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Il suo volto si ricollega immediatamente al Medio Oriente. Lucia Goracci, inviata di Esteri a RaiNews 24, ha documentato le ultime guerre mediorientali: è stata a Gaza, in Afghanistan, Iraq, Siria, sui vari fronti della guerra allo stato islamico – era a Kobane durante l ’ a s s e d i o. È stata inviata per il Tg2, poi per il Tg3 – per il quale ha seguito anche eventi importanti in America Latina, come il terremoto di Haiti del 2010 e l’incidente nella miniera di San José in Cile. Ha iniziato la sua professione in un’epoca in cui si investiva nel racconto: basti pensare alla guerra in Iraq, coperta con una presenza di inviati co-
stante. Oggi, invece, è forte la convinzione che – cessata la contingenza – gli esteri non siano “notiziabili” e che degli inviati si possa fare a meno. Se però la notizia di esteri ha un impatto sulla politica interna italiana, ecco allora che diventa interessante. Ribaltando la prospettiva, in Medio Oriente come vedono noi e il nostro Paese? “Tutti conoscono molto bene l’Italia. Amano la nostra letteratura, il nostro cinema. Mi ha davvero stupito che un pasticciere che ho intervistato a Teheran sulla questione della censura, mi citasse l’episodio del prete di ‘Nuovo Cinema Paradiso’ che, al suono della campanella, censurava le scene di baci perché ritenute sconvenienti. Ma ve lo immaginate un pasticciere di Roma che cita Kiarostami?”. Qual è allora il criterio su cui si regge la notiziabilità? “Io sono per lo stare a lungo e ritornare nei luoghi, ma questo non corrisponde spesso alle esigenze editoriali. Appena dopo il terremoto sono stata ad Haiti due mesi e tutti i giorni sono andata in onda. Ho deciso di tornarci qualche tempo dopo e in dieci giorni hanno mandato un solo pezzo. Le notizie si archiviano in fretta. Ma con questa informazione col fiato corto non possiamo capire la complessità dei fenomeni: ecco allora che ci ‘esplode’ l’Isis o ‘scopriamo’ Al Qaeda in Libia.” Intervista per Mezzopieno a pagina 16/17 MEZZOPIENO 1 MAGGIO-GIUGNO 2017
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IL PAPÀ DIVENTA D’ACCIAIO PER SUO FIGLIO PAGINA 2
ALLO STADIO SI COSTRUISCE LA PACE: IL DERBY SENZA CURVE PAGINA 10
I RAGAZZI FANNO BELLA LA CITTÀ PAGINA 18
IL PAPÀ DIVENTA D’ACCIAIO PER SUO FIGLIO Alex Smith è il papà di
questo ho cambiato la mia vita sedentaria e adesso faccio 20 ore alla settimana di allenamento. Devo farlo per lui”. Alex non si è dato per vinto e ha incominciato a cercare delle soluzioni. Ha lasciato il lavoro e ha fondato un’organizzazione benefica per raccogliere fondi per la ricerca su questa malattia. Nel 2015 Alex e Harrison hanno deciso di partecipare insieme alla gara più dura del mondo, l’Iron Man. 180 km in bicicletta, 40 km di maratona e 3,8 km di nuoto, tutti
Harrison, un bambino inglese affetto da sindrome di Duchenne, una distrofia muscolare attualmente incurabile. Quando Alex e sua moglie hanno ricevuto la notizia della malattia di loro figlio hanno incominciato a cercare le terapie esistenti per provare a curarlo ma si sono accorti che non esistono cure. I medici hanno detto loro che l’unica cosa era “fargli fare una bella vita”. “La malattia di Harrison lo renderà sempre più debole e questo significa che io dovrò essere sempre più forte”, dice papà Alex. “Per
Zejd è sordo: tutta la classe impara la sua lingua
Zejd è un bambino sordo dalla nascita che da sempre comunica attraverso il linguaggio dei segni. Quando a Sarajevo, in Bosnia-Erzegovina, il piccolo ha iniziato a frequentare la prima elementare, è nata la necessità di non isolarlo e da ciò l’idea di coinvolgere l’intera classe e gli inse-
gnanti nell’apprendimento della lingua dei segni. La scuola, in una straordinaria collaborazione con le famiglie degli alunni, ha raccolto la somma necessaria per pagare un esperto che istruisse i suoi compagni in questa nuova attività didattica. Il risultato è stato straordinario e contagioso.
FONTE: D-PLAY; HARRISON FUND
Senza sprecare neanche più una goccia
Avete presente quanto prodotto viene sprecato ogni giorno perchè rimane nel contenitore, incollato alle pareti e negli angoli più nascosti, senza la possibilità di essere estratto? Potrebbe sembrare una scoperta qualsiasi, ma l’invenzione del trattamento per la viscosità assoluta rappresenta un cambiamento davvero significativo per ridurre gli sprechi e ottimizzare i consumi. Si chiama LiquiGlide il Tutti i bambini felicissimi brevetto industriale messo hanno imparato in fretta a punto da un team del il nuovo linguaggio e lo MIT di Boston che perhanno anche trasmesso a mette di far uscire qualsialoro volta ai genitori. si prodotto dal suo conUna storia di straortenitore, senza sprecarne dinaria normalità che nemmeno una goccia. Il ha il sapore della sana trattamento rende l’intercomplicità, che è fonte di no dei contenitori super ispirazione per abbattere scivolosi, in modo da non sempre più barriere. opporre più nessuna resi-
di seguito, senza sosta. Alex Smith ha portato a termine tutte le tre prove portando il figlio semi-paralizzato sempre con se. Ha trainato Harrison su un piccolo catamarano a nuoto, lo ha portato in una sorta di biga in bicicletta e su un carrellino spinto a mano per il tratto di corsa. Alex non è mai stato un atleta professionista ma ha affermato: “Volevo far provare a Harrison l’emozione di concludere una competizione sportiva e dimostrare che non ci sono limiti ma sfide da vincere”.
Fonte: Zadovoljna
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stenza e rimanere completamente puliti al termine del loro uso. Vasetti, barattoli, bottigliette lasciano uscire tutto il prodotto, che sia ketchup, crema per il corpo, vernice, inchiostro, dentifricio e persino colla. L’inventore a capo del team di ricerca è uno scienziato di origine indiana, Kripa Varanasi, che ha lavorato per anni per arrivare a
questo prodotto rivoluzionario, che potrà far risparmiare milioni di tonnellate di prodotti ogni anno. Le sue applicazioni sono tantissime e nei settori più vari, dall’aeronautica alla medicina, dall’industria petrolifera fino a quella della produzione di energia.
Fonte: LiquiGlide; The Hindu
Indonesia, le foreste tornano alle tribù
Una storica decisione quella del presidente dell’Indonesia Joko Widodo, che dopo anni di sfruttamento delle ricchissime risorse naturali del suo Paese ha decretato l’affidamento delle foreste a nove comunità indigene che vivono al loro interno. La nuova riforma agraria distribuisce più di 9 milioni di ettari alla popolazione più bisognosa. Il piano comprende circa 4,5 milioni di ettari di foreste primordiali e 4,5 milioni di ettari di terreni non coltivati, mentre altri 12,7 milioni di ettari saranno gestiti dalle comunità indigene. Il governo ha introdotto la riforma agraria come parte della sua politica di equità, che mira a garantire la parità di accesso alla terra, infrastrutture e servizi di base per una larga parte della popolazione e a ridurre le disuguaglianze. Prima che il governo coloniale olandese dichiarasse le foreste proprietà dello Stato erano stati gli indigeni a proteggerle e farle prosperare per secoli. Le popolazioni tribali in Indonesia hanno subito discriminazioni e violazioni dei diritti umani da parte del governo, in particolare sulla proprietà della terra e lo sfruttamento delle ricchezze in essa contenute. Questa riforma conclude decenni di lotte tra le comunità autoctone e gli sfruttatori delle risorse boschive che hanno espropriato le foreste per farne piantagioni o miniere. Fonte: The Jakarta Post
La città senza spazzatura
Kamikatsu in Giappone è la prima città al mondo che sta riuscendo a eliminare completamente i rifiuti.
Nella città non esistono i cassonetti della pattumiera e non passano camion della spazzatura a ritirare l’immondizia. Gli abitanti riciclano l’80% dei rifiuti da soli, dividendoli e portandoli nel centro dove sono raccolti in modo separato, riciclati o compostati. Un impegno che viene rispettato da tutti e a cui tutti si attengono correttamente, anche se comporta un notevole sforzo. In ogni centro di raccolta, gli addetti verificano che tutto venga suddiviso nel raccoglitore adatto; poi dalla spazzatura vengono riutilizzati o ricreati nuovi oggetti, vestiti, elettrodomestici o utensili, pronti a essere rivenduti. Una fabbrica di sole donne del luogo realizza una collezione di prodotti dal riciclo della spazzatura. In città c’è poi un negozio dove i cittadini possono lasciare gli oggetti che non utilizzano più e che possono scambiare tra loro tramite una forma di baratto. Kamikatsu ha previsto di diventare prima del 2020, il primo comune a rifiuti zero. ln Italia questa pratica coinvolge il 7% del totale nazionale, 525 comuni rifiuti free che producono meno di 75 kg a testa di rifiuto secco indifferenziato, raggiungendo l’obiettivo di legge di almeno il 65% di raccolta differenziata.
