U vicinanzo

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di un utilizzo collettivo virtuoso che è stato capace di costruire nel tempo una sapienza che, in un territorio che non vanta meravigliose cattedrali o monumentali opere d’arte, costituisce in realtà l’eredità più preziosa che ci sia pervenuta. È frutto di una Comunità operosa e densa di relazioni, capace di migliorare il suo habitat raccogliendo il contributo quotidiano di tutti i suoi membri. Capacità che forse è ancora presente nel nostro DNA e che può ancora sperimentare la riproposizione di un’agricoltura responsabile, in grado di rispondere a vecchi e nuovi bisogni del territorio. E che nello stesso tempo, più modernamente, impari a trarre beneficio dal contributo di tutte le componenti sociali, recuperando quei margini di utilità e di economia che nella tradizione contadina erano occasione di ricchezza, con pari dignità, all’interno della organizzazione produttiva: “… l’agricoltura contadina non conosceva i ‘disabili’, tutti erano a loro modo abili, quale che fosse il loro livello culturale o le condizioni mentali. Le piante e gli animali non discriminano nessuno, non si voltano dall’altra parte e crescono sane chiunque le accudisca”. (Saverio Senna, Università della Tuscia‐ Viterbo)

Il Volontariato può farsi promotore di una rinnovata agricoltura, multifunzionale e orientata allo sviluppo sostenibile, aiutando la scoperta dell'agricoltura sociale, caratterizzata cioè da esperienze che fanno uso delle risorse presenti nel mondo rurale per far fronte al ripristino di valori etici nel campo agricolo, come il benessere delle persone, il lavoro solidale, l'inclusione sociale. Proprio per questo suo carattere trasversale e per il suo radicamento in principi di carattere etico, il Volontariato può diventare il ponte tra le politiche agricole, sanitarie, sociali e formative. Può immaginare, ad esempio, l’utilizzo sociale di terreni pubblici attraverso partenariati con gli Enti proprietari. Potrebbero prodursi coltivazioni che oltre a costituire occasione di formazione e lavoro dignitoso per giovani, donne e soggetti “border line”, potrebbero offrire occasione di rinnovata integrazione (trasmissione di saperi) a chi si sente socialmente escluso: anziani, disoccupati, stranieri,

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