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San Pietro dei Nembi Da Lussin a Corby con Billy, per amore di Mina Andresco Kearney
Mio padre, Giacomo Andresco, lavorava alla fabbrica di sardine Arrigoni di Lussino. Fu richiamato al fronte russo. Tornò, ma una gamba gli dovette essere amputata dopo varie dolorose operazioni. Una pensione di guerra italiana, faticosamente ottenuta, gli consentirà di campare dignitosamente. Mia mamma, Maria, nacque a San Piero ma ancora giovane dovette andare a fare la cameriera per le famiglie benestanti di Lussino.
Da sinistra verso destra: Billy Kearney, Mina, Eny, Anita, Anita Ragusin (1948)
Finita la scuola mi misi a lavorare. Andavo a lavare i capelli da una parrucchiera per signore. La parrucchiera era tedesca ma simpatica. Quando la guerra si concluse, per guadagnare qualcosa, andavo ai moli a dare una mano e lavoravo in campagna. Spesso mi recavo a trovare i nonni a San Piero. Lì a luglio si lavorava nei campi e a novembre c’era la raccolta delle olive. La mamma non andava mai a San Piero, non ne ho mai saputo la ragione. Papà, invece, ci andava sempre volentieri, anche per giocare a carte in osteria. A Lussino, nel 1946, mi ammalai di una pleurite. Il medico mi disse: “te devi andar a Pola, i xe bravi a Pola, i ga anche la penicillina e quela te curerà”. Papà mi diede i soldi per le iniezioni ed andai ad abitare da una zia. A Pola c’erano le truppe inglesi, al NAAFI (Navy Army and Air Force Institute). A Parigi in quei giorni si discutevano le sorti dell’Istria. Il 26 luglio, lo ricordo bene perché era il giorno del mio compleanno, incontrai Billy. Ero con mia cugina Lidia, sette anni più grande di me, e si avvicinò un bel ragazzo che mi salutò cortesemente. Era inglese e durante
la guerra aveva imparato alcune parole di italiano. Dopo due settimane che ci incontravamo mi disse: “signorina vuole che l’accompagno a casa?” Il Quarnero che separa Pola da Lussino non fu da ostacolo alle “ciacole”. Mio padre ben presto venne a sapere che sua figlia a Pola usciva con un soldato. La mamma non faceva che lamentarsi “va a prenderla, va a prenderla, la voio qua a casa”. Ai primi di novembre a San Piero morì mia nonna e non feci più ritorno a Pola. Billy ben presto mi inviò un telegramma “voio vederte, sono a Sistiana”. Arrivò poi una lettera con acclusa una sua fotografia. Mio papà si arrabbiò “chi te manda ’sto telegramma; telegrammi, lettera cosa xe sta roba per una ragazza de 18 anni? Scolta te digo una roba: se te vol andar de lui qua non te pol più tornar”. Così andai via di casa, a Trieste, dal mio Billy. Alla mattina presto m’imbarcai sul vaporetto per Fiume. Da lì salii sul treno per Trieste. Avevo una grande paura. Stringevo il lasciapassare che la polizia mi aveva rilasciato a Lussino. In quel periodo Tito aveva aperto il confine per sei mesi. Giunsi a Trieste a fine novembre. Là abitava un cugino di mio padre, Boemo. Fu lui ad accompagnarmi alla corriera per Sistiana. Alla caserma una sentinella inglese mi fermò. Chiesi di Billy Kearney. Era in mensa. L’abbraccio, lo ricordo ancora. Billy mi trovò un lavoro lì vicino, in una trattoria di Sistiana. Ma qualche giorno dopo Billy fu trasferito a Muggia ove vi erano stati problemi di sicurezza lungo il confine. A gennaio venne a Trieste mio padre. Volle parlare con Billy. Si incontrarono in una trattoria. Mio papà lo accolse con fare scontroso chiedendo “che intenzioni te ga con la Mina?”. “My intention is to marry Mina” rispose con voce ferma Billy e aggiunse “Ho già richiesto a mio padre in Inghilterra i documenti necessari per il matrimonio. Lei deve fare lo stesso quando torna a Lussino. Presto ci sposeremo in chiesa, siamo tutti e due cattolici”. Papà rimase interdetto. Dopo un attimo chiamò il cameriere: “un altro litro de vin, per favore”. Il 14 febbraio 1947 ci sposammo a Trieste nella chiesa Beata Vergine delle Grazie di via Rossetti. Vi era solo una piccola cappella per le funzioni. La chiesa, dopo il bombardamento del 10 giugno 1944, era ancora in fase di costruzione. Abitammo per alcune settimane in un piccolo appartamento di viale XX Settembre. A fine anno eravamo già in Inghilterra dove nacque Richard, il primo dei nostri quattro figli. L’arrivo a Londra fu traumatico. Vivevamo nella casa del padre di Billy. L’inverno era freddo e piovoso,