Editoriale O
ggi si parla tanto di valori persi, di gente sempre più rassegnata, senza speranza; assuefatta da una vita senza sapore, senza futuro. Non abbiamo cure né farmaci certi per questa “malaria urbana” della nostra epoca.
U
na delle conseguenze più preoccupanti di questa condizione umana senza sogni e speranze per il futuro, è il diffondersi, con una velocità di propagazione impressionante, di un’acuta patologia sociale prodotta dalla stretta dipendenza dell’individuo dal consumo di Effimero.
P
ubblicità ed esperti di marketing hanno creato e riprodotto attraverso tutti i mezzi di comunicazione di massa oggi disponibili, una vera e propria “pedagogia dell’effimero”, fondata sul principio attivo di dare valore a ciò che piace e che, all’apparenza, sembra bello.
S
i tratta di un vero e proprio “modello culturale di massa”, il cui unico obiettivo, è quello della massimizzazione del profitto attraverso la creazione di “bisogni effimeri”, modificando il sistema di apprendimento e la gerarchia dei valori etici dell’in-
dividuo per educarlo ad una cultura della realtà virtuale che sostituisce progressivamente la realtà del presente e la memoria del passato.
L
’obiettivo centrale di questa incessante campagna di comunicazione, che può portare il genere umano a scelte irrazionali e pericolose perfino della propria esistenza, è quello di una “metamorfosi” radicale della capacità creativa e di immaginazione delle comunità urbane e metropolitane, laddove nel 2045 (secondo le previsioni dell’ONU) vivrà circa