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STUDI SUL MONTE ETNA LAZZARO SPALLANZANI
a cura di Concetta Muscato Daidone
CmdEdizioni
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Tutti i diritti sono riservati – Riproduzione anche parziale vietata ISBN 978-88-97721-22-2 In copertina: © Archivio CmdEdizioni Antica eruzione dell’Etna. Dipinto di Aniello De Biase
PRESENTAZIONE
Il libro dell’abate Lazzaro Spallanzani è il racconto di un viaggio in Sicilia, di una esplorazione scientifica del vulcano Etna. Il grande scienziato italiano, infatti, non obbediva alla moda dei viaggi, tipica del Settecento, finalizzata prevalentemente alla conoscenza dei popoli e dei luoghi, ma allo studioso interessava osservare la natura all’opera direttamente sul posto, registrando situazioni e momenti particolarmente significativi, come una colata lavica, una frana di materiale roccioso o un evento climatico rilevante, vissuti come esperienza totalizzante. La visita all’Etna oscilla tra il diario di viaggio e la cronaca giornalistica, trascinando con l’immaginazione il lettore fisicamente in quei luoghi. Il rac-
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conto, inoltre, permette di approfondire alcuni aspetti della personalità dell’Autore, che non emergono da altri suoi scritti. Si evince dal racconto la sua propensione non solo ad osservare gli eventi naturali e a descriverli, ma anche a comparare i suoi studi con quelli di altri eruditi in una accattivante dissertazione, nella quale in un sali e scendi vengono confermate o smentite teorie non verificate sperimentalmente, nel laboratorio della natura. La prosa presenta uno stile frondoso e sintatticamente complesso, tipico del Settecento, tuttavia finalizzato alla precisione e alla chiarezza scientifica, in un italiano che si è ormai sostituito al latino nell’erudizione e nelle scienze, piacevole da leggere e trascinante. Le note della Curatrice, riportate all’inizio della pubblicazione, evidenziano i molteplici interessi, in diverse discipline scientifiche e l’ampia gamma di pubblicazioni dello scienziato Lazzaro Spallanzani.
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Ogni itinerario ha la sua chiave di lettura: a voi tutti una spensierata scalata dell’Etna, attraverso varietà di situazioni e di ambienti, che si sono succeduti nel tempo, in compagnia di questo appassionato naturalista, il quale non potrà non affascinarvi con il suo laboratorio en plein air della natura.
Maria Cacciola Silvano Delzotto
Maria Cacciola, laureata in Scienze geologiche Università di Catania, Dirigente scolastico presso l’Istituto Comprensivo di Lignano Sabbiadoro (Udine) Silvano Delzotto, laureato in Scienze geologiche Università di Bologna, Professore presso l’Istituto Comprensivo di Lignano Sabbiadoro (Udine)
VISITA AL MONTE ETNA
Comparazione tra il Vesuvio e l’Etna. – Lave di quest’ultimo vulcano che cominciano a manifestarsi sul mare a 37 miglia da Messina per andare a Catania. – Differenti epoche di queste lave. – Conseguenze. – Catania moderna pressocché tutta fabbricata di lave; come pure l’antica, distrutta dal tremoto del 1693. – Riflessioni sul viaggio all’Etna del Sig. Brydone. – Insussistenza dell’opinione del Conte Borch, che l’età delle lave si possa calcolare dalla quantità del terriccio che col tempo vi si produce. – Inutili tentativi per ridurre a coltura l’eruzione del 1669. – Crosta di terra vegetabile non molto profonda è la cagione della fertilità dell’inferiore regione dell’Etna. – Monte
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Rosso. – Eruttazione della sua lava. – Abbondanza di sorli su questo monte. – Chimica analisi dei medesimi. – I feldspati non sono sempre di più difficil fusione dei sorli. – Veduta sul Monte Rosso di tutta la corrente che nel 1669 andò fino al mare. – Calamità in quei tempi sofferte per l’Etna da S. Niccolò dell’Arena. – Lave della mezzana regione. – Sua ricantata celebrità per la lussureggiante vegetazione ed elevatezza degli alberi. – Prodigiosa antichità di queste due regioni. – Grotta delle Capre. – Natura della lava di questa Grotta.
