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Ho baciato una balena... di Milvia Pagan
Sono una lussignana doc, perciò quel che ricerco e trovo in tutti i miei viaggi è sempre il mare. Questo viaggio era mirato, determinato perché volevo vedere le balene che dopo 16.000 km dall’Alaska arrivano fino alla Baia California Sud per far nascere i cuccioli e poi in marzo con i primi caldi tornano con i cuccioli al Mar di Bering. Dopo ore e ore di volo, attese, “connections” fuori limite, siamo arrivati in Messico, a La Paz, all’estremità meridionale della penisola di California, punto di destinazione e di partenza per poi “esfogliarci” all’interno. Con indicazioni e informazioni inadeguate, affrontiamo la prima baia dove ci sono le balene. Arriviamo alla Baia Magdalena dove ci mettono in una barchetta, un guscio di vetroresina, – il mio gommone a confronto è un “destriero del mare” – e finalmente ecco l’avvistamento delle balene grigie: 16 metri di lungo e 30 /35 tonnellate di peso, con i cuccioli di una tonnellata e mezzo. Gira e gira per un ampio specchio di mare, finalmente una balena si avvicina, ma la cosa rara è che anche il cucciolo si avvicina così che lo possiamo accarezzare,
fatto non scontato per le persone del posto poiché succede molto di rado. Dopo una giornata di riposo, possiamo giocare a golf in un campo nuovissimo progettato da Gary Player, immerso nel deserto di cactus e sassi, ci spaventiamo a questa vista, poi giocando, il campo si trasforma e diventa molto, molto interessante. Proseguiamo il viaggio per la laguna di St. Ignacio; un’avventura di 600 km per una stradina molto stretta dove il pericolo incombente e continuo sono i bovini rinselvatichiti e i cavalli che attraversano, passando indisturbati da un lato all’altro della strada. L’adrenalina è al massimo. A St. Ignacio dormiamo in un motel brutto e gelido ma aspettiamo il domani con ansia, ma anche con pazienza, poiché il messicano è: “calma ragazzi che c’è tempo per tutto, non affrettatevi e per me che sono un fulmine, soffro, poi mi calmo poiché non cambia nulla”. Da zero gradi la temperatura sale fino a 28°. Dopo un viaggio di 2 ore nel deserto arriviamo al Pacifico. La barchetta, il solito guscio antidiluviano, si accosta agli scogli e poiché non c’era un piccolo pontile o una piccola piattaforma di cemento, – il cemento che è il sostegno dell’uomo, ebbene non c’era – così tra un flutto e l’altro mi sono trovata a cavallo con una gamba dentro e ci si aspettava che buttassi pure l’altra ma con il mare mosso il “guscio” si è allontanato dagli scogli... ho sentito due braccia forti e risolute che mi hanno preso come un fuscello e “buttata” in barca salvandomi dalla lacerazione, era un ragazzo alto, forte e bello come un angelo, mi sono sentita miracolata!
Inizia il viaggio in mare, siamo soli con il marinaio Daniel che sta in piedi come un antico guerriero fiero