Lussino25

Page 26

pagina 26 - Quadrimestre 25

Lussino

Isola con figure

di Virgilio Giotti

Tratto da VIRGILIO GIOTTI: OPERE COLORI - ALTRE POESIE - PROSE a cura di RINALDO DEROSSI - ELVIO GUAGNINI - BRUNO MAIER introduzioni di MARIO FUBINI - PIER PAOLO PASOLINI COMUNE DI TRIESTE 1986 EDIZIONI LINT TRIESTE

Se nominate Sànsego a uno dei nostri marinai, egli vi dirà: — È dov’è il faro di Punta Segarina, a ostro di chi, venendo dal largo, si trova prossimo al Vallone di Lussinpiccolo. Se vi succede, invece, di far quel nome alla presenza di un dilettante di geologia, udrete una voce interloquire allegramente: — Ah, sì! quell’isoletta curiosa: quel mucchio di sabbia, che il mare ha ammontato, chi sa perché, intorno a uno scoglio, mentre tant’altri, lungo tutta la costa, rimasero sempre nudi: un mucchio di sabbia di 98 metri e che misura all’ingiro 8 o 9 chilometri. Lo scoglio, che dovrebbe esserci dentro quella sabbia, il sostegno interno di quella massa friabile, nessuno, s’intende, Sansego alta Foto Rita Giovannini l’ha mai toccato ed è un’ipotesi: come fu un’ipotesi quella, che il geologo non mancherà di riferirvi a titolo di curiosità, che si tratti, niente di meno, che di un effetto di ripercussione dei moti che vengono impressi alle sabbie sottomarine dalla corrente del Po. Ma la parola «Sànsego» significherà qualche cosa anche per un’altra specie di persona: per il buongustaio dei vini che si fanno dalle colline del Collio e dalla Valle del Vipacco all’altopiano del Carso, da Prosecco fino, giù giù, lungo l’Istria, nelle isole, fino a questa isoletta. Che si tratti anche di un’isola, egli, forse, non lo

saprà nemmeno, ma vi dirà: un buon vino, tra l’istriano e il dalmato, ma di un sapore tutto suo, che gustato una volta non si dimentica più: peccato ve ne sia tanto poco, che se lo bevono tutto a Lussinpiccolo e bisogna andar là se si vuole provarlo. Io ne bevevo, in una splendente giornata di giugno, con bianche nuvolette ferme nel cielo. Ne sorseggiavo una boccaletta, mangiando dei sardoni appena fritti e del radicchietto verdolino, seduto a una tavola, in uno di quegli sparuti giardinetti delle osterie al mare, bruciati dalla salsedine. Era poco più delle undici appena; ma avevo veduto entrare nell’osteria un pescatore chioggiotto, di quelli stazionati a Lussingrande, che reggeva sull’anca uno straccio con dei pesciolini azzurri e argentei, vivi, ritorti come cornetti; e gli ero andato dietro, deciso di mangiare e di pensare poi alla barca che m’avrebbe portato a Sànsego. Intanto ne gustavo il vino, spillato, a stare ai giuramenti dell’oste, da una delle ultime botticelle dell’annata. L’isola era dietro alla lingua di terra, a quella diga naturale del porto di Lussinpiccolo, sulla quale mi trovavo, e un monticello sassoso, con qualche cespuglio, due o tre casette e dei muriccioli diroccati, mi impedivano di vederla. Pensavo a quello che me ne avevano detto poco prima: un posto da selvaggi, dove oltre alla