Fonte: Japan Times; Legambiente
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Il più grande gesto d’amore per la terra di sempre Douglas Tompskin era un magnate e un milionario, ma anche un escursionista e un amante della natura. Nel 1964 creò il marchio di abbigliamento sportivo The North Face, ma il suo cuore guardava anche al grande Sud e all’incontaminata Patagonia. Per tutta la vita Douglas ha continuato a comprare centinaia di migliaia di ettari di terra senza farci niente, fino alla sua morte nel 2015. Qualcuno arrivò ad accusarlo di voler nascondere scorie nucleari americane. Anno dopo anno, l’imprenditore ha acquistato delle terre in Cile per poterle “salvare” da tutti coloro che volevano sfruttarle, arrivando a possedere 890 mila ettari in questa parte del Sud America. “Vediamo la perdita di biodiversità come una delle più grandi crisi del nostro tempo”, diceva. E fece di tutto per combatterla. Il 15 marzo 2017 la sua seconda moglie Kris ha donato 400 mila ettari di terra al governo cileno. “È la realizzazione del sogno di Doug”, ha detto. “Per il Cile è un grande giorno”, ha dichiarato la presidente del Cile Michelle Bachelet. L’accordo con il governo cileno prevede la creazione di cinque nuovi parchi nazionali: in questo modo il 20% di tutto il Cile sarà terra protetta. La fondazione Tompkins sostiene che le aree naturali genereranno un indotto di 270 milioni di dollari all’anno in ecoturismo, dando lavoro a più di 40 mila persone. Secondo il National Geographic, gli sforzi dell’imprenditore americano hanno protetto più terra rispetto a quelli di qualsiasi altro privato fino ad oggi nel mondo. Fonte: Tompkins Conservation; Los Angeles Time; Volonwrite per Mezzopieno
Il ragazzo che pianta gli alberi per salvare il mondo Felix Finkbeiner è un bambino tedesco che quando aveva solo 9 anni ha deciso di combattere i cambiamenti climatici piantando alberi. Il ragazzo ha dato vita a quella che poi è diventata
Maathai, l’ambientalista biologa keniana che nel 2004 è diventata la prima donna africana ad aver ricevuto il Premio Nobel per la Pace. Felix ha cominciato a piantare alberi da piccolo e
5 Casi di Aids curati con un nuovo vaccino
Un nuovo trattamento per l’HIV è riuscito a sopprimere il virus in cinque pazienti affetti da AIDS. I ricercatori dell’IrsiCaixa Aids Research Institute di Barcellona hanno combinato due nuovi vaccini contro l’HIV con un farmaco di solito usato per curare il cancro e condotto per tre anni una sperimentazione su decine di pazienti. Dopo aver ricevuto il trattamento, il virus non è stato più rilevato in cinque dei 24 partecipanti attivati e la sua diffusione è stata interrotta dal loro sistema immunitario. Il trattamento è riuscito a stimolare la produzione di globuli bianchi in grado di riconoscere e distruggere le cellule infettate dal virus. Il responsabile della ricerca, il Professor Beatriz Mothe, ha dichiarato che la sua squadra è “sulla strada giusta” per lo sviluppo di un trattamento alternativo al quotidiano uso dei farmaci antiretrovirali. Circa 18 milioni di persone in tutto il mondo, secondo le Nazioni Unite, sono costrette ad assumere giornalmente e per tutta la vita i farmaci antiretrovirali per rallentare la progressione dell’infezione dell’HIV, con effetti collaterali pesanti e costi altissimi. “Questa soluzione di lungo termine che non richiede più l’assunzione di farmaci ogni giorno potrebbe davvero contribuire a guarire dall’infezione 37 milioni di persone affette da HIV e sarebbe una grande opportunità per invertire la tendenza sull’epidemia”, ha dichiarato Mitchell Warren, direttore esecutivo dell’AIDS Vaccine Advocacy Coalition. Fonte: IrsiCaixa; The Independent
Adottare i bambini che nessuno vuole, fino alla fine la sua missione quando ancora frequentava la scuola elementare. Durante una ricerca a scuola sui cambiamenti climatici, scoprì che l’aumento delle temperature terrestri stava mettendo in pericolo gli orsi polari, i suoi animali preferiti. Iniziò così a informarsi su chi piantava alberi per salvare il mondo, fino ad incontrare e a collaborare con Wangari
all’età di 13 anni ha raggiunto il suo primo traguardo: piantarne 1 milione in Germania. Il ragazzo ha creato un’organizzazione mondiale, Plant For The Planet, che grazie al progetto dell’Onu per la Billion Tree Campaign ha permesso fino a oggi di piantare 14 miliardi di alberi in 130 Paesi del mondo. Fonte: Plant for the Planet
Mohamed Bzeek è un uomo di 62 anni dalla grande stazza e con una lunga barba brizzolata. Primo di dieci fratelli, è partito dalla Libia per studiare al college negli Stati Uniti, dove poi è rimasto. La sua famiglia era molto povera e molti dei suoi familiari erano stati adottati. Mohamed ha passato gli ultimi 20 anni della sua vita ad accogliere nella sua casa i bambini che nessuno vuole più, quelli che stanno per morire e che vengono abbandonati negli ospedali. Dal 1989, insieme alla moglie americana ha aperto la sua casa come un rifugio di emergenza per i bambini adottivi che hanno bisogno di inserimento immediato o che sono assegnati in custodia protettiva perchè rifiutati o allontanati dai propri genitori. In questi anni ha dato una famiglia a decine di bambini, la MEZZOPIENO 4 MAGGIO-GIUGNO 2017
maggior parte dei quali ha terminato la sua vita tra le braccia di Mohamed. In un’intervista afferma: “So che stanno morendo ma li accolgo come se fossero miei figli, prendendomi cura di loro fino alla fine”. Negli anni la coppia si è fatta carico di tanti bambini affetti da patologie rare o da tumori che non lasciano scampo. Dal 2014 Mohamed prosegue l’impegno anche dopo la morte della moglie e continua a occuparsi specificamente dei bambini malati terminali che nessun altro vuole prendere e che lui dice: “morirebbero da soli, ma io voglio che non si sentano abbandonati”. Fonte: Los Angeles Times
Funziona! I capelli rimangono dopo la chemio
Innamorarsi senza paura Il mercato delle App non perde la sua umanità e tra continue evoluzioni tecnologiche ed esigenze sempre più specifiche da parte degli utenti, trova spazio anche per i bisogni dei disabili. La prima applicazione di incontri online che non nasconde la disabilità dei propri utenti si chiama Glimmer. A differenza di piattaforme comunicative simili, permette ai propri utenti con disabilità di scattare o caricare fotografie a forma intera, senza dover essere costretti a ritagliare o a cambiare angolazione per restrizioni o limitazioni, dando così l’opportunità a tutti di essere visti nella propria interezza. Glimmer inoltre permette una facile connessione ed
Se ne parlava da un po’ di tempo ma non se ne era mai dimostrata l’effettiva efficacia. Oggi due autorevoli studi scientifici confermano i risultati del casco che evita la caduta dei capelli per i pazienti che si devono sottoporre alla chemioterapia. Si chiama Paxman Orbis, il casco che riesce a ridurre gli effetti dei trattamenti per i malati di tumore, in particolare per le donne colpite dal cancro al seno. I ricercatori dell’Università di Houston (USA) hanno esaminato l’efficacia del trattamento per il raffreddamento del cuoio capelluto, una tecnica che ottiene lo scopo di ridurre il flusso di sangue ai follicoli piliferi della testa e quindi di limitare l’assorbimento dei farmaci che causano la caduta dei capelli. Questo processo permette di ridurre drasticamente l’alopecia, fino a dimezzarla. Il Paxman viene posizionato sulla testa delle pazienti trenta minuti prima della chemioterapia e per tutta la durata della seduta e mantiene la temperatura del cuoio capelluto attorno ai 3 gradi per l’intero trattamento, fino a 90-120 minuti dopo il termine della seduta. I suoi risultati sono stati testati per la prima volta su centinaia di pazienti e hanno confermato la loro validità scientifica anche in confronto a un campione trattato con sostanze placebo, senza mostrare rilevanti effetti collaterali. Fonte: Jama Network; Paxman
Attraversa l’oceano a remi Il sudafricano Chris Bertish ha raggiunto in questi giorni l’isola caraibica di Antigua, diventando il primo uomo ad attraversare l’oceano Atlantico con un SUP (stand-up paddleboard), la tavola sulla quale si pagaia stando in piedi. Chris, 42 anni, era salpato dal Marocco il 6 Dicembre a bordo di Impish, il SUP lungo 6 metri dal peso di 600 chili progettato con una piccola cabina a prua dove stendersi per dormire e custodire strumentazione e provviste. Dopo 7.500 chilometri e 93 giorni da solo in mare aperto, l’avventuriero ha raggiunto l’altra sponda dell’Atlantico, alimentandosi esclusivamente con cibo liofilizzato e barrette energetiche. La traversata oceanica è stata progettata per avere il minimo impatto ambientale, a partire dal
mezzo di trasporto totalmente a remi ed equipaggiato con pannelli solari per alimentare gli strumenti di navigazione, fino ad arrivare ai prodotti utilizzati a bordo, tutti al 100% biodegradabili ed organici. Chris e il suo team hanno così raggiunto l’obiettivo prefissato di fare un viaggio a impronta di carbonio zero. Prima del viaggio su Impish, Chris era noto nel mondo degli sport acquatici per avere vinto nel 2010 il Titans of Mavericks, la competizione che si svolge ogni anno in California dove i migliori surfisti di tutto il mondo cavalcano onde giganti alte fino a 20 metri. Il suo motto? Neanche a dirlo: “Nulla è impossibile, se credi che non lo sia!”. Fonte: The Sup Crossing
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interazione tra tutti i social network più diffusi e permette di selezionare il tipo di disabilità di cui si è portatori. Il progetto è nato da Geoffrey Anderson, ispirato da suo fratello con disabilità cognitiva, per rendere l’esperienza in chat e di appuntamenti virtuali più sincera e completa possibile. Fonte: Glimmer Industries; Volonwrite per Mezzopieno
MEZZOPIENOpensiero
Mezzopieno è innanzitutto un modo di pensare, un approccio alla vita ed una maniera di essere. Il pensiero Mezzopieno è sempre pro, mai contro. Mezzopieno si pone come alternativa costruttiva al vittimismo, alla polemica e al disfattismo. Il modo di essere Mezzopieno collabora con tutti per offrire delle alternative costruttive e positive ai pessimisti, ai complottisti e a quelli che cercano sempre dei capri espiatori da colpevolizzare. Chi vive Mezzopieno non ha timore di caricarsi delle responsabilità ed è impegnato nell’individuare le alternative alle dinamiche distruttive e al modo di fare che delega agli altri le scelte. Il cambiamento è responsabilità di chi costruisce con intelligenza ed umiltà, collaborando e coinvolgendo il maggior numero di persone possibile. Piuttosto di cercare di demolire ciò che è ritenuto sbagliato, Mezzopieno propone alternative positive e costruttive, buone pratiche ed atteggiamenti che ricercano l’armonia, che non indirizzano energia per contrastare il male, ma che si vanno a sostituire ad esso. La scelta buona scaccia quella cattiva. Chi si identifica nel Mezzopieno non esalta il buonismo ma ha un approccio positivo e aperto al diverso ed al nuovo. Il cambiamento è un processo che va condiviso da tutti e può avvenire soltanto lentamente, con la presa di coscienza e la partecipazione costruttiva di ogni elemento della società. L’alternativa alla rivoluzione è l’evoluzione. La vera forza che manda avanti il mondo da sempre e che lo ordina attraverso la crescita e la collaborazione di tutti. Chi giudica questo modo di pensare come naif… ha ragione! Non è obiettivo del pensiero Mezzopieno produrre utili o generare profitto. È dimostrato che i buoni esempi “sono in grado di suscitare emozioni positive e di spingere le persone a seguire gli esempi presentati e addirittura provocare reazioni fisiche tali da lasciare un’impronta duratura capace di influenzarne le azioni future. Questo fenomeno, che in psicologia prende il nome di “elevazione morale’” può provocare cambiamenti comportamentali e predisporci all’empatia e all’interazione sociale”. Fonte: Journal of Personality and Social Psychology
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MEZZOPIENOcosafacciamo
L’ITALIA È IL PAESE PIÙ SANO DEL MONDO
L’Italia continua a guadagnarsi i primi posti a livello mondiale nelle classifiche che riguardano la salute. L’ultima buona notizia, risalente al marzo scorso, arriva dal Bloomberg Global Health Index secondo cui, fra i 163 paesi presi in considerazione, l’Italia è il paese dove si vive meglio. Al nostro paese è stato assegnato l’ottimo punteggio di 93,11 su 100 tenendo conto di fattori come la durata media della vita, la salute mentale, l’alimentazione, l’accessibilità dell’acqua potabile e l’assenza di comportamenti a rischio come la dipendenza da tabacco. Il punteggio assegnato all’Italia ha voluto pre-
miarne soprattutto lo stile di vita e l’alimentazione che hanno consentito al nostro paese non solo di piazzarsi al primo posto per quanto concerne la lunghezza della vita (l’aspettativa di vita alla nascita di un bambino italiano è di 80 anni) ma anche per quanto riguarda la qualità della vita. L’Italia infatti registra una qualità della vita superiore anche rispetto ai paesi del Nord Europa, noti per l’efficienza delle loro politiche welfaristiche, e a paesi ricchi come gli Stati Uniti che registrano però un indice di sovrappeso molto elevato. Questi dati ribadiscono il concetto secondo cui la ricchezza economica è sicuramente un indicatore importante per la salute fisica e mentale delle persone ma a poco serve se non è accompagnata da stili di vita sani sia dal punto di vista alimentare che sociale. Ufficio Studi Mezzopieno
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La comunità Mezzopieno è un movimento formato da persone, gruppi e associazioni che credono nell’importanza di promuovere ed interpretare un approccio costruttivo ed armonioso nella società e nella vita, nel rapporto con gli altri e nella gestione delle sfide e delle difficoltà. La comunità Mezzopieno: Semi Onlus International, Voluntas Foundation, Fondazione Arbor, Gruppo di ricerca Valori, Etica ed Economia dell’Università di Torino, associazione Volonwrite. Il gruppo di lavoro Mezzopieno è aperto. Nei primi due lunedi di ogni mese ci incontriamo alle 19 alla Casa del Quartiere di via Morgari 14 a Torino, in zona San Salvario.
