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Il capitano Giovanni Suttora si trasferisce in Messico e dopo dieci anni torna a Lussino con i quattro “Messicani” di Claudio Suttora
sta la situazione, egli non ha esitazioni: bisogna emigrare!… e lascia Lussino per il Messico. Dopo non molto, una volta sistematosi laggiù, chiama suo fratello e lo invita a raggiungerlo a New Orleans, dove un armatore simpatizza con i cittadini austro-ungarici, ancora dal tempo dell’Imperatore Massimiliano (1867), e, avendo molta stima dei capitani di quella marineria, è pronto ad affidargli il comando di un piccolo piroscafo che fa il cabotaggio fra i porti del Golfo del Messico. Nonno Nin esita. Da sempre è fidanzato con la sua Sofia (Sofia Ivancich, una delle Donossipovize), piccola di statura, ma graziosa e forte di salute e di carattere. Infine decidono: Giovannin partirà, ma, una volta imbarcato e predisposte le cose, si farà raggiungere da Sofia. Così, nel 1893, la mia futura nonna, dopo essersi sposata con Giovannin a Lussino per procura, si imbarca su di un piroscafo dell’Austro Americana dei fratelli Cosulich,
Archivio Bianca Maria Suttora
Intorno agli anni 1890 la crisi della navigazione a vela è ormai matura, il vapore trionfa, i piroscafi incrociano tutti i mari e tutti gli oceani del mondo: filano contro vento, si infilano dentro agli stretti e attraversano il canale di Suez dimezzando le distanze, i tempi, e quindi i costi di ogni spedizione marittima. Navi, brigantini, persino i famosi clippers, soccombono a tanta efficace concorrenza e devono restar legati, in disarmo, in tutti i porti del mondo. Nel porto di Lussinpiccolo, una cinquantina e passa di velieri boccheggiano in andana tra Privlaka e lo squero Martinolich. I pennoni senza vele sembrano croci di un funerale o alberi di una foresta disseccata. In Riva e in Piazza, quasi in contraddizione a quanto detto, c’è più animazione, più movimento del solito perché tutti gli equipaggi di quelle navi in disarmo sono là sulle rive, tra le prise (bitte), o per i caffè e le osterie. C’è animazione, ma non è quella portata da quegli stessi uomini quando venivano a svernare a casa, pieni di allegria e di valsente in sterline d’oro. Ora sono animati sì, ma dalla preoccupazione per la crisi che ha colpito l’isola intera, che prosperava prima per l’attività dei suoi cantieri, dei suoi armatori, dei capitani ed equipaggi delle sue navi a vela. Fra questi c’era il capitano Isidoro Suttora, fratello di mio nonno Giovanni (nonno Nin, per noi nipoti). Vi-
Certificato di matrimonio di Giovanni Suttora e Sofia Ivancich. Archivio Bianca Maria Suttora