pagina 50 - Quadrimestre 39
L’italianità di Lussino
Come l’Austria fomentò gli odii nazionalistici seconda parte di Rita Cramer Giovannini
L’Austria temeva l’influenza nazionalistica che il neo costituito Regno d’Italia aveva nei confronti dei territori austriaci di lingua italiana e, a causa di questo timore, si adoperava in maniera più o meno esplicita e diretta per spegnere sul nascere qualsiasi focolaio di irredentismo. È interessante osservare inoltre che le repressioni austriache avevano luogo sempre dopo qualche avvenimento che aveva rischiato di destabilizzare l’equilibrio dell’impero. Ad esempio, già quando ancora il Regno d’Italia non era stato formato, ma rimaneva vivo nelle popolazioni istriana e dalmata il buon ricordo della Repubblica di Venezia, della sua lingua e della sua cultura, sedati i moti rivoluzionari del 1848 a Venezia, il governo austriaco era timoroso che la scintilla, appena spenta nella città lagunare, si potesse riaccendere nei paesi che erano stati sotto il dominio veneto. Si affrettò pertanto a prendere misure significative per indebolire il più possibile ogni pretesa nazionalista. Accadde così che la base della Marina Militare fu spostata a Pola; la Marina, denominata fino ad allora Austroveneta, venne ribattezzata Marina Austriaca; il tedesco soppiantò il veneto come lingua ufficiale, anche se a bordo delle navi battenti bandiera austriaca la lingua comunemente parlata continuò per diversi anni ad essere il veneto. Abbiamo avuto modo di vedere come, dopo i moti del 1848, anche a Lussino l’Austria diede dei “giri di vite” per tenere sotto controllo eventuali nostalgici della Serenissima, approfittando di malumori e diatribe tra i due partiti: “Beduini” progressisti e liberali, e “Grizzini” conservatori e filo-croati, appoggiando in ogni modo questi ultimi. I timori di ventate di nazionalismo italiano sul litorale adriatico orientale si fecero ancora più consistenti all’indomani dell’Armistizio di Villafranca, nel 1859, quando, in seguito a quella che per l’Italia è la seconda guerra di indipendenza, l’Austria era stata lì lì per perdere Venezia, salvata in extremis proprio grazie all’armistizio. Per quanto riguarda Lussino, in quell’occasione, c’era stato il brivido di una fugace, quanto preoccupante, occupazione da parte della flotta franco-sarda. Dal punto di vista tattico, quest’episodio insegnò agli Austriaci una maggior prudenza nella difesa di un porto strategico come la Valle d’Augusto, che era stato lasciato totalmente sguarnito e indifeso. Infatti, lo stesso Francesco Giu-
seppe recitò un mea culpa per il grossolano errore commesso. Forse per reazione a quanto successo, l’anno successivo, nel 1860, gli Austriaci costruirono il forte su Monte Asino, proprio di fronte a Bocca Vera, a guardia e difesa dell’entrata nella Valle d’Augusto. Reazioni allo scampato pericolo si ebbero a Lussino anche a livello politico-amministrativo: tutta la giunta municipale “beduina” in carica al momento dell’occupazione (il podestà Vincenzo Premuda e i consiglieri Giovanni Martino Nicolich, e Giovanni Scopinich “Setteculi”) fu sostituita con amministratori “grisini” (Antonio Agostino Cosulich, quale Podestà, e Antonio Smajevich e Antonio Santo Cattarinich, consiglieri). Pochi anni più tardi, nel 1866, un altro “scampato pericolo” riempì di timore il sistema politico austriaco. In realtà, proprio di “scampato pericolo” non si trattava. Infatti, come conseguenza di quella che era stata la terza guerra di indipendenza italiana, Vienna dovette infine rinunciare al tanto ambito Veneto e Venezia. Tuttavia, in una guerra che non aveva visto brillare né Italia, né Austria, quest’ultima il suo momento di “gloria” l’aveva vissuto nella battaglia navale di Lissa. Lo scontro navale tra flotta italiana e flotta austriaca avvenne il 20 luglio 1866 nel mare di Lissa. Fu la prima battaglia che vide impiegate navi a vapore corazzate, e l’ultima in cui furono eseguite manovre deliberate di speronamento. Bisogna ricordare che quella fu l’ultima volta che il grido “Viva San Marco!”
Lissa: panorama di Porto San Giorgio. Sul promontorio al centro c’è il cimitero dove riposano i caduti della battaglia del 1866