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In generale, al di là di alcuni lavori più o meno interessanti, l’operazione nel complesso lascia un po’ storditi, proprio perché Documenta – e in generale il format Biennale – dovrebbe incarnare un modello espositivo differente e alternativo rispetto al museo o alla Kunsthalle, mentre questa scelta contravviene al processo di liberazione dall’estetica museale e anzi la rafforza. Volendosi porre come un’operazione di rottura, appare invece profondamente conservatrice nei modi e nei fatti e lascia tutti con una domanda bruciante; era questo il giusto modo per attivare il dialogo e lo scambio promesso dal progetto curatoriale? L’impressione generale sulla mostra va migliorando una volta che ci si allontana da Friedrichsplatz. Alla Neue Neue Galerie si entra più nel vivo delle questioni che la mostra vuole affrontare, e stavolta attraverso lo sguardo degli artisti e delle opere. Tra gli altri, Roger Bernat (Spagna, 1968) crea un inquietante raffronto tra l’agorà greca e il Thingspiel, luogo di intrattenimento nazista, spiegato attraverso un pannello esplicativo e un video; The Society of Friends of Halit, un gruppo interdisciplinare, presenta una documentazione che attesta le ricerche compiute a seguito dell’omicidio di Halit Yozgat, immigrato ventunenne, avvenuto a Kassel nel 2006 ad opera di un gruppo neonazista, punto di partenza per una riflessione sull’immigrazione e le sue conseguenze nel tessuto sociale. La stessa struttura della Neue Neue Galerie, un ex ufficio postale, favorisce il dialogo tra le opere e lo spazio. Inizia a delinearsi meglio un filo conduttore, che lega alcuni temi principali alla natura stessa delle sedi scelte per questa edizione di Documenta; così se l’ex ufficio postale raccoglie riflessioni sul movimento delle persone e delle merci, sulle possibili intersezioni e scambi (l’immigrazione appare in questo contesto un tema portante), l’Ottoneum, ovvero il museo di storia naturale di Kassel, è (debolmente) concentrato sul “teatro della terra” e il Museo dei fratelli Grimm appare saldamente e convincentemente ancorato alla favola e al linguaggio, con opere significative di Roee Rosen (Israele, 1963), che ricostruisce la storia del Mercante di Venezia in una serie di disegni, e di

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