Mezzopieno News è un veicolo di condivisione per diffondere la cultura della positività, per sensibilizzare e motivare le persone a mettere in gioco le proprie capacità e la propria intelligenza propositiva. Il “cerchio della gratitudine” è il progetto che prende vita dalle relazioni di gratuità e di gratitudine che si vengono a creare intorno a Mezzopieno News: il periodico, nella sua forma cartacea, viene consegnato di mano in mano nel cerchio delle conoscenze e delle persone vicine ai membri della comunità e diventa uno strumento di relazione e di condivisione. I volontari della comunità Mezzopieno sono attivi nella distribuzione di Mezzopieno News in: Ospedali - Case di cura e di degenza - Centri di accoglienza per anziani - Carceri ed istituti penitenziari - Scuole - Parrocchie - Associazioni - Aziende - Circoli - Comunità. L’UFFICIO STUDI MEZZOPIENO
L’attività di ricerca è lo strumento attraverso il quale il movimento Mezzopieno approfondisce la sua capacità di interpretare ed analizzare la società e le sue evoluzioni. I programmi di ricerca del movimento sono un laboratorio permanente che coinvolge università, ricercatori, associazioni e gruppi di lavoro. In particolare, Mezzopieno svolge l’attività di studio e analisi in collaborazione col Gruppo di Ricerca Valori, Etica ed Economia dell’Università di Torino, di cui è membro.
MEZZOPIENO NELLE SCUOLE
La cultura della positività entra nelle scuole con laboratori di lettura e comunicazione gentile. Attraverso attività, giochi ed esperienze si trasmettono i valori della fiducia, della gratitudine e della collaborazione, per stimolare il lato migliore di ogni studente e la capacità di educare la propria volontà al bello e al buono. MEZZOPIENO 7 MAGGIO-GIUGNO 2017
mezzopienofocus
E’ sempre più diffuso un modo di fare informazione che valorizza le
esperienze positive e le buone pratiche. Giornalismo costruttivo, delle soluzioni, di impatto sono le nuove parole d’ordine
Mettendo in evidenza progetti dall’alto valore sociale o ambientale, l’impact journalism si pone un duplice obiettivo: da un lato aumentare la consapevolezza dei lettori e dall’altro stimolarli ad agire. In questo senso l’impact journalism aspira a creare una migliore visione del mondo promuovendo, al tempo stesso, quelle soluzioni che aiutano ad andare in quella direzione.
Questa sì che è una buona notizia! Redazione
Mezzopieno
Siamo così esposti ogni giorno a notizie di orrori, catastrofi e fallimenti che non solo sembra che le buone storie non facciano notizia, ma che raccontarle richieda una minore accuratezza e competenza. Eppure la drammatizzazione della realtà non significa qualità dell’informazione e soprattutto non crea cittadini informati. Da ciò l’esigenza di un nuovo approccio alla professione giornalistica che consideri notiziabili le soluzioni
piuttosto che i problemi, che descriva non solo il “cosa”, ma anche il “come e il “perché” e coinvolga il pubblico attraverso un dibattito propositivo. Questo modo alternativo di fare del buon giornalismo prende il nome di giornalismo costruttivo o giornalismo delle soluzioni, appunto. Non un giornalismo di sole “buone” notizie, ma una diversa attitudine nel modo di scriverle, che suggerisca differenti prospettive e sia orientato al cambiamento.
UN GIORNO DEDICATO AL GIORNALISMO LO STATO DELL’ARTE IN ITALIA DI IMPATTO In Italia esistono alcuni esperimenti di giorNella giornata del giornalismo di impatto, che quest’anno si terrà il 24 giugno, 55 dei più prestigiosi quotidiani mondiali mettono in luce 60 progetti innovativi raggiungendo oltre 120 milioni di lettori. L’iniziativa editoriale è opera di Sparknews, un’impresa sociale fondata nel 2012 allo scopo di identificare, condividere e dare risonanza alle soluzioni positive per i più importanti problemi del nostro tempo.
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nalismo costruttivo che esplorano nuovi modi di creare armonia attraverso la comunicazione. La redazione del TG2 RAI manda in onda ogni giovedì circa 10 minuti dal titolo “Tutto il bello che c’è”, in cui si raccolgono storie di successo e di riscatto, di impegno civile e di solidarietà. Il Corriere della Sera ha iniziato a pubblicare un inserto annuale dove raccoglie alcune storie di successo e dell’Italia che ce la fa. L’editore mila-
nese ha anche un blog di buone notizie che riporta 3-4 articoli ogni settimana sull’Italia “spina dorsale di quella società Nel 2016 i titoli allarmistici sui che vuole giornali sono dimezzati rispetto costruire i all’anno precedente (27% contro il ponti per 46%) - Quarto Rapporto della una migliore Carta di Roma c o nv ive n z a ” . Esistono poi media che raccontano storie dal mondo della solidarietà e del sociale, come l’Editore Vita S.p.A. che pubblica un settimanale, voce del mondo no-profit e del terzo settore. Prima ancora, il network multimediale Redattore Sociale aveva incominciato a parlare dei temi sociali con l’obiettivo di collaborare alla costruzione di meccanismi di comunicazione più corretti ed etici e di un giornalismo più sociale. Di forte attualità in questi tempi è poi la questione della diffusione di notizie tendenziose, in un mondo sempre più dominato dal web e sempre più difficile da gestire,
L’INFORMAZIONE LIBERA PER UNA BUONA DEMOCRAZIA A Parigi esiste un luogo dove i giornalisti costretti a lasciare il proprio paese per aver voluto esercitare la libera informazione sono accolti e accompagnati: la Maison des journalistes (MDJ) dal 2002 ha ospitato oltre 280 giornalisti provenienti da 60 paesi. La MDJ offre a questi “combattenti della penna” un alloggio sicuro per 6 mesi, nel corso dei quali ricevono aiuti concreti e vengono accompagnati nel percorso di ri-
crocevia eterogeneo di mezze verità, falsità, pubblicità mascherate da notizie e opinioni presentate come fatti. Negli ultimi tempi si è creato un forte consenso attorno all’intenzione di gestire con determinazione questo fenomeno. I leader della rete come Facebook e Google hanno già iniziato a lavorare a soluzioni per valutare la veridicità delle notizie e offrire dei filtri, mentre società specializzate come il CICAP o il sito ll Disinformatico di Paolo Attivissimo sono al lavoro
conoscimento dello status di rifugiato. Attraverso il giornale online “L’oeil de l’exilé”, inoltre, i giornalisti hanno l’opportunità di riprendere in mano la penna. Partner della MDJ a Torino è il Caffè dei Giornalisti, che ogni anno con l’evento “Voci scomode” aderisce al progetto Press 19, rivolto a giovani universitari europei per sensibilizzare alla libertà di stampa attraverso la testimonianza di giornalisti in esilio.
per difendere l’informazione dalle bufale. Il social network Polygree creato da una startup di Perugia è uno degli ultimi nati con l’intento di garantire un carattere scientifico a ogni tipo di informazione. Anche la radio, un medium tornato in grandissima auge negli ultimi anni, si impegna nella sfida del giornalismo positivo: Radio 24 ha lanciato da poco il programma “Si Può Fare”, tra
l’attualità e le buone notizie. Si inizia con la rassegna stampa e si va avanti alla scoperta dell’Italia virtuosa con ottimismo e ironia, perché non è tutto positivo quello che luccica, dando voce agli italiani tenaci e audaci e alle loro buone pratiche nella cultura, nell’economia, nell’ambiente, nella solidarietà, nella legalità. Radio 3 invece ha nel suo palinsesto il programma “Vite che non sono la tua”: storie di persone speciali, donne e uomini più o meno conosciuti che tuttavia hanno inciso profondamente in un determinato settore della storia, della politica, dell’arte, del giornalismo, della musica. Biografie reali e immaginarie (ci sono anche gli eroi della Marvel!) di persone e personaggi che hanno cambiato in positivo il mondo.
UN NUOVO MODO DI RACCONTARE LA COOPERAZIONE Da tempo le organizzazioni no-profit impegnate nella cooperazione internazionale sono alla ricerca di un nuovo linguaggio per raccontare i temi dello sviluppo. L’opinione pubblica appare infatti poco ricettiva di fronte al racconto tradizionale legato a parole come “povertà”, “aiuto” e “bisogno”. Nel 2014 una decina di grandi charity internazionali hanno commissionato all’agenzia di comunicazione Weber Shandwick la ricerca denominata “The Narrative Project” con l’obiettivo di trovare nuove parole per narrare la cooperazione. Mentre i media tradizionali enfatizzano ciò che non funziona nei Paesi in via di sviluppo, la ricerca ha mostrato a sorpresa che il pubblico si sente molto più coinvolto quando si utilizzano parole come “autonomia”, “valori condivisi”, “partnership” e “progresso”. Intanto, gli operatori del settore si autodisciplinano adottando codici di condotta come fatto dalle ONG irlandesi (the Dòchas code of conduct) per riflettere criticamente sui messaggi che stanno comunicando e restituire un’immagine realistica della vita delle persone ritratte, a cominciare dalle fotografie utilizzate. Anche in Italia AOI e LINK2007, due network di ONG, hanno chiesto di aderire dal 2017 all’Istituto di Autodisciplina della Pubblicità (IAP) che, tra le altre cose, si pone l’obiettivo di una comunicazione sempre più etica, rispettosa della dignità umana, corretta nei confronti delle persone e delle comunità coinvolte.
