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Regatare a Lussino di Ottavio Piccini “Jovanizza”

Regate in Val d’Augusto

Archivio Biancamaria Suttora

Come quasi tutti i ragazzi di Lussinpiccolo, trascor­ revo in barca i ritagli di tempo libero dalla scuola; con qualsiasi tempo trovavo la giusta zona della valle d’Au­ gusto al riparo dai pericolosi forti refoli di bora. A noi ragazzini piacevano le sfide. Si trattava sem­ pre di un gioco ma tante volte il gioco assumeva le carat­ teristiche dell’agonismo competitivo. A casa si sentiva sempre parlare di regate, di duelli storici. Nelle diverse marine (spiaggette) assistevamo curiosi alla messa a

punto dei famosi scafi, quelli appena costruiti con l’emi­ nente scopo di emergere nelle prossime competizioni. Mio papà Marino, ottimo costruttore di barche, aveva la particolare qualità di “centrare” le sue passere. Al dire degli esperti lussignani, egli accompagnava le sue qualità di timoniere a una totale visione del percorso di gara, unitamente alla completa conoscenza del regola­ mento, fatto questo che gli permetteva di rischiare sul filo della squalifica con sufficiente sicurezza. Nonno Ottavio, invece, sapeva tutto sulle vele. Era lui che spesso, con l’aiuto di noi nipoti, tagliava e dava la giusta curvatura alle vele che ovviamente erano due: una per venti deboli o bonaccia e una per venti freschi. Noi ragazzini respiravamo quell’atmosfera partico­ lare che alitava all’approssimarsi delle regate e ascoltava­ mo le voci di vecchi capitani che raccontavano particola­ ri inediti di passati duelli velici tra le imbarcazioni di differenti categorie che, nelle imminenti regate, avreb­ bero tentato di saldare definitivamente i conti in sospeso da chissà quanto tempo. I frequenti scontri giornalieri tra la nostra Primavera e la Mimosa di Eustacchio Tarabocchia erano ormai proverbiali. Ricordo che una domenica la Mimosa con al timone il suo più quotato skipper, faceva mostra delle sue doti nautiche davanti a molta gente seduta ai tavolini dei bar e a intere famiglie intente alla con­ sueta passeggiata festiva in Riva. A un certo momento, guarda caso, arriva Rudy Stampalia con la Primavera. Una sfida amichevole sembrava d’obbligo. Pur essendo da lungo tempo il prodiere e col­ laboratore alle manovre nel team di papà, Rudy, non sentendosi all’altezza della situazione, co­ stretto dalle circostanze ad accet­ tare l’inevitabile sfida, chiese agli avversari mezz’ora di tempo con l’ingenua scusa di poter cambiare una stecca della vela, che, a suo dire, faceva difetto. Sceso a terra, corse immediatamente a casa no­ stra a Prico, chiamando il papà: “Marino xè el Tarabocchia…… che ne sfida con la Mimosa, mola tutto e vien zò che da solo non ghe la fazo!”