettivo rimane quello di tenere alto il nome di Rapallo. Un cordiale saluto. Aldo Werdin Presidente Assoalbergatori Rapallo - Zoagli
I dati da voi contestati sono stati ripresi dalle pagine del Secolo XIX. In quanto al resto, che fra la città e l’Assoalbergatori non ci sia molto feeling è notorio e non lo scopriamo certo noi.
Egr. Direttore, sono daccordissimo sulla Sua risposta che condannare i fuochi a Rapallo è come sparare sulla Croce rossa. Volevo chiarire alla Sig.ra Revello che tirare in ballo i 100 mila euro di offerte raccolte dagli addetti (Massari) dei Sestieri mi sembra molto scorretto. I cittadini Rapallini (purtroppo ormai solo i Rapallini veri!) da secoli donano a piene mani per gli spettacoli pirotecnici (ma non solo) in favore di Ns di Montallegro e mi sembra altrettanto chiaro che Lei, Sig.ra Revello, da come critica, non abbia mai donato 1 euro... Chiaramente l' Amministrazione deve contribuire ogni anno per la buona riuscita degli spettacoli, e ogni anno una parte delle spese del Comune sono assegnate alle Feste Patronali per NS di Montallegro. Non ne vedo lo scandalo anche considerando che si sta costruendo un ponte mobile da anni ormai e a costi folli, ma questa è un altra storia... E' altrettanto chiaro che, essendo le feste Patronali, un volano turistico innegabile, andrebbe fatto qualcosa per valorizzarle maggiormente... Per concludere volevo citare una frase apparsa sulle maglie del Sestiere Cerisola in occasione del nostro Panegirico del 2009: "I OMMI CANGIAN E TRADIZIOIN RESTAN" ed è un bene che sia così, Sig. ra Revello. Grazie per l' attenzione, Marco B.
Benzina e diesel Cara Redazione, Oggi la media nazionale dei prezzi praticati della benzina (in modalità servito) va dall’1,454 euro al litro degli impianti Esso all’1,474 euro al litro degli impianti Tamoil. Però,mica dobbiamo piangere, siamo... fortunati ! E' stato scongiurato lo sciopero dei benzinai, perchè il Ministro Romani ha confermato il bonus fiscale (ossia palanche nostrane immesse nel circuito benzinaro) anche per il 2011. Allegria! I Media comunicano: i prezzi della benzina si avvicinano a 1,5 Euro/litro sul "servito". Qui, ove io respiro, dato che siamo liguri generosi, l' "avvicinarsi" viene interpretato in maniera piuttosto "abbondante", visto che nell'unico distributore esistente l'oro bruno viene gentilmente offerto a 1,533 Euri/litro (il plurale qui ci sta bene...). Vuoi vedere che, sul "servito", riusciamo pure a battere il record dei record? L.F.
Invitiamo i lettori a volerci segnalare suggerimenti, problemi. Pubblicheremo le vostre istanze, raccomandandovi la brevità dei testi per evitare dolorosi tagli. Scriveteci a Redazione “RAPALLO NOTIZIE”, via Volta 35 - 16035 Rapallo - E-mail: rapallonotizie@libero.it
LIBRI/ Teatro e Immigrazione
Venerdì 10 dicembre 2010, alle ore 17, presso il Museo Biblioteca dell’Attore, Sala Govi in Viale IV Novembre, 3, la giornalista Etta Cascini ha presentato il volume “THE ITALIAN-AMERICAN IMMIGRANT THEATRE OF NEW YORK CITY” di Emelise Aleandri, edito da Arcadia Publishing. Il volume illustra, attraverso una serie di immagini, il teatro degli attori immigrati italiani a New York negli anni tra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento. In tale occasione è intervenuto anche Eugenio Pallestrini, Presidente del Museo dell’Attore e del Teatro Stabile.
L'ASSOCIAZIONE MUSICALE S. AMBROGIO DI RAPALLO, con il contributo del Comune di Rapallo, ha organizzato la sesta edizione della rassegna di musica classica intitolata “CONCERTI APERITIVO”
L’ingresso è a pagamento: € 6,00 intero / € 4 Soci / Gratuito per Minori di 18 anni. Per informazioni: www.amusa.it. - Tel. 0185/272090 - info@amusa.it Gli appuntamenti della rassegna relativamente al mese di febbraio 2011 saranno: Sabato 12 febbraio 2011- ore 16 FRANK BRIDGE TRIO Trio Violino – Violoncello – Pianoforte Musiche di Beethoven, Chopin, Debussy,
Sabato 26 febbraio 2011- ore 16 Susy PICCHIO - Fulvio MASSA Massimiliano BRIZIO Soprano- Baritono- Pianoforte Musiche di Lehar, Kalman, Lowe, Brown
Domenica 13 febbraio 2011- ore 16 Gian Marco SOLAROLO Cristina MONTI Duo Oboe - Pianoforte Musiche di Gardel, Bernstein, Gershwin
Domenica 27 febbraio 2011- ore 16 Alberto LODOLETTI - Pianoforte Musiche di Chopin, Liszt
Domenica 20 febbraio 2011- ore 16 I FIATI ITALIANI Quintetto di Fiati con Pianoforte Musiche di Mozart, Beethoven
CRUCIVERBA 1