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ALLO STADIO SI COSTRUISCE LA PACE: IL DERBY SENZA CURVE Dopo
oltre due anni di spalti deserti per le regole anti violenza e le contestazioni dei club tifosi, lo stadio Olimpico di Roma è tornato a riempirsi per la semifinale di Coppa Italia tra Lazio e Roma. Una vittoria per gli ultras che hanno organizzato una reazione costruttiva alle nuove disposizioni e alle regole rigide: niente fumogeni, niente bengala, niente striscioni offensivi, niente minacce alle squadre, ma una tifoseria organizzata e solidale
per evitare violenze e ridare uno spirito sportivo al calcio. Il Derby di martedì 4 aprile ha abbattuto una barriera fisica da sempre presente allo stadio, ma soprattutto una barriera mentale: quella della separazione tra le due curve che ospitano le due tifoserie avversarie. Una vittoria del tifo organizzato, in particolare di quello romanista che dall’inizio della stagione 2015-16 aveva iniziato a disertare il settore senza mai cedere alla tentazione di rientrare. Il 4 aprile, al posto delle barriere
Bologna premia chi si sposta in bici
Dal primo aprile, nella città di Bologna, spostarsi in bicicletta è un gioco. L’amministrazione comunale ha avviato il programma “Bella mossa!” creato per stimolare la mobilità sostenibile e con l’obiettivo di un cambiamento delle abitudini dei cittadini. Il progetto permette di accumulare punti e vincere degli sconti proporzionalmente agli spostamenti effettuati in bicicletta invece che con mezzi a motore. Lo slogan dice infatti «Chi si muove bene si premia. Risuola le scarpe, inforca la bici, prendi il bus, sali in treno, condividi l’auto». La partecipazione può essere singola ma anche come squadre aziendali. Scaricando l’app ci si iscrive al programma e si accumulano i cosiddetti Puntimobilità per ogni spostamento ecologico effettuato nel periodo da aprile a fine settembre. Ogni volta che ci si sposta, basta indicare il mezzo ecosostenibile che si sta usando, un Gps certifica la lunghezza dello spostamento e attribuisce i punti relativi. I premi sono buoni della spesa al supermercato, sconti nei negozi e nelle botteghe che aderiscono all’iniziativa e poi buoni per vacanze, biciclette, monopattini o mezzi elettrici. A Bologna è anche attivo da qualche tempo il programma che permette di ricevere uno sconto di 2 euro sul biglietto del cinema per chi vi si reca in bicicletta. Nel 2016 la città ha avuto un aumento di traffico di bici di oltre il 60% (da 127 a 207 transiti all’ora su pista ciclabile) rispetto all’anno precedente. Fonte: Bologna Today; Bella Mossa; Dire
che avevano spaccato in due le curve, sono comparse soltanto due file di steward che hanno verificato che i gruppi di tifosi non invadessero la curva opposta. Togliere le barriere rappresenta una mano tesa ai tifosi, ma secondo i commenti raccolti tra gli spogliatoi anche “una prova di maturità”. Il risultato della partita? Niente incidenti, né dentro né fuori dallo stadio, e oltre 50 mila spettatori in festa.
FONTE: ROMA TODAY
L’asilo sulla spiaggia che avvicina i bambini alla natura
Ideato dall’associazione Manes, in collaborazione con l’Istituto comprensivo Amendola-Guttuso di Roma, l’Asilo del Mare è un’esperienza pedagogica finalizzata ad avvicinare i bambini alle risorse naturali del territorio. La sperimentazione del modello educativo all’aria aperta è partita a gennaio con l’iscrizione dei primi dieci bambini, che durante la giornata vengono accompagnati dai maestri a scoprire la fauna e la flora locale, con percorsi nella pineta e sulla spiaggia di Ostia. “Per Settembre 2017 abbiamo ricevuto decine di nuove prenotazioni”, dice Danilo Casertano di Manes, “e questo dà l’idea della forte richiesta di modelli educativi nuovi in Italia: noi facciamo anche formazione per chi vuole replicare la nostra esperienza e ci stanno arrivando richieste da Genova, Marina di Grosseto, Livorno, Sorrento e Napoli”. Il progetto didattico è al tempo stesso un’esperienza di recupero del territorio, grazie alla collaborazione con il centro Habitat Mediterraneo LIPU di Ostia che dopo una ricostruzione ambientale ha trasformato l’ex discarica a cielo aperto nell’attuale centro naturalistico. I bambini dispongono così del centro visite, uno spazio chiuso all’interno dell’oasi, e di 20 ettari all’aperto dove il personale LIPU li accompagna nel birdwatching e nella scoperta delle piante locali. Continua così Danilo Casertano: “questo quadrante di città veniva considerato un posto terribile e degradato invece noi abbiamo voluto vedere una grandissima bellezza e cerchiamo di farla emergere, perché esiste. Amiamo questo territorio”. Fonte: Associazione Manes
MEZZOPIENO 10 MAGGIO-GIUGNO 2017
Il coro degli stonati Chi ha detto che se non si ha una bella voce non si può cantare? A Milano è nata una scuola che va oltre questa convinzione e che aiuta le persone con problemi di voce a vincere il luogo comune secondo cui chi non ha un’intonazione naturale è meglio che rinunci all’idea di cantare. Molta gente infatti è vittima di un blocco vero e proprio ma “il 90% di chi si crede stonato lo è soltanto per motivi psicologici”, spiega Maria Teresa Tramontin, musicoterapista e ideatrice del progetto dell’orchestra La Verdi. In realtà, il problema sta soprattutto nella timidezza. “La maggior parte delle persone deve innanzitutto imparare ad ascoltare, questa è la cosa più difficile. La seconda cosa poi è la concentrazione. Chi pensa di essere stonato - dice l’insegnante - in realtà non sta permettendo al suo cervello di catturare i suoni”. “A me piace cantare ma non ce la facevo, pensavo che appartenesse al regno delle cose per me impossibili”, dice una allieva entusiasta. “Col tempo ho capito che, con qualcuno intonato al mio fianco, riuscivo a non stonare. Ho notato che la forza della mia voce adesso aumenta ogni settimana”. “Da quando ero alle elementari, gli insegnanti mi dicevano di fingere di essere un pesce ogni volta che dovevamo cantare”, dice una ragazza durante le prove, “ora sto acquisendo rispetto di me con il canto”.
Record mondiale a 100 anni
Fonte: La Verdi; The New York Times; Il Corriere
Ha incominciato a correre a 70 anni, dopo essere andato in pensione, perchè si annoiava un po’. Giuseppe Ottaviani, 101 anni, ha stabilito il nuovo primato mondiale nel salto in lungo, la specialità di cui lui stesso già deteneva il record del mondo. Il nonnino di Sant’Ippolito, un paesino in provincia di Pesaro, lo aveva stabilito lo scorso anno, battendo nello stesso giorno cinque record mondiali nella categoria M100 (persone con oltre 100 anni): sessanta metri piani, salto triplo, getto del peso, duecento metri e salto in lungo. “Un giorno vidi degli amici molto più giovani che si allenavano al campo di atletica. Mi sono ricordato di quando facevo sport da ragazzo e di quanto stessi bene. Così ho pensato di riprendere”, ha detto Giuseppe, che ha cominciato ad allenarsi tutti giorni per le vie del suo paese, a correre, a saltare nei parchi del suo paesino e a partecipare a gare. Dopo pochi anni è arrivato a vincere i campionati italiani e poi i mondiali. Oggi Giuseppe è imbattuto in molte specialità e nonostante gli anni continua a superare gli altri e se stesso. Fonte: Il Corriere della Sera
Rinnovabili: l’Italia supera in anticipo gli obiettivi 2020
Nel 2015 la quota di energia da fonti rinnovabili nei consumi finali nell’Ue ha raggiunto il 16,7%, il doppio rispetto al 2004, quando si attestava all’8,5%. I dati sono stati resi noti da Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione Europea. Nello stesso periodo l’Italia ha aumentato il contributo delle rinnovabili dal 6,3% al 17,5%, superando in anticipo di 4 anni l’obiettivo per il 2020, fissato al 17%. Olanda, Francia, Irlanda, Regno Unito, Lussemburgo e Malta sono i paesi europei più in ritardo sui target stabiliti dall’Ue.
MEZZOPIENO 11 MAGGIO-GIUGNO 2017
Fonte: Ansa
La cattedrale di Carpi rinasce dopo il terremoto Sono 118 le chiese riaperte in Emilia Romagna dopo il sisma del 2012. L’ultima, simbolo della regione e della ricostruzione, la grande cattedrale rinascimentale di Carpi (MO), famosa per i suoi dipinti secenteschi. Il 25 marzo, dopo un complesso lavoro di recupero durato quasi cinque anni, la basilica è stata inaugurata in presenza del Papa. “Sin da subito è stato fatto un lavoro di squadra”, ha spiegato l’assessora regionale Palma Costi. In tutto sono stati 294 gli edifici religiosi danneggiati dalle scosse di cinque anni fa e 26.233 le unità immobiliari civili coinvolte, con 5.048 cantieri conclusi.
