Rivista Il Minotauro Giugno 2020

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Il Minotauro Problemi e ricerche di psicologia del profondo

ISSN 2037-4216 Anno XLVII - n.1 Giugno 2020



Anno xlvii – Vol. n. 1

IL MINOTAURO PROBLEMI E RICERCHE DI PSICOLOGIA DEL PROFONDO

GIUGNO 2020


IL MINOTAURO Rivista fondata in Roma nel 1973 da Francesco Paolo Ranzato www.rivistailminotauro.it ORGANO UFFICIALE DELLA SCUOLA DI PSICOTERAPIA ANALITICA AIÓN Via Palestro, 6, 40123, Bologna Tel: 348.2683688

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www.persianieditore.com Iscrizione Registro Operatori Comunicazione n. 24236 Testata registrata al Tribunale di Bologna, aut. n. 8034 del 28 Gennaio 2010 DIRETTORE RESPONSABILE LUCA VALERIO FABJ COMITATO SCIENTIFICO Luca Valerio Fabj, Angelo Gabriele Gabriele Aiello, Elena Acquarini, Antonio Grassi, Francisco Javier Fiz Pérez, Roberto Filippini REDAZIONE Elena Benassi, Luciano Calandro, Loris Di Bella, Alessia Zambolini STAMPA: PressUP s.r.l. SERVIZIO ARRETRATI E ABBONAMENTI TEL. 051-99.13.920 - FAX 051-19.90.12.29 Martedì, Mercoledì, Giovedì dalle 10:00 alle13:30 e dalle 15:00 alle 18:30 Abbonamento Annuale - 2 numeri: € 15 Abbonamento Biennale - 4 numeri: € 28 Modalità di pagamento: Con carta di credito seguendo la procedura su www.rivistailminotauro.it Oppure con Bonifico su c/c bancario IBAN: IT 11 Y 05387 02419 000002119149 intestato a Gruppo Persiani Editore Srls, specificando nella causale nome, cognome, e “abbonamento alla rivista Il Minotauro”. Poste Italiane S.p.a. – Spedizione in abbonamento postale D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, CN/BO.


Sommario Articoli: Editoriale di Luca Valerio Fabj ............................................................................................... 5 Riflessioni sul virus di Maria Pusceddu ................................................................................................. 7 Psicoterapia online: tra clinica e ricerca di Alessandro Raggi; Salvatore Di Costanzo ........................................................... 12 Fenomeni dissociativi post-traumatici: convivere con i fantasmi del passato di Eleonora Berretti .............................................................................................. 22 I-Ching e la Sincronicità di Elisa Bruci ....................................................................................................... 33 L’Ombra di Ivana Guercilena.............................................................................................. 58 La Maschera e Van Gogh. L’arte come percorso individuativo di Giuseppe Capone .............................................................................................. 64 Allearsi con l’assurdo e immaginare un Sisifo Felice. Riflessioni sulla simbolizzazione nella psicoterapia individuale delle psicosi di Paolo Valentini ................................................................................................. 71 La sirena come Anima ne La donna del mare di Ibsen di Riccardo Gramantieri ....................................................................................... 91 L’unendlich futile, il dilettevole pasto. Dalla fierezza alla mod-Estia del conoscitore sconosciuto di Giuseppe M.S. Ierace ...................................................................................... 104 Recensioni ....................................................................................................... 113



