Pocket Salute Edizione Pescara-Chieti Settembre 2009

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neurologia

Prof. Marco Onofrj

LE CONSEGUENZE POST-ICTUS CEREBRALE Una serie di studi internazionali ha dimostrato che la endoarteriectomia dell'arteria carotidea è indicata quando le occlusioni chiudono più del 70% del vaso e quando il paziente ha avuto sintomi recenti (ictus o TIA) collegabili alle occlusioni stesse. L'intervento, vista la criticità, deve essere eseguito in centri specializzati con un basso rischio di complicazioni. Questi interventi chirurgici non sono più possibili se l'occlusione è totale. Sono allo studio farmaci neuroprotettivi che, se assunti subito dopo il manifestarsi dell'ictus cerebrale, dovrebbero proteggere il tessuto nervoso limitando l'invalidità permanente, ma gli studi clinici effettuati hanno dato esito negativo con i farmaci sperimentali finora utilizzati. Tuttavia quello che accade nelle prime settimane in seguito all'ictus è la lesione irreversibile di alcuni gruppi cellulari dell'encefalo, la sofferenza ed il danneggiamento dei gruppi cellulari vicini alla lesione per effetto dell'edema perilesionale e l'inibizione dei gruppi cellulari che si trovano funzionalmente connessi alle zone di lesione. Il miglioramento deriva dal riassorbimento dell'edema e dalla relativa riattivazione delle aree connesse alla zona di lesione rese "mute". L'evolversi di questo fenomeno è strettamente legato al tipo di esperienze e di riabilitazione al quale il soggetto verrà sottoposto. Ovviamente le possibilità di recupero variano anche in relazione all’estensione e gravità della lesione e alla particolarità delle zone colpite. Gli effetti dell’ictus variano molto nelle diverse persone: alcune sperimentano solo disturbi lievi, che con il tempo divengono quasi trascurabili, altri, invece, portano

gravi segni della malattia per mesi o per anni. Tra le principali conseguenze post ictus, troviamo Emiplegia, ovvero la paresi di una metà del corpo, accompagnata da disturbi della sensibilità e deficit cognitivi. Il fenomeno della Diaschisi, rappresenta un argomento fondamentale per poter comprendere l'evoluzione di un ictus. In seguito ad una lesione cerebrale, alcune zone del cervello vengono danneggiate direttamente dalla lesione, altre cessano di funzionare correttamente, perché coinvolte dall’edema che occupa lo spazio intorno alla lesione, mentre altre strutture, che non sono anatomicamente connesse con le zone direttamente danneggiate, vengono inibite a distanza. Proviamo a comprendere il motivo di questo strano fenomeno di inibizione denominato diaschisi. Per quale motivo la natura ha la necessità di mettere a riposo il sistema? Si tratta di una strategia biologica di difesa, che tende ad evitare un sovraccarico delle strutture interessate dalla lesione, pertanto le aree e le strutture che non sono anatomicamente connesse con quelle lese, ma che sono ivi funzionalmente connesse, ovvero con le quali partecipano in sinergia all’interno di alcune funzioni tramite il continuo scambio di informazioni, vengono inibite. L'inibizione avviene in quanto alcune aree del cervello non ricevono più informazioni dalle aree lese ormai rimaste "mute" a causa della lesione, e probabilmente per proteggere le stesse zone lese da un sovraccarico informativo difficilmente gestibile. All'interno della diaschisi, si ha quindi una fase acuta di “shock”, dove l’inibizione è molto ampia e coinvolge molte zone del cervello e dei circuiti nervosi. È per questo motivo che in seguito ad un ictus la fase acuta è caratterizzata da una paralisi flaccida, denominata in questo modo proprio per la quasi totale impossibilità del paziente di poter muovere una metà parte del corpo, quella opposta alla lesione.

Prof. Marco Onofrj Specialista in Neurologia www.marcoonofrj.it Via Campobasso 26, Pescara tel: 085-2058931 cell: 331 292646

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