Lussino 46

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Dicembre 2014 - Quadrimestre 46 - pagina 17

sentiero che porta a Velopin, ha anche ripreso l’incrociatore Alberico da Barbiano ancorato nella Valle d’Augusto.

La Redazione dedica a Delia questo piccolo scritto, in ricordo di una persona speciale la cui memoria resterà sempre viva tra i Lussignani.

La Stella Cometa

di Glauco Colombis

Un giorno, il sedici di maggio scorso, mi arriva una telefonata: - Pronto – dico – qui Colombis… - Sono la Delia – una voce calma e sommessa mi risponde all’altro capo. E si è aperto un mondo pieno di ricordi d’infanzia. Non so da quanto tempo non vedevo la Delia! Sua sorella Lauretta l’avevo incontrata a Lussinpiccolo tanti anni fa, ma la Delia no; forse l’ultima volta che la vidi fu nel 1949, quando lasciammo per sempre, profughi, il nostro paese. Al telefono abbiamo ricordato poche piccole cose, ma subito ci siamo ripromessi di vederci un giorno e io le ho detto che sarei andato a trovarla quanto prima in via Costa n° 23 a Mestre, previo avviso, si capisce. Non ho fatto a tempo, lei se n’è andata prima e oggi vedo il necrologio sul Gazzettino che mi riempie di dolore e rimorso di non averle fatto visita. Nel libro di mio fratello – L’Angelo di Pietra – sono riportati alcuni ricordi della nonna Effi, la mamma, e delle figlie Delia e Lauretta (rispettivamente chiamate Fili, Luisa e Claretta,

nomi inventati perché non si voleva poter causare danno alle persone). Mio fratello scrive: C’era nonna Fili, che si faceva chiamare cosí perché Filomena non è un bel nome; e poi la zia Luisa e la zia Claretta, due signorine amiche intime della mamma, ma piú giovani di lei. [...] Io davo loro un grado di parentela e le chiamavo cosí, solo per intimità, e lo faccio tuttora, invece non eravamo affatto parenti, ma io volevo loro veramente bene, quasi come ai genitori. In casa loro mi divertivo che era un piacere e ci andavo anche troppo spesso, ma siccome ero sempre ben accolto ed erano compatite le mie marachelle, mi sentivo a mio agio e la facevo un po’ da padrone. Spesso tutti ci riunivamo ora in casa loro, ora in casa nostra e ci divertivamo a suonare la chitarra e a cantare. La Luisa e la Claretta poi avevano delle belle voci e anche noi di casa non eravamo stonati, e ne venivano fuori certe festicciole proprio al bacio. Per diversi giorni, dopo cena, giocammo alla tombola, con grandissima gioia mia e di Glauco, Mario ancora non capiva. Allora venivano in casa nostra la zia Luisa e la zia Claretta con nonna Fili, il tavolo era tutto pieno, non c’era un posto libero […]Tutto sommato quel Natale fu bellissimo, peccato che non durasse più degli altri, e invece passò come un lampo. 1948 E l’ultimo ricordo, quando già nella corriera eravamo seduti, in partenza via da Lussinpiccolo a terra c’erano gli amici di mio padre e mia madre e c’erano anche loro, fedeli nel dolore della separazione… Pian piano arrivavano altre persone, vidi la Maria col Bepi, il signor Surni, nonna Fili con zia Luisa e zia Claretta, che venivano a salutarci. Parlavano tutti sottovoce come se temessero di disturbare. Ultima arrivò la Dora, di corsa quasi, temeva di non fare in tempo e non vedeva che la corriera doveva ancora venire, sempre uguale, quella. Da basso vedevo i volti di quelli che restavano. La Maria piangeva e le lacrime le venivano giú una dietro l’altra, si vedevano benissimo, luccicavano; la Dora singhiozzava ed era tutta scossa, le spalle le si alzavano ed abbassavano; zia Luisa, zia Claretta e nonna Fili tenevano il fazzoletto sotto il naso; il Bepi, con le mani in tasca, guardava fisso verso un punto e moveva le labbra senza dir niente. Sopra la testa sentivo i tonfi delle valige e dei pacchi che venivano assicurati sul tetto della vettura. In quel Natale del 1948, nel giorno di Natale, quando il giorno comincia, in quel preciso istante della mezzanotte tra il ventiquattro e il venticinque dicembre avvenne una cosa. Eravamo in casa per la tombola, mamma, papà, i miei fratelli, la nonna Effi, Delia e Lauretta e si aspettava la mezzanotte. La Delia mi aveva preparato, mi aveva insegnato. Mi aveva detto di guardare sopra la capanna del presepio che a mezzanotte in punto sarebbe arrivata la stella dal cielo. Io non so se vidi o non vidi la stella, mi parve però di vedere una lucina, per un attimo, forse era l’immaginazione o forse no, ma vidi qualcosa. Era forse, una tremula lucina, umile e cara alla mia ragione e utile ad aprire alla conoscenza i piccoli segreti del mondo.


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