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Gli Uscocchi di Sergio degli Ivanissevich, da un articolo di Fulvio Babudieri

Conquistata nel 1453 Costantinopoli, il sultano Mohammed II detto il Grande estese il suo dominio a buona parte della penisola balcanica, fino a raggiungere dopo il 1470 la Croazia, la Stiria, la Carniola e la Carin­ zia. In questo torno di tempo, ottomila turchi si spinsero fino nei pressi di Trieste, devastando al loro passaggio gli abitati di Basovizza, Prosecco, Duino, Monfalcone, pas­ sando poi nel Friuli donde fecero ritorno in Bosnia. La potenza ottomana sotto Suleiman II (1520-1566) do­ minò il Mediterraneo orientale, soggiogò Belgrado, con­ quistò l’Ungheria. I Turchi compivano le loro scorrerie seminando morte e distruzione, non solo per il gusto di razziare, fare bottino e prigionieri, ma soprattutto per danneggiare e distruggere l’economia e le risorse di uo­ mini e mezzi nemici, in prima linea il Sacro Romano Im­ pero e la Repubblica di San Marco, cui seguiva il Regno d’Ungheria. I loro obiettivi erano soprattutto quei centri abitati e quelle rocche che si trovavano impreparati alla difesa. Per questo motivo non espugnarono mai città come Trieste, Fiume, Gorizia, Villaco, Klagenfurt, Lu­ biana. Gli Uscoc­ chi, questi com­ battenti che nel Cinquecento fe­ cero tanto parlare di sé, furono de­ scritti con i peg­ giori aggettivi: arroganti, super­ bi, ingordi, rapa­ ci. Ma tutto quel­ lo che essi vole­ vano era difende­ re le loro terre, le loro case, le loro donne, la loro re­ ligione dagli otto­ mani. Non erano nemici implacabili della società, ma vittime della crudel­ tà e prepotenza degli osmani invasori. Tutte le fonti sono però concordi nel considerare gli Uscocchi degli ottimi soldati, sebbene selvaggi e cru­ deli. “I migliori uomini del mondo in tempo di guerra”, li definì Carlo V che ritenne opportuno assoldarli per servirsene nella guerriglia contro i Turchi. D’altro canto non erano individui di troppi scrupoli. Per giustificare

con motivi religiosi gli atti corsari da loro compiuti, de­ nunciavano i Veneziani come doppiamente infami, per­ ché non solo le loro navi trasportavano mercanzie mu­ sulmane, ma addirittura noleggiavano navi alla Mezza­ luna. Questi fuoriusciti, che cercavano scampo in qual­ che centro fortificato cristiano, avevano una grande di­ versità di origini e la mescolanza di riti, lingue, costumi erano la loro caratteristica peculiare. Non si può quindi parlare di una “nazionalità” uscocca. Va chiarito che non si trattava di pirati, ma di corsa­ ri, cioè di uomini che non assalivano e depredavano navi a loro esclusivo profitto, ma con l’autorizzazione e per conto del proprio sovrano. Presumibilmente i numero di uomini atti alle armi, tra gli indigeni o casalini di Segna e quelli dei forti vicini, poteva arrivare a 2.000 unità. Alla guarnigione salariata di Segna vennero ad aggiungersi parecchi dalmati estromes­ si dalla Repubblica di Venezia, evasi dalle galere, briganti della Romagna o del Lazio e altri malfattori di questa ri­ sma, denominati venturini, che li spinsero alla pira­ teria, in aperto contrasto con la guerra da corsa praticata dai veri Uscocchi. La prima e più importante località che gli Uscocchi scelse­ ro quale rifugio fu la fortezza di Clissa sopra Spa­ lato, la cui difesa era favorita dalla Il Castello di Segna presenza di un solo sentiero di accesso molto disagevole e difficilmente percorribile. Gli Uscocchi avevano introdotto l’impiego di imbarca­ zioni molto leggere con le quali assalivano di notte le navi in transito, talvolta penetrando audacemente fino dentro ai posti fortificati dove, spesso, facevano prigio­ nieri non solo Ebrei e Turchi, ma anche Cristiani. Nel 1537 i Turchi, esasperati dalle continue perdite subite, decisero di attaccare Clissa, che capitolò solo