10 anni Anno 11 Numero 4
I.T.C. LUNARDI - BS
Gennaio 2003
voi che almeno quello abbia smaltito i suoi effetti!). Parlo di un’ubriacatura ben diversa, quella che ci riempie il cervello di troppi pensieri superflui, di troppi “voglio”, di materia vuota che ci opprime perché manca materialmente o perché si rivela inconsistente. In mezzo al trambusto disimpariamo le cose più facili. Ciò di cui dobbiamo preoccuparci quest’anno è di riprendere le redini della nostra esperienza personale, gestirla e guidarla consapevolmente dall’interno. Auguri a tutti. Anno nuovo, vita nuova. Come vuole il detto, dopo il 31 qualcosa deve cambiare, si fa un inventario del passato anno per poi stilare una lista di intenti ed obbiettivi rivolti a quello ormai incombente. Si fissa ad occhi aperti la parete, bianca e muta, e vi si proiettano meraviglie di un futuro prossimo, desideri personalissimi compresi di auto lucide, abiti serici, e una lunga serie di oggetti che parlano in nostra vece. Siamo poi richiamati all’ordine dal moralista di turno, che ci ricorda quali siano i veri valori: tra i bagordi dei festeggiamenti non va di-
menticata la lotta per la pace. E così sentenziando, a proposito di solidarietà e di amore, mettiamo a nanna anche quel pizzico di vergogna che insidia la coscienza. Più le bottiglie tendono a vuotarsi e più noi fantastichiamo, con incoerenza, delle sorti di mille faccende diverse. L’unica via possibile per avere davvero un anno diverso, possibilmente migliore e importante, è combattere l’ubriacatura. Naturalmente non mi riferisco allo champagne di mezzanotte (beh, spero per
La Redazione
IN QUESTO NUMERO: Aspettando la guerra pag. 2 Ciao Gignor G. pag. 3 Occupaz.-Regressione pag. 4 Mio padre alla FIAT pag. 6 Cenerentola e … pag. 8 Barzellette pag. 8 Per una cultura di pace pag. 9 Diverso ma normale pag.13 Messaggi pag.14 Racconto del mese III pag.17 Lo sponsor a scuola pag.18 Amico libro pag.19 Mostra Biblioteca pag.20
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REDAZIONE ATTOLINI BARBARA BELLI MONICA BERLASSINI BARBARA BEZZI NOEMI CASTILLO KAREN CIOFFI ANGELO FRANZONI FABIO GABUSI FRANCESCA GRECO RAMONA GUERRESCHI SARA MACCARINELLI M. MALONNI MARIANNA MARTINAZZOLI LINO MARTINELLI MARIA MATTEI GIUSEPPE MODONESI SARA MORONI GIANCARLO ORLINI LAURA PASINETTI ELENA PEZZALI GIULIA PRODAN SEENA RAVANI MARITA ROMANI ANNA RONCHI DANIELA SANDRINI MARIKA SAVIOLI DENISE SERRAMONDI LAURA STROFALDI ROBERTA TARANTINO LUCA TESTA ALESSANDRA TONNI STEFANO TRICOMI VALENTINA VALZELLI STEFANIA VANTADORI VALE. VOLTOLINI GIADA ZEGGAI MIRIAM
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Lunarfollie viene pensato, prodotto, stampato e distribuito presso il CIC dell’ ITC LUNARDI, via Riccobelli 47 25125 Brescia, Italia. Tel. 030/2009508/9/0 Fax 030/390996 E-MAIL ciclun@master.cci.unibs.it
Il 2003 resta per me un anno “illeggibile”. Impenetrabile. Lo sguardo non riesce ad attraversarlo, s'arresta all'inizio, come bloccato da un muro alle prime date, a quel 27, o forse 31 gennaio, o forse 14 febbraio che militari e giornalisti, guardando la luna come i contadini di un tempo per la semina o le potature, pronosticano per l'inizio della guerra. È quell'evento, terribile eppure già diventato consueto, che blocca sul nascere l'anno che viene, e lo rende oscuro. È la guerra che ritorna, questa volta più folle che mai, più ingiustificata che mai, eppure diventata, come dire?, consueta. “Addomesticata” da un sistema dei media che l'hanno anticipata infinite volte, tra un servizio sui regali natalizi e la pubblicità di un panettone, portandocela in casa ogni giorno fino a farci convivere con l'idea di essa come di un fatto ineluttabile. Un orrore appunto “domestico”, in fondo già metabolizzato emotivamente, con lo spettacolo feroce del gatto americano che gioca col topo iracheno, e lo
