Hi-Tech Ambiente n. 4.2017

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La nuova economia della plastica riciclabili in termini di recupero di materia. Questa categoria comprende: tutti gli imballaggi di piccolo formato (sacchettini, chiusure strappabili, piccoli coperchi, involucri di caramelle, cioccolatini e simili); gli imballaggi multi-materiali, costituiti da abbinamenti plastica+carta, o anche da plastiche diverse, coestruse o accoppiate per ottenere particolari requisiti estetici o funzionali (come la barriera all’ossigeno, indispensabile per confezionare alimenti a lunga conservazione); gli imballaggi costituiti da materiali plastici poco comuni, come il PVC e il polistirene rigido; gli imballaggi destinati a contenere gli alimenti umidi, come quelli per il cibo da asporto, i sughi pronti, gli alimenti per animali. Questi imballaggi sono difficili da raccogliere e ancor più difficili da riciclare, ed è quindi necessario tener conto di ciò e ripensare l’utilizzo dei materiali plastici, in qualche caso abbandonando i materiali tradizionali a favore dei nuovi materiali biodegradabili. Gli imballaggi di piccolo formato andrebbero il più possibile evitati e così pure gli imballaggi multimateriali o costituiti da materiali plastici poco comuni. In alternativa, occorre sviluppare tecnologie di recupero chimico tecnicamente valide ed economicamente sostenibili, in modo che le plastiche non riciclabili possano essere convertite in monomeri per la produzione di nuove materie plastiche. Relativamente, invece, al “rendere economicamente attraente il riuti-

Il problema delle microplastiche

Con il termine “microplastiche” si indicano i frammenti o corpuscoli con dimensioni inferiori a 2 mm, praticamente invisibili ad occhio nudo ma che si trovano in notevoli quantità anche nei nostri mari. Una ricerca condotta dall’ISMCNR indica che nel Mediterraneo si trova una media di 1,25 milioni di frammenti di plastica per kmq; in termini di peso, nel tratto di mare tra Toscana e Corsica si è riscontrata la presenza di circa 10 kg di microplastiche per kmq. Le microplastiche provengono da

molte fonti: dalla frammentazione (per effetto di azione meccanica e dei raggi UV del sole) degli oggetti di plastica di maggiori dimensioni; dalle fibre sintetiche (si calcola che ogni ciclo in una lavatrice domestica scarichi nell’ambiente oltre 700.000 microfibre); dall’igiene quotidiana dell’uomo con l’impiego di dentifrici e cosmetici nella cui composizione sono presenti piccolissimi granuli di plastica. L’effetto delle microplastiche sugli organismi marini non è chiaro. La plastica è biologicamente i-

lizzo”, bisogna dire che purtroppo il basso costo degli imballaggi plastici ha reso popolare l’usa e getta, ma questa pratica non è sostenibile e deve essere il più possibile scoraggiata, anche attraverso l’applicazione di contributi di riciclo e di ecotasse. I consumatori hanno mostrato di accettare di buon grado l’uso di sacchetti e borse durevoli e di contenitori riempibili per i detersivi; alcuni supermercati stanno

estendendo queste pratiche ai cibi secchi per animali. La pratica del vuoto a rendere potrebbe essere ripristinata, almeno per le bottiglie di grande formato; e le cassette da frutta a perdere dovrebbero essere sostituite da quelle con le pareti ripiegabili, che possono essere restituite e riutilizzate a costi contenuti. Nel settore degli imballaggi industriali, i sacchi e lo stretch film dovrebbero essere abbandonati in fa-

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nerte, ma pesci ed altri animali che la ingeriscono possono avere una sensazione di sazietà, e quindi non cibarsi in quantità adeguate al loro fabbisogno vitale. Inoltre, è noto che alcuni prodotti tossici di origine industriale, come i PCB e gli ftalati, tendono ad essere adsorbiti dai frammenti di plastica e, quindi, possono entrare nelle catene alimentari marine, fino alla nostra tavola. Il problema delle microplastiche deve essere affrontato su due versanti: - vietando l’uso delle microplastiche nei dentifrici e nei cosmetici. Provvedimenti di questo tipo sono stati auspicati dall’Agenzia per l’Ambiente dell’Onu e sono già stati emanati da alcuni Paesi (tra cui Inghilterra e alcuni Stati dell’Usa) - intercettando le microplastiche presenti nelle acque di scarico urbane e industriali. Gli attuali depuratori realizzano un’eliminazione solo parziale, ma esistono processi di filtrazione spinta e di centrifugazione in idrocicloni che sono allo studio in Università e grandi industrie del settore depurazione, come Suez-Degremont. vore di cassoni riutilizzabili. Anche se l’imposizione di contributi e tasse non è mai bene accetta, il mondo della plastica deve essere lungimirante. Incentivare il riutilizzo può significare una riduzione del 20% nei rifiuti plastici, per un valore corrispondente ad almeno 9 miliardi di dollari/anno. In merito, infine, al “rendere ecoContinua a pag. 60


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