Arte e storia delle Madonie. Studi per Nico Marino, Voll. IV-V

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tutte quelle preesistenti ed erano impostate a livello di roccia, contrariamente a quanto avevo ritenuto, ma mettendo a disposizione di tutti i risultati evidenziati con la ricerca sul terreno. In questa sede mi limiterò unicamente ad illustrare alcuni dati che, con evidenza, documentano una sia pur parziale rifrequentazione del sito dell‟antica colonia [Figg. 2-3] in pieno IV sec. a.C., senza nulla togliere alla tradizionale cronologia che segna, come nelle fonti letterarie, la distruzione della città dopo la sconfitta del 409 a.C: la città, ben inteso, come entità politico militare. È del resto più che plausibile che possano essersi verificati, sia pur isolati, episodi di rifrequentazione di un sito, integrando con strutture precarie resti murari superstiti, anche quando l‟esistenza politica, militare ed economica della città non “esistono” più. Come si evince, infatti, dalla testimonianza di Diodoro Siculo (XIII,114), con il trattato di pace stipulato nel 405 a.C. tra Dionisio I ed i Cartaginesi, gli imeresi superstiti, e così anche altri abitanti dell‟Isola, furono autorizzati a rifrequentare il sito delle loro città con il vincolo perentorio di non poter riedificare mura di fortificazione. È certo che lo storico di Agira si riferisce agli imeresi e non agli abitanti di Thermai Himeraiai, che nello stesso brano distingue, precisando, altresì, nel lemma adottato, che si tratta di ricostruzione, ripristino, restauro, evidentemente di strutture danneggiate. Come si è riscontrato con la ricerca sul terreno 5 che ho potuto condurre, gli Isolati XV e XVI [Figg. 4-5], si articolano, come gli altri ad Himera, in blocchi, piuttosto regolari, di circa m 16,00 x 16,00, Anche in quest‟area, infatti, i singoli blocchi di abitazione [Fig. 6] sono riconoscibili, malgrado le complesse vicende edilizie e le particolari difficoltà incontrate nella conduzione dello scavo e nella lettura stratigrafica in un‟area fortemente turbata da interventi seriori e dove l‟interramento era modestissimo. Non pare, comunque, di dover riscontrare, almeno all‟atto dell‟impianto, presunte “anomalie” di alcun genere sebbene, la stessa ubicazione “periferica” potrebbe giustificarle. Se infatti l‟oikopedon (unità di misura adottata), come del resto anche in altri quartieri imeresi [Fig. 3], non è regolare, in questi isolati, non si riscontrano elementi tali che possano giustificare un‟anomala lettura, tenuto conto dei vasti e complessi rimaneggiamenti da riferire ad una, quanto meno parziale, rioccupazione del IV sec. a.C. Come si può vedere dal documento che si è potuto elaborare [Fig. 6], nell‟area esplorata, è nettamente leggibile una scansione in blocchi, malgrado alcuni limiti A. TULLIO, L‟abitato. Isolati XV-XVI, in Himera II. Campagne di scavo 1966-1973, Roma 1976, pp. 373470, tavv. LI-LXXIII.

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