MZK news n°4 - Settembre 2017

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GR m u s i c

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MZK News Settembre/ Ottobre 2017

Ph.by Roberta Krasnig

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Sommario MZK News N°4 Settembre/Ottobre 2017 Editore MZK Lab S.r.l.s. Via Flaminia 670, 00191 Roma Direttore Responsabile Valeria Barbarossa Art Director & Progetto Grafico Jacopo Mancini Assistenza Legale Avv. Vanessa Ivone Caporedattore Alessio Boccali Redattori Carlo Ferraioli, Francesco Nuccitelli Collaboratori Esterni Gianluca De Angelis, Alessandro Sgritta, Gianluca Meloni

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Sede Redazionale Via Emilia 82, 00187 Roma Sito & Contatti Tel. +39 3331785676 www.mzknews.com redazione@mzknews.com Stampa produzione@miligraf.it Via degli Olmetti, 36 Formello 00060 Marketing & Comunicazione Alice Locuratolo comunicazionemzknews@gmail.com Tel +39 / 3382918589

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Autorizzazzione rilasciata dal Tribunale Civile di Roma N°2 / 2017 del 19.1.2017

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40 AVVISO IMPORTANTE: Alcune delle foto di questa rivista sono tratte dalla rete internet in totale mancanza di indicazioni sul

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Sommario

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EDITORIALE: Vynil is not dead... BABY K IL CILE INDIE: Un’evoluzione necessaria GAZZELLE MUZIKI ETICHETTE DISCOGRAFICHE CURIOSANDO: Amy... EX DOGANA & VILLA ADA ANALISI TESTI IL PLAYBACK GENERATION: Bonobo SPAZIO FESTIVAL: Electronic Music Summer LA MUSICA SYNTHWAVE LUOGHI DI CULTO: Studio 54

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l i f e s t y l e 37 38 40 42 44 46 48 50 52 54 56

ROMA IN MUSICA MEI: Forum del giornalismo musicale MOGOL VOCI DAL LIVE OFFICINA PASOLINI: Tosca DAL QUARTIERE: Ananìa & Bussoletti MUSIC ‘N’ DRUG AUDIO RANDOM SPAZIO MUSICA La Life è Bella: Cross The Streets LE COLONNE SONORE

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copyright sulla proprietà e sull’autore, si intendono quindi usate in completa buona fede. Chiunque riconoscesse come suo uno scatto è pregato di segnalarcelo per un’immediata soluzione del problema. Contatta redazione@mzknews.com

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Editoriale

VYNIL

IS NOT DEAD…

I

l mercato della musica è molto cambiato negli ultimi vent’anni a causa dello tsunami Internet; sul terreno digitale, infatti, si è subito andato ad affermare un consumo della musica in forma aeriforme frutto della tecnologia dello streaming. Tutto ciò ha provocato una perdita di interesse nei confronti del supporto musicale, eccezion fatta però per il formato del vinile. A tal proposito ho deciso di parlare di questa anomalia con Riccardo De Stefano, responsabile editoriale di Casa Del Vinile, azienda leader nella produzione di vinili con sede a Roma. Secondo Riccardo questa riscoperta del supporto in vinile è innanzitutto frutto di quel terzo principio della dinamica, che in fisica recita così: “Ad ogni azione corrisponde una reazione pari e contraria”. Questa tendenza, infatti, sarebbe una reazione al dilagare dello streaming; un afflato nostalgico del vinile in quanto manifestazione di un antico mondo musicale. Il tutto nell’intento nobilissimo di ridare valore alla musica.

“Il vinile è un quadro. Basta guardarlo per capire che è più di quello che passa nei solchi di un cd o negli 0 e negli 1 di un file digitale.” Ci tiene a precisare De Stefano. La musica è, infatti, attenzione ai dettagli, è colori, è atmosfera. La musica è scegliere, è ritagliarsi uno spazio di tempo per ascoltare e riflettere su ciò che stiamo ascoltando. Come procede quindi il mercato del vinile? Bene, se pensiamo che, del totale della musica venduta, il 5% riguarda proprio questo supporto. Un dato fortemente in crescita se paragonato a quello 0,4 % degli anni ’90 è rappresentato prevalentemente da quelli che Simon Reynolds definirebbe retromaniaci. Sia ben inteso, se il vinile in passato non è mai morto è anche, e soprattutto, grazie al collezionismo – e questo me lo conferma anche Riccardo De Stefano nella nostra chiacchierata – perché il vinile, che è il supporto forse più “scomodo”, è comunque un oggetto dal fascino immenso… Basti pensare al rumore provocato dalla puntina del giradischi al contatto con il disco stesso per capire quanto questo leggerissimo crepitio sia esso stesso “musica” per le orecchie di chi ama quest’arte. Insomma, c’è tutto un feticismo attorno a questo modo di fruire la musica che non va messo in secondo piano e che va al di là della qualità del suono emanato dal supporto.

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di Alessio Boccali

Tutti, ma proprio tutti, gli artisti possono “finire” su vinile? Per togliermi questa curiosità Riccardo mi cita due esempi distinti ed altrettanto degni di nota. Il primo riguarda il mondo delle etichette indipendenti; in particolare il responsabile di Casa Del Vinile mi fa presente quanto queste oggi credano nel vinile tanto da stampare i dischi dei loro artisti anche in questo formato, magari in edizione limitata, così da rendere questi supporti delle vere e proprie rarità per collezionisti. Il secondo esempio riguarda invece l’ultimo album di Fabri Fibra, uno degli artisti più mainstream del momento, che con “Fenomeno”, appunto, è nella classifica dei vinili più venduti in Italia, subito poco dopo dei mostri sacri come Pink Floyd, Beatles e Led Zeppelin… Insomma, prendendo in prestito il titolo del libro di Dieter Jacob dedicato a Frank Zappa “VINYL IS NOT DEAD, IT JUST SMELLS FUNNY” - il quale alludeva all’approdo in un’epoca nella quale “il vinile non era morto, ma odorava di strano” - si può ribattere che oggi il vinile sta tornando lentamente “ad odorare meno di strano” e a far parte delle nostra vita quotidiana. Ebbene, non c’è dato sapere se si tratti di una semplice, seppur importante, reazione o di un principio di rivoluzione, la cosa certa è che il mondo del vinile non è morto, anzi è vivo più che mai.


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K Y B A B Le interviste

a n i g e La R e t a t s e ’ l del e non solo…

di AlessioBoccali

C

laudia Nahum, in arte Baby K, è la “femmina alfa” del rap italiano. Con i suoi pezzi ed il suo sound urban ci ha fatto scatenare anche quest’estate. Ma occhio a definirla soltanto la rapper dei tormentoni, nella musica di Baby K c’è anche tanto altro ed in questa chiacchierata voglio farvelo scoprire.

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Le music interviste

“Tutto è partito da My Space...” mzknews.com | MZK News | #musicazerokm | 9


Le interviste music Ciao Claudia, partiamo dalla hit uscita quest’estate “Voglio ballare con te”; un pezzo tutto da ballare, che ti elegge anche quest’anno, come lo scorso con “Roma-Bangkok”, la regina dell’estate. Cosa mi dici di questo pezzo che ti sta dando così tante soddisfazioni? È stato un bellissimo ritorno, non era stato studiato come un ritorno estivo, ma è capitato a causa del lungo tour con il pezzo precedente, che citavi anche tu, ed è andata bene così. Era ora di tornare

perché da un bel po’ non pubblicavo singoli e sono molto contenta dei risultati ottenuti – milioni di views su YouTube, un doppio platino per le vendite…- non potevo davvero chiedere di più. Torniamo un po’ alle origini. Fin da piccola hai girato il mondo: sei nata a Singapore e cresciuta a Londra dove hai frequentato la Harrow Young Musicians ed hai conosciuto e collaborato con tanti grandi artisti stranieri. Quanto ha in-

fluito il tuo essere così cosmopolita sulla tua musica? Beh, tantissimo! Con la crescita si sviluppano anche i tuoi gusti musicali quindi essendo stata in un altro paese rispetto all’Italia, i miei riferimenti culturali e pop erano molto diversi da quelli italiani. Sono cresciuta nella periferia di Londra, dove la musica urban era il punto di riferimento di tutti i giovani ed anch’io sono stata plasmata da questa musica; seguivo il 2-step UK garage ed ho iniziato a rappare su quei tipi di base. La musica urban ha sicuramente segnato i miei gusti da lì in avanti. Lì la musica è una vera e propria materia presa molto sul serio nelle scuole, quindi io ho sempre fatto musica: ho fatto parte di tre cori, ho suonato il flauto traverso… Di sicuro se fossi cresciuta in un altro posto non avrei fatto lo stesso percorso artistico. Arrivata in Italia, dopo aver partecipato come guest all’interno di molti album hip hop, decidi di incidere i tuoi primi EP che iniziano a farti affermare prima a Roma e poi in tutto il Paese, grazie anche al web. Cosa mi racconti di questi primi momenti di carriera da solista? Tutto è partito da MySpace. Inizialmente sono stata contattata da due grandi della scena rap/hip hop romana come Squarta ed Amir. Ho iniziato ad incidere i primi brani, il primo featuring con Amir, insomma a muovermi anch’io nel panorama romano. Poi, pubblicando sempre di più i miei pezzi, in tanti mi hanno chiesto dei featuring, nonostante io non li cercassi più di tanto perché ero convinta di volercela fare da sola a tutti i costi; per questo ho fatto il primo EP da sola, registrato in cameretta correndo per la stanza, dal microfono al pc, per premere rec., play ecc. Dal secondo EP poi ho cominciato ad affinare il mio sound, a sapere veramente cosa volevo fare con la mia musica ed ho deciso di realizzare anche un video per “Femmina Alfa”, il singolo che dava anche il nome all’EP, che ha girato tantissimo in maniera molto virale. Da lì un altro EP “Lezioni di volo”, poi l’album con la Sony...

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Le interviste music ancora cantato in inglese, visto che sei anche bilingue? Ho scelto di cantare esclusivamente in italiano perché sono fermamente convinta che gli italiani siano molto legati ai testi, mentre altri paesi danno molto più importanza al ritmo. È vero che abbiamo anche una grande tradizione melodica, però noi italiani siamo molto critici sulla parte “letteraria”. A proposito di questo discorso, c’è un premio che mi piace ricordare perché mette in evidenza non solo la musicalità, ma anche il contenuto dei tuoi brani ed è il Premio Lunezia Pop-Rap per il Valore Musical-Letterario ottenuto nel 2016 con il brano Brucia. Che emozione è stata ricevere un riconoscimento con questa intestazione? Bravissimo, nel successo c’è una dualità: spesso i singoli che escono rappresentano solo una piccola parte di te, del tuo stile e del tuo gusto. Io ritengo di aver avuto sempre dei singoli un po’ diversi dagli altri brani del disco di cui facevano parte, tranne per “Non cambierò mai” forse. Il momento clou della tua carriera arriva nel 2013, con l’album “Una Seria”, prodotto dalla Sony e, tra gli altri, da Tiziano Ferro. In quel momento hai pensato “finalmente ce l’ho fatta”? No no, io sto sempre molto con i piedi per terra fino al punto che spesso sono gli altri a dirmi di essere un po’ più ottimista. Semplicemente sentivo molto la responsabilità di dover dare il massimo perché in quel momento da autoprodotta passavo ad avere a che fare con una star e con una grande etichetta. Una grande responsabilità che per fortuna non mi ha mai sopraffatta e non era così scontato che andasse così, perché spesso queste sensazioni ti possono anche bloccare. Sono molto soddisfatta di me stessa e contenta di quel periodo. Quella di cantare in italiano, in un genere come l’urban, l’hip hop, è una scelta davvero coraggiosa. Come mai non hai

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Le interviste music

È come se nei dischi ci fosse l’anima di quello che sei, di quello che ti rappresenta e vuoi esprimere, mentre i singoli sono l’abbellimento del tutto, la ciliegina sulla torta. Cambia proprio la scrittura; solitamente nel disco vero e proprio sfogo me stessa mentre nel singolo cerco il più possibile di parlare al pubblico e quindi il premio Lunezia è stata una grandissima soddisfazione perché tengo tantissimo a quel pezzo ed avevo paura che non venisse compreso perché ha una sonorità particolare, diciamo che non è proprio immediata. “Brucia” ha un testo importante, che vale la pena comprendere. Questa comprensione però avviene sempre più di rado dato che l’ascolto di oggi spesso è molto superficiale, molto veloce. Quel riconoscimento è stata un’occasione in più per pensare che anche i miei testi più personali vengono ascoltati ed hanno saputo far riflettere. Usciamo un attimo dal sentiero della musica scritta e cantata per passare al terreno dell’immagine; ci hai abituato durante la tua carriera a molti cambi di look, non ultima questa criniera bionda da latina, quanto pensi sia importante avere un’immagine forte nel panorama musicale attuale? Quando l’immagine è legata alla musica penso che non faccia altro che arricchire il mondo rappresentato da quell’artista. Anche l’immagine è una forma d’arte da

riconoscere perché altrimenti il cinema e la moda sarebbero soltanto elementi frivoli. Allora, dicevo, quando l’immagine è “arte” o comunque è coerente con la musica, lì è un arricchimento. Purtroppo però siamo in una società in cui si consuma tutto in una maniera così veloce che è come se si stia andando verso un mondo dove la cosa più importante sono i likes sui social; un occhio distratto dalla frenesia del web non viene colpito da una citazione o da un’immagine ricercata, quanto piuttosto da una cosa più immediata. È come se ci fosse una pressione a farci sentire tutti dei blogger, a farci cercare più likes possibili. Questo è un discorso che concerne tutti, ma soprattutto le ragazze, e può anche diventare pericoloso proprio per questa forte pressione ad apparire. Quindi, per concludere, l’immagine è importante, soprattutto quando diventa forma d’espressione; è un gran peccato quando questa diventa più cheap, quando ha come unico obiettivo quello di avere maggiori consensi sui social. Restiamo nel mondo della rete. Ultimamente ti sei scoperta anche youtuber ed hai dato vita ad una serie web “BABY K ALL DAY”, grazie alla quale ti racconti simpaticamente ai tuoi fan e al popolo di Internet. Perché è nata questa esigenza? Principalmente è nata a causa di due miei pensieri: sentivo di non riuscire a far entrare chi mi segue nel mio mondo solo

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attraverso i miei brani o le mie foto sui social; spesso, infatti, tendo a non esporre il mio privato, i miei pareri perché credo che ci troviamo già in un mondo bombardato da opinioni. Ho scelto allora di farmi conoscere di più per come sono e di sentirmi io stessa più vicina ai miei fan, soprattutto nel periodo di apparente “vuoto” tra l’uscita di un singolo e l’altro. Il secondo pensiero, che ha fatto maturare questa decisione invece, è che credo che non si abbia una reale cognizione della mole di lavoro che c’è dietro a quello che io faccio. Penso che spesso ci si fermi a dei pregiudizi, sento che a volte le persone non riescono a percepire tutta la fatica che c’è dietro al mio lavoro; curo tutto ciò che mi riguarda: dalla playlist che mette il mio DJ, allo styling del mio video, dal trucco e parrucco, a che tipo di sound e di messaggio voglio trasmettere… poi certo il mio manager mi dà una mano, ma io voglio sempre approvare tutto. Vorrei poter dire che nella vita faccio “soltanto” l’artista, ma non è vero (ride n.d.r.)… poi c’è anche tutto l’aspetto di preparazione mentale e fisica, che anche quella è una bella sfida… Ricevuto! Grazie Claudia, sei stata davvero gentilissima e simpaticissima, ancora complimenti per i tuoi successi. Grazie a te, Alessio, per le domande “fighe” e un saluto a tutti gli amici di MZK news!


music


Le interviste

il Cile

“La fate facile...”

di Alessio Boccali

ph Daniele Barraco

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Giunto al suo terzo disco da solista Lorenzo Cilembrini, aka il Cile, non è più una promessa, ma una piacevole realtà. Dopo il grande successo di pezzi come “Cemento armato”, “Siamo morti a vent’anni” o la più recente “Maria Salvador” con J-AX, in questa seconda parte del 2017 il cantautore di Arezzo è tornato più carico che mai ed è pronto a stupirci con un album che ascolteremo molto nelle nostre radio.


