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Lo sciopero della politica 89

vengono separate l’aspirazione a un governo islamico e la realtà di un regime politico diretto dal clero, per mostrare meglio come nella prima vi sarebbe la manifestazione stessa della sollevazione in quanto forma di vita. Le promesse dell’aldilà, dell’incontrastato regno del bene e del ritorno del tempo, riportano la sollevazione iraniana a ciò che durante i secoli ha costituito, là dove la forma della religione vi si prestasse, «non un abito ideologico, ma il modo stesso di vivere le sollevazioni […]. Sovrapposizione sorprendente, che faceva apparire, in pieno secolo XX, un movimento abbastanza forte per rovesciare un regime apparentemente tra i meglio armati, pur essendo vicino ai vecchi sogni che l’Occidente ha conosciuto un tempo, quando si volevano inscrivere le figure della spiritualità nel terreno della politica»13. L’escatologia religiosa costituisce il contenuto positivo, affermativo di quella sollevazione che non è solamente un rifiuto del regime esistente, che non riguarda nemmeno un’organizzazione politica, ma è innanzitutto una percezione collettiva: la rivendicazione d’un altro mondo in questo mondo, ovvero di un’altra maniera di vivere. L’esperienza spirituale rende questa sollevazione irriducibile alle lotte contro la dominazione (la lotta contro l’imperialismo americano) e alle lotte contro lo sfruttamento (la lotta di classe). Che vi sono certo strettamente legate: la forma di soggettività che rifiutano gli iraniani è chiaramente quella della “modernizzazione”, l’universalizzazione del modo di vita capitalista. Ma questa sollevazione non dipende da essa. Anche se essa è articolata alle contraddizioni che attraversano la società iraniana, questa rivoluzione non è una lotta anti-imperialista classica (come, ad esempio, quella del Vietnam), in cui la religione sarebbe solo un paravento. La dimensione religiosa, poiché è collettivamente percepita come cambiamento di soggettività, non è riducibile a una semplice rivestimento ideologico della lotta contro la dominazione imperialista da parte delle masse contadine e dei mussulmani non arabi più recentemente convertiti. Foucault vede negli avvenimenti iraniani l’apertura di uno scarto tra la storia dei dispositivi di potere, degli interessi di classe e delle strategie di credenza si basa sul principio secondo il quale la verità non è stata compiutamente realizzata dall’ultimo profeta; ma grazie al ritmo ciclico della serie degli imam, essa illumina gli uomini: attraverso il loro operare essi potranno far tornare il dodicesimo imam che ristabilirà, nella sua perfezione, la giustizia che ha creato la legge (e non il contrario). Infine, la sua modalità di organizzazione riposa sull’assenza di gerarchia nel clero, sull’importanza dell’autorità puramente spirituale e sulla indipendenza delle varie autorità religiose. 13 M. Foucault, Inutile de se soulever?, cit., p. 792; trad. it. cit., p. 133.


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