GIUGNO 2020, ANNO PRIMO DELL’ERA COVIDISTA Editoriale di Luca Valerio Fabj

La emergenza Covid-19 ha colpito in modo assolutamente inatteso e improvviso ciascuno di noi. Nessuno, al di là delle dichiarazioni di circostanza, in realtà era preparato ad un evento simile che ha mostrato tutti i limiti dell’Occidente come “sistema”. Ha sgretolato molte delle sue certezze e sicurezze sia in termini socio-economici sia tecnico-scientifici. La nostra vita quotidiana e le nostre libertà date per scontate sono state messe in discussione e anche ora la così detta “normalità” è tutt’altro che riacquistata con certezza. La pandemia con le sue indispensabili restrizioni e i suoi tragici morti ha portato alla luce il meglio e il peggio di molte persone, come sempre è avvenuto nella storia degli uomini quando avviene un evento catastrofico. La psicoterapia ha cercato per mezzo della tecnologia a distanza di fare fronte, in un qualche modo, alle esigenze di continuità di cura e supporto dei cittadini con risultati che è ancora troppo presto per poter serenamente valutare. Alcune persone sono decisamente peggiorate a causa della reclusione, altre, paradossalmente, sono migliorate. Ci vorrà tempo e studi per stabilire gli effetti di tutto ciò che è accaduto, anche perché sta ancora accadendo. Quello che sembra invece abbastanza chiaro – e che è venuto alla luce – è che di veri “esperti” di Covid-19 in tutti i campi, da quello medico a quello psicologico passando da quello economico-politico, non ce ne sono stati e non ce ne è proprio nessuno. Del resto non poteva essere altro che così visto che ci si è trovati di fronte a una malattia nuova con una portata di carattere mondiale in una situazione politica di globalizzazione che è assolutamente nuova nella storia della umanità. Ma ciò che più di ogni altra cosa si può evincere è stata ed è la assoluta mancanza di umiltà di tutti coloro che hanno creduto e credono di sapere tutto di un fenomeno che non si è mai visto prima. Una presunzione preoccupante che ha 5


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RIFLESSIONI SUL VIRUS Maria Pusceddu

Che strana cosa è il virus! Ultimamente se ne parla tanto, a proposito e non! Su un versante si discute di com’è fatto, di come agisce, di come lo si può sconfiggere e così via; su un altro versante si parla di punizione divina, di rivolta della Natura, della rivelazione dei nostri limiti dalla quale si uscirà rinnovati e redenti, o di un problema che passerà e, a parte quelli che ne stanno già approfittando per accrescere ancora il loro potere economico o politico-sociale, quasi tutti gli altri dopo un po’ riprenderanno la loro vuota vita di prima. Non voglio parlare di questo! Sto piuttosto riflettendo su ciò che il virus mi evoca e sulle analogie che dal profondo emergono alla mente. Il mio è un viaggio semionirico, che il linguaggio scritto non può rendere compiutamente; quindi chiedo anticipatamente scusa se ci saranno passaggi meno chiari. Ho voluto comunque offrire anche ad altri qualche spunto di riflessione. Prima di tutto il virus è un “mistero”. Con tutta la nostra scienza autorevole (o che si autodefinisce tale), che ritiene di poter spiegare e catalogare ogni fenomeno, non possiamo neppure dire se il virus è un essere vivente oppure no. Infatti definiamo vivente un’entità non solo capace di “nascere”, “riprodursi” e “morire” (questo lo fanno anche i cristalli delle sostanze inorganiche, se messi nella “soluzione madre” con le opportune condizioni), ma di farlo attraverso la trasformazione di sostanze diverse da sé e prese dall’ambiente esterno in parti di sé; cioè attraverso il metabolismo (che in greco significa appunto trasformazione). Ebbene, il virus è privo di strutture che possano effettuare le reazioni metaboliche, è costituito da un solo tipo di acido nucleico, rna o dna a seconda del tipo di virus (mentre tutti i viventi li contengono entrambi), rivestito da un involucro proteico (capside); può inoltre resistere per un certo tempo fuori da cellule ospiti in forma inerte (virione), anche in forma cristallizzata. Esso può “prendere vita” solo se penetra in una cellula, prendendo a prestito l’apparato metabolico dell’ospite; qui si riproduce (o meglio, si fa riprodurre) duplicando il proprio acido nucleico e inducendo la sintesi delle proteine del suo involucro. Poi i nuovi virus escono dalla cellula e ritornano alla loro “non vita” fino a quando non trovano un’altra cellula da parassitare. Non sappiamo neppure la loro origine: sono organismi primordiali regrediti ad un’esistenza esclusivamente parassitaria o sono porzioni di materiale cellulare “scappato di casa” e che può rivitalizzarsi, facendo danni, solo se vi rientra? Gli 7