Le interviste

C

iao Lorenzo, “La fate facile” è il tuo terzo disco da solista e dal pezzo che dà il titolo al disco si capisce subito che è davvero il tuo disco più autobiografico. Perché hai deciso di parlare più a fondo di te soltanto ora? Perché questo album, che ha avuto una gestazione più lunga – circa tre anni -, è davvero il disco della maturità, quello in cui ho capito di esser diventato adulto, mentre negli altri avevo ancora delle reminiscenze post-adolescenziali, che chi fa il mio lavoro tende sempre a prolungare fino a farle diventare quasi tragicomiche. Con questo disco ho deciso di fermarmi e fare un riassunto di quella che è stata finora la mia vita. I tuoi pezzi hanno sempre una grande forza: sono molto radiofonici, senza mai trascurare una grande ricerca testuale, anche con riferimenti ad altri mondi artistici come in quello del cinema (penso al verso su Paolo Stoppa in “Buttami via”, ad esempio). Sì, quel riferimento è nato dalla ammirazione che, da toscano, provo per Paolo Stoppa. La sua interpretazione dell’usuraio in “Amici miei” è un pezzo di arte cinematografica. Il suo personaggio nel film de “Il Gattopardo”, cui faccio riferimento nel brano, rappresentava quello che volevo dire e che non riuscivo a definire con un aggettivo. In quel momento non mi sentivo X o Y, mi sentivo proprio come Paolo Stoppa ne “Il Gattopardo”. In molti pezzi dell’album c’è una forte presenza della chitarra, che poi è il tuo primo amore. Come mai questa scelta di puntarci di più rispetto al passato? In realtà ho sempre composto con la chitarra, però è vero che in questo disco ci sono alcuni pezzi che sono più chitarristici. Per assurdo, questi brani sono nati dalla collaborazione con due grandi del rap: Parix e Shablo. Mi sono trovato con loro ed avevo un sacco di spunti fatti con queste chitarre un po’ arpeggiate, con quei giri già “sentiti”, ma che comunque funzionavano. Li abbiamo messi giù, ho visto che ci cantavo bene ed allora sono nati pezzi come “La fate facile” o “Quando la città dorme”.

“LA FATE FACILE è davvero il disco della maturità; quello in cui ho capito di essere diventato adulto...” ph Daniele Barraco

Ne “La danza delle notti” c’è una frase che recita così: “Penso ancora alla vita come a una tela bianca…”. Che cosa rappresenta per te questa tela bianca? Una speranza. Perché la rassegnazione è la morte dell’istinto. Naturalmente, un po’ come tutti, sono una persona che vive di alti e bassi, di momenti spesso difficili, però lo spiraglio che mi porta sempre ad alzare la testa, a prendere la chitarra e a scrivere, per fortuna, c’è sempre. Ho sempre inteso ciò che mi scuote emotivamente come una forza motrice per andare avanti. La tela bianca la vedo sempre, è la mia forza perché lì ci sarà quello che voglio scrivere, il mio proiettarmi in avanti. Sei un cantautore che ama molto collaborare con i rapper e col rap hai in comune la schiettezza dei tuoi testi. Sbaglio? No, non sbagli. Io sono degli anni ’80 e quindi ascoltavo un rap diverso da quello di oggi. Non dico che non ci siano contenuti nei testi rap di oggi, però diciamo che spesso il fulcro di questi pezzi si riassume in “Vado con la tua ragazza”, “Fumo l’erba più buona della tua”, “Scappo dalla polizia” ecc., mentre prima c’era un po’ più “ciccia”. Uno che oggi rappresenta l’emblema del tipo di rapper che ascoltavo io è Ensi: flow, pun-

ch line, contenuti, momenti “cazzuti”, momenti rilassati, momenti romantici… tutto. Ovviamente quel codice espressivo è particolare ed a me piace assorbire quello che mi intriga del rap e riportarlo nel mio mondo culturale. Rifaresti l’esperienza di Sanremo e, se sì, quale brano di questo disco porteresti se non lo avessi già pubblicato? Sanremo è una roulette russa: se ti prendono significa che ti è entrata quella simpatica pallottola nel cranio, un po’ festeggi e un po’ soffri per la ferita. Di questo disco avrei portato “Il lungo addio”, il pezzo più adatto a quel palco. Per salutarci, ti ringrazio e ti chiedo una curiosità. La tua passione per il latino è cosa nota, hai anche un tatuaggio con la scritta “Omnia munda mundis” sul petto, ora però con la frase “Buttami via come due ore di latino al liceo” sembri sconfessare questo tuo amore... Sembra, sì (ride n.d.r.). In realtà il latino era uno dei motivi di discussione con la lei del brano. Non capivo come una ragazza che ha studiato alla Cattolica, che fa il medico non potesse apprezzare la logicità del latino. Poi comunque il latino rimane sempre la lingua che parlano i posseduti, come fai a non amarla?

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Focus

Indie “Un’evoluzione necessaria” di Alessio Boccali

L’

indie esiste da sempre, ma c’è chi si è reso conto della sua esistenza solo ora che è in cima alle classifiche. Che poi parliamoci chiaro: oggi il confine tra musica indie e musica mainstream ormai s’è quasi annullato, soprattutto se si pensa a quei fenomeni cresciuti e pasciuti nell’indie che ora sfornano hit a ripetizione. L’indie dei giorni nostri non è soltanto un fenomeno prettamente musicale come lo è stato fino alla fine dei duemila, ma è diventato un vero e proprio marchio stilistico, uno “state of mind” insomma. Rimanendo però nel campo musicale c’è da dire che questo tipo di musica ha portato una ventata di novità non indifferente alla musica leggera italiana. Certo, inizialmente a farla da padrone erano dei testi più ragionati e delle melodie non sempre di facile ascolto, mentre nell’indie 2.0 c’è molta più voglia di rendere il pezzo il più popular possibile, spesso anche a discapito del testo. Naturalmente questo è contemporaneamente frutto e causa di quell’assottigliamento del confine tra indie e mainstream del quale si

parlava in apertura; un’evoluzione necessaria che ha portato alle orecchie di tutti, talenti come Thegiornalisti, Brunori SAS o Levante, tanto per citarne alcuni. Tra le ultime bandiere dell’indie ce ne sono alcune che stanno sventolando più forte per emergere e lo stanno facendo con dei progetti davvero degni di attenzione. È il caso di Carl Brave X Franco126, un duo rap di Roma, formato dal rapper e produttore Carl Brave e dal rapper Franco126, che ha inciso un album molto interessante intitolato “Polaroid”; su basi elettroniche e senza filtri i due rispondono per le rime alla vita di tutti i giorni, destreggiandosi tra una serata con i compagni di una vita e una sbandata per la tipa del momento. Sempre con lo sguardo attento alla realtà che lo circonda e con un occhio critico e spesso malinconico c’è poi un certo Colombre, una mente raffinata che ha dato il nome al suo progetto sfogliando un racconto di Dino Buzzati e che con il suo primo disco da solista chiamato “Pulviscolo” ha attirato l’attenzione del pubbli-

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co e degli addetti ai lavori. Altro nome molto interessante è quello di Gazzelle, che da Youtube e da Roma ha sparso a macchia d’olio il suo innovativo synthpop dapprima nell’anonimato e poi svelando la sua identità nelle fattezze di Flavio, un ragazzetto romano come tanti, che nel seguire la sua passione è riuscito a colpire nel segno dando al pubblico ciò di cui ha bisogno in questo particolare momento musicale. Ah, a proposito di anonimato, come non citare un altro che sta facendo impazzire critici ed ascoltatori di tutta Italia non solo per la sua musica, tra la trance e trap, ma anche per la sua identità? Sto parlando di Liberato, un vero e proprio fenomeno social del quale non si conosce molto se non il suo grande attaccamento alla città di Napoli. Si potrebbe continuare a lungo su questo discorso, ma mi limiterò soltanto a lasciarvi qualche altro nome, che sta già iniziando a far parlare di sé anche fuori dal mondo indie: Ghali, Canova, Cosmo, Motta… ecco, segnatevi anche questi nomi se ancora non li conoscete.


Le interviste

I nuovi artisti indie:

GAZZELLE oci V e v o u #LeN di Alessio Boccali

Flavio Pardini, in arte Gazzelle, è uno dei maggiori esponenti dell’indie nostrano che tanto sta spopolando. Una carriera nata nell’anonimato e nella stanzetta di un quartiere della Capitale e poi celebrata dai migliori palchi della scena indie in giro per tutta Italia. Insomma, un astro nascente che meritava la mia attenzione, convinto, come sono, che sentiremo parlare a lungo di questo ragazzo. Ciao Flavio, visto il successo che stai ottenendo era proprio impossibile non sentirci. Come stai vivendo questo bel momento di gloria? Lo sto vivendo in pieno, giorno dopo giorno, concerto dopo concerto. È tutto davvero incredibile. Ancora non capisco che cosa mi stia accadendo. Forse è questa la cosa più bella. Tu sei un self-made man, è stata tosta immagino, hai mai pensato di mollare e cosa ti ha spinto ad andare avanti? A dire la verità non ho mai pensato neanche per un istante di mollare. È da quando sono piccolo che voglio fare soltanto questo. Mi ha spinto ad andare avanti il fatto che ho sempre scritto canzoni, anche quando facevo altri lavori e non le ascoltava nessuno. La mia è una necessità. Non so perché. Quello di Gazzelle nasce come un progetto misterioso, un po’ come sta succedendo ora per Liberato; dietro a questa scelta c’è una scelta di marketing precisa oppure soltanto la voglia di porre attenzione solo sulla tua musica e non sul tuo personaggio? Volevo concentrare l’attenzione delle persone solamente sulle canzoni e non sulla mia immagine. Il tuo album “Superbattito” ha cavalcato a pieno l’ondata di

successo della musica indie in Italia, cos’è però che lo rende unico nel suo genere? Io. I tuoi testi sono un occhio vigile sulla realtà che ti circonda; è questo il segreto per essere compresi dal pubblico 2.0, abituato ad essere informato 24 ore su 24 da Internet e social? Sinceramente non so quale sia il segreto, però mi piace raccontare quello che mi passa nella testa, quello che mi succede o non mi succede. I miei sogni, le mie vulnerabilità. Senza filtri. Concludiamo con aspetti più tecnici: intorno a te c’è un gran lavoro di squadra tra tuo fratello Igor Pardini, che insieme a Maciste Dischi ha prodotto “Superbattito”, Leo Pari che è stato il supervisore artistico di una parte di questo e Federico Nardelli che ha prodotto i tuoi successi più recenti: “Sayonara” e “Stelle filanti”; insomma tutta gente che ha a che fare con la musica da anni. Com’è stato lavorare con loro? Ti interessi a quegli aspetti un po’ più tecnici come la produzione, il missaggio, la post-produzione, ecc.? Sì, sono grato a tutte le persone che mi hanno aiutato e che mi aiutano ogni giorno a fare quello che voglio fare. Senza di loro non sarei dove sono ora probabilmente. Sono abbastanza attento a tutto quello che c’è dietro alla realizzazione di una canzone o di un disco. Non lascio nulla al caso, ma non sono un nerd o un tecnico, quindi avere attorno persone brave e che ci mettono il cuore è la cosa più preziosa che si possa avere. Comunque vadano le cose in futuro, so di avere le spalle coperte. Per il resto sono abbastanza sereno. Le canzoni più belle ancora le devo scrivere. Giuro.

