C come magazine n. 30

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L’impasto. La signora Luisa è concentrata: con movimenti sicuri prende l’uovo, delicatamente toglie solo la parte superiore del guscio e versa albume e tuorlo in una ciotola. «Il guscio lo usiamo come misurino – mi spiega, con sicurezza riconquistata e guardandomi per la prima volta negli occhi – con cui aggiungiamo nella ciotola anche una dose di acqua tiepida ed una di strutto sciolto a bagnomaria». Inizia a mescolare il composto solo dopo avervi incorporato anche un cucchiaino di zucchero ed un pizzico di sale. La signora Maria libera il tavolo

da lavoro dal superfluo, mentre la signora Luisa versa farina di grano tenero nella ciotola. «Ne aggiungiamo fino a quando l’impasto, comunque morbido, non si staccherà dalle pareti», racconta, mentre le sue mani iniziano a lavorare svelte ed esperte. Ogni tanto con un dito infarinato si tira su gli occhiali. L’impasto viene coperto con una ciotola, per riposare una mezz’oretta. Nell’attesa, la signora Maria ricorda che in occasione di banchetti matrimoniali lei e l’inseparabile amica Luisa arrivavano a produrre fino a 500 sfogliatelle. Strabuzzo gli occhi. «Dall’impasto che abbiamo preparato verranno

Gli ingredienti

Sarà la signora Luisa a trasformare questi semplici ingredienti in un prodotto dalle geometrie perfette: la sfuiatell di Lama dei Peligni. Ho la fortuna di assistere alla produzione di un dolce, diventato nel 1998 prodotto tipico, in tutte le sue fasi: potrò cogliere la bellezza dell’evento nelle sua integralità, fatta di prodotti genuini, di storie di vita, di amicizia, di tecnica, di gusto estetico, di semplicità. La signora Maria, padrona di casa, dispone gli ingredienti sul tavolo da lavoro con movimenti lenti: la farina, l’uovo, lo zucchero, il sale, l’acqua e lo strutto. Per ultima, posa una ciotola colma di marmellata e per un istante i suoi occhi si incontrano con quelli del figlio Cesidio, dietro le mie spalle. Quando lui inizia a raccontarmi che da bambino faceva agguati alla marmellata insieme al fratello, a colpi di cucchiaiate, capisco che mamma Maria sta rivivendo la stessa scena, specie il momento in cui i piccoli negavano, con le boccucce sporche, di aver mai commesso quel dolce reato. La signora Maria mi offre un cucchiaino e mi invita ad immergerlo nella ciotola: il composto destinato alla farcitura delle sfogliatelle è delizioso. «Oltre alla marmellata d’uva ho aggiunto quella di fichi, li senti i semini? – elenca – Ci sono anche una tazzina di caffè ristretto, qualche biscotto secco macinato ed un po’ di noci tostate e tritate. Quando i biscotti erano un lusso si usava il pane raffermo grattugiato. Ho aggiunto anche del liquore all’arancia. Un tempo sai cosa si usava? Una specie di grappa ricavata dalla feccia, raspi e bucce di uva esausti, che diventava la base di liquori fatti in casa aromatizzati alle amarene, o alle noci o con altri frutti». Quasi a giustificarsi, mi confida che nella farcitura è presente anche del cioccolato fondente grattugiato che, però, in origine non veniva messo, in quanto economicamente inavvicinabile. (A.F.)

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