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PSICOTERAPIA ONLINE: TRA CLINICA E RICERCA Alessandro Raggi, psicologo psicoterapeuta Salvatore Di Costanzo, dottore in psicologia clinica

DEFINIZIONE E REGOLAMENTAZIONE Secondo la definizione di Bloom (1998), con il termine di “terapia online” si fa riferimento a tutte quelle pratiche dell’area psy, come il sostegno psicologico, il counseling e la psicoterapia, svolte attraverso internet. Il professionista della salute mentale può svolgere la propria attività online con diversi strumenti, ad esempio: e-mail, web chat, webcam. Le prestazioni online svolte da psicologi rientrano in ogni caso a pieno titolo nell’area della (c.d.) “medicina telematica” (Linee Guida Min. Salute, 2011). Pur in assenza di espliciti divieti, resta più controversa la questione circa la legittimità della “psicoterapia a distanza”, in mancanza di linee guida specifiche e condivise sia dall’Ordine dei Medici che dall’Ordine degli Psicologi, oltre che di regolamentazione normativa in materia. Olasupo e Attiri (2013) hanno definito in modo dettagliato la terapia online come: «Una nuova modalità terapeutica improntata all’assistenza e alla cura della sofferenza psichica attraverso vie virtuali, sincroniche o asincroniche. Si tratta di un processo di interazione tra terapeuta e paziente mirato al trattamento di problematiche di vita, con la particolarità che i due attori sono in luoghi separati o remoti ed utilizzano la via digitale per comunicare tra loro». Suler (2000), in modo rigoroso, ha classificato le diverse modalità di terapia online come: 1) testo chat, 2) chat multimediale, 3) telefonate in internet, 4) conferenze audio-video, 5) messaggi istantanei, 6) e-mail, 7) diari di bordo. Gli interventi di sostegno psicologico e terapia svolti online sembrano essere utili soprattutto con pazienti che mostrano difficoltà nello svolgere un percorso faccia a faccia, per colpa di forti stati d’ansia e di vergogna. Una certa fetta della popolazione clinica potrebbe percepire come altamente sicuro e protettivo il setting online messo a disposizione dal professionista (Mancuso, 2019). Però, secondo Migone (2003) una riflessione sulla psicoterapia online non può essere basata esclusivamente sul tipo di pazienti che potrebbero maggiormente usufruire di tale servizio. Infatti, se è vero che pazienti con un Io debole, incapaci di gestire la tensione prodotta dal setting offline, possano avere dei benefici attraverso l’uso di metodiche online, in modo contraddittorio, la ricerca clinica suggerisce che tali interventi sembrano essere invece maggiormente utili proprio nel caso di pazienti 12


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FENOMENI DISSOCIATIVI POST-TRAUMATICI: CONVIVERE CON I FANTASMI DEL PASSATO Eleonora Berretti I traumi producono i loro effetti disgregatori in proporzione alla loro intensità, durata e ripetizione. Pierre Janet

