OFFICIAL Made in Italy Magazine February 2017

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«Mi piace disegnare scarpe che avvolgano i piedi dando la piacevole sensazione di camminare a piedi nudi»: è il motto e la mission che da anni contraddistinguono Thierry Rabotin, stilista che ha dato il suo nome al marchio di calzature Made in Italy realizzato con la Parabiago Collezioni, fondata insieme a Karl Schlecht e Giovanna Ceolini. La sede dell’azienda è a Busto Garolfo, in Lombardia, e tutto viene prodotto in Italia e spedito all’estero, che è la più grossa fetta del mercato. Abbiamo parlato con Karl Schlecht di questi anni di attività che hanno portato oggi ad avere 450 rivenditori in tutto il mondo e tre flagship stores tra Roma, New York e Parigi.

vanta: Thierry Rabotin aveva già fatto un campionario nel 1986 con Giovanna Ceolini, ma negli anni Novanta abbiamo deciso di dedicarci anche alla produzione, che prima affidavamo a collaboratori esterni, così nel 1999 abbiamo fondato la Parabiago. È stata una scelta per poter lavorare meglio: per avere un prodotto di qualità devi avere il controllo assoluto su ogni fase della produzione; dall’ideazione alla consegna, fino alla costumer relation, altrimenti sei obbligato a dipendere da altri e si instaura una catena di problematiche difficili da gestire. Creare la nostra fabbrica ci ha permesso di fare le cose che volevamo e che prima non si potevano fare.

Quali sono stati i primi passi dell’azienda? Il primo passo è stato negli anni No-

E subito vi siete aperti all’estero… Sì, iniziando con gli americani e poi con la Russia, un mercato che è nato

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per uno sbaglio che si è poi rivelato fortuito. Un nostro cliente russo aveva comprato scarpe per i suoi negozi di New York: per sbaglio però le hanno spedite a Mosca, e quindi hanno deciso di provare a venderle lì. Ha funzionato. Una grossa fetta del vostro mercato oggi è data da Russia e Stati Uniti, quali crede che siano le qualità più apprezzate del marchio all’estero? Funziona così bene perché è estremamente comodo. Oggi forse il mercato italiano rappresenta per noi il 5 per cento del totale: l’italiano come consumatore fa più fatica a capire il nostro prodotto perché non assomiglia alle solite scarpe a cui siamo abituati. All’inizio è stato un problema anche con la Russia, ma poi hanno scoperto la comodità delle nostre

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