Lussino24

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Lussino

Quadrimestre 24 - pagina 35

Carnevale 1946 di Lina Miserocchi Carissimi amici di “Lussino”, dopo le “ciacole” del raduno di Peschiera, dove si è parlato anche dei nostri balli, sono andata a cercare le foto che vi allego, di cui poi vi dirò. Finite le ostilità nel ’45, nonostante la presenza dei titini, che ritenevamo provvisoria, eravamo impazienti, specialmente noi giovani, di riprendere i nostri abituali passatempi: andare in barca, magari solo fino a Coludarz, passeggiare in riva, andare a Val di Sole a “far sagnoride dalla cresta de galo”, tornare a vedere le partite di calcio al campo sportivo vicino a Val d’Argento, dopo che i ragazzi avevano ricostituito la squadra, e ballare al sabato sera al Dopolavoro e d’estate nello spiazzo antistante, ben illuminato dopo tanto oscuramento. Vi partecipavano anche gli ufficiali delle motovedette titine, ma solo quelli dotati di una belle divisa e a noi sembrava un segno di rispetto. La situazione era sempre più precaria, con scarsità di soldi e di generi alimentari, qualcuno spariva senza tornare. Tuttavia quando arrivò il Carnevale ’46 decidemmo di fare un ballo in maschera di veneziana memoria. Ci demmo da fare, nonostante la scarsità di mezzi, per mettere insieme costumi degni di tale nome e si può osservare nelle foto i ricami sul diadema e sulla gonna della zarina, i riquadri dei gonnellini scozzesi costruiti pazientemente con nastrini colorati su un vecchio lenzuolo; facevamo passaparola per la ricerca degli accessori: gli stivali del cosacco, il ventaglio e il pettine della spagnola, questo nel nostro gruppo, ma parteciparono parecchi altri. Non ricordo che avessimo le maschere, le cosiddette “ bautte”, forse ci erano state proibite, ma creammo ugualmente una festosità impagabile, data l’aria che tirava, tanto che decidemmo di fare una seconda serata. Fu il nostro canto del cigno, l’ultima illusione di poter vivere secondo i nostri principi e la nostra cultura sotto un dominio che aveva come primo obbiettivo di annientarli. Il desiderio di vivere serenamente in pace e libertà che ci animava, fu l’unico bagaglio di cui ci siamo potuti dotare per affrontare l’esodo e le conseguenti amarezze. Ho scritto queste righe per fissare sulla carta uno spaccato di un periodo che ci ha segnato profondamente e che invio a voi, che fate tanto per conservare queste memorie.

A sinistra: 1 Alferio Cattich cosacco 2 Laura Piccini zarina 3 Lina Miserocchi 4 Mario Krainz scozzesi 5 Eraldo Alì Babà ( figlio di Nidia Piccini)

Lina Miserocchi e Alferio Cattich