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Il convento della Faresina a Cherso di Sergio Colombis Quello della Faresina è un piccolo porto segnalato da un faro da cui prende il nome, si trova a Tramontana dell’Isola di Cherso ed è affacciato sul Canale omonimo (Vela Vrata), che separa il Quarnaro dal Golfo di Fiume e dista solo 2,2 miglia dalla prospiciente costa istriana. Da secoli punto preferito per l’approdo di piccole imbarcazioni che trasportavano i viandanti dalla terra ferma all’Isola e viceversa, attualmente la sua banchina è punto d’approdo dei traghetti. Le origini Sullo sperone di roccia soprastante il porticciolo, attraverso i secoli venne costruito un villaggio, poco discosto da una chiesetta dedicata a San Nicolò, protettore dei naviganti. Nel 1473 vicino alla chiesa prosperava una piccola comunità di eremiti ai quali Biagio Colombis aveva donato due mucche per il loro sostentamento. Bortolo Bocchina, all’inizio del 1500, donò a dei frati una casa ad uso di abitazione vicino al porto e nel 1513 padre Luca Pastranich iniziò la costruzione di un convento, e ottenne dal Cardinale di Strigonia, legato apostolico in Dalmazia e Slavonia, la concessione di un’indulgenza per chiunque frequentasse la chiesa in certe festività o desse un contributo per i bisogni della chiesa stessa. Da un verbale del consiglio comunale di Cherso del 1528, si apprende che le possessioni di san Nicolò non davano molto reddito e che si poteva risanare tale situazione solo portando delle nuove elemosine, pertanto il comune di Cherso intervenne donando ai frati una barca con la quale potevano andare ad elemosinare presso i navigli di passaggio. Nel 1530 a Venezia morì Giovanni Bocchina, figlio di Bortolo, che nel suo testamento, oltre a definirsi fondatore del Convento di Faresina, dispose che la sua salma fosse sepolta nella chiesa di san Nicolò alla quale donava alcuni beni, risollevandone la situazione finanziaria. Nella chiesetta con funzione di parrocchiale, nel 1603 si aggiunse un nuovo altare dedicato a S. Antonio da Padova e da tal momento ne assunse il nome.
Il Convento Dopo tre secoli di pacifiche funzioni religiose, durante le guerre napoleoniche, data la posizione strategica che permetteva di controllare l’ingresso al porto di Fiume, parte del convento venne trasformato in un posto di guardia, e nel 1805 qualcuno sparò un colpo di cannone verso una squadra navale francese che stava transitando verso Fiume. La reazione fu immediata, e il convento fu rovinato ma rimase intatta, miracolosamente, la chiesetta dedicata a S. Antonio.
Dopo una pausa di 6 anni, nel 1811, oltre ad alcuni frati, viveva anche una guarnigione composta da una ventina di soldati con in dotazione 5 cannoni. Tra i difensori militavano due Milohnich di Dragosetti ed il fante di Sanità, un Bunicich da Cherso. Nello stesso anno subirono un attacco dagli Inglesi, che presero come bottino di guerra un cannone in bronzo, oltre a distruggere il convento. Le Rovine Come si apprende da un informativa datata 24 dicembre 1854 del Comune di Cherso al Capitanato Distrettuale, “il convento venne chiuso nel 1842 perché vi era solo un frate vecchio, pressoché impotente ed imbecille, né vi erano in quel tempo disponibili altri frati di quell’ordine malgrado il porto di Faresina fosse frequentato da Velieri e viandanti e la sua situazione patrimoniale fosse ottima”. Durante la prima guerra mondiale, fino al 1918, tra le rovine riattate ad uso di forte, soggiornavano dei fanti