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Il convento di San Martin in Valle di Sergio Colombis A seguito della disastrosa guerra di Chioggia, contro una coalizione di Padovani, Genovesi e Ungheresi, la Serenissima perse l’Isola di Ossero, le altre isole Quarnerole e la Dalmazia, che passarono sotto il dominio ungherese, dal 1358 al 1409. Durante i cinquant’anni della dominazione ungherese, l’isola venne infeudata a Jacopo, Francesco e Giovanni Saraceno, banchieri padovani, già feudatari della contea di Cinque Chiese (Pecs). Questi nominarono Conte Capitano dell’Isola di Ossero ser Francesco Iseppi, che la resse assieme al figlio Zuane: durante il regno di Maria d’Anjou fecero una brillante carriera sotto la corona ungherese. Biagio Colombis nato nel 1401, figlio di Zuane e nipote di Francesco, ereditò dai due il titolo di Conte Palatino. Biagio, poco prima di morire il 27 gennaio 1476 redasse un testamento in cui, tra le altre disposizioni, per espiare il mancato voto dì un viaggio in Terra Santa, donava ai frati glagoliti di Vier, un terreno a S. Martin in Valle, con l’obbligo che vi fosse costruito un convento. Impose inoltre l’obbligo di ospitare i discendenti dei Colombis, qualora lo desiderassero, e nominò esecutrice testamentaria la moglie Orsola Bocchina. Nel Medioevo quella del pellegrinaggio era un’ossessione. Si andava a Roma, a San Giacomo di Compostela, ma soprattutto in Terra Santa: se validi fisicamente, da crociati, oppure da umili pellegrini. Nel mondo mussulmano, anche ai giorni nostri, è consuetudine che un uomo, quando ha raggiunto uno stato di benessere e quindi una certa ricchezza, compia un viaggio alla Mecca; se per i suoi impegni mondani non riesce ad adempiere a questo precetto, costruisce, secondo le sue possibilità, una Moschea o una più semplice casa di preghiera, prendendo il titolo di Ajji (Santo) ed il diritto di esibire come copricapo un turbante di colore verde. Orsa Bocchina prese sul serio il suo incarico di dar seguito alla volontà di espiazione del marito e, con un spirito imprenditoriale moderno, si attivò per reperire i fondi
necessari alla costruzione, mobilitando per primi i suoi parenti Bocchina: Chiara, moglie di Collane Drasa, fondatore del convento di Neresine, e la giovane nipote Maria, figlia di Margarita Colombis e di Giacomin Bocchina, che impegnò 300 lire della sua dote per terminare i lavori di edificazione del convento. L’incarico della costruzione della chiesa e del convento vennero affidati a Pietro da Arbe e a Bartolomeo da Ossero. Mentre l’edificio era ancora in costruzione, il primo frate dell’ordine terziario Francescano ad abitarvi fu padre Matteo un glagolita bosniaco. Dopo alterne vicissitudini, anche per mancanza di denaro, la chiesa del convento venne finalmente consacrata nel 1525 dal Vescovo di Cittanova d’Istria, il Chersino Antonio Marcello de Petris.
Convento di San Martin in Valle
La chiesa, secondo il desiderio del Biagio, è intitolata a San Gerolamo Dalmata, dottore della Chiesa, famoso per il suo motto: “Parce mihi Domine, quia dalmata sum!” La pala dell’altare maggiore del 1636 è opera del pittore Baldissera d’Anna, allievo del Tiziano: rappresenta il santo seduto in cattedra con il cappello rosso, la veste di eguale colore e dei libri ai piedi, tra S. Antonio e S. Francesco con a fianco un leone accovacciato, simbolo del nuovo stato dominante, “la Serenissima”. La scelta del Santo Protettore aveva anche una valenza politica, visti i precedenti filoungheresi dei donatori.