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ORIZZONTALI: 1. A Rapallo lo fanno il giovedì 8. Il nome del vicesindaco di Santa Margherita 9. Lionel, campione argentino del Barcellona 11. Enna 12. Molto 15. Marco, difensore della Sampdoria campione dʼItalia 17. Iniziali del Governatore della Banca dʼItalia 18. I confini dellʼAsia 19. Mai nominare il Suo nome invano 20. Il consigliere comunale Sacco di Santa Margherita (iniziali) 21. Ban Ki- Moon ne è il segretario generale VERTICALI: 1. La via con la Casa della Plastica 2. La regina che dà il nome ad un albergo di Santa 3. Ribes senza pari 4. Località sciistica piemontese 5. Il nome dʼarte di Rosalba Pippa, la cantante nata a Genova nel 1982 6. Apre e chiude il Tibet 7. Partita senza reti 10. Stabilimento balneare di Rapallo 14. A Rapallo era il precedente gestore del servizio di raccolta rifiuti 16. Nuclei Antisofisticazioni e Sanità 19. Doni senza vocali
LETTERE, NOTIZIE E TEMPO LIBERO
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Il proverbio del mese Associazione Culturale
Caroggio Drito
SABATO 12 FEBBRAIO ore 16,30 Villa Queirolo Conferenza Dott. Franco Bampi su " I BOMBARDAMENTI DELLA STORIA DI GENOVA" Seguirà cena facoltativa con prenotazione
Màoxo de mâ, sô de Frevâ, cianze de donna: no te ne fiâ Maroso di mare, sole di Febbraio, pianto di donna: non te ne fidare
Gargantua di Renzo Bagnasco
MERCOLEDÌ 23 FEBBRAIO GITA CULTURALE AD ALBENGA SABATO 26 FEBBRAIO ore 16,30 Villa Queirolo Conferenza delle Merlettaie di Rapallo su "STORIA DEL MERLETTO - PUNTO RAPALLO ED ALTRE CURIOSITÀ” Seguirà cena facoltativa con prenotazione
Associazione Culturale A COALINN-A domenica 13 febbraio 2011 ore 16,30 Casa del Mare di Santa Margherita Ligure in Calata del porto; Conversazione del Direttore Archivio di Stato di Genova su "Il latino nel genovese" domenica 20 febbraio 2011 ore 17.00 Letture di brevi racconti di Alfredo Bertollo e Giuseppe Bollani da parte di Alfredo Bertollo e Lisa Pesatori: domenica 27 febbraio ore 16,30 Presentazione del libro "Genova e i suoi Caduti " di Padre Celso da Favale da parte del prof. Stefano Monti Bragadin.
RISOTTO VARIEGATO 350 gr di riso vialone nano, un palmo di luganega o una salsiccia, una fetta di zucca rossa tipo Chioggia, una scatola di lenticchie, cipolla tagliata finemente, vino bianco, brodo di carne da granulare, burro, grana e olio. ESECUZIONE: sbucciare la zucca, tagliare la polpa a dadini piccoli e infornarli a 180° a che si “allentino”. Sminuzzare la salsiccia togliendole la pelle e sgocciolare le lenticchie dal loro liquido di conservazione. In una padella scaldare l’olio con la cipolla tenendovi il coperchio a che si allenti ma non scurisca; unirvi il riso, mescolarlo sino che si riscaldi e poi insaporirlo con mezzo bicchiere di vino bianco. Evaporato, unirvi la salsiccia e iniziare a versarvi il brodo caldo, da aggiungere mano a mano che verrà assorbito dal riso. Subito unirvi i cubetti di zucca e, dopo averlo cotto e rimestato per 10’, unirvi le lenticchie. Continuare a mescolare per qualche minuto; a riso pronto, spegnere la fiamma, mantecarvi il burro a piacere e, dopo una bella spolverata di grana, servirlo. Non serve il sale: sarà apportato dalle lenticchie, dal brodo, dalla salsiccia e dal grana.
2011
CASARZA LIGURE Via Annuti 40 (Croce Verde)
Lunazioni, Stagioni
Apertura: Martedi ore 12
www.ac-ilsestante.it
MESE
Febbraio
Giorno
e Segni Zodiacali
Ora.min.
Descrizione
Giovedì
03
03:30
Luna Nuova: 12A Lunazione del Sogno
Venerdì
11
08:18
Primo Quarto
Venerdì
18
09:35
Luna Piena
Sabato
19
01:26
Il Sole entra nel segno dei PESCI
Venerdì
25
00:26
Ultimo Quarto
Spazio Aperto di Via dell’Arco Associazione di Promozione Sociale
FEBBRAIO VENERDÌ 4, ore 16.00 Igiene ed estetica: tradizioni genuine e sapienza erboristica Amore e rispetto per la natura, l’ambiente e gli animali Malva Moncalvo, responsabile Sicurezza del prodotto Helan Srl SABATO 5, ore 16.00 Greta Garbo, il mito della solitudine Il più mondano tra gli eremiti Maria Grazia Bevilacqua Pelissa, giornalista VENERDÌ 11, ore 16.00 La congiura dei Fieschi 1/2 Il perché, gli effetti, la vendetta, il processo Franco Di Leo, cultore di storia locale SABATO 12, ore 16.00 La congiura dei Fieschi 2/2 Il perché, gli effetti, la vendetta, il processo Franco Di Leo, cultore di storia locale MERCOLEDÌ 16, ore 16.00 Il primo film noir della storia del cinema Il film “Il mistero del falco” di John Huston – 1941 [RISERVATO AI SOCI] a cura di Maria Grazia Bevilacqua Pelissa, giornalista SABATO 19, ore 16.00 Questioni di etichetta Scegliere un prodotto per le proprie caratteristiche e non per come ci viene presentato Giulietta Spadafora, dietista SABATO 26, ore 16.00 Salotto Lirico Sammargheritese: Recital Lirico a cura di Marco Ghiglione
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