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music Muziki

L’ideatore a c i s u m a l l e d della casa

I K I Z U M

ANI G R A G O C R MA INTERVISTA A

L’

avventura di Muziki è iniziata nel 2013 a Formello, in una zona industriale che offre spunti molto interessanti per gli appassionati di musica e dello spettacolo: sale prova, studi di registrazione di estrema professionalità, accademie di ballo, di musica e negozi di Musica, noleggio costumi, arredamenti per cinema e addirittura teatri di posa! Ciao Marco, con quale esigenza nasce Muziki? Tutti noi abbiamo bisogno di comunicare, di esprimerci e di mettere a disposizione la propria creatività in un progetto. Un progetto qualsiasi: saper cucinare, creare un’impresa da un’idea, oppure riuscire in qualche disciplina sportiva; insomma, un progetto che sia coerente con le nostre capacità, con le nostre doti e i nostri sogni. Molti non hanno questa possibilità. Ho sentito troppe volte la frase: “Eh mi sarebbe piaciuto suonare qualcosa, ma ormai è troppo tardi!”. Ho visto moltissime persone approcciarsi alla musica con timore o diffidenza, moltissime mollare senza averci provato più di tanto, come se la musica fosse qualcosa che non ci appar-

di Carlo Ferraioli

tiene, come fosse qualcosa che ci fa paura. Ho voluto creare un posto dove tutto questo è possibile. Per esprimermi e per far esprimere quelli che come me ne hanno bisogno, attraverso la musica. Di qui sono passati e continuano a passare grandi musicisti. Questa è la base di partenza di un buon progetto artistico: avere la possibilità di esprimersi. Per permettere ciò, è stato creato un ambiente attrezzato ad hoc, molto ampio e rilassante con molte sale che offriamo a producers, fonici, band; c’è anche un palco per esibirsi davanti a un pubblico di circa 80 persone. Perché la musica e la discografia sono settori in crisi? La musica suonata è una cosa che non morirà mai e non andrà mai in crisi, come non andrà mai in crisi il calcio, e tutti giocheranno a calcetto con gli amici il venerdì! Anzi, tutti vogliono avvicinarsi sempre di più alla musica, purtroppo, a volte, in maniera molto poco accademica, ma anche grazie ad Internet questo approccio è molto più semplice. Diversa è la crisi della discografia, che ovviamente soffre di molta concorrenza dettata soprattutto dal fatto che oggi l’ascoltatore medio è diventato

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meno capace di attribuire il giusto valore alle produzioni musicali di livello. Come aiuteresti l’ascoltatore medio di oggi? Cambierei i direttori artistici in molte radio, in molti festival, in molte manifestazioni. Abbassano il livello medio dell’ascoltatore che a poco a poco si sta abituando. Ecco perché artisti come Rovazzi piacciono tanto. Ad onor del vero, devo dire che i beat delle sue canzoni suonano da paura! Ma sono comunque pezzi che scadono subito e quindi devi produrne sempre di nuovi, col rischio di penalizzare la qualità; un po’ come accade al cinema con i cinepanettoni. Diversa è la questione della musica indie, che pian piano ha iniziato a prendere forma anche in Italia e speriamo anche in un futuro roseo per l’elettronica bella e tanti suoni nuovi, che ci stupiscano veramente come dei bambini. La realtà però è che siamo lontani anni luce. Ci si accontenta molto di più del breve termine; chi riempie le piazze e gli stadi, e chi glielo permette: ecco chi guadagna. Beati loro!


Cosa offriamo?

SALA PROVE PALCO ALLESTIMENTI REGISTRAZIONI IN PRESA DIRETTA

Dove ci trovi?

Via di S. Cornelia 11 Formello (Zona Industriale) +39 / 3357974533

Muziki è un’associazione culturale e fondazione volta a sostenere l’arte con particolare attenzione alla musica come forma di interazione collettiva nonchè crescita personale


Mercato discografico

PICCOLE ETICHETTE

DISCOGRAFICHE CRESCONO...

I segreti e i punti di forza delle nuove realtà musicali di Alessio Boccali

D

ietro ad un disco, dietro ad un performer, che vediamo brillare nelle classifiche globali, c’è un insieme di professionisti che lavora in piccole o grandi etichette discografiche per alimentare il talento degli artisti e promuovere i loro lavori. Negli ultimi anni, nonostante la palese crisi di vendite, solo in parte ammortizzata dal commercio digitale e dallo streaming, nel nostro Paese abbiamo assistito ad un’ingente presa di posizione delle etichette più piccole: le cosiddette etichette indipendenti, così chiamate per distinguerle dalle giganti major. Gli artisti di queste etichette, già da qualche anno, stanno letteralmente prendendo d’assalto le classifiche e le radio nazionali, con pezzi che hanno sempre più il sapore dei successi commerciali, ma che tuttavia fanno trasparire ancora quel non so che di amatoriale, di vita reale che fa apparire gli artisti più vicini al pubblico. Oltre a questo fattore, è anche un altro il

punto di forza di queste piccole etichette: la creazione di un bel team affiatato ed in continuo contatto che instauri con i propri artisti un rapporto “ad personam”, quasi familiare. Certamente il mondo del web ha dato una grossa mano a queste realtà; ha infatti trasformato il mondo dei social, soprattutto, in un grande banco di prova per le nuove scoperte; un’arena dove testare i cavalli sui quali si vuole puntare per capire se davvero sono di razza. Naturalmente la bravura dell’etichetta discografica, d’ora in poi, risiederà nel captare il clima dell’opinione pubblica e, magari, rischiare per puntare al successo. Successo che si farà le ossa sullo stesso terreno digitale, che sarà ormai diventato per quei cavalli di razza un’enorme cassa di risonanza. Inoltre, un notevole aiuto nella produzione musicale è arrivato dal mondo delle tecnologie, che oggi nel settore audio più che in altri campi dell’intrattenimento, è in rapidissima evoluzione; basti pensare che, oltre al passaggio dall’era analogica a quella digitale, il software di alto livello è stato

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in grado di sostituire l’hardware tanto che al giorno d’oggi un produttore di buon livello può ottenere grandi risultati anche solo servendosi di strumentazione software di buona qualità. Insomma, se ancora non è apparso abbastanza chiaro, il lavoro dell’etichetta discografica 2.0 non si basa soltanto sulla conoscenza della musica e sull’analisi del mercato che la circonda, è soprattutto un esercizio di passione che richiede grande sintonia tra gli artisti e il team di lavoro. Per concludere questa analisi vi faccio un elenco di alcuni esempi “virtuosi” per avvalorare ciò di cui vi sto parlando, con la consapevolezza che se siete dei professionisti del settore avrete già capito benissimo di cosa stiamo parlando, mentre se siete dei semplici appassionati di musica vi basterà farvi un giro su Facebook, su Youtube, o ancora meglio nei tantissimi festival estivi sparsi per tutta la penisola, per accorgervi che in giro c’è tanta gente che lavora seriamente sulla musica e sul talento.


Mercato discografico 42records – 42records.it Bomba Dischi – bombadischi.it FioriRari – fiorirari.com Garrincha Dischi – garrinchadischi.bigcartel.com INRI Records – inritorino.com La Tempesta Dischi – latempesta.org Leave Music - leavemusic.it Maciste Dischi – macistedischi.net MarteLabel - martelabel.com Mescal Music – mescalmusic.com Undamento Records – undamento.com Woodworm Label – woodworm-music.com


Amy...

Curiosando music

di Alessio Boccali

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La nascita dell’iconica “Rehab” La hit più famosa della cantante londinese è nata per puro caso; un giorno passeggiando con il suo produttore Mark Ronson, la Winehouse iniziò a canticchiare un motivetto goliardico sull’insistenza dei suoi amici che volevano convincerla ad entrare in un centro di recupero, un rehab per l’appunto, per superare la dipendenza dagli alcolici. In quel momento, quando Ronson le chiese cosa stesse cantando, la cantante rispose immediatamente: «Niente di che, mi è venuta ora... così, per caso!».

2

La canzone-dedica di Bryan Adams Tanti sono stati gli amici artisti che, prima della sua prematura scomparsa, hanno provato ad aiutare Amy a tornare sulla retta via. È celebre la canzone “Flower grown wild”, che Bryan Adams scrisse per la cantante con l’intento di aiutarla a disintossicarsi; un brano che parla di una donna non ancora matura, piena di fragilità e che spesso si comporta da bambina sola e ribelle. Insomma, proprio come il fiore cresciuto selvatico da cui il titolo.

3

Un’icona per i giovani adulti Nell’aprile del 2008, a seguito di un sondaggio tenuto in Inghilterra, Amy è risultata essere la più grande eroina di tutti i tempi. A dirlo i ragazzi e le ragazze inglesi con età inferiore ai 25 anni; pensate che la Winehouse trionfò battendo gente come l’infermiera Florence Nightingale e Madre Teresa di Calcutta.

Da bambina sognava di diventare una cameriera acrobatica Amy non riuscì mai a metabolizzare il grande successo ottenuto grazie alla sua musica; da piccola sognava di diventare una cameriera acrobatica come quelle di American Graffiti che servivano ai tavoli con i pattini a rotelle. La carriera da cantante iniziò quasi per caso e quella fama improvvisa contribuì a stravolgere la già travagliata vita dell’artista.

5

4

Il suo più grande idolo era Frank Sinatra Amy era così innamorata della musica di Frank “The Voice”Sinatra, tanto da intitolare “Frank” il suo primo album – con un doppio senso: i suoi testi erano anche “franchi”, schietti, senza peli sulla lingua -. Eppure quel suo primo disco alla Winehouse non piacque mai molto… chissà, forse non lo considerava all’altezza del nome che portava e del grande personaggio cui quel nome faceva riferimento.

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OFFICINA CULTURALE PER ARTISTI

Gli allievi potranno apprendere le tecniche fondamentali della professione attoriale all’interno di un Teatro in piena attività, circondati dalla costante presenza degli attori protagonisti della stagione teatrale. Tutti i partecipanti ai corsi potranno vivere il Teatro nell’esatto momento in cui la sua “magia” si crea e conquista il pubblico.

MASTERCLASS

SMARTCLASS

recit Discipline: recitazione, dizione e ortoepia , danza e conoscenza del corpo, canto e sviluppo della musicalità, commedia dell'arte, movimento scenico e improvvisazione, studio del personaggio, drammaturgia del corpo, storia del teatro e dello spettacolo.

or Discipline: elementi di dizione, ortoepia, coscienza e uso del corpo, sviluppo della creatività, lavoro sulla voce, tecniche di memorizzazione, studio del personaggio.

- Dedicata ad allievi di età compresa tra i 18 e i 29 anni che vogliono fare della recitazione la propria professione - Classi a numero chiuso - 3 incontri settimanali da 4 ore l’uno

- Dedicata a tutti gli aspiranti allievi, senza limiti di età, che dopo anni di laboratori o teatro amatoriale sentono l'esigenza di un approfondimento più impegnativo - Classe a numero chiuso - Un incontro settimanale di 3 ore

INFO

333.9951643 parioliteatro.it - academy@parioliteatro.it

direzione artistica: Laura Jacobbi


Eventi Roma

Ex Dogana Villa Ada:

estate romana!

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Eventi Roma

Festival, artisti e protagonisti

di due luoghi diversi ma energici, vivaci, vitali di Carlo Ferraioli

L’

estate appena trascorsa avrà portato con sé amori, emozioni, momenti ed attimi da incorniciare. Ma anche tanto, troppo caldo, fatiche, sudore e gli ultimi lavori da sbrigare fra le strade della propria città, da percorrere su asfalto rovente, incandescente. Situazione generalizzata, ancor di più però se è agosto e, perché no, se ti trovi a Roma, o se a Roma ci devi arrivare (che è peggio). Ad andare son buoni tutti, ma a restare ci vuole coraggio, e per questi ultimi, irriducibili navigatori del magma metropolitano, la stagione estiva della Capitale non ha deluso, o quanto meno ha accompagnato e dilettato fra eventi, concerti, incontri e workshop alternativi. Come nel caso dell’Ex Dogana, ad esempio. Primo spazio temporaneo in area di archeologia ferroviaria, ha luogo nel quartiere San Lorenzo, ed è ambito e frequentato soprattutto da giovani ed amanti di musica per la innegabile vocazione artistica che lo contraddistingue; considerato ormai un vero e proprio club, oltre che una zona di interesse sociale e culturale, è riuscito a rendere meno pesante il torrido ed afoso ossigeno capitolino dando uno sprint energico di vitalità, tutta maggiormente concentrata sul palco dello spazio esterno all’area, lo scalo ovest. Qui infatti si sono tenuti quasi tutti gli appuntamenti delle due più importanti manifestazioni musicali: il Just Music Festival, giunto già alla sua terza edizione, ed il Viteculture Festival, che ha invece visto il taglio

del nastro solo quest’anno. Due mega eventi, dicevamo: l’uno prettamente dedicato ad esplorare e far conoscere un panorama musicale fatto di suoni e tecniche di campionamento, l’altro, il secondo, volto ad un orizzonte cantautorale, fatto di artisti per lo più emergenti e indipendenti (ma non solo). Dicevamo simili, già, perché, nonostante tutto, entrambi frutto di tanta determinazione, realizzati con impegno e passione dalle rispettive organizzazioni, che sono riuscite a miscelare in un cocktail tremendamente stimolante personaggi quali Paul Kalkbrenner, Coez, Nicolas Jaar, Carl Brave X Franco126, Richie Hawtin ed Alborosie. A tutto ciò poi, l’area di via dello Scalo San Lorenzo ha affiancato altri appuntamenti, comunque nuovi ed inediti: da “Voglio vederti cantare” ad “Anarchy in the Club”, passando per proiezioni di film, mostre, situazioni a tema, cibo, birre artigianali ed il nuovissimo planetario, allestito temporaneamente proprio negli spazi di quella che prima era un’importante dogana, luogo di smistamento e controllo di merce e pacchi, e che oggi invece è diventata, a tutti gli effetti, luogo fisico e virtuale in cui si smistano arte, fascino e cultura. Non male. E non male nemmeno ciò che è andato in scena in quella che non ha bisogno di essere presentata, se non come il secondo più grande parco pubblico di Roma dopo Villa Doria Pamphilj: semplicemente, Villa Ada. Area verde sita nel secondo municipio, ospita numerosi edifici neoclassici ed è uno dei simboli

più importanti della città, oltre che elemento da monitorare, salvaguardare e valorizzare costantemente. Ed è proprio quanto hanno provato a realizzare, anche quest’anno, i ragazzi dell’Arci Roma, attraverso il progetto “Villa Ada Roma Incontra il Mondo”. La kermesse, durata ben quarantuno giorni, è riuscita ad essere momento di realizzazione e condivisione dell’unico vero filo conduttore di più situazioni differenti, più eventi, più pubblici: la multiculturalità, senso profondo questo, che si carpisce bene anche dal sottotitolo scelto ad hoc per il concept di quest’anno, “Villaggi Globali”. Ma non solo. Come ha avuto modo di riferire Simona Sinopoli, presidente dell’ARCI Roma, durante la conferenza stampa di presentazione dello scorso 6 luglio, l’obiettivo, più che esser stato di natura commerciale, o di ritorno economico, ha ruotato e prestato attenzione maggiormente a crescita sociale e promozione sociale; parole chiave e sinonimo di lotta, dedizione ed abnegazione costante. E allora via: da Marco Travaglio a Sabina Guzzanti, passando per workshop eterogenei, convegni e concerti, come quello di Motta, a fine luglio, e della Dark Polo Gang, ad inizio agosto. Un’estate calda per due realtà così diverse, già pronte a pensare, disegnare, programmare le prossime edizioni: perché è proprio lì, nella diversità, nel vigore, nella briosità e nella persistenza che si possono coltivare crescita, sviluppo ed attrattività. Beh, punto e a capo. Ricominciamo.

