unifontane

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Focus

quali l alta velocità nelle ferrovie oppure nell aeronautico. Quella statunitense ci mostra i legami storici tra la spesa militare e lo start up di settori quali quello informatico e chimico. Il mondo scandinavo è riuscito a salire sull onda del nascente settore delle telecomunicazioni, così come quello giapponese nell ambito della robotica industriale e per ambienti domestici. Nel nostro Paese, invece, abbiamo pensato troppo alle sole logiche del trasferimento tecnologico alle imprese esistenti, magari a favore di settori a bassa tecnologia innovativa. Così, abbiamo destinato energie umane e risorse finanziare alla creazione di pachidermi infrastrutturali, di nuove cattedrali , come i parchi scientifici e tecnologici intesi più in una prospettiva immobiliare che non come contenitori di scienza e tecnologia. Abbiamo perseguito un dialogo, spesso impossibile, tra scienziati e piccole imprese manifatturiere, senza comprendere al fondo che i mondi erano troppo distinti e distanti per poter generare sviluppo economico combinato. Il fallimento delle nostre politiche nazionali per la ricerca e per l innovazione, ammesso che ve ne siano state nel corso degli ultimi venti anni, è dunque sotto gli occhi di tutti. Che cosa resta da fare? Occorre tornare a credere che l Università possa, sebbene con i propri limiti, costituire un locomotore e non un vagone di coda per uno sviluppo economico innovativo. La centralità delle università sta nei fatti, ossia nell importanza e nell essenzialità della dotazione di competenze scientifiche e tecnologiche. Ma queste conoscenze devono divenire strumento per lo sviluppo economico e, quindi, contribuire a realizzare e completare i passaggi essenziali per questa traiettoria. Quali ingredienti per perseguire tutto ciò? Innanzitutto, occorre riposizionare le politiche regionali a favore di una imprenditorialità giovanile qualificata. Bisogna far decollare, anche nella nostra regione, uno sciame di nuove imprese, fatte da giovani ricercatori che operano in ambiti scientifici avanzati; occorre stimolare e

supportare questa voglia di fare impresa con incubatori e servizi consulenziali, anche con la cooperazione delle associazioni di categoria degli imprenditori; occorre stimolare l industrializzazione delle conoscenze scientifiche e degli eventuali brevetti posseduti; occorre aiutare questi giovani imprenditoria a identificare e a creare il proprio mercato per questi prodotti innovativi, tramite scouting internazionali di potenziali clienti e imprese. Insomma, gli spin off universitari non possono essere lasciati al libero spontaneismo di pochi, ma devono divenire parte integrante di una politica regionale seria e rigorosa che riconosca all università il ruolo che merita e che possa chiedere ad essa di divenire protagonista dello sviluppo economico. Ma anche l università deve fare un attenta disamina dei suoi limiti e dei suoi difetti di funzionamento. Deve saper scegliere e selezionare poche aree di competenza scientifica di eccellenza sulle quali scommettere e sulle quali andare ad investire, in termini di risorse finanziarie e umane; deve saper privilegiare un reclutamento di risorse umane, anche su scala internazionale, di grande prestigio scientifico e tecnologico, evitando di cadere in un reclutamento su basi locali e su percorsi interni di carriera che aumentano solamente l autoreferenzialità del sistema; deve saper premiare le carriere di coloro che non solo tengono alto il prestigio scientifico in termini di pubblicazioni internazionali, ma anche che abbiano la capacità di attrarre imprese con le quali svolgere ricerche, di generare spin off, di conseguire brevetti e altro ancora; insomma, una università pronta a divenire locomotore dello sviluppo economico regionale in tre o quattro aree di eccellenza scientifica, tecnologica e settoriale. E questo, ovviamente, senza disconoscere il valore di una cultura umanistica che può funzionalmente stare al servizio di questa crescita complessiva. Forse, solo in questo modo, anche la finanza innovativa, fatta di private equity e venture capitalists, potrà accorgersi della nostra regione!

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SCHEMA SPIN OFF

1. Gli ingredienti per intercettare queste onde nascenti: il ruolo delle politiche nazionali per l innovazione (investimenti in R&S finalizzati, vedi modello finlandese e domanda pubblica di servizi per l innovazione, percorsi accademici di carriera che accettano la varietà e premiano anche brevetti, spin off e altro); il ruolo delle politiche regionali per favorire imprenditorialità giovanile qualificata, realizzazione di incubatori e assecondare l industrializzazione dei brevetti; il ruolo delle università per favorire spin off universitari da parte dei docenti, premiare in termini di carriere universitarie, reclutare docenti universitari di elevato prestigio scientifico e applicativo, favorire il rientro dei cervelli dall estero con contratti di programma per spin off e crescita dei ricercatori, selezionare, negli atenei non grandi, poche aree di competenza scientifica di eccellenza sulle quali scommettere in termini di start up di imprese e effetti agglomerativi; il ruolo della finanza, con private equity e soprattutto venture capitalists; in sintesi, un sistema regionale per l innovazione da costruire; 2. Qual è l esperienza umbra. Entrati in ritardo nella dinamica nazionale degli spin off; ne sono nati circa trenta e è un buon risultato; tuttavia, questo risultato è l espressione di, in parte, realtà già esistenti e, in altri casi, piccoli esiti imprenditoriali di tipo spontaneistico. La Regione non ha creduto molto in questi spin off e manca ancora una legge speciale per l imprenditorialità giovanile qualificata. Abbiamo creato quattro poli per l innovazione che certificano le imprese esistenti o si pongono l obiettivo di attrarne da fuori. Ma c è un ruolo per gli spin off universitari? Siamo adesso in una fase di maturità oppure occorre rilanciare, anche potenziando gli strumenti e le possibilità, questa fase? Nuove onde settoriali stanno partendo a livello mondiale, ma noi non ci siamo in modo molto forte; 3. Che cosa fare? Provare a credere nei giovani qualificati, attrarre non imprese preesistenti, ma risorse umane di eccellenza scientifica, dando loro strumenti e risorse umane per far decollare nuove imprese. C è in atto questa politica regionale? No. 15


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