Khadija

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navano ad un lungo conversare intimo tra di loro, ordinati come due scolaretti, ben vestiti nella loro giacca dai rever cortissimi, stretti sotto la gola da una camicia che spuntava bianca e a girocollo, senza la prigionia della cravatta. Portavano sempre un cannocchiale in una busta di pelle appesa alla spalla, abitudine che mi sembrava un vezzo alla moda degli esploratori, più che una reale necessità. Giocando a carte con loro, e sempre riuscivo a farli perdere, scoprii che mancavano di quell’intuito e di quel guizzo che ci si aspetta da chi lascia luoghi sicuri per terre desolate. Tra gli esploratori v’era un inglese fiero nel portamento, salace nelle battute ogni qualvolta si parlava degli europei, ma per il resto schivo nella conversazione. Si chiamava Edward Thurn, tutti lo chiamavano semplicemente l’inglese, e gli arabi, con la loro mania per i nomignoli che graffiassero i connotati fisici di ognuno di noi, lo avevano soprannominato il leone fulvo, perché era rosso di capelli. La barba gli incorniciava un volto riflessivo e cupo. Da parte mia ero incerto se collocarlo fra gli uomini che scelgono di divenire missionari, perché ribelli alle convenzioni e al potere stesso che li aveva consacrati, o fra gli animali indomabili. V’era in lui una selvaggità che mi intrigava e mi riempiva di desiderio di carpirgli i pensieri più segreti, come se soltanto lui, fra tutti coloro che sulla nave viaggiavano, fosse riuscito ad addensare il meraviglioso di quel paese oscuro verso cui andavamo. Edward mi seduceva instancabilmente con il suo motteggiare ironico. Gli strinsi la mano con ardore pieno di curiosità di conoscerlo. Vestiva con camicie scure e a quadretti e gilet a tasconi, sempre abbottonati. Aveva un’autentica ossessione per tutto ciò che fosse orientale. Conosceva venti lingue, oltre all’arabo e all’amarico. Viaggiava inoltre con pochissimi bagagli. Scoprii più tardi che l’unica sua preoccupazione era quella di non avere abbastanza carta per scrivere. Annotava tutti i suoi viaggi in preziosissimi diari da cui traeva articoli per i giornali. Temeva, mi disse, che la memoria affaticata dai disagi del viaggio non lo sostenesse. Dopo il pranzo si sedette vicino a me ed estrasse confiden24


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