E il mensile maggio 2012

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Dal franchismo a oggi

Il riconoscersi, l’accettare l’altro qui è tema di dibattito. Spinoso e attuale. Iñaki Egaña è il presidente della Fondazione Euskal Memoria, nata sull’idea che la memoria si debba costruire nell’intreccio del racconto dei testimoni sparsi per tutto il Paese basco. La fondazione ha diffuso un documento dal titolo evocativo: “474”.

È il numero delle vittime causate dalla violenza dello Stato, dal franchismo a oggi, comprese le più recenti denunce di tortura in commissariato. «Dovremo attingere alle esperienze di Irlanda del Nord, Sudafrica, o Sudamerica, Salvador, Nicaragua, Guatemala. Chi è la vittima di un conflitto politico-militare? Io non considero un militante di Eta una vittima, perché è una scelta volontaria, ma non lo sono neanche, secondo me, i funzionari armati dello Stato. Per quanto riguarda le persone colpite da Eta si sa chi ha ucciso, c’è chi sta scontando sino a trent’anni di carcere, c’è stata una riparazione economica. Non è così per le vittime dello Stato o per quelle – basche come spagnole – del franchismo. Non sarà possibile costruire un racconto unico, lo fanno solo le società totalitarie, ma si dovrà riconoscere che c’è stata una differenza di trattamento

tra le vittime. Tra quelle del franchismo questa discriminazione era evidente. C’era gente che denunciava di essere stata in carcere e lo Stato chiedeva loro la prova». La narrazione comune quasi impossibile da comporre scatena polemiche. È inevitabile. Già nei numeri. Parlare di 1.320 vittime, accomunando los dos bandos, le due parti in conflitto, scatena grandi discussioni. Per decenni ci sono state vittime, in alcuni casi ormai riconosciute come tali a livello giuridico, che hanno dovuto rimanere nell’ombra. E non sono solo le vittime del Gal. Euskal Memoria sta raccogliendo, città per città, le testimonianze dirette dei torturati, dei morti senza


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