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Approfondimento

Analisi dei Testi di Alessio Boccali

ED SHEERAN SHAPE OF YOU

Questo pezzo è una delle ultime hit di una star internazionale che risponde al nome di Ed Sheeran. Ormai da qualche anno la sua musica è garanzia di successo e il suo nome è spesso e volentieri in cima a tutte le hit parade mondiali. “Shape of you” è la ciliegina sulla torta, dal sapore un po’ dance dell’album “Divide” uscito a marzo di quest’anno. La storia di questa canzone ritmata e divertente nasce una sera d’estate nella quale Ed incontra una ragazza molto provocante – i più informati parlano di una ragazza di origine caraibica molto somigliante a Rihanna, alla quale tra le altre cose Sheeran aveva pensato di far cantare il brano prima di inciderlo – che gli si avvicina tentando di sedurlo. Il primo approccio è fisico ed il cantante e la ragazza iniziano a ballare sulle note di Van the Man Morrison, uno dei punti di riferimento musicale del cantautore britannico “And you come over and start up a conversation with just me, and trust me, I’ll give it a chance now. Take my hand, stop, put “Van the Man” on the jukebox and then we start to dance / E tu arrivi e inizi a parlare solo con me e fidati, ti darò una possibilità ora. Prendi la mia mano, ferma, metti “Van the Man” al jukebox e poi iniziamo a ballare.”. Mentre i due ballano, Sheeran rimane affascinato dalle forme della ragazza, che lo attrae come una calamita “I’m in love with the shape of you, we push and pull like a magnet do / Sono innamorato delle tue forme, ci attraiamo e respingiamo come calamite”. La conoscenza tra i due prosegue anche dopo quella famosa notte e le due anime cominciano ad attrarsi anche mentalmente “We talk for hours and hours about the sweet and the sour and how your family is doing okay / Parliamo per ore e ore del dolce e dell’amaro e di come la tua famiglia se la stia passando bene” con la netta convinzione che si tratti di vero amore “Girl, you know I want your love. Your love was handmade for somebody like me. Come on now, follow my lead. I may be crazy, don’t mind me / Ragazza, sai che voglio il tuo amore, il tuo amore è stato fatto a mano per qualcuno come me. Andiamo ora, seguimi. Potrei essere pazzo, non preoccuparti di me.”.

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CARMEN CONSOLI L’ULTIMO BACIO

Anno 2000, siamo da poco entrati nel nuovo millennio e nelle radio impazza uno di quei pezzi destinati a diventare evergreen. Il brano si intitola “L’ultimo bacio”, è inserito in un album anch’esso “storico” intitolato “Stato di necessità” e la sua interprete è una delle penne più poetiche della musica italiana: la cantautrice siciliana Carmen Consoli. Il brano, colonna sonora dell’omonimo film di Gabriele Muccino, è un omaggio esplicito a “Piove” di Domenico Modugno – conosciuta dai più come “Ciao ciao bambina” – e racconta un addio, un congedo doloroso tra due persone che per natura sono unite da una forza inscindibile: il legame di sangue che stringe forte un padre ed una figlia. La bambina in questione è molto probabilmente la stessa Consoli, la quale vede il papà partire per un addio, forse temporaneo, che al momento del congedo sembra però definitivo. Ed allora ecco che nei primi versi si vive proprio questo allontanamento; la bimba distende le braccia in cerca di affetto, mentre il papà si allontana a malincuore canticchiando una canzone di Modugno, che fa scoppiare in lacrime entrambi “Cerchi riparo, fraterno conforto, tendi le braccia allo specchio, ti muovi a stento e con sguardo severo, biascichi un malinconico Modugno. Di quei violini suonati dal vento, l’ultimo bacio, mia dolce bambina, brucia sul viso come gocce di limone l’eroico coraggio di un feroce addio, ma sono lacrime mentre piove…”. La sensazione di abbandono è forte e l’addio sembra definitivo, soprattutto agli occhi di una bambina, che ogni tanto ripensa a quelle note di Modugno tanto care al papà e si dispera “Mille violini suonati dal vento, l’ultimo abbraccio, mia amata bambina, nel tenue ricordo di una pioggia d’argento il senso spietato di un non ritorno” e mentre la pioggia cade dal cielo, dai suoi occhi cadono a fiotti le lacrime come se, parafrasando Fabrizio De André ne “Il Bombarolo”, la piccola Carmen non aspettasse altro che la pioggia per non piangere da sola e sfogare la sua sofferenza per questo, ai suoi occhi, insensato abbandono “Ma sono lacrime mentre piove (piovono lacrime), mentre piove (piovono lacrime), mentre piove, piove…”


IALS

Redazionale

L

o IALS – Centro danza musica teatro – nasce con lo scopo di contribuire in modo significativo alla formazione ed al perfezionamento professionale di alcune categorie artistiche, in particolar modo è rivolto ai danzatori e ai coreografi. “Nel centro si respira aria di arte in tutte le sue forme, camminando per i corridoi, nel vociare delle persone, nei vari stili, fino all’aula di riferimento, dove sparisce tutto il resto, sparisce la confusione e il tutto diventa solo arte in movimento.” Tutte le attività a favore dei professionisti sono iniziate nel lontano 1962, con diverse iniziative che lo IALS ha promosso e sviluppato nel corso degli anni, sempre in costante sintonia con le più attuali esigenze di aggiornamento dei professionisti, rispondendo alle domande di una solida formazione di base, sia per i semi-professionisti, che per tutti coloro che desiderano acquisire gli elementi propedeutici per le diverse discipline dello spettacolo. I corsi sono rivolti non solo ai danzatori, ma anche agli artisti del coro, i solisti e professori di orchestra jazz e si svolgono durante tutto l’anno, sia con le lezioni di training giornaliero, che con seminari complementari. Altre importanti attività, come quelle di studio, ricerca e documentazione, affiancano quelle dei corsi e ne rappresentano un corollario di fondamentale importanza culturale. Lo IALS è convenzionato con i maggiori teatri

romani: Teatro Quirino, Teatro Brancaccio, Teatro Olimpico, Teatro Valle, Auditorium Parco della Musica ecc. Potrete avvicinarvi al mondo IALS, SABATO 23 Settembre 2017, a partire dalle h.10,00 fino alle h.21.00, quando, in tutte le sale si ospiteranno le lezioni dimostrative gratuite, dalla durata di un’ora, con lo scopo di promuovere le attività agli storici ed ai nuovi frequentatori dello IALS. Per prendere parte alla giornata gli utenti pagheranno 10,00 euro (tesserino giornaliero incluso) e potranno partecipare a tutte le lezioni. In settimana verrà annunciato il programma delle lezioni della giornata, che verrà riportato sia sul sito ufficiale WWW.IALS.ORG, che su Facebook, quindi attenti.

IALS - Musica danza e teatro è aperto dalle 9 alle 23 tutti i giorni domenica compresa CORSI Classico, moderno, jazz, contemporaneo, balli da sala, burlesque, danze etniche, danze popolari irlandesi, danze orientali, flamenco, latino americani, breakdance, hip hop e su richiesta corsi di rilassamento, yoga e tecniche di respirazione

Via Cesare Fracassini, 60 ROMA 06/3236396 segreteria@ials.info / www.ials.org


Lo Sapevi che... music

Il Playback

al tempo della tv… e dei festival

Quando l’apparenza conta più del talento

di Francesco Nuccitelli

A

chi non è mai capitato di andare a sentire un concerto, spenderci i soldi e accorgersi che il cantante non canta? O sentire una versione troppo “pulita” di una canzone in un live? Bene, se come me siete rimasti imbrogliati da questo sotterfugio, non vi preoccupate, siete solo entrati nel fantastico mondo del playback, una tecnica utilizzata durante le esibizioni dal vivo per sostituire i suoni o le voci con delle registrazioni.

“Celebri nelle menti le esibizioni di Vasco Rossi nel 1983, dei Queen nel 1984 e dei Duran Duran nel 1985, artisti che sdoganarono il playback in diretta TV.” Per quale motivo si adotta tale escamotage? Tra le motivazioni, la più importante riguarda il tubo catodico; in tv, infatti, può capitare che non venga concesso il tempo necessario per la preparazione del palco oppure non venga messa a disposizione la strumentazione necessaria o ancora l’esibizione comprenda una coreografia e quindi risulti difficilissimo per l’artista cantare decentemente oppure addirittura, e la storia ce n’è testimone, mol-

ti personaggi senza talento grazie al playback si sono atteggiati ad artisti. La storia musicale è ricca di esempi; come Sanremo, il festival della canzone italiana, che per tutti gli anni ‘80 è stata la patria del playback, dai concorrenti agli ospiti internazionali: celebri nelle menti le esibizioni di Vasco Rossi nel 1983, dei Queen nel 1984 o dei Duran Duran nel 1985, artisti che sdoganarono il playback in diretta TV. Oggi la pratica del playback è ancora

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comune, e se Sanremo pare salvo non ci sentiamo di dire lo stesso per i festival estivi, dove “l’artista” di turno imbroglia il suo pubblico di fan e ciò non capita solo al talentino, ma anche ad artisti ben più noti per buona pace di tutti i fan. Allora qui la domanda sorge spontanea. Vale ancora la pena andare ad un concerto o ad un evento musicale sapendo che l’artista che andiamo ad ascoltare potrebbe cantare in playback?


CENTRO DIMENSIONE DANZA

I

n concomitanza con la riapertura dell’anno scolastico si ritorna anche a scuola di danza. A certi livelli una disciplina sportiva può diventare impegnativa quanto la scuola. A volte, per alcuni giovani talenti, anche di più. Il Centro Dimensione Danza, con sede a Le Rughe, è attivo da ben 18 anni ed ha lo scopo di promuovere lo studio della danza classica e moderna abbinata alla pratica del palcoscenico e all’interesse per l’arte del balletto. Grande successo lo scorso Giugno al Teatro Olimpico di Roma per il consueto Saggio Spetta-

I

l Teatro Parioli allarga la platea del suo pubblico, e smonta la sua platea fisica, con Parioli Sounds, la rassegna musicale fortemente voluta dalla direzione del teatro per abbattere definiSET tivamente la “quarta parete” cheTEM separa i BRE creatori d’arte dal loro pubblico. Dal 22 settembre al 19 ottobre la platea del SET TEM delle teatro viene liberata dall’ingombro BRE poltrone. L’audience avrà così modo di occupare in OTTO traogni sua parte lo spazio fisico teatrale, BRE sformato per l’occasione in un vero e proprio club. Chi, comunque, vorrà assistere OTTO un ai concerti in poltrona, potrà occupare BRE settore del teatro adibito a tale scopo. Ad occuparsi della direzione artistica è l’etichetta discografica indipendente, Leave OTTO Music, con l’obiettivo di porre ilBRE Parioli

22 26 05 07 12

colo, dove all’interno di esso si è esibita una serie corposa di proposte connesse alle scelte culturali espresse da Federico Vitrano, direttore della scuola e della sua equipe, in forme e stili diversi, con grande cura del dettaglio, ricchezza nei costumi, professionalità, sia sotto il profilo tecnico che scenografico nel suo insieme. Adesso una nuova stagione è alle porte carica di grandi novità: uno staff di professionisti, nuovi corsi, stili e una serie di significativi e stimolanti miglioramenti della struttura, di cui tutti potranno avvalersi. Nel 1999

MUSICFESTIVAL

come nuovo player all’interno di una scena, romana e nazionale, che ha sempre più bisogno di individuare nuovi spazi aperti all’arte, alla ricerca e alla sperimentazione, che contrastino la paura del “nuovo” in un ambito (quello teatrale) troppo spesso legato a logiche di conservazione e chiusura. In Parioli Sounds divertimento e intrattenimento affiancheranno i contenuti culturali proposti, con una grande attenzione alle tendenze del momento. Da musicisti quali Hindi Zahra, Nouvelle Vague e Ahem Ahmad, presenti in rassegna grazie alla passione di Magalì Berardo, responsabile dell’agenzia Musicalista, che contribuiranno a consegnare al palco dello storico spazio romano il compito di promuovere valori universali di apertura, accoglienza e innovazione, alla presenza

HINDI ZAHRA

MUSICA NUDA ARTÙ

NOUVELLE VAGUE AEHAM AHMAD

OTTO

MOSEEK

Redazionali

nasceva il Centro Dimensione Danza portato avanti con intraprendenza, creatività e rigore: un percorso diventato “impresa” che cresce alimentandosi con la forza dell’ esperienze e del confronto. I successi degli allievi e i riconoscimenti ottenuti sostengono sogni e desideri dei tanti giovani che si avvicinano alla danza. Un lavoro che con uno sguardo attento ai tempi odierni, potrà proseguire al meglio anche nel futuro. Per maggiori informazioni visitate il sito totalmente rinnovato: www.centrodimensionedanza.net.

di artisti italiani emergenti come Lucio Corsi, i Persian Pelican e Artù, che si alterneranno in cartellone a gruppi affermati come i Musica Nuda, o a cantautori internazionali come Rachel Sermanni. Inoltre, a calcare il palco del Teatro-Club anche i Moseek, che trasporteranno il pubblico nelle loro atmosfere elettroniche. All’interno del progetto Parioli Sounds, poi, la direzione Artistica selezionerà giovani musicisti emergenti che affiancheranno i “big” aprendo i loro concerti. Fra loro, la cantautrice Gabriella Martinelli e Tess. Tutte le info sulla rassegna sono disponibili al sito parioliteatro.it e sulla pagina Facebook del Parioli. La prevendita online è affidata a Ticketone.


Generation

N O I T A R E N E G brica di Musica Elettronica La ru

BONOBO Esperienza, migrazioni, cambiamento

di Carlo Ferraioli

Il britannico Simon Green sorprende (quasi) tutti. Ma, soprattutto, incanta.