I disturbi dissociativi possono non essere di semplice individuazione da parte dei clinici, intendendo con tale dicitura l’ampio spettro di disturbi che comprende il Disturbo Dissociativo di Identità (did), l’amnesia dissociativa, il disturbo di depersonalizzazione/derealizzazione e il disturbo dissociativo con altra specificazione o senza specificazione (Manuale Diagnostico Statistico V). Gabbard (Gabbard, 2015) pone infatti l’accento sul fatto che i pazienti ricevono una diagnosi di disturbo dissociativo in media dopo 7 anni e che l’80% di loro mostra aspetti evidentemente dissociativi solo per brevi finestre temporali (Lowenstein & Ross, 1992). Brand e collaboratori hanno rilevato che esistono alcune credenze fuorvianti rispetto al Disturbo Dissociativo di Identità e alla dissociazione in genere: ad esempio il fatto che si tratti di una “moda”, o che sia sostanzialmente sovrapponibile al disturbo borderline di personalità, o ancora che sia un disturbo diagnosticato (o sovra diagnosticato) unicamente negli Stati Uniti (Brand et al., 2016). La prima paziente la cui descrizione potrebbe far pensare ad un did è stata Jeane Fery, nel 1586. È indubbio inoltre che molte pazienti diagnosticate come isteriche nel corso del ‘900 avessero probabilmente una componente dissociativa prevalente (Ibidem). In effetti, fino agli anni ‘80 si pensava che le strutture psichiche fondate su processi dissociativi fossero rare (Mc Williams, 2012). È indubbio che una spinta allo studio del trauma e delle sue conseguenze è venuta, proprio negli Stati Uniti, dallo stato di malessere di molti soldati che avevano combattuto nella Guerra del Vietnam negli anni ‘70, portando poi alla formalizzazione della diagnosi di Disturbo Post Traumatico da Stress o ptsd . In realtà le esperienze traumatiche precoci sono molto comuni: negli usa una persona su cinque è stata molestata sessualmente durante l’infanzia, una su quattro è stata picchiata violentemente dai genitori al punto da avere segni visibili sul corpo, una coppia su tre arriva alle mani, mentre un quarto della popolazione è cresciuto con un genitore alcolista, una persona su otto ha assistito mentre la propria madre veniva picchiata. Da questi dati si può dedurre che la specie uma22


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I-CHING E LA SINCRONICITÀ Elisa Bruci

PREMESSA «La via che può essere detta “via” non è la vera via. Il nome che può essere chiamato per nome non è il vero nome eterno. Senza nome è il principio del cielo e della terra, con il nome è la madre delle cose. Ed è nell’alternarsi di Essere e Non-essere che appaiono dell’uno il gran prodigio e i limiti dell’altro. E, pur se nati insieme, hanno nomi diversi e in comune solo il mistero, la porta di ogni meraviglia» Lao-tzû, Tao te-ching

Il Libro dei Mutamenti, in cinese I-Ching, è uno dei testi più antichi della filosofia cinese. L’edizione ad oggi maggiormente comprensibile per noi occidentali è stata quella tradotta da Richard Wilhelm apparsa per la prima volta nel 1929 con prefazione di Carl Gustav Jung. Wilhelm aveva potuto rendere comprensibile questo antico testo cinese, sia perché egli stesso ne aveva appresa la filosofia dal maestro Lao Nai-Hsuan, sia perché ne aveva praticato per anni la tecnica oracolare. L’unica versione in lingua inglese dell’I-Ching antecedente a quella di Wilhelm, fu quella pubblicata da James Legge la quale, tuttavia, sembra aver contribuito ben poco a rendere il testo comprensibile (Jung, 1929, p. 15). Jung stesso si era interessato, per oltre trent’anni, a questa tecnica oracolare quale metodo di esplorazione dell’inconscio e della sincronicità e anche se conobbe Wilhelm solo nel 1920 già da prima aveva avuto dimestichezza con l’oracolo. In questo articolo tenterò di descrivere il metodo oracolare e di saggezza dell’IChing in relazione anche alle concezioni classiche junghiane e alla sincronicità. Esso vuole soprattutto essere uno spunto di riflessione sulla complessità dell’argomento trattato, mi rendo infatti conto dei limiti in cui inevitabilmente mi sono imbattuta nell’affrontare tale proposito. Anzitutto la complessità di accostarsi ad una saggezza, quale quella orientale, così lontana dalla nostra, la quale tende a seguire una linea temporale circolare in un perpetuo movimento a spirale, piuttosto che seguire un percorso lineare causa-effetto tipico della nostra cultura occidentale; in secondo luogo, la difficoltà e, allo stesso tempo, la necessità di sospendere ogni giudizio razionale di fronte ad uno strumento, quale l’I-Ching, che per sua natura è irrazionale. 33