“C’è stato da parte di tutti lo sforzo per ridurre il tempo della ricostruzione a quello fisiologico, ma ci sono tempi che non sono comprimibili. Ragionevolmente occorrono ancora tre anni per concludere tutta la ricostruzione”, ha detto il Vescovo monsignor Matteo Maria Zuppi. “Le chiese - ha commentato il Commissario delegato alla ricostruzione Stefano Bonaccini - fanno comunità
al pari delle piazze, delle scuole e dei municipi. Per questo per noi nella ricostruzione degli edifici di culto, le cattedrali e le chiese dei piccoli comuni hanno la stessa importanza. Le nostre comunità stanno rialzando la testa, la ricostruzione delle scuole è stata completata e oltre il 70% delle persone è nelle abitazioni”. Fonte: Emilia Romagna, Agenzia Regionale per la Ricostruzione Sisma; Diocesi di Carpi
Colorare il mondo per riuscire a vederlo Un viaggio lungo due anni su un vascello di ferrocemento da Città del Capo a L’Avana ha cambiato il suo sguardo sul mondo. Dario Sorgato, affetto dalla sindrome di Usher che provoca una graduale sordocecità, ha capito allora che non avrebbe più dovuto nascondere la sua disabilità, ma affrontarla per vivere bene il presente. “Il capitano affidava spesso a me il timone: nonostante ci vedessi già molto poco, avevo una particolare capacità di tenere la barca sulla giusta rotta. E se non sentivo bene gli ordini ero costretto a chiedere di ripetermeli.” Il progressivo abbassamento della vista e dell’udito non ha fermato la sua voglia di esplorare il mondo: ha vissuto in Australia e Nuova Zelanda, percorso il Cammino di Santiago, toccato le vette più alte del mondo, fino al Campo Base dell’Everest. Non sfide fini a sé stesse: “Volevo realizzare un’impresa per lanciare un messaggio al mondo: coloriamo le città di giallo, il colore che contrasta meglio con gli altri. Noi ipovedenti abbiamo bisogno che le cose e i colori siano a contrasto, solo così riusciamo a vederli.” Nasce così “Yellow the world” all’interno di “Noisy Vision”, un progetto informativo e culturale che Dario, insieme ad altri amici ipovedenti, ha lanciato nel 2011 per migliorare la vita delle persone con disabilità sensoriali e aiutare chi non le ha a comprenderle meglio. “A volte basta poco per rendere più accessibile un luogo - come appunto una pennellata di giallo - perché ogni persona con disabilità possa sentirsi al sicuro” Fonte: Noisy Vision; Redattore Sociale; Superabile Inail MEZZOPIENO 12 MAGGIO-GIUGNO 2017
L’arte si può vedere senza occhi Opere d’arte diventano modelli parlanti per un’esperienza totale e indipendente del prodotto artistico e non condizionata esclusivamente dalla vista. Tooteko, impresa di tecnologia solidale, si propone di far gustare (non a caso) l’arte anche alle persone non vedenti chiamando in causa altri sensi, il tatto e l’udito. Grazie a un dispositivo indossabile, un anello hitech, toccando superfici tridimensionali a rilievo si ricevono informazioni audio pertinenti e localizzate. Durante la navigazione tattile, infatti, quando il dito raggiunge un hotspot riconoscibile grazie a un tasto con codifica braille, l’anello identifica il tag NFC (minuscoli chip integrati in etichette su cui è scritta un’informazione) e attiva mediante la app la traccia audio relativa. La startup è nata nel 2012 ispirata dalla tesi dell’architetto Serena Ruffato e dalla sua collabora-
zione con Fabio D’Agnano, responsabile del Master in Architettura digitale allo IUAV di Venezia, e Gilda Lombardi, esperta di comunicazione. Tooteko ha attivato una partnership con il Mart e con il Museo Archeologico Nazionale di Venezia, mentre al Museo dell’Ara Pacis di Roma, nell’ambito del progetto Art for the Blinds, i monumenti della Roma imperiale e le opere esposte si possono già conoscere attraverso il tatto e la descrizione audio. L’obiettivo di Tooteko è quello di creare una rete di musei che ospitino le riproduzioni tridimensionali e rendere accessibili i luoghi dell’arte tradizionali con il semplice tocco delle mani e drizzando le orecchie. Fonte: Tooteko
La bici-ambulanza che supera qualsiasi ostacolo
Come il fenicottero sta su una sola zampa, così Flamingo, all’occorrenza, può tirare su una ruota: questo il nome della bici-ambulanza progettata per le zone rurali dei paesi poveri dalla designer Marta Alice Fattorossi, insieme al suo professore, Francesco Trabucco. Si tratta di una sorta di barella collegabile a una qualsiasi bicicletta e che prevede la possibilità di tirare su una ruota quando è agganciata. Ruota che può essere abbassata perché la barella, sganciata, possa procedere spinta a mano nelle strade più strette. Esistevano già biciclette con la barella agganciata sul retro: l’idea originale di Flamingo è quella del side-car per far sì che l’operatore sanitario, pedalando, abbia sempre il paziente sotto controllo. Inoltre è semplice da usare, di facile manutenzione ed ecologica, perché progettata per essere prodotta con materiali, risorse e tecnologia reperibili anche nelle aree più povere. Il progetto per Flamingo frullava nella testa di Marta già ai tempi della sua permanenza in India come volontaria: nella regione del Sunderbans solo il 10% delle strade è asfaltato e percorribile da mezzi a motore, un altro 10% è costituito da sentieri in mezzo alla vegetazione e il 60% da strade sterrate. Ogni giorno in media 15 persone – di cui 5 bambini – hanno bisogno di assistenza medica, ma non possono riceverla perché le strade sono inaccessibili. Flamingo, tesi di laurea brevettata dal Politecnico di Milano, ha da poco visto la luce come prototipo, che servirà per trovare ong che insieme a officine locali possano costruirne altri sul posto, con il doppio effetto di fornire una soluzione di primo soccorso accessibile a tutti e di implementare la microeconomia locale.
Sa paradura: la tradizione in soccorso dei terremotati I pastori sardi hanno organizzato un aiuto reale ed efficace ai loro colleghi terremotati di Cascia (PG), secondo un’antica tradizione rurale: “sa paradura”, un’usanza che rende concreta la solidarietà tra allevatori e che va in controtendenza con il concetto di concorrenza, ribaltando la logica del “mors tua, vita mea”. Quando un pastore dovesse perdere il suo gregge per calamità naturali, furti o malattie, questa pratica di mutuo soccorso prevede che gli altri colleghi intervengano donandogli uno o più dei loro capi di bestiame, a seconda della loro disponibilità, mettendolo nella condizione di non contrarre debiti, se non quello morale di ricambiare il gesto in caso di bisogno simile. I pastori sardi hanno donato mille pecore ai propri colleghi della zona di Cascia, colpiti dal terremoto, per favorire la ripresa delle loro attività; gli ovini sono arrivati in Umbria il 9 aprile. Con lo stesso principio, gli allevatori della bassa Umbria e dell’alto Lazio hanno inoltre già consegnato al Comune di Amatrice, quattro camion di fieno, paglia e granaglie, raccolti in queste settimane grazie alla solidarietà contadina. Fonte: Umbria 24
Fonte: Vita
Rinuncia alla sua casa per darla all’anziana del paese L’anziana più longeva di San Pellegrino di Norcia, (PG) stava per perdere l’abitazione emergenziale ripetutamente confermata e promessa dall’Amministrazione Comunale dopo il terremoto, quando un gesto di solidarietà ha trasformato un errore burocratico in un sorriso ritrovato. Cecilia Amici, 84 anni residente nella Frazione di San Pellegrino di Norcia è considerata l’anziana simbolo in paese, ha atteso 179 giorni per entrare nella sua Soluzione Abitativa d’Emergenza (SAE). Poche settimane prima dell’assegnazione le era stata confermata la disponibilità ma all’atto dell’attribuzione il suo nominativo non compariva negli elenchi dei diciotto destinatari. I nipoti, intervenuti in soccorso alla zia, hanno
esibito la documentazione attestante l’idoneità della richiesta comprovante il danno subito alla propria abitazione in seguito alla scossa del 24 agosto ma il decreto di assegnazione era già stato firmato, le procedure comunali ad esso legate erano già completate. Il Sindaco ha contattato uno dei sette assegnatari, la cui casa è stata danneggiata dopo la scossa del 30 ottobre. L’uomo, dopo aver ascoltato la disavventura burocratica dell’anziana donna, non ha esitato e si è offerto di restare per qualche altro mese in albergo, rinunciando formalmente alla sua SAE per farla avere a lei.
MEZZOPIENO 13 MAGGIO-GIUGNO 2017
Fonte: Umbria 24
MEZZOPIENO52passi Ogni primo Lunedì del mese il cammino individuale prosegue con momenti di incontro comuni, per condividere i passi settimanali e dialogare intorno ad essi.
I 52 PASSI È UN PERCORSO DI IMPEGNO PERSONALE CHE CONSISTE NELL’AFFRONTARE PICCOLI PROPOSITI SETTIMANALI, UNO PER OGNI SETTIMANA DELL’ANNO, CON L’OBIETTIVO DI VEDERE IL LATO MEZZOPIENO DEL MONDO. LE QUATTRO AREE DI IMPEGNO SONO: Pe
5 giugno - Il cambiamento emotivo
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- IL RISPETTO DELL’AMBIENTE - LA SPIRITUALITÀ
Ogni uomo deve decidere se camminare nella luce dell’altruismo creativo oppure nelle tenebre dell’egoismo distruttivo. - (Martin Luther King) Identità condivisa 1. Pensa a una persona nella tua vita che ti sembra quanto più possibile differente da te. Potrebbe avere diversi interessi, un diverso orientamento politico o credo religioso oppure differenti esperienze di vita. Potrebbe essere persino qualcuno con cui hai avuto un conflitto personale o che appartiene a un altro gruppo che è entrato in conflitto con un gruppo a cui appartieni tu. 2. Poi fai una lista degli aspetti che molto probabilmente condividi con questa persona. Forse lavorate entrambi per la stessa compagnia o frequentate la stessa scuola. Forse entrambi avete dei figli o un partner. Probabilmente entrambi avete avuto il cuore spezzato a un certo punto della vita oppure avete perso una persona amata. Al livello più ampio possibile, entrambi appartenete al genere umano, il che significa che condividete il 99,9% del vostro DNA.
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- LE RELAZIONI
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- IL RAPPORTO CON SE STESSI E CON IL PROPRIO INCONSCIO
Ecco i prossimi appuntamenti aperti a tutti presso la Casa del Quartiere di San Salvario di Via Morgari 14 a Torino (saletta al primo piano):
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3. Ripercorri questa lista di cose in comune. In che modo ti fanno vedere l’altra persona in una nuova luce? Invece di vedere semplicemente questa persona come qualcuno di non familiare, o come membro di un altro gruppo, ora prova a vederla come un individuo i cui gusti ed esperienze possono sovrapporsi ai tuoi, in qualche modo. La ricerca suggerisce che gli esseri umani hanno una propensione molto radicata verso gentilezza e generosità ma alcuni ostacoli possono prevenire i loro impulsi altruistici. Una delle più grandi barriere all’altruismo è la differenza di gruppo. Ci sentiamo molto meno motivati ad aiutare qualcuno che sembra non appartenere al nostro gruppo o tribù e possiamo addirittura provare ostilità nei suoi confronti. Gli studi, tuttavia, hanno evidenziato con costanza che coloro che percepiamo come “parte del gruppo ristretto” sono più malleabili. Ecco perché una chiave per promuovere l’altruismo – che comporta l’agire per promuovere il benessere altrui anche a costo del proprio – consiste nel riconoscere quanto abbiamo in comune con gli altri, anche se ciò non è immediato a prima vista.
MEZZOPIENO 14 MAGGIO-GIUGNO 2017
In collaborazione con The Greater Good Science Center presso UC Berkeley http://ggia.berkeley.edu; http://greatergood.berkeley.edu
MEZZOPIENO52passi
VUOI FARE IL PRIMO PASSO?
MEZZOPIENO 15 MAGGIO-GIUGNO 2017
MEZZOPIENOintervista Elisabetta Gatto
di acqua (fredda) con cui sciacquarsi la faccia. Ho pensato a questo, nel mio primo bagno dopo il ritorno; e alla mamma che, entrando in una delle prime moschee dei quartieri già liberati, dove gli sfollati passano la loro prima notte fuori dallo stato islamico, ha detto al suo bambino: “Attento ai vetri!”. Che era la prima frase che sentivo dire, a una mamma di là, in comune con le raccomandazioni che possono fare ai loro figli anche le mamme di qua. Viviamo in un mondo in cui raccomandiamo ai nostri figli di stare attenti ai vetri in terra – e poco più. Siamo molto fortunati.
Qual è la notizia più bella che hai avuto la fortuna di dare?