stillicidio di dichiarazioni della Casa Bianca che «non basta mai», che tanto «non gli crediamo», che tanto «noi già sappiamo» quello che gli ispettori sudano per cercare e finora non hanno trovato. Mi chiedo, con senso di colpa e frustrazione: abbiamo fatto abbastanza, stiamo facendo abbastanza, per fermarla? Tra la gravità dell'evento che si prepara (con la stessa forza ineluttabile di ciò che è già accaduto) e i nostri comportamenti, la nostra capacità di reazione, non c'è una sproporzione disperante? Lo so, sono tanti gli studenti contrari a questa guerra, non c'è bisogno dei sondaggi per capirlo, basta avere le orecchie e la voglia di parlare e di ascoltare. E così è nel resto d'Europa (anche se molto meno in America). Ma le voci che si levano chiare, inequivocabili, sono ancora poche. Troppo poche. Ha parlato chiaro il Papa (col riferimento a quel «silenzio di Dio» che pesa come un macigno); e l'arcivescovo di Canterbury. Dei credenti, significativamente. E un laico come Gino Strada (diventato, per un bizzarro gioco della dialettica negativa, il bersaglio degli strali di
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tutti i convertiti alla realpolitik). Se n'è parlato la notte di Natale in tutte le chiese, se ne discute in molti centri sociali, nei social forum, nelle associazioni, in un buon numero di famiglie. Anche in molte scuole il tema della pace è stato al centro di autogestioni e delle piccole feste prenatalizie. La politica però continua a balbettare, sensibile solo ai rapporti di forza, avara di valori. Nelle cancellerie si calcola, e si gioca a rimpiattino con le risoluzioni dell'Onu. Nei partiti si pensa ad altro. E lo spazio pubblico (quello fisico come quello comunicativo, la piazza e il video) resta avaro di voci civili. Povero di iniziativa. Che faremo tra un mese, o poco più, quando i primi Cruise incominceranno a cadere su Bagdad? Ci verseremo un'altra Coca Cola e torneremo a guardare lo spettacolo sul video? O, bene che vada, faremo la solita veglia, inevitabilmente “postuma”? Pensiamoci fin da ora. Da quello che riusciremo a “inventarci” in questo primo mese del 2003, per fare intendere inequivocabilmente il nostro no alla guerra, dipenderà il modo con cui potremo vivere (in pace con noi stessi oppure no) il resto di quest'anno. Marco Revelli
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Giorgio Gaber, vero nome Giorgio Gaberscik, nasce a Milano il 25 gennaio 1939 A quindici anni inizia ad esercitarsi con la chitarra per curare il braccio sinistro colpito da paralisi. Dopo essersi diplomato in ragioneria si iscrive alla facoltà di Economia e Commercio alla Bocconi, pagandosi gli studi con i soldi guadagnati suonando (e cantando) al Santa Tecla, un locale di Milano frequentato tra gli altri da Celentano. Proprio in questo locale viene contattato da Mogol che lo invita alla Ricordi per un’audizione: il provino va bene e lo stesso Ricordi gli propone di incidere un disco. Il disco contiene quattro canzoni, la principale è "Ciao ti dirò". Gli anni ’60 vedono crescere continuamente la sua popolarita`: partecipa ad alcuni Festival di Sanremo, gira caroselli e presenta qualche trasmissione televisiva.Nel 1965 si sposa con Ombretta Colli. A "Canzonissima ‘69 presenta "Com'e` bella la citta`", una tra le prime canzoni in cui traspare la sua sensibilita` sociale.Nel 1970 il Piccolo Teatro di Milano gli offre la possibilita`di allestire un recital, nasce` "Il Signor G": il primo di una lunga serie di spettacoli musicali portati in teatro che alternando canzoni a monologhi trasportano lo spettatore in una atmosfera che sa di sociale, politica, amore, sofferenza e speranza, in una parola di vita, il tutto condito con una ironia tutta particolare, che smuove risate e coscienze.
