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La Grande Guerra sul fronte dell’Isonzo Note a margine del Festival èStoria
di Matteo Giurco
Da sinistra: l’accademico austriaco Erwin Schimdl, l’interprete, la storica slovena Petra Svoljšak e Sergio Tavano, noto intellettuale goriziano, moderatore dr. Matteo Giurco, borsa di studio Giuseppe Favrini 2014-2015
Nell’ultimo fine settimana del mese di maggio 2014 si teneva a Gorizia il consueto appuntamento con èStoria, Festival Internazionale della storia, giunto ormai alla sua decima edizione. Il ciclo di incontri, che vedeva la partecipazione di numerosi studiosi provenienti da più Paesi europei, si dispiegava attorno ad un asse portante ben definito: le trincee. Il richiamo alla storia della Prima guerra mondiale, di cui ricorre il centenario, era dunque implicito nel titolo stesso della riuscitissima manifestazione culturale. Se numerose tavole rotonde erano rivolte alla divulgazione degli aspetti «macro» del conflitto, così come all’analisi di risvolti generalmente misconosciuti dello stesso (il fronte orientale, lo scacchiere vicino-orientale eccetera), alcune conferenze erano riservate agli aspetti più vicini alla sensibilità del pubblico italiano. Tra queste ultime, una era dedicata a «Il fronte dell’Isonzo. Scontro militare, politico o etnico?»: di essa si parlerà nel prosieguo del presente testo. Relatori dell’incontro, moderato dallo scrivente, erano l’accademico austriaco Erwin Schimdl, la storica slovena Petra Svoljšak e Sergio Tavano, noto intellettuale goriziano. Il sottotitolo di presentazione aiutava a circoscrivere l’attenzione dei convenuti sull’evoluzione del pensiero storiografico riguardante le dodici battaglie lungo il fiume Isonzo, che videro protagonisti il Regio esercito italiano e le truppe imperial-regie tra la primavera/estate del 1915 e l’autunno del 1917.
Allo scopo di garantire al pubblico una visione il più possibile ampia degli eventi esaminati, si optava per la divisione dell’incontro in due parti, aventi tra loro relazione dialettica: in primo luogo si sarebbero discusso intorno ai mutamenti interpretativi in sede di elaborazione scientifica, successivamente intorno alle politiche della memoria attinenti la Grande guerra, nelle loro molteplici declinazioni (nazionale e locale, senza dimenticare la chiave di lettura europeista). Il professor Schimdl ribadiva l’esistenza, all’interno del panorama storiografico austriaco, di uno scarto tra le analisi più propriamente storico-militari e quelle afferenti gli aspetti socio-culturali del conflitto, evidenziando come l’attenzione della gran parte degli studiosi fosse stata riposta sul fronte dolomitico rispetto a quello isontino, almeno fino agli anni Novanta dello scorso secolo. Quanto spiegato dallo storico di lingua tedesca riecheggiava nelle parole di Petra Svoljšak, specialista dell’argomento, la cui prolusione si soffermava sull’oblio degli studi inerenti la Prima guerra mondiale in ambito sloveno, e più generalmente jugoslavo, fino ad anni recenti. Dal canto suo, essendo egli storico dell’arte e non della Grande guerra, Sergio Tavano preferiva concentrare il proprio discorso sul ricordo delle opere di Camillo Medeot, defunto studioso isontino al quale fu vicino per legami di parentela come per vicinanza di vedute: ne derivava una visione pervicacemente demi-