materiali foucaultiani II,3

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Foucault, migrazioni e confini 209

teristica specifica di questo tipo di lavori l’operare quasi sempre attraverso singoli casi o riferendosi all’esperienza. È molto raro che i ricercatori esplorino le differenze tra Stati, città e altri ordinamenti politici. Perché questo oblio della dimensione comparativa? Dopo tutto, se l’obiettivo è denaturalizzare, la comparazione può essere uno strumento metodologico molto efficace. Chiunque viaggi un po’ lo sa. Il modo in cui si beve il caffè in Nord America – in enormi tazze isolate, mentre le persone camminano o viaggiano, sempre in movimento – è molto diverso dal modo in cui si beve in Italia o in Francia. L’articolazione differenziale delle pratiche culturali è rivelata attraverso la comparazione: fanno le cose diversamente laggiù! Quindi, penso che un approccio più comparativo alla governamentalità delle migrazioni – e anche alla governamentalità di molte altre esperienze – sia molto importante. Ciò non significa che dovremmo diventare come quei comparatisti molto positivisti che popolano le riviste di scienze politiche, rivendicando la comparazione come il manto del metodo scientifico duro. Tuttavia, lo studio comparativo delle migrazioni e della cittadinanza da parte degli scienziati e dei sociologi della politica è una fonte preziosa, e vi è molto da apprendere da esso, a prescindere dalle nostre convinzioni teoriche. mf: Il governo delle migrazioni si fonda su una knowledge-based governance, in cui la produzione di categorie giuridiche e la relativa partizione delle pratiche di migrazione in differenti profili di mobilità – come quella tra i richiedenti asilo e i migranti economici – giocano un ruolo altamente normativo. In tale contesto, la questione se e come utilizzare il linguaggio esistente per descrivere le migrazioni e le loro categorie epistemologiche diventa chiaramente fondamentale. A differenza di Deleuze, in Foucault la posta in gioco non si risolve nell’inventare nuovi concetti, dal momento che ogni nozione è inserita in una rete di concetti più ampia, o meglio in un regime di veridizione. Lei pensa che uno sguardo critico sulla governamentalità dovrebbe cercare di produrre una contro-narrazione, o che occorra invece forzare e lavorare strategicamente “dentro e contro” queste partizioni normative? W. Walters: Voi suggerite che nel lavoro di Foucault l’intervento di nuovi concetti non abbia la stessa importanza che in Deleuze. Sono d’accordo che, in Foucault, non si fa esperienza di quella vertiginosa moltiplicazione


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