Quantunque il Vesuvio per se stesso considerato debba dirsi un insigne vulcano, e in ogni tempo per le calamità e le rovine apportate stato sia il più grande oggetto di costernazione e spavento a’ circostanti paesi, pur nondimeno ove vogliasi allo Etna paragonare, perde
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assaissimo di sua fama, e si rimpicciolisce per guisa, che oserei quasi nomarlo un vulcano da gabinetto. Il Vesuvio non si solleva forse di un miglio sul livello del mare, e tutto il suo giro alla base, compresovi anche Ottaiano e Somma, non estendesi al di là di trenta miglia. Il Monte Etna all’incontro, preso alle radici, volge attorno cento ottanta miglia, e la sua elevatezza su’ mare oltrepassa d’assai le due miglia. Sui fianchi dell’Etna levansi altri monti minori, quasi suoi figli, taluno dei quali il vesuviano agguaglia in ampiezza. Le lave più estese di questo monte non superano in lunghezza le sette miglia, e quelle dell’altro s’innoltrano al quindicesimo e al ventesimo miglio, e taluna è giunta fino al trentesimo. Le labbra del cratere dell’Etna non è mai che sieno circoscritte da un miglio solo, ma conforme i cangiamenti cui vanno soggette, ora nel loro circuito pareggiano le due miglia, ora le tre, ed
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è fama che nell’orribile incendio del 1669 si sieno allargate fino alle sei1. Ma il giro della vesuviana voragine non arriva mai a un miglio dimezzato, eziandio quando nei più rovinosi incendi se n’apron di molte2. I tremuoti finalmente cagionati da ambedue questi vulcani, gli accendimenti, le detonazioni, le grandinate e i danneggiamenti quindi prodotti sono in agguaglio della rispettiva lor corpulenza. E però non è a stupire se il recarsi al Vesuvio riputato venga quasi cosa da nulla; e le gite ivi fatte non sogliono rendersi pubbliche se non se 1
BORELLI, Hist. Incend. Etnae, an. 1669. Ignoro chi abbia sì stranamente indotto in errore il Signor Sage, quando dice che il cratere del Vesuvio ha più di tre miglia di diametro (Elem. de Min., T. I.); il che se fosse vero, la circonferenza del cratere vesuviano si accosterebbe alle dieci miglia; estensione che nessun vulcano del mondo ha forse mai avuto. 2
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Questo esperimento ci pone a lume di un’altra cosa assai istruttiva, ricordata al Capitolo V sopra Ischia, dove ragionando della fusione alla fornace ottenuta nei feldspati di alcune lave di quell’Isola, quantunque fossero solitari, avvisai non essere sempre vero che i feldspati più difficilmente si fondano dei sorli, siccome generalmente si crede. lo allora alludeva a questo luogo, il quale però non sarà il solo a comprovare tal verità. Diciamo anche una parola di questi sorli. Essi non appartengono esclusivamente a questa lava di Monte Rosso, ma a moltissime altre dell’Etnea Montagna. Io non so che altri abbia finora tentato di farne l’analisi chimica; e trovo che per sapere i loro principî prossimi era prezzo dell’opera d’intraprenderla. Seguendo
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io adunque le tracce del processo della terra asbestina, instituito dal Bergman, eccone il final risultato, adoperate avendo 100 libbre docimastiche di questi sorli: Silice, libbre………………………………………………………..............................…34, 5 Calce…………………………………………………...........................................................18,7 Ferro……………………………………………………………………………..……………...7,6 Allumina…………………………………………………………......................................12, 4 Magnesia…………………………………………………………………………………...11,0 SOMMA……………………………………………………………………………………..84,216 16
Debbo avvertire che oltre alla perdita quasi irreparabile nella manipolazione, e quella dell’umido dell’acqua preesistente nei sorli, la calce qui è priva del suo acido, e prima ne andava fornita.
TAV. I De Aetna, xilografia. Da S. MĂœNSTER, Cosmographia universalis, Colonia, eredi di A. Byrckmanno, 1575