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Pubblichiamo il testo della canzone inedita diffuso durante il funerale Non insegnate ai bambini Non insegnate ai bambini non insegnate la vostra morale è così stanca e malata potrebbe far male forse una grave imprudenza è lasciarli in balia di una falsa coscienza. Non elogiate il pensiero che è sempre più raro non indicate per loro una via conosciuta ma se proprio volete insegnate soltanto la magia della vita. Giro giro tondo cambia il mondo. Non insegnate ai bambini non divulgate illusioni sociali non gli riempite il futuro di vecchi ideali l'unica cosa sicura è tenerli lontano dalla nostra cultura. Non esaltate il talento che è sempre più spento non li avviate al bel canto, al teatro, alla danza ma se proprio volete raccontategli il sogno di un'antica speranza. Non insegnate ai bambini ma coltivate voi stessi il cuore e la mente stategli sempre vicini date fiducia all'amore il resto è niente. Giro giro tondo cambia il mondo. Giro giro tondo cambia il mondo.
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Considerazioni inattuali postoccupazione, valide per ogni occasione. Sciopero. Manifestazione. Occupazione. Girotondo. Queste alcune delle parole d’ordine dei moderni “comunisti”, coloro che amano definirsi tali per aver scelto, dicono, di votare a sinistra e di vivere “alternativo”. Bando alle etichette: è lontano il tempo in cui l’appellativo “comunista” assumeva tinte provocatorie, una connotazione spregiativa. Oggi il termine somiglia ben più ad una moda, un modo di atteggiarsi e di definirsi scelto dai diretti interessati, piuttosto che ad uno schieramento politico. Tale schieramento è infatti ormai defunto, in quanto l’Europa si è lasciata alle spalle, sembra, l’epoca degli estremismi, e i politici seri lo sanno bene. Comodo protestare per le strade a pugno alzato, come ai tempi di chi aveva la forza di alzare quel pugno in fronte ai padroni, sì… ma dopo aver sopportato settimane di lavoro che spezzano la schiena! Consapevoli del proprio peso all’interno della fabbrica, e dell’efficacia che le loro proteste potevano avere, gli operai vissuti negli anni del boom economico sfruttarono lo sciopero e l’occupazione massicciamente. Va sottolineato il particolare carattere di quegli
scioperi: si trattava di una misura del tutto nuova, alimentata dalla forza di una classe sociale in ascesa, su cui faceva perno tutto il sistema industriale. Occupando, il rischio maggiore era il mancato ottenimento dei benefici lavorativi richiesti. Ora non più: bloccare l’attività di un’azienda, o di una scuola, significa rimetterci in prima persona. Contrariamente ad allora, un datore di lavoro la cui attività non funzioni a dovere ha diverse possibilità di reinserirsi, mentre un comune lavoratore, non avrà vita facile, specialmente a seguito della forte minimizzazione del settore secondario. E questa differenza persiste nonostante i rischi della liberalizzazione del lavoro investano entrambi i soggetti. Se davvero è venuta l’era della meritocrazia, allora guada-
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gnarsi la stabilità, non solo economica, vuol dire: abbassare i pugni e aprire le mani per costruire, non perdere tempo vagheggiando di glorie passate ma applicare l’ideologia, riveduta e corretta, al futuro, e infine, “andando per via”, non fermare il mondo per una giornata ma invece essere parte attiva del mondo tutti i giorni. A chi si preoccupa dei raccomandati, vorrei ricordare che molti di loro non lo sarebbero, se qualcuno che li ha preceduti non si fosse dato da fare. Denise 5° D
IN RISPOSTA A “LUNARDI PREOKKUPATO” Mi sembra doveroso rispondere e quindi, al tempo stesso, “smontare” (se mi è concesso il termine) le argomentazioni sostenute da alcune ragazze di 4^F nel suddetto articolo il cui titolo è sopraccitato ed il cui contenuto primeggia tanto per infamia quanto per falsità. Inizio subito col dire che la pessima autogestione di questo istituto non è un singolo evento, bensì la conseguenza generalizzata (non solo a Brescia ma in tutta Italia) di una sorprendente e quanto mai improvvisa crisi del movimento studentesco. Se ricordate, infatti, l’anno scor-
