Quadrimestre 38 - pagina 29
Gli Uscocchi di Sergio degli Ivanissevich, da un articolo di Fulvio Babudieri
Conquistata nel 1453 Costantinopoli, il sultano Mohammed II detto il Grande estese il suo dominio a buona parte della penisola balcanica, fino a raggiungere dopo il 1470 la Croazia, la Stiria, la Carniola e la Carin zia. In questo torno di tempo, ottomila turchi si spinsero fino nei pressi di Trieste, devastando al loro passaggio gli abitati di Basovizza, Prosecco, Duino, Monfalcone, pas sando poi nel Friuli donde fecero ritorno in Bosnia. La potenza ottomana sotto Suleiman II (1520-1566) do minò il Mediterraneo orientale, soggiogò Belgrado, con quistò l’Ungheria. I Turchi compivano le loro scorrerie seminando morte e distruzione, non solo per il gusto di razziare, fare bottino e prigionieri, ma soprattutto per danneggiare e distruggere l’economia e le risorse di uo mini e mezzi nemici, in prima linea il Sacro Romano Im pero e la Repubblica di San Marco, cui seguiva il Regno d’Ungheria. I loro obiettivi erano soprattutto quei centri abitati e quelle rocche che si trovavano impreparati alla difesa. Per questo motivo non espugnarono mai città come Trieste, Fiume, Gorizia, Villaco, Klagenfurt, Lu biana. Gli Uscoc chi, questi com battenti che nel Cinquecento fe cero tanto parlare di sé, furono de scritti con i peg giori aggettivi: arroganti, super bi, ingordi, rapa ci. Ma tutto quel lo che essi vole vano era difende re le loro terre, le loro case, le loro donne, la loro re ligione dagli otto mani. Non erano nemici implacabili della società, ma vittime della crudel tà e prepotenza degli osmani invasori. Tutte le fonti sono però concordi nel considerare gli Uscocchi degli ottimi soldati, sebbene selvaggi e cru deli. “I migliori uomini del mondo in tempo di guerra”, li definì Carlo V che ritenne opportuno assoldarli per servirsene nella guerriglia contro i Turchi. D’altro canto non erano individui di troppi scrupoli. Per giustificare
con motivi religiosi gli atti corsari da loro compiuti, de nunciavano i Veneziani come doppiamente infami, per ché non solo le loro navi trasportavano mercanzie mu sulmane, ma addirittura noleggiavano navi alla Mezza luna. Questi fuoriusciti, che cercavano scampo in qual che centro fortificato cristiano, avevano una grande di versità di origini e la mescolanza di riti, lingue, costumi erano la loro caratteristica peculiare. Non si può quindi parlare di una “nazionalità” uscocca. Va chiarito che non si trattava di pirati, ma di corsa ri, cioè di uomini che non assalivano e depredavano navi a loro esclusivo profitto, ma con l’autorizzazione e per conto del proprio sovrano. Presumibilmente i numero di uomini atti alle armi, tra gli indigeni o casalini di Segna e quelli dei forti vicini, poteva arrivare a 2.000 unità. Alla guarnigione salariata di Segna vennero ad aggiungersi parecchi dalmati estromes si dalla Repubblica di Venezia, evasi dalle galere, briganti della Romagna o del Lazio e altri malfattori di questa ri sma, denominati venturini, che li spinsero alla pira teria, in aperto contrasto con la guerra da corsa praticata dai veri Uscocchi. La prima e più importante località che gli Uscocchi scelse ro quale rifugio fu la fortezza di Clissa sopra Spa lato, la cui difesa era favorita dalla Il Castello di Segna presenza di un solo sentiero di accesso molto disagevole e difficilmente percorribile. Gli Uscocchi avevano introdotto l’impiego di imbarca zioni molto leggere con le quali assalivano di notte le navi in transito, talvolta penetrando audacemente fino dentro ai posti fortificati dove, spesso, facevano prigio nieri non solo Ebrei e Turchi, ma anche Cristiani. Nel 1537 i Turchi, esasperati dalle continue perdite subite, decisero di attaccare Clissa, che capitolò solo