Lucia Goracci “Non ci sono interviste che non si possono fare” Come riesci a mantenere un’attitudine “mezzopiena” nonostante la tua professione ti abbia portata a sperimentare l’orrore delle guerre? Tenendo i piedi ben saldi e ricordandomi ogni giorno quanto sono fortunata. Il primo bagno in vasca, di ritorno dall’Iraq, mi ha fatto ripensare alle donne di Mosul. Mi sono
immersa a occhi chiusi in quella meravigliosa acqua tiepida, la prima dopo giorni, e le ho riviste: tutte. Quella notte in cui le ho guardate fuggire dai quartieri ancora in mano all’Isis. Di notte, perché di giorno non possono scappare. Lo stato islamico trattiene le popolazioni nei territori dove è assediato, con la forza. Per coprire, letteralmente con i loro corpi, la
sua resistenza. Per costringerli a un “qui si muore tutti” che fa il gioco della sua propaganda. Per questo scappano di notte. Per non essere presi. Non essere sorpresi a fuggire, cosa che li condannerebbe a morte certa. Ho ripensato a quelle donne che ho visto correre strette nelle loro abaya – il manto sintetico nero, che le ricopre sino ai piedi – inzuppate di fango. Ai loro piedi, le scarpe consumate e fangose. Ho pensato: io sono qui, a godermi il conforto di una ritrovata igiene, le carezza dell’acqua calda. Chissà se loro – nei campi di sfollate dove nel frattempo le avranno portate – avranno almeno trovato un po’
MEZZOPIENO 16 MAGGIO-GIUGNO 2017
Una delle rare volte che mi sono trovata al cospetto di una storia finita bene è stata quella della miniera di San José in Cile, dove 33 minatori rimasero intrappolati 69 giorni sottoterra. Era il 2010. Furono salvati tutti. E ricordo di aver cominciato la lunga notte della loro risalita alla vita, trascorsa con il groppo in gola, con il racconto dell’attesa del piccolo Byron, 8 anni (“100 ancora quelli che vuole passare con il suo papà”, come l’avevo descritta). Byron era stato portato, in testa l’elmetto bianco degli speleologi, al bordo del buco dove il padre Florencio Avalos era stato inghiottito, insieme con altri 32 tra cui suo fratello, per assistere al suo salvataggio. Si era dato un contegno, il piccolo Byron. Stava per assistere a un grande evento e lui continuava a fare domande da grande ai soccorritori intorno, al presidente del Cile. Poi però, alla vista
del padre mentre riemergeva, non aveva retto ed era scoppiato a piangere (“inondando la notte delle sue lacrime di bimbo”).
Qual è la notizia che vorresti dare?
Banale sarebbe rispondere “la fine di tutte le guerre” perché è un’ipotesi che non esiste. La notizia che vorrei dare riguarda l’Unione Europea e la crisi dei migranti. L’arrivo di centinaia di migliaia di siriani, iracheni, afghani, africani, bengalesi, pachistani, Da donna, è più facile nella tarda raccontarsi a una donna. La estate del donna in guerra è fonte di 2015, ha informazioni incredibile. terremotato le stesse fondamenta della costruzione europea. Gli egoismi nazionali, le chiusure, persino una certa retorica che sembrava sepolta sotto le macerie del ‘900, sono riesplosi incontrollati. L’Europa ha dato prova di grave immaturità politica, di assenza di una visione, di carenza di leadership.
Vorrei un’Europa che non si spaventi, non si faccia cogliere impreparata quanto a cultura dell’accoglienza. È un’Europa di ex-migranti, la nostra. Ed è culla di valori universali, che i muri e i fili spinati hanno offeso.
Qual è l’aspetto che più ami del tuo lavoro e cosa invece ti risulta difficile o faticoso?
Fare di tutto per sottrarle all’oblio.
Essere donna è stata una ulteriore complicazione nel tuo lavoro sul campo? O ti ha permesso di avvicinarti di più alle storie?
L’aspetto che più amo è l’incontro con le per- Essere donna non è necessone. L’occasione di incontro con culture di- sariamente una controinverse. E la possibilità di fare tesoro di questo dicazione. Soprattutto in incontro privilegiato, riportandolo a casa con teatro di guerra, vieni perme ma anche condividendolo con il nostro cepita dagli eserciti – che normalmente sono pubblico. La nostra è l’età dell’indifferenza. lì per fare da filtro, da argine, al tuo incontro Il 22 marzo scorso ha cominciato a circolare con le notizie e alla tua libertà di stampa – la notizia che un bombardamento della coa- come più innocua. In genere si pensa che la lizione a guida americana aveva provocato la donna che si avventura in una guerra lo faccia morte di almeno 150 civili, in con minore preparazione un quartiere di Mosul ovest. dell’uomo. Spesso ho La notizia è passata sotto la sensazione di avere Non ci sono interviste che non silenzio, per effetto dell’atintorno a me soldati e si possono fare. Ci sono però tacco a Londra. Io credo ufficiali meno guardininterviste che non si possono che la cosa più bella del mio ghi e più compiaciuti. Di sbagliare. lavoro sia poter accendere i contro, capita di doverriflettori sulle tante notizie che si misurare anche con una ogni giorno passano sotto silenzio. certa dose di scetticismo. Mi è capitato che mi venisse detto “Là è troppo pericoloso” da persone che non erano pronte a chiedersi sin dove fossi disposta a spingermi, dando semplicemente per scontata la mia minore preparazione al rischio, in quanto donna. Mi è anche capitato, diverse volte, che le donne si aprissero a me con maggiore facilità e familiarità. Da donna, è più facile raccontarsi a una donna. La donna in guerra è fonte di informazioni incredibile. Perché loro sono quelle che, allo scoppio di un conflitto, si devono preparare. Preparare a proteggere i figli. Preparare a portar via da casa quello MEZZOPIENO 17 MAGGIO-GIUGNO 2017
che si più salvare, nel caso si debba fuggire all’improvviso e in fretta. Non è mai chiaro abbastanza, al nostro pubblico a casa, quanto sacrificio vi sia nel lasciare tutto e andarsene. Quando, nell’estate del 2014, mi trovavo sulla guerra tra Israele e Hamas a Gaza, io ebbi l’anticipazione che ci sarebbe stata l’invasione di terra da parte dell’esercito israeliano dalle donne che vivevano nei villaggi nord della Striscia. Che mi dicevano: “Li vediamo già, i soldati israeliani. Li vediamo.”
Per concludere, in questo momento quali sono le realtà che vorresti raccontare? E a quali voci – scomode – vorresti dare spazio?
Vorrei andare in Yemen. Sto tentando da mesi, ma è ancora estremamente complicato. Lo Yemen è la prova da manuale che quando hai contro una grande potenza, come l’Arabia Saudita, l’accesso alle guerre è estremamente arduo. Quanto all’intervista che vorrei fare.... Avrei molto amato incontrare Nelson Mandela. Amerei intervistare Michelle Obama. Ma neanche le interviste ai tiranni mi spaventano. Non ci sono interviste che non si possono fare. Ci sono però interviste che non si possono sbagliare.
I RAGAZZI FANNO BELLA LA CITTÀ Ad aprile i ragazzi del Primo Liceo
Artistico di Torino hanno deciso di usare le loro competenze, uscire dalle loro classi e fare qualcosa di concreto per prendersi cura della propria città. Organizzati in gruppi, hanno selezionato delle aree vandalizzate dalle scritte sui muri e le hanno ripulite e ricolorate. Armati di pennelli e colori, hanno lavorato insieme per molte ore e hanno vinto il disfattismo e la decadenza. Insieme al Museo di Arte Urbana di Borgo Campidoglio,
hanno riportato alla luce alcune delle 147 opere realizzate sui muri e sulle case del quartiere, fruibili gratuitamente da tutta la popolazione. Il MAU di Torino è il primo museo di arte contemporanea all’aperto in un centro urbano in Italia, un percorso nato nel 1995 per riqualificare il borgo, in collaborazione con gli abitanti del quartiere. “I giovani di oggi hanno capito che non devono aspettare le istituzioni ma che il cambiamento parte da loro e da piccoli gesti concreti”, dice Vito Navolio, respon-
sabile del progetto. “Se domani i vandali ricominceranno a scrivere sui muri, noi torneremo, fin che si stuferanno”. Vito, insieme al MAU e ai ragazzi del Liceo, ha già ristrutturato le vecchie panchine del quartiere, colorandole con opere di artisti famosi e con omaggi alle donne della costituzione e alla Resistenza. “Accettiamo di avere opere esposte al pubblico, all’uso e al tempo; è questo il loro compito”, racconta a Mezzopieno. FONTE: MEZZOPIENO; MAU
Poesie al citofono e concerti sul balcone Il quartiere si conosce e diventa a Torino una famiglia Un sollievo dell’anima per i passanti: nasce dall’idea del poeta Pierangelo Grosso “Poesie al citofono”. Ogni sabato dalle 17 alle 19 in via Mercanti 6 a Torino, basta suonare il campanello al nome “Grosso” per sentirsi decantare alcuni versi su richiesta.Un momento di pura intimità in mezzo al frastuono, un ristoro, una consolazione o anche solo una curiosità soddisfatta. Pierangelo voleva condividere le sue poesie con le persone, ma non trovando uno spazio ad hoc ha pensato di farlo da casa: “Una sera stavo leggendo una mia poesia a degli amici e riflettevamo sul fatto che non ci fosse ancora un luogo a Torino dove recitare poesie liberamente. Proprio in quel momento hanno citofonato, e sull’istante mi è venuta l’idea”. Chi citofona può ascoltare versi tratti dalla sua prima raccolta, altri scritti quotidianamente: poesie esistenziali, ma anche di carattere politico o di impegno sociale. “Con Poesie al citofono vogliamo che la gente si riappropri del quartiere in cui viviamo, diventato oramai preda di negozi e ristoranti, e renderlo il ventre dell’arte urbana di Torino, un centro culturale in mezzo alla città”. Del resto, la strada di Torino dove abita è piena di arte: ogni domenica pomeriggio, di fronte alla sua abitazione, al numero 3, prende vita “Il concertino dal balconcino”, appuntamento in cui si esibiscono musicisti, poeti, scrittori per residenti del quartiere o un pubblico di passaggio che li guarda rapito col naso all’insù.
Fonte: Libreriamo; La Stampa; Poesie al citofono;
Concertino dal balconcino
Nasce il social network di quartiere che punta a restituire valore alle relazioni reali partendo da quelle virtuali, bussando alla porta di chi abita nello stesso vicinato. Parte da Torino la startup italiana TocTocDoor con l’obiettivo di condividere informazioni ed eventi del quartiere, ma anche esperienze lavorative o informazioni come quelle legate ai servizi pubblici; questa rete consente di stringere rapporti o nuove conoscenze reali con persone del proprio quartiere. La giovane startup ha scelto di cominciare da alcuni quartieri centrali di Torino, la città che ha risposto meglio allo stress test sulla tecnologia della piattaforma. Gli strumenti usati per promuovere l’iniziativa sono andati oltre la semplice campagna Facebook: si è scelto
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di distribuire cartoline d’invito negli esercizi commerciali di zona e di attivare collaborazioni con le associazioni che operano nei quartieri e con il Centro Servizi per il Volontariato. I fondatori dichiarano che se il progetto porterà i risultati programmati, la piattaforma sarà estesa a tutta la città di Torino e ad altre città. Oggi anche fare un giro in bici o portare a spasso il cane può diventare un’attività condivisa. Fonte: TocTocDoor; Volonwrite per Mezzopieno
Calciatori insuperabili
La password è scritta nel cuore Il battito cardiaco diventa una password per autenticarsi on-line e proteggere i propri dati sensibili dai cyber criminali. La manifestazione “I giovani e le scienze”, promossa per valorizzare le potenzialità scientifiche e tecnologiche dei ragazzi italiani, ha selezionato l’idea di tre studenti dicannovenni dell’Istituto E. Agnelli di Torino per rappresentare il nostro Paese nella finale europea del concorso EUCYS (European Union Contest for Young Scientist) che si terrà a Settembre a Tallin, in Estonia. I tre compagni di scuola accomunati dalla passione per la bioingegneria si chiamano Mattia Borgia, Andrea Domenico Mourglia e Filippo Patriotti ed il dispositivo da loro inventato – CardioID – si basa sull’analisi e l’elaborazione del battito cardiaco. Il segnale elettrico emesso dal cuore, amplificato da elettrodi posti sui polsi, viene infatti digitalizzato e trasmesso via Bluetooth allo smartphone o al tablet, diventando una password. Alla finale di Tallin, il trio piemontese concorrerà insieme a tre studenti mantovani che hanno sviluppato un progetto per la coltivazione idroponica senza l’utilizzo di terra e con il 90% di risparmio idrico rispetto alle colture tradizionali. L’Italia proverà così a bissare il successo dell’edizione 2016 del premio EUCYS, assegnato proprio ad un liceale piemontese per il progetto LaserWan, una tecnologia laser che consente di portare la connettività internet in zone remote.
