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In memoria di Giovanni Visich “Bacalarich” di Ida Santoro e Mario Lucano

Ricordiamo Giovanni Visich, detto “Bacalarich” o Giovanni “Bombola”, personaggio un po’ particolare, molto noto a Lussinpiccolo, sempre vestito con pantalo­ ni celesti/azzurri e giacca lunga dello stesso materiale, tipo jeans, definito “Terliss”, tenuta da lavoro. Ai miei tempi, lo vedevo passare, all’arrivo di ogni piroscafo, con il carretto a mano per la Riva, raggiungen­ do il molo attraverso la stradina interna, “Zacantuni”, sbucando poi all’altezza dell’allora hotel Italia, per recar­ si verso il molo e per portare le valigie dei passeggeri. Lo ritrovammo quando tornammo a Lussino come turisti: portava a domicilio le bombole di gas, in testa o nella sua carrozzella. Io, e Mario Lucano, lo fermammo e sentimmo in lui una grande nostalgia per quelle belle navi che arrivavano una volta. Era molto discreto, non chiedeva nulla però ci accorgevamo che venivamo seguiti ed avvicinati con ri­ servatezza. Si capiva, che era arrivato il momento di ren­ derlo partecipe di qualcosa, a lui molto utile. Quando è morto, al suo funerale, lo ricordarono come un vero amante della Lussino di una volta.

Il “Bacalarich” in Brizina con Ida Santoro – foto di Mario Lucano

Riportiamo qui di seguito un ricordo, scritto a suo tempo da una persona di cui conosciamo solo le ini­ziali: T. L. Per sempre ci ha lasciati il nostro connazionale, della cui semplicità farà più caro il ricordo di un lussignano. È morto GIOVANNI VISICH. Quasi nessuno a Lussino lo conosceva con questo nome. Lui era semplicemente Giovanni “Bacalarich”, oppure Giovanni “Bombola”, perché tutti i giorni portava in testa o nella sua piccola carrozzella le bombole di gas per i lussignani. Era nato il 6 luglio 1920 a Lussinpiccolo ed è morto il 10 settembre 1988. Il suo modo di vestire e il suo comportamento, a qualcuno sembrava strano. Madre natura lo aveva fatto così, ma aveva un suo modo di fare che piaceva e rasserenava. Era semplice, laborioso e geloso del suo piccolo gruzzolo. I Lussignani ricordano le sue allegre trovate, ma anche i suoi momenti di tristezza, molte volte per cose da poco. Bastano pochi esempi per poter spiegare il suo carattere e le sue battute. Una volta, aspettando davanti lo sportello della banca, lasciò passare avanti a sè tutte le persone, solo per poter guardare più a lungo la ragazza della cassa. Alla domanda: cosa fa Giovanni?, lui rispose: “La guardo come la xe bela, la ga i oci come due perle, el soriso come el sol, la me fa incantar!” Pensando all’amore, soleva dire con tristezza: “Gnanche le vedove non me vol”. Un’altra volta, disperato, vedendo distrutti i più belli orti di Lussino per fare il posteggio, Giovanni disse. “Ma perché gavé distruto ’sti orti in Budovina, iera meio che impiantavi blitua e salata, inveze che auti”. Molte volte era schernito dai ragazzi, anche se non lo meritava. Ma, si sa, i ragazzi sanno essere senza pietà con uno che non si può difendere; purtroppo neanche i grandi sono da meno. Giovanni, per questi motivi, a volte, si arrabbiava, ma non faceva mai del male a nessuno. Perdonava e dimenticava tutto. Giovanni, con il tempo è diventato una parte del popolo lussignano, faceva parte di un certo colore di Lussino. Il popolo che lo conosceva lo amava e lo capiva. Lo ha dimostrato con la sua non abituale, numerosa partecipazione al suo funerale. Così Giovanni, un piccolo Giovanni, è stato accompagnato all’estrema dimora come un grande cittadino. Nella sua maniera lui lo è stato realmente.