S

ebbene non sia fuori luogo un parallelismo con il Pan paniscus, scimmia particolarmente intelligente che abita le foreste della Repubblica Democratica del Congo, meglio conosciuta proprio come bonobo, non si tratterà né di scimmie, anche se fra le più simili a noi esseri umani, né di foreste, né delle loro abitudini sessuali e “sociali”. Parleremo di Bonobo, con la b maiuscola però, al secolo Simon Green, artista inglese dalla raffinata intelligenza musicale, dotato di rare capacità: cambiare, unire, creare. Sorprendere. Nonostante tutto e tutti: sì, perché l’artista inglese classe ’76 di strada ormai ne ha percorsa già parecchia, di sperimentazioni non latita, non scarseggia. Vent’anni di musica e non sentirli, vent’anni di viaggi e non stancarsi, anzi. Bonobo, con cinque illustri lavori alle spalle, ha deciso di lanciare lo scorso gennaio il suo nuovo album, dal titolo “Migration”. Un titolo emblematico, che rappresenta la piena consapevolezza di un artista e della sua grandezza; ma anche un decennio, quello ancora in corso, fortemente percosso ed oltrepassato da mutamenti radicali,

da cambiamenti - anche e soprattutto sociali - dal trapianto e dalla mescolanza di culture, talvolta forzata, talvolta voluta, ma spesso necessaria, immanente. Dodici tracce ed una sola etichetta, la storica Ninja Tune, londinese anch’essa ed indipendente. Un po’ come l’animo di Simon, sempre propenso a far conoscere se stesso oltre che la sua musica, di grande varietà e complesse combinazioni di bassi. Dal 2004, inoltre, orientata all’elettronica suonata con una band completa: cantante, pianista, chitarrista e sassofonista, con strumenti a corda, effetti elettronici e batteria.Rispetto all’ultimo lavoro discografico, The North Borders, Green ha infatti rinnovato di parecchio ritmi e melodie, donando ad ogni singolo segno una propria identità, chiara ed identificabile, e stemperando, diluendo quasi il suo spirito elettronico con particolari nuovi: fascino etnico, ipnotismo, altra ritmica. Elementi che si riscontrano nelle declinazioni dell’album, nelle proprie tracce. E così non mancano collaborazioni di valore, come quella con la band nordafricana Innow Gnawa, per quanto riguarda il

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singolo “Bambro Koyo Ganda”, o ancora, per i singoli “No Reason”, “Surface” e “Break Apart”, frutto del lavoro di incisione rispettivamente con Nick Murphy, meglio noto come Chet Faker, Nicole Miglis e Rhye. Pezzi, questi, molto diversi l’uno dall’altro, ma che completano quel puzzle virtuale che vien fuori a chi questo disco è davvero dedicato: a chi sa cambiare e adattarsi, a chi sa mutare. Ed è stato lo stesso Bonobo a tracciare il perimetro di ciò che per lui significhi e sia l’identità, dandone un’attribuzione tanto personale quanto profonda e significativa: è interessante come una persona riceva delle influenze di una parte del mondo e si sposti con queste, contaminandone un’altra parte. Con il tempo, le identità dei luoghi si evolvono. Si mescolano, si influenzano a vicenda, aggiungeremmo noi, potendo generare due fenomeni diametralmente opposti, eppure così vicini ed intrecciati: creare o distruggere. Cambiamento, dicevamo: la prontezza di accettarlo, la lucidità di comprenderlo, la bellezza di attraversarlo. Che Bonobo ci insegni a farlo.


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Spazio musicfestival

ELECTRONIC MUSIC SUMMER Uno sguardo ai festival che hanno infiammato la Capitale di Carlo Ferraioli

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Spazio festival JUST MUSIC FESTIVAL - Cambia il genere, non cambiano passione, impeto e slancio. Giunto alla sua

terza edizione, il JMF migliora di anno in anno. Diversità ed abbattimento di barriere come linee guida di più eventi, più artisti: dall’elettronica al roots reggae, passando per il genere techno, con un pizzico di dancehall. Scambio e multietnicità per eliminare ogni sorta di ostacolo. Fra le melodie di Nicolas Jaar, il sound di Solomun, l’esperienza di Richie Hawtin e l’abile rivisitazione del genio berlinese, Paul Kalkbrenner, il festival, svoltosi fra giugno e luglio a Roma, ha saputo intrattenere ed arricchire, divertire e far riflettere. La musica resta, in fondo, l’essenza prima del rispetto umano, quale linguaggio universale per relazioni che cancellino differenze.

404 FESTIVAL - È risaputo che il numero tre corrisponda alla perfezione. Sarà così anche per multipli e sottomultipli? Il 404Festival sembra dirci di sì, avendolo dimostrato con vigore. Sei, come il numero di artisti che hanno animato la località turistica di Baia Domizia, sede dell’evento, in provincia di Caserta. Tutti afferenti alle sfere più nobili dell’elettronica e techno internazionale: Speedy J, Dj Rush e Raffaele Attanasio, solo per citarne alcuni. Dodici, come l’infuocata data prescelta dell’appena trascorso mese di agosto, che ha visto euforia e leggerezza dare modo a tutti di divertirsi e mettere da parte ansie e preoccupazioni. Dodici, ancora, come le ore di musica che avranno sicuramente intontito il vicinato con una maratona di qualità e con un impianto di circa 150.000 Watt. Non è la prima, speriamo non sia l’ultima. TIMELESS - Siamo invece alla quarta, di edizione, per il Timeless art & music festival. Tenutosi intorno alla metà dello scorso luglio, l’evento ha saputo regalare momenti, emozioni e sensazioni indescrivibili. In una cornice incantevole, nonché storica sede dell’evento, la Selva di Paliano, si sono esibiti artisti e DJ che ben hanno saputo intrecciare le caratteristiche di un ambiente bucolico incontaminato a sonorità forti, incalzanti, dure e pure. Un luogo, uno spazio dove poter coltivare libertà e divertimento, ma anche tranquillità, sapore ed occhio per le arti. E allora allo scozzese Gary Beck, autore di un set incandescente, si è affiancato quello che è stato un vero e proprio trattore: l’inglese Dax J, astro nascente del clubbing. Niente da dire per il nuovo progetto di Ambivalent, LA-4A, e per la “chiusura dei lavori”, ad opera di Dario Mass, che si è esibito assieme al sole, giunto all’alba sulle colline della selva.

ACUTO ELECTRONIC MUSIC FESTIVAL - Nato in cifra tonda, è già quasi un decennio che fa vibrare la zona in prossimità del lago Volubro Suso di Acuto, piccolissimo centro di circa duemila abitanti della provincia di Frosinone. Cifra tonda, già, perché dal 2010 non smette di ripetersi e quest’anno, il cinque agosto, ha dato vita alla sua ottava apparizione. È fra i festival di musica elettronica più sentiti ed importanti del Lazio, con l’esigenza di affiancare all’offerta artistica una giusta e corretta promozione del territorio, che sia frutto di sostenibilità e sicurezza. Con le loro abili performance, ospiti a questo giro sono stati DJ producers di calibro nazionale e non: Boston 168, James Ruskin, Henning Baer, Terence Fixmer e SNTS , fra gli altri.

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Style ‘80

di Gianluca De Angelis

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l ritorno alle estetiche degli anni ’80 sembra essere un tema ricorrente; partito in sordina, ha piano piano contagiato qualsiasi tipo di media negli ultimi anni fino ad espandersi a dismisura: si va dalle serie televisive, con i fortunati esempi di Stranger Things e Glow su tutti, e si arriva ai videogiochi, con le vendite della riproduzione in miniatura del NES e del Super Nintendo, che in pochi istanti sono riuscite a raggiungere le migliaia di unità vendute, rendendo i prodotti irreperibili quasi istantaneamente. Chiaramente anche la musica, forse prima ancora che tutte le altre arti, è rimasta contagiata da tale fenomeno: esistono, infatti, già da parecchio tempo, su internet grosse community di smanettoni e amanti dei sintetizzatori che sin dai primi anni 2000 stanno cercando di riportare in auge sonorità inconfondibili provenienti direttamente degli anni ’80. Se l’interesse suscitato nel grande pubblico arriva però proprio da prodotti di successo come la colonna sonora dai sound eighties e synth-driven di Stranger Things, l’esempio più vicino a quello che la musica synthwave (così si chiama) vuole essere e rappresentare si trova in realtà in quel Drive di Nicolas Winding Refn, che faceva delle sue musiche ritmate, dei neon nelle pozzanghere e delle luci riflesse sul parabrezza un immaginario iconico, lasciandolo però allo stesso tempo a quella cerchia di nostalgici che lo cullavano nei loro ricordi. La cosa più particolare della synthwave, in tutte le sue sfumature, si trova però

nel fatto che essa non si basa affatto sulle musiche tipiche degli anni a cui essa fa riferimento: niente Olivia Newton-John, Duran Duran e A-ha, per intenderci, quanto più che altro tutta quella serie di ritmi provenienti direttamente dalle pellicole cinematografiche e, soprattutto, dai videogiochi. Basti pensare che uno dei numerosissimi sotto-generi di cui la synthwave è composta (futurewave, retrowave, dreamwave, futuresynth, ecc.) si chiama Outrun, proprio come il mitico videogioco di corse di macchine edito da SEGA nell’86. Sono gli stessi artisti di questo genere musicale come Kavinsky, Electric Youth, Robert Parker e Perturbator (per citarne qualcuno) a ritenere le principali fonti di ispirazioni per le loro sonorità proprio pellicole come Blade Runner, Terminator, Miami Vice, Knight Rider: se da una parte si cerca di mantenere quel feel strumentale autentico che rendeva così uniche quelle musiche attraverso batterie elettroniche, sintetizzatori analogici e gated reverb, allo stesso tempo la synthwave ne modernizza però il risultato facendo ampio uso di tecniche di compressione e calcando maggiormente la mano sui bassi similmente a generi di musica elettronica moderni come l’electro-house. Se correnti apparentemente simili come le più familiari chillwave e glo-fi fanno infatti di un sound rilassato e di un estetica fatta di spiagge caraibiche il loro leitmotiv, protagonista assoluta della synthwave è la notte, con le sue auto che sfrecciano, le sue luci e i suoi ritmi sincopati: non per niente si tratta di un tipo di musica che si sposa perfettamente con chi va in mac-

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china, con il rischio borderline di produrre tamarrate di un certo livello; pericolo, per fortuna, quasi sempre bypassato. E’ innegabile come la synthwave faccia della nostalgia la sua grande fortuna. Si fa leva sui ricordi, su un tempo più spensierato fatto di colori e divertimenti più semplici, ma anche più puri: i pattini a rotelle, i colori fluo, Ritorno al Futuro, lo skateboard, le sale da bowling dalle luci soffuse, le capigliature cotonate, le BMX… In questo caso c’è da dire però che l’operazione funziona alla grande anche se i ricordi sono artificiali, dato che queste produzioni sono assolutamente contemporanee. Come ben spiega, infatti, uno dei nomi riconducibili a questa corrente musicale, ad oggi quello che si è riuscito ad ottenere tramite i nuovi strumenti musicali è un vero e proprio sogno ad occhi aperti: un immaginario musicale immediatamente riconducibile a dei tempi che ci fanno stare bene anche se non li abbiamo vissuti direttamente e che, proprio per questo, è straordinariamente solido e potente. Nient’altro che l’illusione di rivivere un tempo ormai scomparso, quindi? Da un lato potrebbe sembrare così, ma noi siamo più dell’idea che in questo omaggio ai gloriosi anni ‘80, anche se solo in un’illusione, anche se solo per un attimo, sia incredibilmente bello perdersi. Esiste poi un’altra corrente la cui base potrebbe sembrare simile a quella della synthwave e delle sue sfumature, ma che in realtà ne è “filosoficamente” molto, molto distante: stiamo parlando della vaporwave, ma questa è un’altra storia…



Luoghi musicdi culto

La storia dello “Studio 54”

Quarant’anni fa la nascita del club che scandalizzò l’opinione pubblica

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rano gli anni ‘70 e New York era considerata unanimemente la città della moda, del glamour, dei desideri e divenne in poco tempo la città che diede il via alla vita notturna. Era il 1977 e “La grande mela” era la città che ospitava alcuni dei club più importanti e leggendari, come lo Studio54, uno dei club storici, che rivoluzionò il modo di concepire le feste e la trasgressione. Il locale, aperto il 26 aprile del 1977, divenne da subito il centro della vita mondana della città di New York. Sesso, alcool, droga, divertimento, spettacoli osé, sfilate di moda, feste e tanta musica con la disco music a farla da padrona - disco music vera e propria pro-

di Francesco Nuccitelli

tagonista del locale, dove si esibivano personaggi del calibro di Donna Summer, Stevie Wonder o Gloria Glaynor -. Queste erano gli intrattenimenti che lo Studio54 “offriva” e “concedeva” alla sua clientela; clientela fatta dai grandi della musica, del cinema o dell’arte mondiale e dai futuri astri nascenti, che muovevano i primi passi nel mondo patinato dello show business. Tra i frequentatori “abituali” del club troviamo personaggi del calibro di: Bianca Jagger (e il suo cavallo), Andy Warhol, Liza Minnelli, Liz Taylor, Michael Jackson, Salvator Dalì, Jackie Kennedy, John Travolta, Drew Barrymore, una sconosciuta Madonna e tanti altri. Lo Studio54 mutò drasticamente dopo

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il 1979, anno in cui dovette chiudere per frode fiscale visti anche gli arresti di Steve Rubell e Ian Schrager, i due soci fondatori. Il locale fu riaperto e chiuso diverse volte negli anni successivi. Aperture, riaperture e chiusure continue, mutarono completamente il look del circolo. Durante gli anni ‘90 il club cambiò il proprio modo di “vivere” la notte. Oggi invece il celebre Studio54 è diventato un teatro funzionante. Le storie su tutto quello che accadeva in quel club sono diventate vere e proprie leggende metropolitane, che hanno contribuito ad aumentare il fascino del grande Studio54, vero monumento del glamour e della scena patinata di una New York che non c’è più.


Approfondimento

ROMA in musica

La Città Eterna

come ce l’hanno cantata di Francesco Nuccitelli

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ante sono le canzoni che hanno decantato Roma, la sua magnificenza e la sua bellezza. Ma quanti cantautori hanno dedicato e/o raccontato i simboli di Roma? Forse la più celebre canzone su Roma e i suoi monumenti è “Arrivederci Roma” la storia di un turista raccontata da Rascel, che dopo alcuni giorni a Roma, saluta la città che lo ha accolto e di cui ha apprezzato i monumenti di rara bellezza, da Fontana di Trevi, ai Fori Imperiali, passando per Trinità dei Monti e i Castelli Romani. Però la canzone simbolo della Romanità con la “R” maiuscola è di Antonello Venditti: “Roma Capoccia”. Il suo “Cupolone” quello di San Pietro, “il fontanone” la fontana dell’Acqua Paola, il Colosseo ed i Sette Colli i monumenti e i luoghi da lui citati. Tra le canzoni celebri di Roma ci sono anche: Via Margutta, la via d’ispirazione di poeti e di Luca Barbarossa e Porta Portese il famoso mercatino cantato da Claudio Baglioni. Antonella Ruggiero, voce dei Matia Bazar canta del “Lungotevere in festa” in “Vacanze Romane” e della Roma felliniana della “Dolce vita”. Edoardo Bennato, con la sua “Roma” ci ricorda di Campo de’ Fiori e i Sette Colli, con i Sette Re. Ma Roma non è stata solo decantata, è stata anche palcoscenico di tanti videoclip musicali. Tra i più recenti troviamo i Modà con “Se si potesse non morire”, video girato all’interno del Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo, meglio noto come il MAXXI di Roma. Ponte Sisto, sempre a Roma, è stato il set di uno dei capolavori di Giorgia: “Gocce di memoria”, celebre brano musicale, scritto in occasione della scomparsa prematura del suo compagno Alex Baroni. Anche la cantante salentina Alessandra Amoroso, ha un ottimo rapporto con Roma, oltre che citarla in una delle sue canzoni, ha girato alcune scene del video “Fidati ancora di me” tra i palazzi “artistici” di Tor Marancia.