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L’OMBRA Ivana Guercilena

Nell’affrontare questo argomento è necessario premettere che parlare del concetto junghiano di Ombra comporta il limite di essere riduttivi e di non poter essere fedeli a un’entità che non può essere definita e tanto meno descritta in modo esaustivo mediante il codice linguistico. Ci troviamo di fronte a un fatto psichico e a un archetipo, una forma a priori dell’inconscio transpersonale, ereditario e collettivo. Nonostante tale concetto vada oltre una possibile categorizzazione esclusivamente razionale e intellettuale, un possibile approccio allo studio dell’Ombra può essere di tipo fenomenologico ed empirico, ossia a partire dalla sua manifestazione nella realtà umana. L’Ombra come parte della personalità costituisce l’insieme di quelle tendenze, caratteristiche, desideri, atteggiamenti che non sono accettati da parte dell’Io e di funzioni non sviluppate o scarsamente differenziate che rimangono perlopiù inconsce. Come C. G. Jung afferma: «La figura dell’Ombra personifica tutto ciò che il soggetto non riconosce e che pur tuttavia, in maniera diretta o indiretta, instancabilmente lo perseguita: per esempio tratti del carattere poco apprezzabili o altre tendenze incompatibili» (C. G. Jung, Coscienza, inconscio e individuazione, 1939). L’Ombra è l’ignoto, l’Altro, il diverso, il nemico, l’osceno, il grottesco, ciò che non vorremmo essere e che non viviamo consapevolmente e che incominciamo a vedere e a capire solo quando iniziamo a ignorare un po’ l’immagine ideale di noi stessi. Infatti, quelle caratteristiche che dalla famiglia e dalla società vengono additate come immorali, sconvenienti, inadatte, peccaminose, sono perlopiù rimosse dall’individuo e si depositano nell’inconscio. L’Ombra è costituita tuttavia non solo da caratteristiche che a giudizio dell’Io vengono qualificate come negative, ma anche da aspetti che semplicemente non sono per niente espressi, realizzati. Essa è l’altro lato nostro, il fratello oscuro, che fa parte della nostra totalità. La sua integrazione alla personalità cosciente, che non sarà mai comunque totale, determina una profonda trasformazione dell’individuo e un allargamento della sua consapevolezza. L’incontro con l’Ombra è tuttavia un compito arduo. Si determinano infatti delle resistenze in quanto l’emergenza mortifera dell’inconscio provoca paura, poiché come una perturbante minaccia la stabilità della coscienza, in quanto la costringe a confrontarsi con una dimensione ignota. Accanto alla paura deter58


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LA MASCHERA E VAN GOGH (L’ARTE COME PERCORSO INDIVIDUATIVO) Giuseppe Capone

Cosa intendiamo quando utilizziamo la parola persona? Spesso questo termine viene presentato attraverso un mero utilizzo linguistico, come quando si è soliti affermare “quella è una bella/brutta persona”, in questo caso il linguaggio non tiene conto dei suoi limiti e tende a descrivere, unicamente secondo un giudizio positivo o negativo singoli attributi strutturali o sociali di cui un solo individuo tende ad esserne il custode. La parola persona deriva dal latino, può assumere il significato di maschera, ovvero si riferisce alle maschere che gli attori indossavano nel recitare i propri personaggi. Cos’è la persona secondo il pensiero di Jung? Secondo Jung «la persona è un segmento più o meno arbitrario della psiche collettiva». Jung afferma che essa non è completamente distaccata dalla psiche collettiva, ma nemmeno riusciamo a coglierne i suoi fenomeni del tutto personali in quanto la storia del singolo soggetto si mescola alla storia dell’umanità collettiva e di conseguenza risulta complesso sciogliere i segmenti uno ad uno per rintracciarne delle sue qualità stabili e unicamente personali. Quando un individuo accoglie nella sfera della propria coscienza personale contenuti unicamente personali ricavandoli dal materiale collettivo ed erigendoli ad unicità personale mette in moto un meccanismo autoreferenziale e suggestionabile che applica al proprio contenuto cosciente. Di fatto in questo caso assistiamo a dei veri e propri mascheramenti in cui l’individuo pur di conformarsi all’ideale che ha di sé scarta il materiale derivante dall’inconscio collettivo a favore di contenuti ritenuti positivi e condivisibili dai più. Jung continua affermando che la Persona non rappresenta nulla di reale e che non appena togliamo la maschera ci appare l’inconscio collettivo. Con questo Jung non spazza i contenuti individuali della persona in quanto afferma: «La vera e propria individualità si fa sempre notare se non direttamente, almeno indirettamente», quindi l’individualità viene conservata e nonostante i tentativi di nascondimento o di abbellimento, la propria energia, nutrita negli anni dalle immagini della propria storia individuale, esce fuori, soprattutto quando non siamo noi a deciderlo. 64


