ROBERTO RAISI
Case Lipparini, la cisterna grigio porporina mista a ruggine dell’acquedotto mi avverte di essere in prossimità delle Buriane, anche qui l’esperienza mi suggerisce di rallentare, a volte i vigili si appostano nel piccolo parcheggio, nascosti dagli alberi. I Casoni, qui tutto è a patate e frumento. In questa campagna, apparentemente sonnolenta, con la coda dell’occhio vedo i fagiani imperiali che se la godono con le femmine nel campo di frumento. Rallento a Guarda, il semaforo diventa rosso se si superano i 50 chilometri orari prima dell’ingresso nel paesino, ancora patate e frumento. All’incrocio di Alfonsoni saluto con un colpetto di clacson Mauro e la Fiorella, che stanno ancora lavorando nel campo di patate, finalmente il palazzo delle Bisce: Bologna-Molinella in 35 minuti! L’auto entra dritta in paese come se sapesse a memoria la strada, e ancora una volta i miei pensieri hanno superato il ricordo, non mi sono nemmeno accorto di averla fatta. Passo davanti al barbiere Giuseppe detto Enrico. La sua bottega è un ritrovo denominato Monte Citorio, soprannome dovuto al gruppo di persone, in genere uomini, che vi bivaccano davanti, tutti seduti in circolo, su seggioline stile regista, e che commentano i fatti politici, paesani e nazionali. Mentre il barbiere lavora ad uno scalpo, spesso non molto folto, data la buona clientela over settanta, il chiacchiericcio diventa sempre più intenso: «Berlusconi doveva fare…», a cui qualcuno replica «No, invece doveva….», mentre un altro afferma «Sbagliate tutti e due perché…». Le voci si accavallano con sempre più vigore: «Soccia, no, no Bersani doveva fare… e Casini.. ma làsa stèr Franceschini!!!».
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