Fonte: Federazione delle Associazioni scientifiche e tecniche
Nicolas, Simone, Andrea e Davide sono quattro compagni di squadra. La scuola calcio dove militano ha il nome di “Insuperabili”: non imbattibili, ma capaci di superare se stessi e le loro disabilità meglio di chiunque altro. Il presidente di Insuperabili onlus, Davide Leonardi, racconta com’è nata l’idea: “Stavamo cercando una scuola di calcio per una nostra amica affetta da sindrome di Down. Non avendo trovato nulla ci siamo informati, abbiamo studiato e dopo sei mesi sono cominciati i primi allenamenti.” All’inizio in squadra c’erano solo
MEZZOPIENO 19 MAGGIO-GIUGNO 2017
i quattro ragazzi, ma il progetto in quattro anni è cresciuto: sono circa 150 i tesserati a Torino e 10 le città che vi aderiscono in Italia, coinvolgendo 300 atleti con disabilità, dai 5 ai 60 anni. “L’approccio è multidisciplinare: c’è una parte tecnica e una educativa”, illustra Davide. Ogni gruppo è seguito anche da un educatore, da uno psicologo e, se necessario, da logopedisti e fisioterapisti. Per auto-finanziare l’attività degli atleti e al tempo stesso impiegare a turno ragazzi con disabilità in esperienze lavorative è nata una linea di accessori, caricature e abbigliamento
sportivo proposte nel negozio di via Montevideo 6. “Questi ragazzi hanno delle potenzialità enormi”, commenta Davide. “Il problema era capire come farle emergere. L’importante è non avere un atteggiamento pietistico nei loro confronti”. Molto importante il contributo di alcuni calciatori “Insuperabili” alla conquista del titolo di campioni alla prima edizione dei Mondiali di calcio FIFDS, International Football Federation For People With Down Syndrome che si sono tenuti dall’8 al 15 aprile 2017 a Viseu, in Portogallo. Fonte: La Stampa
A Torino nasce il ristorante dei poveri
Tutto è partito da una fabbrica dismessa di Torino. Negli ultimi anni la città ha affrontato spesso il tema della riconversione degli edifici industriali in disuso, con l’obiettivo di concentrarsi sulla loro rigenerazione e sulla riqualificazione urbana. Samo rappresenta uno dei successi raggiunti da questa riconversione, con un’importante ricaduta sociale del territorio. Il nome del locale, dal sapore anni ’70, caratterizza l’atmosfera che colora il circolo che attraverso arte, cultura e creatività ha aperto le porte anche ai meno abbienti. Le attività che si svolgono da Samo vanno dall’arte contemporanea alla cucina, gli eventi sociali e di inclusione, fino all’auto-produzione. Ma è il ristorante per i poveri che riscuote il massimo dell’attenzione. Andrea Polacchi, presidente del comitato provinciale dell’Arci, ha lanciato il progetto di accoglienza che combatte il freddo e la fame con la cultura, con 50 pranzi a menù fisso offerti gratuitamente per quattro mesi alle persone senza una casa e a chi ne ha più bisogno. Il locale propone un ristorante popolare solidale con i più poveri, aperto sette giorni a settimana, risponde con le sue caratteristiche ad una necessità per chi vive in strada, offrendo non solo una mensa di solidarietà ma anche un luogo caldo ospitante e di accoglienza. Molti raccontano il peso di una vita persa nella povertà, il fallimento personale dovuto ad un errore o alla crisi economica, e poi con un sorriso, raccontano del calore trovato all’interno della grande famiglia di Samo.
Viaggio su tre ruote attraverso l’Italia
Un’amicizia fraterna, due carrozzine, tanta voglia di viaggiare e fare del bene in giro per l’Italia. Sono questi gli elementi sui cui si basa “Viaggio Italia 2017”. Protagonisti Danilo e Luca, due ragazzi di Torino quasi quarantenni. Entrambi, a causa di un incidente, vivono da circa 20 anni su una carrozzina. Danilo è progettista e designer, Luca invece è architetto e musicista (suona nella band Stearica). Hanno deciso di trasformare la disabilità in qualcosa di costruttivo e quindi di portare un messaggio preciso in tutta Italia, viaggiando su “tre ruote”: “La disabilità non è un ostacolo a una vita vissuta pienamente. È solo un altro punto di vista”. Spiegano con queste parole il senso della loro avventura: “20 anni in piedi e quasi 20 anni seduti, sappiamo bene com’era prima ma ci piace tantissimo anche vivere il presente. E vogliamo impegnarci perché sia sempre più facile”. Così nasce “Viaggio Italia”, un viaggio a tappe rigorosamente su carrozzina. Per il terzo anno consecutivo, tra aprile e settembre, i due amici si metteranno in moto per raggiungere diverse zone d’Italia, dal Piemonte alla Basilicata, passando per la Sardegna. E non solo, perché quest’anno, per la prima volta Danilo e Luca supereranno i confini per andare anche in Spagna. A ogni tappa visitano le Unità Spinali locali per portare un messaggio positivo e di speranza. Inoltre durante il loro viaggio raccolgono fondi per aiutare chi, come loro, si trova in difficoltà ma non ha alcuna intenzione di arrendersi. Fonte: Ufficio Stampa Maybe
Fonte: Samo - L’Isola che c’è; Volonwrite per Mezzopieno
Moncalieri torna a sorridere Era una serata all’apparenza normale ma poi è successo tutto in modo veloce e devastante. Il 25 novembre 2016, il fiume Chisola di Moncalieri ha esondato e la violenza dell’acqua, in un attimo ha invaso le strade, le case e ha spazzato via tutto. Solo la mattina dopo, ci siamo resi conto dei danni. La gente non si è persa d’animo e subito si è messa a lavorare. Tutti hanno preso pale e secchi e hanno cominciato a portare via le macerie. I pompieri sono subito arrivati, per aiutare le persone a uscire dalle loro case, sommerse dall’acqua. Tutti quelli che sono stati colpiti dall’alluvione, hanno subito sentito il calore e la vicinanza delle persone. Ognuno ha cercato di dare il proprio aiuto; hanno offerto cibo, coperte e vestiti, ma soprattutto sono rimasti
MEZZOPIENO NELLE SCUOLE
vicino alle persone anziane e ai bambini. Anche le nostre succursali sono state allagate e molti della nostra classe hanno aiutato per giorni i loro vicini a sgomberare le case e le cantine dal fango e ci si è aiutati reciprocamente uno con l’altro. Il calore e l’affetto della gente hanno ridato la voglia di ricominciare e di ricostruire insieme ciò che è andato distrutto. Con l’aiuto e l’amore di tante persone e anche di noi bambini, abbiamo ridato il sorriso e lo splendore alla nostra amata Moncalieri e alla nostra scuola che oggi dopo 5 mesi è tornata più bella di prima. Articolo scritto dai piccoli giornalisti della 5^A e 5^B della scuola E. Strada di Moncalieri
MEZZOPIENO 20 MAGGIO-GIUGNO 2017
MEZZOPIENOprogetti POVERTÀ SALUTE FINANZA ETICA ECOLOGIA APPROVVIGIONAMENTO IDRICO SOSTEGNO ALL’INFANZIA COSTRUZIONE DI STRUTTURE HIV/AIDS TERAPIE SANITARIE INSERIMENTO LAVORATIVO RICERCA SCIENTIFICA DIALOGO INTERRELIGIOSO DISABILITÀ CULTURA DELLA POSITIVITÀ CRESCITA PERSONALE SPIRITUALITÀ
COSTRUZIONE DI POZZI NEL SUD DELL’INDIA La carenza di risorse idriche nelle zone rurali, in India, è un problema molto sentito dalla popolazione locale che sovente, per garantirsi l’accesso all’acqua, non ha altra scelta che scavare pozzi per raggiungere le falde acquifere. La crisi idrica è provocata da cause diverse che vanno dal cambiamento climatico (con le piogge monsoniche sempre meno prevedibili) all’inquinamento, fino alla crescente domanda umana in un Paese dove oltre il 50% della forza lavoro è impegnata nell’agricoltura. Le conseguenze di ciò sono molteplici, basti pensare che in India circa un quarto delle malattie sono connesse alla qualità o disponibilità dell’acqua. L’associazione SEMI, membro fondatore della Comunità Mezzopieno, è un’Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale, Ente morale no-profit attivo nel campo dello sviluppo umano e della cooperazione internazionale nel sud dell’India. Il SEMI coordina e finanzia - nello stato del Telangana - un programma di sostegno idrico con l’intento di portare l’acqua nei villaggi rurali in cui tale risorsa è estremamente scarsa e fonte di privazioni per la popolazione locale. L’intervento più economico ed efficace risulta la costruzione di pozzi idraulici con pompe a mano, di facile manutenzione e dai bassi costi di realizzazione. Nei villaggi più grandi, dove lo staff di SEMI lavora insieme alla comunità per organizzare e gestire dei “comitati per l’acqua”, vengono realizzati impianti di depurazione collettivi o cisterne idriche. I comitati rappresentano le diverse caste presenti nel villaggio, si occupano di avviare il programma di gestione delle risorse e di portare avanti la costruzione degli impianti necessari. PARTECIPANTI: Semi Onlus, Diocesan Charitable Trust Khammam, Arbor India MAGGIORI INFORMAZIONI SU WWW.MEZZOPIENO.ORG (SEZIONE PROGETTI)
CULTURA / CONOSCENZA MEZZOPIENO 21 MAGGIO-GIUGNO 2017
MEZZOPIENOtralagente
Cos’è per te una buona notizia?