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Da non perdere music

FORUM DEL GIORNALISMO MUSICALE A FAENZA: II EDIZIONE

di Alessandro Sgritta

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ell’ambito del MEI 2017 (Meeting delle Etichette Indipendenti) che inizierà il 29 settembre a Faenza, il 30 settembre e il 1 ottobre si svolgerà la seconda edizione del Forum del Giornalismo Musicale diretta anche quest’anno da Enrico Deregibus, a cui sono invitati a partecipare tutti i giornalisti interessati, da quelli delle grandi testate a quelli delle webzine, delle radio e tv e di tutti i new media, che per aderire potranno mandare una mail a enrico.deregibus@gmail.com (e in copia a mei@materialimusicali.it), con idee, spunti e suggerimenti. Sabato 30 settembre a partire dal primo pomeriggio i giornalisti aderenti potranno partecipare a incontri con varie figure professionali del mondo musicale. Nella prima parte si tratterà di due ospiti internazionali: i rappresentanti di WIN, l’associazione mondiale dei discografici indipendenti, e del distributore digitale Jamendo. A seguire ci saranno incontri con un ufficio stampa, un manager e un artista, che saranno comunicati prossimamente. Domenica mattina, 1° ottobre, ci sarà spazio per un corso per la formazione professionale continua dei giornalisti iscritti all’albo. Potranno partecipare come uditori anche i non iscritti. I relatori saranno Federico Guglielmi (su “Giornalismo musicale: professione, o solo hobby?”), Luca Dondoni (“La comunicazione nella musica”), Fabrizio Galassi (“Il giornalismo musicale nell’era digitale”) e Vincenzo Martorella (“Elementi di scrittura critica”). Nel pomeriggio si svolgerà una assemblea di tutti i partecipanti sulla creazione di una associazione di giornalisti musicali

e su altri temi scaturiti dalla scorsa edizione. Sabato 30 settembre saranno assegnati anche il PIMI – Premio Italiano Musica Indipendente (a cura di Federico Guglielmi) per l’Artista Indipendente dell’Anno a Brunori Sas (che si esibirà la sera stessa al Teatro Masini di Faenza), e il PIVI - Premio Italiano Videoclip Indipendente (a cura di Fabrizio Galassi), i video eleggibili sono le produzioni indipendenti uscite tra il 1° settembre 2016 e il 31 luglio 2017, saranno selezionate e premiate tutte le forme visuali di musica, soprattutto legate a strategie

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di comunicazione web, per esempio Instagram, serie web, Facebook o YouTube. Oltre 100 giornalisti musicali del Forum 2016 voteranno insieme ai nuovi iscritti di quest’anno per la quinta edizione della Targa Mei Musicletter, premio nato nel 2012 da un’idea di Luca D’Ambrosio di Musicletter.it in collaborazione con Giordano Sangiorgi del Mei, assegnato annualmente al miglior sito collettivo e al miglior blog personale di informazione musicale e culturale, quest’anno il premio speciale della giuria sarà consegnato al miglior ufficio stampa.


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Le interviste

MOGOL Il parere dell’Autore per eccellenza di Francesco Nuccitelli

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Le interviste

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e bionde trecce e gli occhi azzurri e poi… chiunque abbia letto questi primi versi avrà sicuramente riconosciuto l’interprete e l’autore di questo e di tanti altri capolavori. Noi di MZK news siamo riusciti a raggiungere per un’intervista telefonica il grande maestro Mogol: Maestro, cos’è per lei l’autore e qual è il suo ruolo? Il ruolo dell’autore è quello di trasformare il senso della musica in parole che siano credibili e che riguardano un qualche cosa di vissuto, di sogni o avvenimenti personali che l’autore trova nel corso della propria vita. Secondo lei com’ è mutato il ruolo dell’autore nel corso degli anni? L’autore non è mutato, è lo stesso, ci sono parole più o meno nuove, ci sono testi belli o meno belli. Il vero problema è la promozione, quando la produzione fa la promozione li considera i migliori. Se un disco viene fatto con tutti gli accorgimenti, bella canzone e bella interpretazione, muore lì se non viene trasmesso.

Lei ha scritto tantissime canzoni che hanno fatto la storia della musica italiana, spesso ha fatto ricorso a brani internazionali. Che differenza c’è di testo tra la musica nostrana e quella internazionale? Le canzoni belle sono belle, indipendentemente da dove nascono. In molti brani non ho rispettato i testi originali, li ho cambiati! Come ad esempio con David Bowie ed il suo brano ‘Space oddity’, per il quale ho scritto ‘Ragazzo solo, Ragazza sola’, un testo che non c’entra niente con l’originale e con le navicelle spaziali. Tuttavia lo stesso Bowie ha poi cantato questo brano in Italia e in italiano. Concludiamo con Lucio Battisti, magari qualche piccola curiosità o qualche aneddoto. Le posso dire che Lucio Battisti è stato raccomandato da Paul McCartney (che era appassionato delle sue canzoni) ai produttori dei Beatles in America e che gli stessi gli avevano offerto un contratto molto importante, ma non so se per un’idea sua o per un consiglio sbagliato, lui rifiutò l’offerta nonostante le condizioni fossero molto favorevoli.

Secondo lei perché il ruolo dell’autore ha meno importanza rispetto all’interprete? Questo disinteresse c’è sempre stato dato che quando citano Mina o Celentano non si parla mai o quasi dell’autore; questo è il poco rispetto che c’è nei confronti dell’autore. La stampa cerca sempre di considerare solo i più famosi. Lei è stato autore per alcune delle più grandi voci della musica italiana: Celentano, Mina, Patty Pravo e tanti altri, ma perché oggi le canzoni hanno una durata più breve? Torniamo al discorso delle promozioni: se una radio produce dischi metterà solo le sue proposte e quindi non ci sarà più una scelta tra le migliori. Ogni promozione, come quella dei talent, fa produzione. Una volta era il pubblico a scegliere la canzone migliore. Adesso ognuno si produce e lancia le proprie canzoni, ma il risultato, se il lavoro non è supportato da artisti, diventa modesto. In una sua intervista ha affermato che preferisce avere prima una base musicale sulla quale in seguito costruire il testo. Quali difficoltà potrebbero esserci per un autore se venisse scritto prima un testo e solo in seguito la musica? Bisogna interpretare il senso della musica, quindi prima la musica e poi il testo. Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, beh, perché è più difficile che ci sia un musicista che possa interpretare un testo, mentre è più facile che un autore possa relazionarsi alla musica per descrivere il senso che potrebbe avere con quella base musicale.

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Voci dal Live music

VOCI DAL LIVE Le opinioni del pubblico sugli eventi musicali della Capitale di Carlo Ferraioli

“Loved both…”

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iamo al Timeless art & music festival, e l’atmosfera è di quelle allegre, belle, spensierate. La quarta edizione ha portato con sé non poche novità, dagli artisti all’impianto, passando per stand e sponsor. Una cosa, fortunatamente, è rimasta uguale uguale agli altri anni: la location. E meno male! Perché la Selva di Paliano, luogo alle porte di Colleferro, in provincia di Roma, ha fatto e fa innamorare tutti, pubblico e artisti. Dopo aver sentito qualcuno in fila, abbiam fatto un giro sotto al palco, per poi sostare comodamente al bar. L’opinione è comune: quel palco, quella musica, quella cornice tutt’attorno sprigionano, assieme, qualcosa di veramente magico, che nessun paesaggio urbano potrà mai regalare, come hanno sottolineato Giulia, Cristina e Leonardo. E qui ci saremmo pure fermati: natura, campagna e paesaggi battono tecnologia, città e grattacieli. Come se non bastasse, però, a rincarare la dose ha pensato l’ospite d’eccezione, la special guest, l’inglese Dax J, che siamo riusciti a raggiungere

con uno scatto felino dopo la conclusione di un set da paura. “Dax, just your opinion about sound and location” gli diciamo. “I loved both” ci risponde. Beh, con un impianto da 90000 Watt ed un’alba da brividi, come dargli torto?

Giusto qualche problemino tecnico, però “scialla regà” Quando c’è qualcosa che non va, basta improvvisare. Accade nei TG, durante dirette televisive, ma anche in discorsi, comizi o comparse pubbliche. Mantenere la calma, affrontare lo sguardo della gente e farsi sentire distesi, tranquilli, come se tutto fosse sotto controllo. Facile dirlo da giù, meno quando sei su un palco. Proprio come accaduto a Gazzelle, emergente artista romano; musica indipendente, per capirci. A maggior ragione se il palco in questione scotta, perché quello di un importante club romano, quale l’Ex Dogana e nell’ambito di un festival fatto di nomi illustri e, ciliegina sulla torta, se quella è una delle prime vere apparizioni davanti ad una platea tutta lì per vederti, ascoltarti e disposta anche a pagare per farlo.

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No, di certo, e Gazzelle, al secolo Flavio Pardini, non s’è fatto scoraggiare né si è perso d’animo davanti ad un problema tecnico. Anzi, è stato capace di creare uno dei momenti più divertenti dell’esibizione, improvvisando, appunto. E allora via con “Faccio un casino” di Coez, “Gli anni” dei mitici 883 e, perché no: “L’Amour Toujours” di Gigi D’Agostino. Tutte abbozzi di cover, tutte venute più o meno bene ma, cosa più importante, tutte destinate a sprigionare la voglia di ballare e divertirsi delle persone. Un momento magico, quello creatosi, ma che ha entusiasmato ancor di più la folla, come nel caso di Nicola, Riccardo, Alessio ed Enzino: è un grande, in ogni caso, e riesce a trasmettere, con le sue canzoni, emozioni e sentimenti che ognuno dei presenti porta dentro, ma che, a volte, è difficile esternare. Forse perché la musica resta il veicolo meglio indicato per comunicare sensazioni intangibili, pensavamo noi fra un salto e l’altro, trovandoci d’accordo con l’allegra comitiva. Beh, che dire allora: viva i problemi tecnici. Bravo Flavio, il mood è corretto!



Le interviste music

Una FUCINA di TALENTI

di Francesco Nuccitelli

Tosca ci racconta l’Officina Pasolini “Avevo da tempo questo desiderio di creare un luogo di appartenenza per i giovani artisti...”

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uando la buona politica funziona e si fonde con la cultura nascono progetti interessanti, che possono regalare un sogno e possono ridare lustro a settori trascurati. Abbiamo così raggiunto telefonicamente la celebre artista Tosca, coordinatrice della sezione canzone dell’Officina delle Arti Pier Paolo Pasolini: Partiamo dagli albori, come nasce e si sviluppa il progetto dell’Officina Pasolini? L’Officina delle Arti Pier Paolo Pasolini nasce da un progetto della regione Lazio di 5 anni fa del presidente Nicola Zingaretti e del vicepresidente e assessore alla Formazione, Ricerca, Scuola, Università e Turismo Massimiliano Smeriglio. Si fece un incontro all’Auditorium Parco Della Musica di Roma per chiedere cosa si potesse fare per la collettività, cercando di avere dei progetti che in seguito la regione avrebbe accolto; comprendeva tutti i vari settori e i vari assessorati avrebbero valutato per capire il più possibile del progetto. Io avevo da tempo questo desiderio di creare un luogo di appartenenza per i giovani artisti, visto che da molti anni c’è una strumentalizzazione dei giovani ad opera della tv, come accade nei talent che danno questa illusione del successo immediato, con un meccanismo estremamente commerciale. Si è cercato così di ricreare una sorta di bottega artigianale dove i giovani artisti potessero imparare da artisti già affermati. I ragazzi sono suddivisi in tre sezioni: la canzone (della quale sono la curatrice), il teatro e il multimediale. Ho immaginato una sorta di luogo comune dove queste arti potessero essere autonome e interconnesse allo stesso tempo. Gli insegnanti fanno anche da tutor accompagnandoli nel lavoro. Facendo questo mestiere, possiamo trasmettere delle competenze, accompagnando così alla parte teorica anche la parte pratica. Molti dei giovani hanno già avuto la possibilità di confrontarsi con il mondo del lavoro: chi in ambito teatrale andando in tournée o collaborando con tanti attori importanti, chi in ambito musicale producendo già diversi album ed infine anche chi è uscito dal settore della multimedialità ha avuto modo di confrontarsi con il mondo lavorativo, partecipando a diverse competizioni tra cui il Roma Web Fest.

Le interviste loro. Come ha detto Zingaretti durante la conferenza stampa «I giovani si ritrovano con un’eredità pesante, della quale non hanno colpa: per avere un futuro spesso devono scappare dall’Italia». Solo per questo dovremmo chiedere scusa. Io sono a stretto contatto con i ragazzi tutti i giorni e sono belli, volenterosi, hanno questi occhi spaventati per la voglia di fare e posso dire che sono migliori di noi perché hanno quella apertura verso il prossimo, per l’Europa e per le frontiere, che noi non avevamo. A noi istruttori hanno dato tanto e con la conclusione del percorso insieme ci mancheranno tanto. Quali sono gli obiettivi futuri per far sì che l’Officina Pasolini possa migliorare? Non c’è un obiettivo fisso, come ho detto noi creiamo progetti. L’unica ambizione è creare nuove identità artistiche e culturali in Italia e non solo. L’importante è sponsorizzare i giovani artisti per farli diventare futuri cantanti, grandi attori o videomaker del domani. Perfetto, io ho finito, grazie per la disponibilità. Vuoi aggiungere qualcosa? Un grande saluto agli amici di MZK news, invito tutti i ragazzi che vogliono entrare a far parte di questo mondo a credere nelle loro potenzialità.

Com’è stare a contatto con i giovani? È bellissimo, io non sono assolutamente d’accordo con chi dice che questa è una generazione sfaticata o allo sbando. Anzi io sono sicura che il nostro futuro dipenda molto da questi ragazzi e che dipenda da quello che noi lasciamo a

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Dal quartiere

Giulia Ananìa Cantautrice pop-urbana di Alessandro Sgritta

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ai da poco pubblicato il tuo disco “Come l’oro”, definito il primo esempio di “urban pop music”, in cui le canzoni si alternano a poesie, monologhi e dialoghi in romanesco, in cosa consiste esattamente? Un album che può essere a tratti anche un audiolibro o un film ad occhi chiusi. Non ho voluto porre limiti all’espressione della canzone. Nel disco si parla di integrazione, di periferie e società multietniche, degli zombie del sabato sera, dei morti sul lavoro e del tentativo di rimanere puri come artisti, ma si parla anche dell’amore e della difficoltà di lasciarsi andare ai sentimenti. In un’epoca di grandi cambiamenti qual è “l’oro”? Per me è solo l’amore, raccontato come l’unica possibilità, l’unico vero atto di rivoluzione. Hai cercato un mix tra le nuove sonorità elettroniche di Matteo Cantaluppi (Thegiornalisti, ecc.) e la canzone d’autore più tradizionale alla Gabriella Ferri, quali sono i tuoi punti di riferimento artistici?

