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“Vrane” o Cornacchie di Italo Cunei

In occasione di uno degli ultimi incontri conviviali dei Muli del Tommaseo (non ricordo più se si trattasse di Villa Braida oppure di Mossa, nei pressi di Gorizia), scelti dal destino ci trovammo riuniti a un tavolo in assai gradita, spiritosa e vivace compagnia. Ed esattamente in quattro coppie di anziani coniugi, tutte, come qualche spiritoso ama definire, “pagaie” (sì, come quegli arnesi marinareschi dei polinesiani) che nel nostro caso allu­ dono alla comune origine isolana e quarnerolina. O me­ glio, è indispensabile precisarlo, provenienti da que­gli scogli pur soltanto per un 50 percento della coppia, come nel caso mio. Dove il sottoscritto rimane un auten­ tico doppio isolano (mamma nata a Lussingrande, bab­ bo a Veglia) ma mia moglie Sandra, più pro­saicamente, è di Marghera. Anche se, in verità, ora il peso fra i due ele­ menti in gioco non può ridursi ad un semplice 50/50, essendo invece assai più sbilanciato, ovviamente a favore della gentile Signora la quale, pur soltanto con i suoi 55 Kg corporei, letteralmente mi so­vrasta. E di molto, an­ che, nell’economia del doppio, a me restando, lussin­ grandese DOC e con i miei 90 di peso, soltanto le bricio­ le in ogni atto che scaturisce dal nostro oramai quasi cinquantennale e perciò assai vetu­sto sodalizio. Mi piace ricordarle quelle quattro coppie amiche al nostro tavolo, a futura memoria e in ordine alfabetico onde evitare immotivati risentimenti: i coniugi Boni, quelli Cunei, quelli Ottoli Denzio e infine i coniugi Roc­ coni. Ma è mia intenzione, qui in particolare ricordare, e non perché gli altri signori siano men degni della mia indegna attenzione, l’amico Denzio (Gaudenzio) i cui rapporti con il sottoscritto risalgono addirittura al perio­ do bellico 1943/45. Allora, egli proveniente da Ossero e io da Lussingrande (ma quello fu anche un periodo in

Ossero e la Cavanella dall’alto – Archivio Biancamaria Suttora

cui la mia famiglia abitò per un paio d’anni a Lussinpic­ colo, dapprima alla Crociata e poi all’Addo­lorata), noi due frequentammo nella stessa classe la Scuola Media che a quel tempo era ubicata subito all’inizio, alla sini­ stra, risalendo il Rato della Crociata. E ciò anche in oc­ casione delle varie incursioni aeree alleate che ci provo­ carono soltanto qualche allarme perché non ricordo che quella zona della capitale dell’isola fosse poi stata inte­ ressata da bombardamenti o mitragliamenti. Mentre in­ vece mi rimane particolarmente vivo nella memoria l’in­ teresse degli Alleati nei confronti del Forte posto sul monte Asino a Lussinpiccolo, più volte preso di mira da intensi bombardamenti aerei e anche da cannoneggia­ menti ad opera di navi da guerra alleate. Che dalla veran­ da della Cappelletta di Lussingrande si potevano osser­ vare benissimo (che bellezza se poi ci aves­sero spedito qualche cannonata, tanto per gradire!). Con Denzio siamo coetanei ma ciò non toglie che io non nutra nei suoi confronti un certo reverenziale rispet­to, sopratutto per motivi di anzianità poiché egli nacque addirittura il 1° gennaio 1933, ed assai proba­bil­ mente nelle primissime ore del mattino, per cui è molto difficile che qualcuno riesca a batterlo, in questa sua an­ zianità di servizio risalente a quell’anno 1933. Con Den­ zio poi ci reincontrammo a Marghera nel 1954 anche se maggiormente allora frequentai suo fratello Giovanni detto Nini perché allora il Denzio era già molto impe­ gnato nella navigazione. Nel corso della mia vita più matura ebbi poi occa­ sione di incontrare spesse volte Denzio all’interno dello stabilimento Petrolchimico di Porto Marghera dove io allora curavo la manutenzione delle banchine ed im­ pianti annessi. Denzio invece ormeggiava usualmente la sua cisterna alla banchina n°9, dove caricava i fanghi uf­ ficialmente depurati del nostro stabilimento andando poi a scaricarli in alto Adriatico, fors’anche in vista delle un tempo immacolate scogliere di Lussino. Gli scambi a voce in quelle occasioni erano rapidi, lui dal bordo della sua nave e io frettolosamente di passaggio mentre circo­ lavo in quel territorio dello stabilimento di mia stretta competenza. In occasione di quel convivio cui accennavo all’ini­ zio, molto ed assai allegramente si discorse a quel tavolo tanto che, a un certo punto e quasi per caso, ricordam­ mo le cornacchie o “vrane”, uccelli che, a causa del loro nero piumaggio ed il lugubre gracchiare (a cui sicura­ mente si sarà ispirato Bach per comporre la sua funerea toccata e fuga in re minore), a Lussino assai poco si face­