NOTIZIEflash CREATA LA MAPPA DEL DNA DI TUTTE LE SPECIE VIVENTI DEL PIANETA 27 febbraio - Science
LO ABBIAMO CHIESTO A 7 GIORNALISTI: ECCO IL PUNTO VISTA DEI PROFESSIONISTI DELL’INFORMAZIONE
PARTE L’ACCORDO PER LA RETE NAZIONALE DI RICARICA DEI VEICOLI ELETTRICI IN ITALIA 9 marzo - Conferenza delle Regioni
FEDERICO
IRENE
Non belle, ma buone notizie
Una buona informazione per una buona democrazia
Penso che buona notizia sia quella che fa nascere la speranza che il nostro prossimo sia ancora capace di pensare agli altri, di fare qualcosa di giusto, di dedicare il tempo a ciò che conta. Non per forza deve essere una “bella notizia”, può anche riguardare tragedie: anzi, spesso è dal buio delle disgrazie che emerge l’unicità della vita, che riesce a nascere o rinascere dove meno te lo aspetti.
Una notizia non è né ‘buona’, né ‘cattiva’: è una notizia. A essere ‘buona’ è l’informazione che si dà. Un’informazione verificata, approfondita e imparziale, che ha come obiettivo quello di formare cittadini consapevoli del passato e del presente. Solo riconoscendo il giusto valore alle notizie e all’informazione si può realizzare una vera democrazia popolare.
L’UE APPROVA LA LEGGE SULL’ECONOMIA CIRCOLARE CONTRO LO SPRECO 14 marzo - Euro Parliament
LA SCUOLA ITALIANA È LA PIÙ INCLUSIVA D’EUROPA 29 marzo - OCSE
AVVIATA LA CAMPAGNA MONDIALE PER DIMEZZARE GLI ERRORI MEDICI IN 5 ANNI 29 marzo - Organizzazione Mondiale della Sanità
IL ROAMING IN EUROPA ABOLITO DAL 15 GIUGNO 6 aprile - Euro Parliament
DIEGO
Notizie comprensibili senza giudizi
Una buona notizia è prima di tutto scritta bene, comprensibile a tutti. Deve raccontare quello che è successo senza prendere posizione, né esprimere giudizi. Deve fotografare la realtà e trasmettere un’idea precisa dei fatti
RECORD NEL RECUPERO DELL’EVASIONE FISCALE IN ITALIA, + 28% SUL 2015 5 aprile - ANSA
IL GRUPPO TERRORISTA DELL’ETA ABBANDONA LE ARMI NEI PAESI BASCHI 7 aprile - El Pais
MEZZOPIENO 22 MAGGIO-GIUGNO 2017
ISABELLA
VINCENZO
Decostruire i pregiudizi per invertire la rotta e creare uguaglianza
Utile oltre la contingenza
Una buona notizia è quella che crea un circuito virtuoso che innesca meccanismi di crescita costruttivi. Contribuire all’abbattimento di pregiudizi, a una maggiore uguaglianza sociale e a un senso di giustizia sono certamente il prodotto di buone notizie, che possono nascere da una storia dalla quale si tragga ispirazione, ma anche da un esempio negativo che possa servire da stimolo per cambiare rotta. In base alla mia esperienza, tutto ciò che è solidale e che tende alla collaborazione, al virtuosismo sociale e al suppporto è da considerarsi buona notizia.
BIANCA
Dritto al punto senza inquinare la mente
La buona notizia è quella che non ti fa perdere tempo. Che ti fa sapere quello che ti serve senza tanti giri di parole. Non è solo una questione di sintesi, di bella scrittura. E’ qualcosa di più profondo. Si basa sulla fiducia rispetto alla persona o al mezzo che te la dà. Ogni giorno leggiamo molte notizie inutili che ci inquinano la mente. Ecco, la buona notizia è quella che non inquina e che ci arricchisce di qualcosa.
In un momento in cui si parla tanto di postverità, di siti farlocchi, di informazione condizionata agli interessi di questa o quella parte in campo, la buona notizia è quella concreta, che arriva subito al cuore del problema. Quella che ti torna utile anche a distanza di tempo, che ti fa capire che “ne valeva la pena”. ELISABETTA
Immedesimarsi e lasciare spazio allo stupore
Una buona notizia è quella che infonde speranza, fiducia nel cambiamento, entusiasmo, che scoraggia la rassegnazione e al contrario invita a pensare che non solo un mondo migliore sia possibile, ma che attorno a noi ci sia ampio spazio per la meraviglia. E’ quella che ci fa immedesimare, tirare un sospiro e riprendere il cammino fiduciosi nel futuro. Far poggiare il criterio di notiziabilità non sulla spettacolarizzazione dell’informazione ma sulla comunicazione accurata di belle esperienze significa fare del buon giornalismo e al contempo innescare un circolo virtuoso di positività. Dare una buona notizia fa bene a chi la comunica e al pubblico che la riceve.
MEZZOPIENO 23 MAGGIO-GIUGNO 2017
NEL 2016 INSTALLATA LA MAGGIORE QUANTITÀ DI RINNOVABILI NEL MONDO DI SEMPRE 31 marzo - International Renewable Energy Agency
L’ITALIA DIVENTA IL PRIMO PRODUTTORE DI VINO AL MONDO 13 aprile - Organization Internationale de la Vigne et du Vin
TROVATA UN’ATMOSFERA IN UN PIANETA SIMILE ALLA TERRA 31 marzo - Astronomical Journal
PER LA PRIMA VOLTA UN MILIARDO DI PERSONE CURATE IN UN ANNO DALLE MALATTIE TROPICALI 19 aprile - World Health Organization
APPROVATA LA PRIMA LEGGE PER LA TUTELA DEI MINORI MIGRANTI 29 marzo - Parlamento Italiano
MEZZOPIENOeditoriale
La riscoperta dell’attesa
Se il tempo fosse denaro saremo tutti ugualmente ricchi, ma il tempo è molto di più: è soprattutto la cosa più equa che c’è. Il tempo non fa distinzioni, la differenza la fa il modo in cui esso viene vissuto. Gioie, dolori, affanni, attese e momenti sono vissuti in modo diverso a seconda del valore che gli attribuiamo. Aspettiamo il tram, il fine settimana, le vacanze, l’occasione buona, una promozione, un consenso, la felicità, ci prepariamo continuamente per qualcosa che deve arrivare. Ci aspettiamo che le cose accadano come le abbiamo immaginate e quando questo non succede ci sentiamo irrealizzati. Più attendiamo per raggiungere qualcosa, maggiore è la nostra aspettativa; più aspettiamo, più ci aspettiamo. Il benessere ci ha portato a perdere la capacità e il piacere di attendere, di stare nel dubbio e di essere delusi. Avere aspettative positive aumenta l’entusiasmo, il pericolo però è di peccare di un eccesso di ottimismo, che rischia di diventare illusorio. Aspettative troppo alte inoltre spesso ci impediscono di godere delle piccole cose incontrate nel cammino. Siamo abituati a trovare la felicità nella realizzazione dei nostri obiettivi e proviamo frustrazione nell’attesa e negli insuccessi. Ci
Mezzopieno News è pubblicato ogni due mesi dal movimento Mezzopieno. Gli articoli riportati sono frutto della ricerca e del lavoro giornalistico del comitato editoriale, dell’ufficio studi, del gruppo di ricerca, dei volontari e dei membri della comunità Mezzopieno. Ogni articolo è un’elaborazione originale e riporta fatti e situazioni reali. Le fonti originali sono verificate e citate per esteso. SE CREDI NELLA BELLEZZA E NELLA POSITIVITÀ, CONDIVIDILA Mezzopieno News è scritto dalla gente e riporta le notizie dei suoi lettori e dei simpatizzanti del pensiero Mezzopieno. Articoli, lettere, suggerimenti e collaborazioni sono inseriti nella pubblicazione secondo i parametri della linea editoriale condivisa. L’applicazione per inviare scritti, fotografie ed articoli è consultabile nelle pagine dedicate del sito del movimento.
aspettiamo qualcosa da una persona, solo perché noi lo avremmo fatto. E di solito sono le persone a cui vogliamo più bene quelle da cui ci aspettiamo di più. Questo atteggiamento però rischia di portare grosse delusioni. L’attesa dà valore alle cose ma l’aspettativa è la peggiore nemica della felicità. Per questo, rivedere le aspirazioni e abbassare le pretese può portare equilibrio nelle nostre emozioni. I fallimenti sono parte inevitabile di ogni cammino. Il primo passo da fare è separare ciò che dipende da noi da ciò che non lo è; pretendere meno da ciò che non rientra nell’ambito del nostro controllo e non essere troppo legati alla fortuna. Spostare le aspettative più su ciò che ci compete e riconoscere nel contempo i nostri limiti. È come continuare a giocare alla lotteria e abbattersi ogni volta che non si vince. La vita non è un gioco d’azzardo ma un campo aperto dove si raccoglie ciò che è stato seminato da noi ma anche da altri e dove si prepara il raccolto per ciò che sarà domani. Le stagioni portano il sole e le tempeste e noi come contadini raccogliamo ciò che cresce. La grandine e le cavallette arriveranno e sarebbe ingenuo pensare che non succeda. Impariamo ad aspettare anche il negativo e l’imprevisto. Cambiare il panorama, cambia il modo in cui si vivono i fallimenti e le delusioni. Rivedere
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il rapporto con le aspettative significa anche rispettare il tempo, non fare troppe cose insieme, dare valore anche alle attese, rispettare gli impegni, darsi delle regole per non farsi sopraffare dalle attività, dedicare più spazio alle relazioni piuttosto che alle azioni, non fare le cose di fretta, prendere il tram successivo invece di correre dietro a quello che sta passando e trovare il bello che c’è nell’attesa. Molta gente si spende per realizzare obiettivi voluti da altri o dedica il suo tempo ad attività di cui non si sente realizzata. Dobbiamo crearci aspettative personali che ci offrano la certezza di poter essere felici con quello che abbiamo e che dipende da noi. Per molti di noi, rispettare l’immagine che gli altri hanno di noi e le aspettative nei nostri confronti è un impegno gravoso. A volte la nostra immagine pubblica supera o offusca quella privata. Un buon equilibrio tra la realizzazione delle nostre aspirazioni e quanto gli altri si aspettano da noi è alla base della nostra serenità. Allora viviamo con impegno e speranza la nostra vita e non aspettiamoci nulla. Aspiriamo al meglio, organizziamoci per il peggio e prepariamoci a essere sorpresi.
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MEZZOPIENO 24 MAGGIO-GIUGNO 2017
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Luca Streri
MEZZOPIENO NEWS: Iscrizione al n° 19 del 24/7/2015 del registro del Tribunale di Torino PROPRIETARIO ED EDITORE: Semi onlus, piazza Risorgimento 12, Torino DIRETTRICE RESPONSABILE: Elisabetta Gatto COMITATO EDITORIALE: Giorgia Armellin, Federica De Angelis, Elisabetta Gatto, Diego Mariani, Diego Remondino, Nicoletta Ricci, Luca Streri, Rossella Tisci IMPAGINAZIONE: Giò bottega grafica di Giovinazzo Cristina IL BLOG DI MEZZOPIENO NEWS WWW.MEZZOPIENO-NEWS.TUMBLR.COM IL MOVIMENTO MEZZOPIENO È SU INTERNET AL SITO WWW.MEZZOPIENO.ORG PER COMUNICARE CON NOI, PER RICEVERE LA NEWSLETTER, PER UNIRSI AL MOVIMENTO MEZZOPIENO INFO@MEZZOPIENO.ORG