Walter Vergallo su Claudia Ruggeri

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IV, "non són non són castélli ma qui ma qui li spécchia", è costituito da due settenari piani a ritmo 'cardiaco' o 'musicale', con l'alternarsi regolare di atone e toniche, in un ritmo giambico ascendente tipico della commedia e della tragedia; e si guardino i molti possibili esiti metrici e ritmici nella prosa lamento in forma di Elenco lografico, una ricca tramatura di emistichi di misura classica, di assonanze consonanze fonie, esaltala dal fonosimbolismo diffusivo del nesso bifonematico / IO /, macrosema archetipico d'una libido vocativa autogenetica espansa fino al narcisismo autocelebrativo della lamentazione iografica. Scrittura-voce teatrale dunque. Molti i possibili rinvii (anche inter)testuali; due, di questo poemetto, sono il "Carnevale abominevole" (lettera al Matto..., w. 19 e 20), alla cui tortura è condannato, come in un girone da inferno dantesco, il Matto, e la "strana circostanza" del congedo: "a questo inferno / minore, tutto è minore; medesimo / è solo il Carnevale" (vv. 6-8). La scrittura teatrante, la vita come carnevale, la proiezione del soggetto nel 'ruolo' dell'attore, la maschera come camuffamento dell'io e insieme metamorfosi di quell'io negli io dei ruoli possibili (la maschera è identità semiotica neutra, pura potenzialità di volti) sono la risposta, propone Donato Valli, al travaglio esistenziale. E forse costituiscono l'unica possibilità di, pure parziale, distanziamento raffreddamento fictio concessi a una scrittura 'lavica' 'cardiaca' pulsionale. L'altra tecnica di filtro (sempre parzialmente) selettivo freezerante è, forse, proprio la letteratura. La poesia di Claudia è evidentemente iperletteraria. Infatti Franco Fortini nella lettera alla scrittrice parla di ingioiellamento letterario e di "impunità della parola", la quale è poi ripresa nel tilolo del saggio di Valli che ne indica ragioni e matrici. Il critico salentino intende i modelli letterari come un'"energia metamorfica" trasformativa trasformativa. Già gli eserga indicano molti autori assunti come esemplari: Melville Dante la Bibbia Villani Shakespeare Ciro di Pers G. da Lentini Neruda D'Annunzio Warren Bene Bodini Bonnefoy Beckett Catullo Montale. C'è poi un' iperletterarietà diffusa nella disposizione creativa ed espressiva dell'ingombro testuale, nel linguaggio nel lessico nello shock semantico derivante dall'accostamento di diversi registri (quello collo bruscamente associalo a quello basso e ai neologismi), nell'uso di arcaismi (prevalentemente dantismi) e di calembours, nell'impiego di una sintassi illogica pre- o postlinguistica deviativa dell'Ordine e del principio di Autorità della /angue, nel modo espressivo e dinamico di alcuni elementi 'minori' della comunicazione come l'avverbio e l'aggettivo, come i punti che sospendono o sostituiscono il discorso-logos, vera e propria potenzialità semantica del silenzio, come le parentesi che mettono in scena, evidenziano il sintagma, come i punti, pause ritmiche della battuta, come i due punti 'flosci' perché privi di funzione esplicativa. Ma soprattutto diventa strumento di espressivizzazione il plurilinguismo, consistente nell'accostamento di lessico latino inglese francese tedesco e dialettale. Il bellissimo conflitto di registri l'epilinguismo radicale e l'uso ossimorico della verbalità orientano la scrittura di Claudia verso la letteratura sperimentale e avanguardistica, con gli esiti, talvolta estremi, dell'oscurità dell'ermetismo del nonsenso. È una scelta precisa, che può 'piacere' o no. Che non poteva essere condivisa dal Fortini. Tra la poesia al sorbetto o al girarrosto, al freezer o al forno (l'immagine, ironica, è di E. Montale) Claudia ha scelto il principio poetico della "lava" (cfr. La bifora). Cerchiamo di capire perché. Essa era la metafora scritturale del travaglio esistenziale di un io reso debole dalla sofferenza e dalla dissociazione, frantumato autogenetico autocontemplativo, io cardiobattito-pulsionalità, ego 'notturno' esiliato straniero che si 'travasava' nella pagina. Quell'io mascherava la propria debolezza con la fictio della forza, dell'egocentrismo assoluto; o narciso querulo o espanso, mitopoietizzato nell'Altromondo-testo. Forse la letteratura serviva come confronto conforto filtro rinvio, memoria e in un certo senso raffreddamento. Memoria letteraria 'divertente' stravagante autogenetica, che 'copiava' 'massacrava' (si veda la parola "aulika", "forte", "giusta" ironicamente (?) cercata nel D'Annunzio "tragico", al fine di "una buona volta IMPARARE", in Tragedie, sogni e misteri I I ) assorbiva i modelli letterari come "forma del sentimento" (così dice del primo, letteratissimo, Andrea S. Agosti nell'introduzione alle Poesie di Zanzotto, Mondadori, Milano 1980, p. 8). Una memoria proiettiva che creava i tanti mitologemi e le molte personificazioni mitopoietiche diffusi nel testo attraverso parole con l'iniziale maiuscola (tra i tanti si ricordano "Beatrice", L'Ordine", ('"Evidenza", il "Carro" e la "Figura" de il Matto I - ma sono disseminati nel poemetto e nel travaso -; la "Tempesta Ordinata" e il "Miglior Tradito" ne i/ Matto IV; il


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