La rivoluzione del cervello

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semplici o per compiti anche di discreta complessità, ma solo una volta che si aveva un apprendimento consolidato delle soluzioni del compito. Tutto questo è in linea con quanto atteso in base agli studi sull’apprendimento motorio. Tuttavia, è anche emerso che per compiti particolarmente complessi che potevano essere risolti solo da menti particolarmente brillanti, l’acquisizione della soluzione richiedeva un’attivazione maggiore delle aree corticali, suggerendo che la genialità richiede una capacità non comune di attivare il cervello. Ancora una volta proprio le malattie neurologiche hanno fornito una controprova della complessità dei fenomeni di plasticità cerebrale. In caso di patologie che danneggiano in modo diffuso il tessuto cerebrale, la plasticità consente in una prima fase che al danno strutturale non corrisponda un danno funzionale, proprio grazie all’attivazione di popolazioni neuronali e circuiti accessori che abitualmente vengono utilizzati solo per la soluzione di compiti più complicati (Figura 2). Per riconoscere il volto di una persona nota dobbiamo attivare una regione più estesa delle aree visive primarie e accessorie, ma se il danno aumenta questa compensazione a un certo punto diviene insufficiente e non ci riesce più di dare un nome a quella faccia. Se è vero che quando la mente è attiva il cervello deve mostrare qualche forma di attività, non è altrettanto vero che ogni attività cerebrale determina attività mentali. Ne consegue che malattie del cervello possono compromettere le funzioni intellettive solo se coinvolgono strutture nervose deputate alla conoscenza. Se ciò avviene potremo avere due tipi di alterazione dell’intelligenza: una riduzione globale e sostanzialmente omogenea delle abilità intellettuali, in caso di disturbi di origine tossica o dismetabolica che compromettono la funzionalità pressoché di tutta la corteccia cerebrale, o una compromissione elettiva di uno o più funzioni cognitive, come tipicamente avviene nelle patologie focali o multifocali del cervello. Va considerato inoltre che il coinvolgimento di quelle funzioni, come la vigilanza, l’attenzione, la concentrazione, che servono le funzioni superiori di coscienza e che richiedono in particolare l’integrità del tronco dell’encefalo e delle strutture centroencefaliche, possono a loro volta compromettere in modo globale le attività mentali. Per quanto concerne le alterazioni focali o multifocali ci potremmo chiedere a quale punto si può considerare che vi sia una diminuzione dell’intelligenza.

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