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ALLEARSI CON L’ASSURDO E IMMAGINARE UN SISIFO FELICE. RIFLESSIONI SULLA SIMBOLIZZAZIONE NELLA PSICOTERAPIA INDIVIDUALE DELLE PSICOSI Paolo Valentini (Università degli Studi di Urbino Carlo Bo) Il macigno rotola ancora. Lascio Sisifo ai piedi della montagna! Si ritrova sempre il proprio fardello. Ma Sisifo insegna la fedeltà superiore, che nega gli dei e solleva i macigni. Anch’egli giudica che tutto sia bene. Questo universo, ormai senza padrone, non gli appare sterile né futile. Ogni granello di quella pietra, ogni bagliore minerale di quella montagna, ammantata di notte, formano, da soli, un mondo. Anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice. [Camus, 1942] In questo momento in cui ozio nell’ufficio mentre tutti gli altri sono andati a pranzo, guardo attraverso la finestra opaca il vecchio traballante che percorre lentamente il marciapiede dall’altra parte della strada. Non è ubriaco, è un sognatore. É attento all’inesistente; forse spera ancora. Gli Dei, se sono giusti nella loro ingiustizia ci conservino i sogni anche quando sono impossibili e ci diano sogni buoni anche se meschini. Oggi che non sono ancora vecchio, posso sognare isole del Sud e Indie impossibili; domani forse gli Dei mi daranno il sogno di essere padrone di un piccolo spaccio di tabacchi o pensionato in una casetta della periferia. Qualsiasi sogno è sempre lo stesso sogno, perché tutti sono ugualmente sogni. Che gli Dei cambino a loro piacimento i miei sogni, ma non il dono di sognare. Durante una pausa della mia riflessione il vecchio è intanto uscito dalla mia visuale. Non lo vedo assolutamente. È uscito. Per me ha avuto il dovere visuale di simbolo; è passato e ha girato l’angolo. [Pessoa, 1982]

Al di là della correlazione tra la proverbiale astuzia di Sisifo e la punizione inflittagli dagli Dei per esser riuscito eroicamente a fuggire dall’Ade varcando in senso opposto i confini dell’aldilà, possiamo affermare che l’incessante movimento della pietra e dell’uomo nella condanna di Sisifo entra in similitudine con la nostra condizione esistenziale e riflette anche le oscillazioni nella psicoterapia della psicosi. La terapia accoglie di continuo il dolore, riparte proprio dalla sue coordinate, dal suo fardello. La psicoterapia forgia il “Sisifo Felice” camusiano nel suo saggio sull’assurdo e diventa una palestra per l’accettazione del destino, per districarsi nell’assurdo e tendere all’autenticità. Recuperare la dimensione simbolica è ripartire dall’assurdo senza risolverlo. Il simbolo: ‹‹Forma una base intermedia 71


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LA SIRENA COME ANIMA NE LA DONNA DEL MARE DI IBSEN Riccardo Gramantieri

