Luglio-Dicembre 2016

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Quando un prete raccoglie denaro con le parole del Vangelo, garantendo che è per i poveri e poi si costata che ai poveri non arriva nulla, ma intanto la sua famiglia fa un balzo sociale e economico inspiegabile, si è in presenza di un ladrocinio sacrilego. Per dimostrare che non mi riferisco soltanto all’oggi della Chiesa, che pure non fa mancare lo scandalo quotidiano, lo farò stigmatizzare da Gaspare del Bufalo, anno 1823. In punto Prelati ohimé che vedesi oggidì parlando in genere. Accumunarsi a conversazioni di brio, a danze, a Veglie eccetera. E come ciò? E come conciliabile colla riserva Ecclesiastica e coll’adempimento dei Sacri Canoni? E con che cuore potransi ritogliere nei secolari tante cose, causa di effeminatezza, e simili, se portano ad esempio il Prelato, il costituito in dignità, e talvolta finanche si è stampato nei fogli publici il dettaglio di certi divertimenti e nominati in essi i soggetti intervenuti...46.

Carlo, sia come si voglia, era nipote del vescovo Paolo Emilio Bergamaschi, il quale era stato per alcuni anni a capo della diocesi di Terracina e quindi traslato a Troia di Puglia, forse per allontanarlo dalla sua terra e dai suoi parenti. Era nato a Pontecorvo il 15 febbraio 1843 quando la città era saldamente un’enclave pontificia nel Regno di Napoli. Si era addottorato in filosofia l’11 settembre 1861, quando Pontecorvo, divenuta parte del Regno d’Italia, sperimentava i sussulti patriottici per il balzo ulteriore da compiere verso Roma47. L’anno innanzi, infatti, aveva seguito con interesse l’impresa garibaldina dei Mille in risalita dalla Calabria; infine si era consegnata alle truppe del re sabaudo che andava a ricevere l’obbedienza di Garibaldi nella vicina Teano. Quando don Bergamaschi si era laureato in teologia nel Seminario Romano, il 26 agosto 1865, sul confine meridionale dello Stato Pontificio avvenivano ancora frequenti provocazioni per l’ultimo assalto al potere temporale del papa, fermo ai plurisecolari confini che andavano da Terracina a Ceprano; ma Pontecorvo, fin allora enclave pontificia nel Regno borbonico, era territorio italiano. Epist., III, p 338. A questo proposito si può leggere quanto ho scritto in Vallecorsa e i suoi monumenti ai caduti, Amministrazione Comunale di Vallecorsa, 2000, volumetto di pp 32. Vi è narrato l’assalto fallito dei garibaldini del Nicotera a Vallecorsa, con forti perdite degli assalitori; su questo episodio si scrisse molto a suo tempo. 46 47

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Il Sangue della Redenzione


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