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I cento anni di “Zia Mina” Colombis di Sergio Colombis
Il 22 ottobre 1912 Maria Piccinich diede alla luce la secondogenita di Emanuele Colombis. La neonata ven ne battezzata Gerolama in ricordo della nonna paterna Gerolama Lion, ma anche in onore di San Gerolamo Dalmata, Dottore della Chiesa la cui ricorrenza cade il 30 settembre, assunto a santo protettore della famiglia dal 1476. Il padre Emanuele gestiva a Lussinpiccolo la farmacia ‘Al Redento re’. La sua clientela, ol tre che dai due Lussini e dai villaggi circostanti, arrivava anche da Ustri ne, Ossero e Punta Cro ce, nell’Isola di Cherso. Mio padre Giaco mo, al suo primo impie go dopo l’apprendistato a Lovrana, venne trasfe rito a Lussino col grado di officiante delle Impe rial Regie Poste e Telegrafi, dal 1908 al 1915, lasciando la famiglia a Cherso. Durante la sua residenza lussignana, presenziò al matrimonio del cugino Emanuele, nonché alle nascite di Giandomenico nel 1910, di Mina nel 1912 e di Fides nel 1914, diventando ‘Zio Jacopone’. Di due anni più vecchio del cugino, spesso si imbu cava a pranzo o a cena dalla cugina Maria con la scusa che era un’ottima cuoca. Fin da ragazzina, Mina aspettava che il padre chiu desse la farmacia per accompagnarlo a pesca sul caiccio di famiglia, dove fungeva da galeotta ai remi, o per rinca sare assieme per la cena. Da signorina, durante queste attese sostava sulla so glia della farmacia, assistendo al passeggio dei turisti in riva; tra questi notò il giovane Amedeo Angeli, italiano, ma proveniente dalle Vecchie Province, spedito da Cor tina, dove la madre gestiva l’Hotel Victoria, a Lussino per studiare al Nautico, lontano dalle distrazioni che la cittadina montana offriva. Ne trovò altre in cambio, per esempio corteggiare la bella figlia del farmacista, tanto che dopo un lungo fidanzamento, nel 1938 la sposò nel la chiesetta di S. Antonio a Lussino. Una volta maritata, Mina si trasferì tra i monti del l’Ampezzano dove tuttora vive, abbandonando per sem pre il mare e l’Isola.
Alla morte del marito e della suocera continuò a ge stire da sola l’Hotel Victoria, meta di vips e di celebrità mondiali, tra i quali il Barone de Rotschild.
Il mare però le restò nel sangue come un virus; nel 1996 a settembre, mese nel quale a Venezia si tiene la mostra del cinema, si imbarcò volontariamente sul Gègè, il nostro otto metri a vela, per una gita in laguna. Si divertì moltissomo raccontandoci i suoi anni di gioventù e, malgrado il tempo quel giorno di fine set tembre fosse fresco e piovoso, era in mezze maniche e scollata. Le offrimmo una cerata che rifiutò, affermando che “la stava ben cussì” e tutta imbacuccata nessuno l’a vrebbe notata, quindi non avrebbero potuto scambiarla per una diva del cinema: in quel momento si sentiva pre sa dalla parte. Qualche anno prima, attorno gli ottantanni, sen tendosi anziana - zia Mina è eterna - decise che aveva bisogno di un aiuto per la gestione dell’albergo. La scelta del direttore non poteva non ricadere su di un compa triota, Marco de Dominis, discendente da una famiglia di Arbe piena di storia. Avendo più tempo a disposizione, per alcuni anni partecipò alle nostre feste familiari con relativo pranzo in ristorante in onore di mamma Maricci, morta alla te nera età di novant’anni, ereditandone il titolo di decana della famiglia. Durante uno di questi pranzi, ci raccontò di quan do ancora bambina, con i fratelli e i genitori da Lussino andavano a Cherso per festeggiare il compleanno di un nostro cugino che cadeva in estate e, malgrado il caldo, per l’occasione riceveva gli ospiti in frak di lana. Schiva da ogni pubblicità, com’è nel suo carattere, il 22 ottobre ha festeggiato i suoi cent’anni con la figlia, i nipoti e i parenti più stretti.