1. INTRODUZIONE L’archetipo dell’anima si esprime attraverso una molteplicità di simboli. La psicologia analitica ne ha individuati diversi: dea, angelo, strega, sirena, serpente. Le situazioni in cui questo elemento femminile della personalità maschile emerge si riconducono tutte ad una condizione di irrazionalità, di fantasmi e fantasie e di sogno; e nell’ambito delle condizioni di salute, ad uno stato di nevrosi o psicosi. Scrive Carl Gustav Jung: “Il mondo maschile tradizionale con il suo intellettualismo e razionalismo si presenta come un impedimento, e da ciò si deve dedurre che l’inconscio, con cui il soggetto prende contatto, è in netto contrasto con le tendenze della coscienza, e che il sognatore prova già adesso, malgrado questo contrasto, una notevole inclinazione verso l’inconscio. L’inconscio non deve essere subordinato al giudizio razionalistico della coscienza; dev’essere invece un’esperienza viva sui generis” (Jung, 1944, p. 54). L’irrompere dell’Anima nella personalità dell’uomo1 si manifesta con l’irruzione nel quotidiano, legato alla concretezza, dell’irrazionalità che Jung associa all’elemento femminile, psicologicamente più antico. Questo crea nell’uomo un cambiamento che va superato, pena lo sviluppo di un disagio mentale. Jung spesso ha fatto ricorso ad esempi letterari per esemplificare l’azione degli archetipi e per mostrare i cambiamenti di personalità all’emergere di essi. Un esempio di rappresentazione dell’Anima è la figura della sirena. Personaggio ambiguo della mitologia greca, ma anche di quella nordica, essa rappresenta lo strato profondo dell’inconscio che in particolari condizione emerge alla coscienza. Fra le opere letterarie moderne segnalate da Jung per esemplificare un comportamento archetipico della donna c’è il dramma La donna del mare del drammaturgo norvegese Henrik Ibsen. Jung lo cita principalmente per esemplificare un pattern comportamentale della donna, che sarebbe, per sua natura, “predisposta” all’attesa dell’uomo amato. Egli, come anche altri critici e analisti di area junghiana, hanno letto l’opera dal punto di vista della protagonista Ellida Wangel. Ella 1 Avviene un processo simile anche nella donna ma, secondo Jung, con caratteristiche inverse: quando emerge l'Animus c'è l'irruzione dell'intellettualismo. Scrive Jung: “L’Animus, al contrario, è rigido, attaccato ai propri princìpi, pronto a imporre la legge, didascalico, riformatore del mondo, teorico, venditore di parole, litigioso e avido di potere” (Jung, 1940/1950, pp. 121-122).

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L’UNENDLICH FUTILE, IL DILETTEVOLE PASTO DALLA FIEREZZA ALLA MOD-ESTIA DEL CONOSCITORE SCONOSCIUTO Giuseppe M.S. Ierace1

Agenbite of inwit è errore ortografico per Ayenbite of inwyt, il titolo di un trattato francese (La Somme le Roy, Livres royaux – Somme – des vices et des vertus, o Miroir du monde, 1279), composto dal frate domenicano Frère Laurent per re Philippe III le Hardi, tradotto un po’ troppo alla lettera nel 1340 in un dialetto (Kentish) Middle English, da Michael di Northgate. La materia morale viene trattata soprattutto allegoricamente e i sette peccati capitali, per esempio, sono identificati con le sette teste della Bestia Apocalittica. La preferenza per la traduzione dei termini originali in composti di parole inglesi, piuttosto che prese in prestito dal francese o dal latino, è la caratteristica principale di una sorta di purismo linguistico. E difatti il titolo ne è l’esempio più lampante, “di nuovo morso” per “rimorso”, e inwyt, “dentro-conoscenza”, per “coscienza”. Persino amen viene reso con Zuo by hit, “so be it” (così sia). Utilizzato da James Joyce, nel contesto dell’Ulysses (1922), per la giornata di Harold Bloom a Dublin (in irlandese Baile Átha Cliath), la frase si rafforza. Con il cambiamento di consonante, si rende più vicina all’inglese moderno ed è come se, nel turbinio dei pensieri del protagonista, il rimorso si rendesse più fastidioso e al contempo familiare: «They wash and tub and scrub. Agenbite of inwit. Conscience...Venus had twisted her lips in prayer. Agenbite of inwit: remorse of conscience. It is an age of exhausted whoredom groping for its god... Agenbite of inwit. Inwit’s agenbite. Misery! Misery!». Joyce fa del rimorso quell’introspezione che non può fare a meno di se stessa. In ogni caso, l’introspezione, l’insight, è la vera direzione di ogni moto dell’anima, l’ubiquità di qualsiasi psicodinamica, la posizione di ogni autentico valore, il grado di tutti i privilegi come di tutte le condanne. In quanto indica il tasso di assorbimento della persona. 1 Neurologo, psichiatra, psicoterapeuta: da primario psichiatra ha diretto uno dei Centri di Salute Mentale della provincia di Reggio Calabria; da professore a contratto presso l’Università di Messina, ha insegnato nelle Scuole di specializzazione in Geriatria, Psicologia Clinica e Igiene Mentale. Giovane redattore del mensile “Gli Arcani” (1972-1980), ha collaborato con numerose riviste di psicologia del profondo, simbolismo, iconologia, ermetismo, esoterismo, mitologia, misteriosofia, rituali magico-iniziatici, tra cui “L’Età dell’Acquario” di Bernardino Del Boca, “Conoscenza” di Loris Carlesi, “Rivista italiana di Teosofia” di Edoardo Bratina, “Kemi-Hathor” (fondata nel 1982 da Angelo Angelini).