Ho lasciato liberi Matteo e Marta Venturini (i due arrangiatori) di scegliere che vestito dare alle mie canzoni. L’unica regola era “facciamo le cose belle e divertiamoci” senza farci le paranoie su quanto deve durare una canzone o come debba suonare. Tra i punti di riferimento artistici c’è sicuramente Gabriella Ferri, più che altro per la sua innata libertà. In generale prendo spunti più dalla poesia e dal cinema che da altri musicisti. “Roma Bombay” è uno dei brani migliori del disco, descrive perfettamente la nuova capitale multietnica ma allo stesso tempo ancora provinciale, cinica e distratta, “a Roma sui santi ci si cammina”? E Pasolini che nelle canzoni ti piace citare cosa direbbe oggi di questa città che tanto amava? A Roma siamo tutti santi e tutti allo stesso tempo ci calpestiamo per sopravvivere. Roma è un simbolo di questi tempi di prevaricazione. Credo che Pasolini troverebbe quell’autenticità che un tempo cercava nelle borgate e che negli ultimi anni di vita ha visto disgregarsi nel-

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la Roma multietnica, nel mescolarsi di parolacce in romanesco e radioline che trasmettono canzoni in cinese, arabo o reggaeton! Guardare il mondo dagli occhi di un poeta è tutta un’altra storia. La poesia è la forma di lucidità più profonda che esista! La tua collaborazione con Paola Turci ha dato vita a “Fatti bella per te” che lei ha portato all’ultimo festival di Sanremo e a tante altre canzoni contenute nel suo disco “Il secondo cuore”, quali sono i brani a cui tieni di più come autrice per altri? So che hai scritto anche per Nek, Emma, Malika Ayane ecc. “Ma dimme te” la canzone che ho scritto insieme a Paola e Marta in Romanesco con un cameo di Marco Giallini è per me una vera chicca perché è un richiamo a tante cose che amo, il cinema di Monicelli e Scola, personaggi come Anna Magnani e la Ferri che Paola tra l’altro evoca, ma sono grata a tutti gli artisti che hanno scelto le mie canzoni e sono tutte canzoni speciali, mai fatte a tavolino. Mi sento molto fortunata ogni volta che scelgono una mia canzone!


Dal quartiere

Bussoletti Il peso piuma del pop italiano di Alessandro Sgritta

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iao Luca, hai da poco pubblicato la prima parte del tuo nuovo disco “Peso piuma” (1 di 3), che contiene i primi 4 brani (di 12), perché hai scelto di fare uscire 3 dischi separatamente? Perché mi sono reso conto con l’album precedente, “Pop Therapy”, che non coincidono i tempi di vita di un album per un artista e per i media. Vorrei estrarre anche 10 singoli da questo cd per cui lo farò uscire “a fascicoli” in modo che sia sempre una novità per voi giornalisti. Perché lo hai chiamato “Peso piuma”? in copertina ci sei tu con un occhio nero… Avrò mica incontrato la Lucarelli? Scherzi a parte, l’ho chiamato così perché questo è il mio reale peso nella musica italiana e per ricordare a tutti l’importanza della leggerezza.

si”? Sarebbe bello! Ma chi è Eusebio Martinelli ospite nel terzo brano? Se non è finita la crisi, almeno dobbiamo iniziare a pensare che sia così per invertire il trend negativo. Eusebio Martinelli è un grande artista ed un grande trombettista che suona, tra gli altri, con Vinicio Capossela e Sud Sound System. Il video del primo singolo “Selvaggia Lucarelli” ha avuto oltre 1 milione di visualizzazioni su Youtube, te lo aspettavi? Dici che non ce l’hai con lei e citi come esempi di bellezza Dario Fo, Erri De Luca, Margherita Hack e Alda Merini,

ma allora con chi ce l’hai? Con me stesso perché cerco poca bellezza quando intorno ce n’è molta! Il disco è stato realizzato con il sostegno della Nazionale Italiana Cantanti, sei un bravo calciatore? So che dovevi giocare allo Juventus Stadium il 30 maggio ma poi… Ma poi sono andato in Canada con la mia famiglia perché avevo bisogno di ricaricare le pile. Sono orgoglioso di far parte della Nazionale Cantanti ma la verità è che sono una pippa micidiale. A Fifa, invece, me la cavo.

Nel primo brano “Correre” è ospite Mauro Ermanno Giovanardi (già apprezzato come voce dei La Crus), com’è nata la vostra collaborazione? Ci conosciamo da tanto tempo. Gradualmente ed in modo naturale è andata avanti l’amicizia e la stima che poi sono sfociate in un duetto di cui sono molto orgoglioso. “Le serie americane” sono una tua grande passione, quali sono le tue preferite? Ho finito da poco “13 reasons why” di Netflix e m’è piaciuta tanto! “L’Uomo Ragno manda i selfie da Bali con il dito medio al caro Pezzali” mi piace come immagine, davvero “è finita la cri-

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Focus music

Musica e droga, Suoni, pensieri, piaceri immersi

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etta così sembrerebbe quasi la storia del mondo, degli uomini e delle donne che, da quando lo abitano, non hanno mai smesso di cercare una sola e preziosissima cosa, prima ignota, oggi conosciuta, studiata: la dopamina. Neurotrasmettitore legato alle sensazioni di piacere, è da sempre cruccio di tutti, special modo di chi col piacere dei sensi e della mente c’è a contatto più di ogni altro: gli artisti. È innegabile, infatti, come in tal senso la presenza di qualcosa che alteri, ampli, modifichi la percezione della realtà e delle sensazioni ad essa

legate sia non solo palese, ma quasi indispensabile. Poeti, scrittori, pittori, musicisti, scultori: nulla di nuovo, nessuna scoperta. Ma ci occorre per partire, e quanto meno per spiegare il perché della “e” accentata nella seconda parte della nostra titolazione. Secondo alcuni studi, infatti, fra i quali i più prestigiosi facenti capo alla McGill University di Montreal, in Canada, alla Harvard Medical School di Boston ed all’Università del North Carolina, la musica ci permetterebbe di sognare ad occhi aperti, di scavare nel passato, di proiettarci in un contesto, in un uni-

verso parallelo; le note potenzierebbero le connessioni fra le regioni celebrali, coinvolgendo, fra gli altri, l’ippocampo, fortemente legato alle emozioni. Non solo. Nella fattispecie, la nostra musica preferita attiverebbe un’area celebrale chiamata default mode network (DMN): tale network neuronale è sì in azione quando l’individuo è sveglio, ma resta comunque quasi sempre a riposo, ed è legato all’introspezione oltre che alla capacità progettuale. Roba profonda, e forse neanche tanto “sfruttata”. Da qui, e con queste premesse, fare un bel salto nel passato per immergerci nei motivi sociopolitici, storici, culturali e musicali che hanno portato platee, pubblici e divi ad attuare certe condotte dovrebbe risultare un po’ più semplice. Saltiamo, quindi, indietro di circa mezzo secolo per comprendere il perché della prima parte del titolo, fugati ora i dubbi circa la seconda. Tralasciando discorsi circa hashish e marijuana, le cosiddette “leggere”, poniamo invece l’attenzione su LSD, cocaina, eroina, anfetamine ed ecstasy: tutte droghe che hanno fatto la storia di un periodo culturale oltre che sociale. La storia di territori, di persone, di movimenti. La storia di chi le ha assunte e di chi le ha viste assumere; di chi ha manifestato, ha ascoltato, ha pensato che proprio quella storia, così, non sarebbe finita mai. Quelle sostanze, in certi casi, hanno invece determinato proprio la fine di un racconto che, per chi l’ha scritto e vissuto, ha saputo incarnare la

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Focus

Musica è droga.

in contesti economici, politici, sociali di Carlo Ferraioli

brama di potercela fare, di poterlo concretizzare. Ma anche l’incubo di fallire, di poterlo solo sognare. E così, dagli anni cinquanta fino agli anni novanta, mods, punk, motorhead e un po’ tutta la Beat Generation, accomunata da poca consapevolezza scientifica, ma da tantissima preparazione politica e letteraria, si è fatta promotrice di valori legati a libertà, anticapitalismo, antipaternalismo, autonomia ed indipendenza. Tutti accomunati da modi di fare ed intendere la realtà, da usi, costumi, abbigliamento. Da sostanze, atteggiamenti, elementi discriminanti. Insomma: da tutto ciò che era rappresentazione pub-

blica del sé. Poi cos’è successo? A quel senso collettivistico e comunitario che aveva pervaso il mondo del secondo dopoguerra si è sostituita una realtà legata all’io, al soggettivismo generato da paure, precarietà, terrore: si è passati dalla Beat Generation alla X Generation, legata alla sintetizzazione, al campionamento, ad una musica resa artificiosa grazie all’ausilio di strumenti elettronici. In un quadro del genere, chiaramente, sono cambiate anche le modalità di assunzione di droghe e sostanze. Marco Zac, fondatore dell’azienda di organizzazione eventi Four on the Floor,

in un’intervista di due anni fa dichiarò che tempi addietro drogarsi era parte di una cultura; con la musica elettronica le cose non sono diverse. Forse l’unica cosa cambiata è l’approccio del consumatore alle sostanze: drogarsi è diventata una tendenza, molto più di quanto non fosse prima. Come se ai sentimenti che spingevano i giovani del ‘68 a marciare, si sia sostituito un consumo, sintetico e scevro di ogni poesia, rivolto solo all’immediato. Un vuoto di valore, che non tutti riescono a colmare, e quasi sempre frutto di superficialità, incoscienza e inconsapevolezza.

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Educational music

Benvenuti nella nuova rubrica di AUDIO RANDOM.

Affronteremo insieme ed approfondiremo le tecniche di produzione nella musica elettronica, attraverso la manipolazione dei suoni, e la costruzione delle parti ritmiche attraverso launch pad, synth e drums maschines. Attraverso Ableton Live e Logic Pro si affronteranno tutte le fasi del missaggio fino alla masterizzazione finale del prodotto audio. Conoscere le tecniche fondamentali vi permetterà di avere più chiaro l’utilizzo degli strumenti applicati all’ Home Recording e all’ Editing dei vostri brani. Il lavoro in studio consisterà nel creare sessioni di registrazione e mix, con microfoni, pre amplificatori e tutti gli strumenti hardware / software utilizzati per la produzione musicale nel vostro Sound Design preferito.

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#2

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Educational COME SI CREA UNA CATENA MID SIDE IN ABLETON LIVE? di Gianluca Meloni

ggi vi mostro come si crea una catena Mid Side con il plug Audiorack e l’utility Difference di ABLETON LIVE, facendo un passo indietro e provando a raccontare come nasce questa tecnica.

Se oggi ascoltiamo felicemente dalle nostre cuffie o dal nostro impianto la musica stereofonica, lo dobbiamo a questo signore: Alan Blumlein. Nato nel 1903 e morto nel 1942, in questi pochi anni è ricordato in Inghilterra come uno dei massimi esponenti dell’ingegneria elettronica, con le sue significanti scoperte e invenzioni nelle telecomunicazioni: il sound recording, stereophonic sound, television e radar. La sua tecnica di microfonazione, chiamata appunto Blumlein, avviene per mezzo di due microfoni con figura a 8, cioè disposti a capsule coincidenti con un angolo di 90°. In questo modo possiamo catturare non solo il suono che viene diretto, ma anche quello dell’ambiente che ci circonda. Poco dopo nasce la stereofonia. Oggi abbiamo in utilizzo i file con i vari formati stereo (wav, aiff, ecc...), ma che cosa è un file stereo? Una traccia con 2 suoni in mono, uno a destra ed uno a sinistra? Non proprio… In una traccia stereo abbiamo sia quello che abbiamo registrato e missato al centro che tutto quello che abbiamo “panpottato” o “effettato” ai lati, quindi è come se avessimo due tracce: una con la parte centrale MID e l’altra con la parte dei laterali SIDE. Abbiamo quindi il MID-SIDE, tutti i suoni diretti li avremo nel MID, mentre tutti i suoni riflessi “panpottati” o processati con effetti di ritardo, riverberi, delay, ecc. li avremo nel SIDE. Come facciamo ad ascoltare il MID ed il SIDE separati? Molto semplice! Ci sono molti plug-in a riguardo, che ci fanno risparmiare tempo e con un attimo possiamo ascoltare e processare nella traccia stereo il MID ed il SIDE... Vediamo però come fare in Ableton Live. Innanzitutto apriamo una traccia audio, andiamo sul menu audio plugin e trasciniamo audioeffectrack nello slot della traccia. Clicchiamo sul tasto destro del mouse all’interno dell’audioeffectrack e creiamo due catene, che rinomineremo rispettivamente MID e SIDE. Nella catena MID trasciniamo l’utilty Difference posizionando in basso la percentuale di widht allo 0%. Nella catena SIDE inseriamo un’altra utlity Difference posizionando la percentuale in basso sul 200%. Ora mettiamo una traccia stereo a nostro piacimento, ovviamente nel canale dove stiamo creando la catena MID SIDE, selezioniamo sul fianco destro della catena i rispettivi pulsanti di solo per poter ascoltare il MID ed IL SIDE separati. Molto figo, no? A questo punto abbiamo scomposto la nostra traccia stereo e potremmo quindi inserire in ogni catena un equalizzatore, ma

non solo, perché nella catena possiamo inserire tutto ciò che vogliamo anche un compressore o un effetto per fare magari un side più creativo. Un’opportunità di routing molto avanzata. Ad oggi abbiamo ovviamente molti plug in che operano in MID SIDE, come gli isotope, i fab filter ecc.. Grazie ad Ableton, però, possiamo scoprire di aver fatto una catena audio dove inserire tutto quello che volete ma nei rispettivi bus che saranno il vostro MID ed il SIDE. Una volta creato il nostro Rack Mid Side potremmo salvarlo e rinominarlo qualora vogliate usarlo anche in fase di mix nelle vostre tracce o nel master finale per creare il vostro BUS MIX - MID SIDE. Coloro che si iscriveranno alla nostra newsletter potranno scaricare una template di Ableton gratuita, per provarla con tutte le specifiche riportate.

