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I sessant’anni di messa di Monsignor Cornelio Stefani di Walter Arzaretti La parrocchia di Cristo Re di Pordenone ha ravvivato la celebrazione patronale di domenica 23 novembre con un ospite atteso: il lussignano (nato a Lussingrande nel 1924) monsignor Cornelio Stefani, costruttore e presidente sempre attivo di Casa Betania. La benemerita istituzione venne inaugurata venticinque anni fa (1983) proprio in questo quartiere della città sul Noncello, che un’“anima” ha ricevuto anche dall’opera intrapresa con un certo ardire (oltre che ardore) da “padre” Domenico Corelli, sacerdote esule da Cherso, oggi novantaseienne, e dal “nostro” don Cornelio. In codesta opera rivolta in particolare agli anziani, risiedono una trentina di persone autosufficienti, in altrettanti appartamentini, con mensa, sale di riunioni e la bella cappella dedicata allo Spirito Santo. Don Cornelio è persona discreta, persino schiva a feste e onori, ma non ce ne vorrà se qui ricordiamo soprattutto la sua fede incarnata nel martirio della terra sua d’origine. Esule dalmata, poco prima di ricevere l’ordinazione sacerdotale sessant’anni fa dal vescovo di Concordia Vittorio D’Alessi (e fu ordinato non per il servizio in questa diocesi, ma per quella della sua natìa di Zara), ritorna spesso non solo col pensiero, ma con periodiche, sempre agognate, visite alle sue isole, ove pure si è reso benemerito per costruzioni a servizio del clero e della pastorale locale. Sua l’edificazione laggiù di una casa del clero e di esercizi (anch’essa denominata “Casa Betania”) e pure di un centro per la pastorale estiva (con cappella e ambienti d’incontro) ad Artatore, baia dell’isola di Lussino sempre più presa di mira dal turismo internazionale. A conferma del suo amore per il paese natale, egli ha pure curato, nel 2003, un pregevole volume, riccamente illustrato, a colori, su “L’arte sacra nelle chiese di Lussingrande” con introduzioni in diverse lingue.
Al centro Mons. Cornelio Stefani - foto Angelo Simonella
In tale maniera don Cornelio si è conservato lussignano, pur avendo in Pordenone (esattamente nel borgo di Roraigrande) sia il luogo del riposo dei pii genitori, sia la residenza della sorella Anita con il cognato Enzo - fratello dell’indimenticabile monsignor professor Giuseppe Della Valentina, già professore di sacra scrittura sia nel seminario di Zara che in quello pordenonese - e poi a Trieste l’altra cara cognata Gianna, moglie del compianto fratello Luciano e sorella dell’arcivescovo a lungo di Gorizia, Padre Antonio Vitale Bommarco. Citiamo queste radici, perché sappiamo quanto siano importanti per chi le proprie radici ha visto brutalmente distrutte dall’ideologia imperante nella seconda metà del secolo scorso e che provocò l’esodo di tanta gente dall’Istria e dalla Dalmazia, verso la quale monsignor Cornelio continua a sentirsi solidale, pur avendo riannodato, con felice intelligenza, i rapporti con il clero e le popolazioni oggi presenti nelle sue amate isole. In mezzo a questo dire, va ricordato il ministero presbiterale esercitato dal festeggiato prima come cooperatore in diocesi di Concordia (oggi Concordia-Pordenone), a San Giorgio al Tagliamento e a Porcia, e poi il servizio ventennale di parroco negli Stati Uniti, in diocesi di Spokane, fra le impervie montagne rocciose, dove a fargli compagnia spesso capitavano gli orsi bruni e la cura d’anime si estendeva a un territorio immenso, pari a una nostra grande diocesi. Esperienze che hanno reso anche lui una roccia! Rientrato a Pordenone nel 1975, si deve ricordare l’impegno di don Cornelio come cappellano presso la Base americana di Aviano e il dedicarsi, in parallelo a Casa Betania, alla Casa “Madone di Tramons”, sita in un’amena valle della montagna pordenonese, la Val Tramontina. E tutto questo “patrimonio”, che da lui è sempre stato considerato anche “patrimonio spirituale”, è sorto per il darsi da fare con padre Corelli. Figlio di gente benestante, Cornelio Stefani aveva perso tutto e non aveva in quell’anno 1947-48, trascorso nel seminario di Pordenone prima dell’ordinazione, neanche i soldi per farsi lavare la camicia (vendette la catenina d’oro ricevuta nel battesimo per provvedere a ciò!) e neppure il materasso per il letto su cui riposare! Un grazie anche dai “suoi” lussignani al caro monsignor Cornelio, anche alla luce di quanto qui detto, ci sta proprio tutto. E lui non ce ne voglia!