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RECENSIONI

Gareth Knight

Viaggio iniziatico nei mondi interiori. Un corso in magia cabalistica cristiana Spazio Interiore, Roma 2018 ISBN: 9788894906103 Pp: 384; € 22,00

Frammenti di viaggi interiori di Giuseppe M. S. Ierace In Viaggio iniziatico nei mondi interiori. Un corso in magia cabalistica cristiana Gareth Knight lamenta come la Magia si sia allontanata tanto dal pensiero religioso quanto da quello scientifico, perdendone così, di quest’ultimo, l’impostazione razionale e del primo la disciplinata vitalità. In ambito esoterico, infatti, si tende sempre drasticamente a discriminare tra “esperienza” mistica e “sperimentazione” magica. Nonostante lo storico della scienza Eric John Holmyard abbia riconosciuto quanto poco fosse da considerare illogico quell’alchimistico mescolare la praticità della ricerca chimica con una teologia degli elementi da cui si suppone tragga origine ogni sostanza della quale è composta la materia del nostro universo. Tra materia e spirito, C. G. Jung vi intravedeva persino un regno “intermedio”, dove l’essenza “sottile” potesse assumere la proprietà di manifestarsi psichicamente. Riassumendo, allora, certe “problematiche” si situano in un settore totalmente diverso da quello noto! E già una prima questione da affrontare riguarda l’apocalittica (in senso etimologico: da apokálypsis, ἀποκάλυψις) rivelazione, da un lato, e la naturalità della religione, dall’altro, con le opposte prospettive, rispettivamente di “un” dio che comunica con l’umanità, oppure dei singoli mortali che, proprio per questa loro condizione di effimera temporaneità, si sentono inspiegabilmente e irrimediabilmente attratti dall’infinito e dall’assoluto. Per gli occultisti, gli spiriti della natura “vivono” di

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Riflessioni sul virus di Maria Pusceddu Psicoterapia online: tra clinica e ricerca di Alessandro Raggi e Salvatore Di Costanzo Fenomeni dissociativi post-traumatici: convivere con i fantasmi del passato di Eleonora Berretti I-Ching e la Sincronicità di Elisa Bruci L’Ombra di Ivana Guercilena La Maschera e Van Gogh. L’arte come percorso individuativo di Giuseppe Capone Allearsi con l’assurdo e immaginare un Sisifo Felice. Riflessioni sulla simbolizzazione nella psicoterapia individuale delle psicosi di Paolo Valentini La sirena come Anima ne “La donna del mare” di Ibsen di Riccardo Gramantieri L’unendlich futile, il dilettevole pasto. Dalla fierezza alla mod-Estia del conoscitore sconosciuto di Giuseppe M.S. Ierace

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