O ESSI AL PROSSIM RIMANETE CONN ! AUDIO RANDOM mzknews.com | MZK News | #musicazerokm | 51


Spazio musica

SPAZIO a cura di Alessio Boccali e Francesco Nuccitelli

NOME: nongiovanni GENERE: Cantautorato Vita, morte e miracoli. Stare bene, stare male e stare boh. C’è tutto in questo viaggio all’interno dell’essere umano propostoci dal cantautore pugliese classe ’83 nongiovanni. Un disco pop, Il suo “Stare bene” dal forte sapore cantautorale che si prefigge l’obiettivo di cantare l’uomo e le sue sfide quotidiane; dalla “catastrofica” “Dan Brown” alla cruda “Anche quest’estate finirà”, passando per “l’elogio della follia” di “Erasmus” fino ad inni alla speranza e al futuro più bello, quello dei nostri figli, presenti nel pezzo che dà il titolo al disco e in “L’attesa”. E i pezzi non finiscono qui, ce n’è per tutti i gusti…

NOME: Giovanni Succi GENERE: Cantautorato Mettete scarpe comode e armatevi di tanta voglia di scoprire cose belle. “Con ghiaccio” è un giro d’Italia a piedi, tra i vizi e le virtù di tutti noi. La cronaca del popolo che arranca, del ricco che sperpera… di “case, libri, auto e fogli di giornale”, come direbbe qualcuno. Un lavoro molto maturo che omaggia, per la cura della scelta tematica, la tradizione cantautorale della quale dobbiamo andare fieri e nella quale il Succi, autore con una grossa esperienza alle spalle, oramai rientra di diritto. Insomma, stiamo parlando di un disco che sa veramente ciò che vuole.

NOME: Ennio Salomone GENERE: Cantautorato Dalla Sicilia con passione e con un bel carico di gavetta sulle spalle. Dal titolo del disco, “Se passeggio faccio prima”, si deduce che l’artista ami così tanto camminare che se la potrebbe esser fatta a piedi dalla Sicilia fino alla Valle D’Aosta; beh, se così fosse, di certo si spiegherebbe l’attenzione a tutte le storie di vita racchiuse nell’album. Otto pezzi, tutti magnificamente curati sia nella parte strumentale che nei testi. Una penna appena trentenne in grado di raccontare con ironia, e senza banalità, la società e le sue anomalie. Uno squarcio di speranza nel cielo donato da chi sembra avere davvero le idee chiare. Chapeau!

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MUSICA

Spazio musica “SPAZIO MUSICA” promuove i giovani talenti e le nuove produzioni

I nostri esperti selezioneranno i vostri nuovi progetti musicali promuovendoli sulle prossime uscite di MZK News Inviate il vostro materiale a press.spaziomusica@gmail.com

NOME: Animarea GENERE: Jazz “Holidays in Rome” è il titolo del nuovo ed avvincente album degli Animarea, un viaggio che unisce tradizione e modernità tra le sonorità jazz e il funky-soul. Un progetto interessante che vede la collaborazione di Gabriele Toniolo, Rossana Bern e Michele Bonivento. Dieci brani totali, di cui otto inediti, tutti diversi e tutti intriganti. Melodie fresche, godibili e mai banali. I temi trattati sono storie autobiografiche d’amore, passione ed amicizia affrontate con ottimismo e positività. Un prodotto variegato, ricco di contaminazioni musicali e di talento. Un album imperdibile per chi è alla ricerca di una ventata d’aria fresca.

NOME: Cinque uomini sulla cassa del morto GENERE: Folk “Blu” è il nuovo album della band Cinque uomini sulla cassa del morto. Un gruppo vivace con un prodotto avvincente ed incredibilmente interessante. L’album presenta brani folk che si mixano a testi nazionalpopolari, con canzoni orecchiabili e divertenti. Nove sono i brani presenti nel disco, che già dal primo ascolto ti prendono e ti rallegrano anche una giornata ‘morta’. In conclusione possiamo affermare che questo è un album che vale, gradevole e che unisce diversi generi, dalla tradizione folk al rock, al pop. Semplicità, allegria e vivacità sono le parole d’ordine per la band e per chiunque lo ascolti.

NOME: Angelica Sauprel Scutti GENERE: Cantautorato “Niagara Rendez-Vous” è l’ultimo pregevole prodotto di un’artista dal grandissimo talento musicale come Angelica Sauprel Scutti. Il suo non è un semplice album, ma una vera e propria opera musicale. Un concept dove possiamo trovare il mix tra il teatro, il cinema, la letteratura, il rock e il jazz. Psicologico e viscerale, rigoroso, ironico, romantico, funereo e vitale, descrittivo e visionario al tempo stesso. Diciassette brani ricchi di emozione e sentimento, che rendono partecipe anche il pubblico che ascolta. Un disco che DEVE assolutamente far parte di ogni collezione musicale che si rispetti; un vero gioiello per una grande artista.

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La life è bella

CROSS THE STREETS “Viaggio nel favoloso mondo della Street Art”

L’

arte è nel nostro quotidiano; ci circonda e noi dobbiamo accorgercene. Non è un fare minaccioso quello con cui l’arte ci si avvicina e non dobbiamo averne paura come spesso succede con tutto ciò che è cultura e che per questo ci sembra lontano ed incomprensibile. Da sempre l’obiettivo della street art è proprio quello di sfatare la falsa convinzione che l’arte sia destinata soltanto alle élite ed arrivare a tutti, senza distinzioni né filtri. La mostra “Cross the streets” porta l’arte di strada tra le mura di un museo e questo potrebbe sembrare in controtendenza con quanto affermato in precedenza; in realtà con questa mossa non intende limitarla, ma renderla il più mainstream possibile, naturalmente, senza snaturarla. Insomma, è l’occasione giusta per convincere i palati più raffinati ed inserire il fenomeno del writing e quello della street art nel grande mondo della storia dell’arte. Due sezioni analizzano a fondo il mondo dell’arte di strada partendo dalla storia internazionale più nota nella quale i protagonisti sono il francese Invader, lo statunitense Shepard Fairey (OBEY), il tedesco Daim, gli italiani Diamond e Lucamaleonte e tanti altri mostri sacri del genere, comprese le eccezionali testimonianze riguardanti il passaggio di Keith Haring a Roma - la più curiosa riguardante l’intervento dell’artista sul Palazzo delle Esposizioni, cancellato in occasione della visita di Gorbaciov nella Capitale -, per poi concentrarsi, nella sezione “Writing a Roma, 1979 – 2017”, che ospita una bella e approfondita indagine grafica sul rapporto speciale che lega Roma al writing fin dal dicembre del 1979, quando la “Galleria La Medusa” ospitò la prima mostra di graffiti organizzata fuori dagli Stati Uniti. Tra gli artisti qui coinvolti, Lee Quinones, Fab 5 Freddy, Napal e Brus, Jon e Koma, Imos, Pax Paloscia, Rebus, il fotografo Valerio Polici e le crews TRV

di Alessio Alessio Boccali Boccali di

Ideata e curata da:

DRAGO, nufactory, progetto ABC, Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali

Dove e quando:

Al MACRO di Via Nizza (Roma) dal 7 maggio al 1° Ottobre 2017

e Why Style. La terza ed ultima sezione, infine, presenta i “Milestones”, ovvero quelle tappe imprescindibili nella storia della street art come ad esempio le mostre dei primi anni 2000 dello Studio 14 o la nascita del celebre Outdoor Festival. Che dire di più? Vi consiglio di non perdervi quest’importante occasione per comprendere al meglio il linguaggio della street art ed apprezzare pienamente la potenza espressiva di questo fenomeno che sta sconfiggendo il grigiore cittadino.

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Thebest best The of of

LE COLONNE SONORE di Gianluca De Angelis

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egia, montaggio, fotografia, recitazione, sceneggiatura... I tasselli che fanno parte di un film sono molteplici, e solo una coesione perfetta tra di essi riesce a rendere una pellicola veramente memorabile. Un fattore fondamentale che caratterizza da sempre la Settima Arte è però la sua fusione con un altro tipo di medium artistico: la musica. In realtà, possiamo dire tranquillamente che queste due arti hanno da sempre coesistito. Il cinema, infatti, anche quando lo si definiva tale non è mai stato realmente “muto”, anzi la musica ne era una parte fondamentale e imprescindibile. Basti provare a pensare per un attimo ai film di Charlie Chaplin escludendo però i classici motivi che dettavano il ritmo della storia: impossibile. Con il passare degli anni poi, le colonne sonore hanno continuato ad essere parte integrante delle pellicole cinematografi-

che tanto che spesso va proprio ad esse il merito di aver reso particolarmente iconico un intero film o immediatamente riconoscibile una determinata sequenza: cosa sarebbe “Il Mago di Oz” del 1939 senza “Over the Rainbow” cantata dalla soave Judy Garland, “Psycho” di Alfred Hitchcock senza il suo stridio di violini, il volo degli elicotteri di “Apocalypse Now” privato della sua “Cavalcata delle Valchirie” del compositore Richard Wagner o ancora la sequenza di apertura di “2001 Odissea nello Spazio” senza “Così parlò Zarathustra”. La colonna sonora è diventata molto più di un semplice “dare un ritmo”: riesce a trasportare immediatamente alle sonorità di un determinato periodo storico, ad amplificare la gravitas di una determinata situazione, a trasmettere i sentimenti di un determinato personaggio o aiutare a dipingerne le sfumature caratteriali con maggiore precisione.

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C’è da dire, però, che ogni volta che si chiede a qualcuno quali siano le “colonne sonore più iconiche del cinema” si riceveranno più o meno sempre le stesse risposte: quella pensata da Arnod Bernstein per “I Magnifici Sette”, quella di Ennio Morricone per “Il buono, il brutto e il cattivo”, di Max Steiner per “Via col Vento”. C’è chi si gioca i classici puntando sui musical, con “Cantando sotto la pioggia”, “West Side Story,” Tutti insieme appassionatamente, chi invece preferisce i ritmi rock di “American Graffiti”, chi non riesce a non scatenarsi di fronte a “Born to be Wild” degli Steppenwolf ad ogni visione di “Easy Rider”, chi fischietta ogni due per tre i motivetti storici di “Indiana Jones”, “Ritorno al Futuro”, “Star Wars” o “Jurassic Park”. Cosa hanno in comune, tuttavia, queste pellicole così diverse tra loro? Semplice, sono tutti film che sono approdati in sala parecchio prima degli anni 2000.


The best The bestof of

Quello che a questo punto viene spontaneo chiedersi è: esisteranno allora colonne sonore che potrebbero effettivamente rimanere nella storia anche se sfornate nel nuovo millennio di produzione cinematografica? Restringendo il campo con ancora più attenzione abbiamo provato a rispondere a questo quesito, stilando una lista di alcune colonne sonore che si sono rese, in un modo o nell’altro, assolute protagoniste delle loro rispettive pellicole dal 2010 ad oggi e che forse, chi lo sa, tra 50 anni continueranno a riecheggiare nella mente dei cinefili… A dimostrazione che, nonostante il passare degli anni, questo è quello che continua a fare la Settima Arte: utilizzare la musica per aiutare a trasmettere quello che altrimenti sarebbe stato impossibile esprimere unicamente attraverso le immagini, lasciandoci allo stesso tempo liberi di stabilire il nesso tra quello che vediamo sullo schermo e le emozioni che noi stessi decidiamo di dargli. Drive (2011) – E’ Cliff Martinez a guidare (termine appropriato per la pellicola) con le sue 14 tracce l’adrenalinica colonna sonora del film firmato da Nicolas Winding Refn, ma non solo: Kavinsky, Desire, Riz Ortolani e Chromatics sono ulteriori aggiunte che contribuiscono a rendere le sonorità di questa pellicola un cult immediato.

Interstellar (2014) – Lo storico compositore Hans Zimmer torna accanto al regista Christopher Nolan per lasciare la sua impronta indelebile anche in questo dramma filosofico-fantascientifico: qui si ricorre prevalentemente all’uso di uno strumento inusuale, l’organo, che con le sue note basse e le sue melodie “religiose” conferisce una gravitas incredibile alle sequenze del film immerse nello spazio profondo. The Grand Budapest Hotel (2014) – Dopo “Fantastic Mr.Fox” e “Moonrise Kingdom” il compositore Alexander Desplat accompagna per la terza volta con le sue musiche una pellicola del regista Wes Anderson: le due orchestre ricorrono a strumenti particolari come la balalaika, corni alpini, cimbalom ma anche a diversi cori, riuscendo a rendere melodie riconducibili all’Europa centro-orientale perfettamente adattate alle estetiche del regista in maniera meravigliosa.

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The best of

Guardiani della Galassia (2014) – Ironica, scanzonata, vintage, inconfondibile. La musica è una componente fondamentale di questo film Marvel, il preferito di molti, che gioca con le sonorità pop-rock anni ’70 tanto da farne quasi delle ulteriori protagoniste: tra le tante tracce citiamo “Hooked on a Feeling” dei Blue Swede, “Ain’t No Mountain High Enough” di Marvin Gaye & Tammi Terrell e anche David Bowie con “Moonage Daydream”. Incredibile.

Mad Max: Fury Road (2015) – La folle corsa dello straordinario film di George Miller non è accompagnato da nemmeno una parola cantata ma da chitarre elettriche, tamburi, corni: l’energia sprigionata dalla colonna sonora composta da Tom Holkenborg, meglio noto come Junkie XL, è tale che viene voglia di salire sul divano battendosi il petto a ritmo ad ogni visione del film. Un connubio fantastico e irripetibile da ascoltare… E ammirare!

The Hateful Eight (2015) – Oscar, Goden Globe, BAFTA, Critics’ Choice e moltissimi altri premi per questa straordinaria colonna sonora composta, orchestrata e condotta dal maestro Ennio Morricone, di nuovo alle prese con un western ben 35 anni dopo “Occhio alla penna” (1981) di Michele Lupo. Tarantino aveva già usato musiche di Morricone per più di un film, non nascondendo l’ammirazione per il compositore… Fatto sta che, anche se non avesse vinto alcun premio, e anche se non si fosse visto il film, la colonna sonora vale più di un ascolto.

La La Land (2016) - Le canzoni e le musiche originali di questo fantastico musical moderno sono state composte ed orchestrate da Justin Hurwitz, giovane amico del regista Damien Chazelle con il quale aveva precedentemente lavorato nel già acclamato “Whiplash”, e sono valse al compositore anche il suo primo Oscar. Tutte le tracce, dalla prima all’ultima, sono dei gioielli da sentire a ripetizione: emozionano, divertono e commuovono proprio come il film, che resta un vero e proprio capolavoro.

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