pagina 48 - Quadrimestre 45
Noi Premus di Chiusi Lussignano di Giuliano Premus Io e la mamma abbiamo lasciato Chiusi Lussignano nel 1945. Era una domenica sera, Livio Maggi, fratello del Don Graziano Maggi parroco di Lussingrande, ci accompagnò a Ossero, dove ci aspettava una barca per portarci a Fiume. Il giorno dopo da Fiume siamo partiti per Trieste con il treno. Una famiglia lussignana, di nome Cucchi, che la mamma conosceva, ci accolse a Trieste. In quel periodo nella città c’era molta confusione con tanta gente dalle più disparate provenienze. La mamma decise di trasferirsi a Venezia, dove viveva il fratello Graziano che era fuggito da Chiusi alcuni mesi prima di noi. Ambedue noi fratelli siamo stati messi nel campo profughi Cornoldi in Riva degli Schiavoni, proprio davanti alla laguna. La mamma invece era andata a vivere non lontano da San Marco, presso una famiglia ciunscotta di cui non ricordo il nome. Gli ultimi giorni passati in Italia li abbiamo vissuti a Genova presso un’altra famiglia ciunscotta: la signora
Duma Maurini. Il 28 dicembre siamo partiti per New York a bordo di una nave americana. A New York ci aspettava il papà e altri tre fratelli. Il papà Giacomo, nato nel 1886, si era trasferito in America all’inizio degli anni trenta e lì chiamava un figlio dopo l’altro non appena questi avevano raggiunto almeno l’età di 16 anni. Perché Chiusi mi rimane indimenticabile? Mi ricordo quelle estati quando si raccoglieva e si batteva il grano in Curila, si vendemmiava in Polje e si pigiava a piedi nudi l’uva e poi quando a novembre si andava a raccogliere le olive per portarle al torchio. Quelle estati piene di sole passate ad Artatore, a Candia, a Zabodaski. Anche lì avevamo molte piante d’ulivo. Poi Liski, quella magnifica valle, e Studiencic, Zaossiri dove ci tuffavamo in mare dal molo a “sagnoride” e le tante meravigliose valli. I miei primi 12 anni trascorsi in quel bellissimo e beato paese rimarranno per sempre nel mio cuore. Ci penso tante volte e mi sento di essere là nella casa di famiglia al n° 10. Ancor oggi sento il profumo delle armeline, dei