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Lussino

La storia del Cantiere Piccini di Ottavio Piccini L’avvento delle navi a vapore provocò danni notevoli alla tradizionale marineria a vela lussignana, ma è proprio in questo difficile momento del settore del trasporto marittimo che il giovane Ottavio Piccinich, figlio di Giuseppe “Jovanizza”, pescatore benestante e costruttore di barche, decise di dare inizio anche all’attività cantieristica in legno. Coraggioso marinaio, intraprendente affarista, mio nonno Ottavio non mancò di ravvisare in quella condizione di crisi degli squeri lussignani una favorevole occasione per impiantare un cantiere che, modernamente attrezzato, potesse rivaleggiare con le altre aziende della Valle d’Augusto, i Martinolich “Colonich” e i Tarabocchia “Violincich”. Il suo piano riuscì in pieno, perché il cantiere di Velopin prima e poi, dal 1895, quello di Privlaca, contribuirono decisamente a potenziare la flotta lussignana, costruendo particolari navi in legno. Le canavette ben presto divennero il simbolo dei costruttori: erano il modello in scala ridotta dello scafo che il maestro d’ascia proponeva all’acquirente, per cui ogni imbarcazione veniva personalizzata in relazione alle esigenze dell’armatore. Nella casa di noi “Jovanizza” a Prico,vicino alla chiesetta del Sacro Cuore, le canavette erano oggetti familiari e venivano poste in posizioni privilegiate in bella vista nei vari ambienti. In verità il Longus Sinus, la Valle di Lussino fu la vera scuola del giovane Ottavio, inevitabilmente in costante contatto con i mutevoli elementi atmosferici, al timone di barche d’ogni tipo, sottoposte a tutti i movimenti dovuti all’azione del vento sulle vele. Egli così andava migliorando il proprio istinto e le proprie capacità, acuendo quell’infallibile colpo d’occhio che lo porterà a costruire velieri da carico e barche da diporto, che ben presto lo renderanno noto negli ambienti marinari adriatici. Vennero costruiti e armati gli scafi Victoria dal fra-

tello Santo Piccinich, l’Orion da Ottavio, ma soprattutto i cutters per la prima volta a Lussino con la prora slanciata “all’americana”, come il Dea del ministro ungherese Horty, divenuto in seguito buon amico e frequentatore della casa Jovanizza. Inoltre vennero costruiti da Ottavio: Felicitas di Stuparich, Vigilant di Cosulich, Tradito dei Casa. Nel 1903 il neo costituito Yacht Club Adriaco di Trieste si rivolse alla raffinata scuola lussignana per ordinare la sua prima unità sociale: fra i tanti concorrenti venne scelta la canavetta di Ottavio Piccinich. La barca, denominata Istmo, che si ispirava alla linea dei cutters inglesi, con una superficie velica di quasi 150 mq, risultò essere la più grossa imbarcazione da diporto del golfo di Trieste. Dopo la prima guerra mondiale, nel 1919, l’azienda prese il nome di Cantiere Piccini. Nacquero in quel tempo quindi, e si confermarono ancora di più negli anni seguenti, la qualità delle costruzioni e le linee nautiche vincenti delle barche Jovanizza, tanto è vero che nelle regate lussignane degli anni tra il ’20 e il ’30, queste conquistarono la Una canavetta Jovanizza maggioranza dei prestigiosi trofei posti in palio. Famose erano le passere di 5 metri, Primavera costruita da Ottavio e Paesanella costruita dal figlio Marino, al timone delle quali ogni vecchio lussignano ricorderà la mano impareggiabile, lo spirito e l’estro gioviale dello skipper Marino Jovanizza, mio padre, le cui doti contribuirono a conquistare una parte consistente della simpatia della tifoseria locale che seguiva con passione le regate. L’equipaggio della Primavera era formato da Marino Piccini, dai fratelli Rudy e Matteo Stampalia e da Peperle Baici. Anche mio fratello Marino junior fin da giovane mostrava grandi doti di skipper, perché aveva primeggiato nelle ultime regate effettuate a Lussino con la passera Romagna, prima di essere costretto all’esodo.