LUNARFOLLIE so, sempre nello stesso periodo di dicembre, televisioni, radio e giornali davano un’addirittura insperato spazio alla grande protesta organizzata della nostra “categoria” (due esempi fra tutti, lo sciopero della fame messo in atto dagli studenti del liceo Tasso di Roma che vennero successivamente ricevuti dal ministro stesso e i centomila assedianti agli schifosi e quanto mai fasulli Stati Generali dell’istruzione). Quest’anno, invece, le stesse forme di lotta adottate 12 mesi fa (e non solo…) sono state caratterizzate da generalizzati problemi, primo fra tutti quello organizzativo. Da noi i corsi erano stati pianificati precedentemente e il materiale occorrente per la loro realizzazione è stato acquistato in data martedì 3 dicembre grazie a due collette studentesche (che hanno “totalizzato” ben 140 insperati euro, cosa mai accaduta prima); il punto è che, come nei licei Calini e Arnaldo, gli stessi hanno stentato a “decollare” e badate bene, carissime, che oltre ai corsi da voi menzionati, ovvero quelli secondari (Body painting…), erano stati organizzati “forum” di discussione, dibattito e relazione sia sulla Riforma Moratti che su altri basilari temi, dall’oramai certa guerra in Iraq alle droghe leggere e non passando per musica, arte e poesia che, seppur non inerenti ai temi
www.lunardi.bs.it/giornalino dell’autogestione sono a tutti gli effetti esperienze sicuramente positive e propositive. Purtroppo il tutto è stato impraticabile, ma le ragioni di questo sono in parte ancora oscure…
Un altro punto su cui tenevo a farvi riflettere e su cui voi avete una strana concezione è quello della democrazia. Inizio ponendovi due quesiti: secondo voi l’occupazione può definirsi un atto democratico? Ho mai fatto questa affermazione? Alla prima domanda è facile rispondere in quanto è chiaro che l’occupazione, prevedendo reati quali l’occupazione di suolo pubblico e l’interruzione di pubblico servizio, non è certamente, e nessuno lo ha mai fatto passare per un atto democratico. Eppoi, è certamente vero che io parlo spesso di democrazia e la nomino fino allo spasimo, ma è altresì vero che la stessa non si può sempre ottenere con metodi moderati, ri-ragionati o privi di una spinta ribelle, in quanto questo ragionamento è, e sempre sarà, perdente. (un esempio molto chiaro e lampante è il semplice fatto che la
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componente maggioritaria della scuola, ovvero noi studenti, abbiamo sempre la voce più miserevole in capitolo. Questa non è democrazia e mai niente si cambierà senza una forte presa di coscienza e una decisa quanto dura lotta contro tutte queste ipocrisie. Personalmente, tornando al discorso originario, resto comunque dell’idea che l’errore fondamentale della nostra mobilitazione sia stata proprio l’autogestione in se e per se (che ritengo il modo più squallido e controproducente, come si è poi rivelato, per perdere ore di lezione); se già da martedì 3/12 avessimo chiuso i cancelli ed occupato effettivamente la scuola, sicuramente l’adesione sarebbe stata molto più alta e sicuramente si sarebbe potuto provvedere ad una maggiore organizzazione. Non dimentichiamo inoltre che l’occupazione è una forma di lotta fondamentale in quanto è una vera e propria ipotesi di gestione della scuola che gli studenti creano o tentano di creare, e che ha quindi un valore intrinseco sicuramente positivo. Tralasciando poi lo squallido e infimo riferimento a profumi giamaicani ma non certo tropicali (non so a voi, ma almeno a me le voci di fumatori di ananas, mango e papaia non sono arrivate…) vorrei semplicemente puntualizzare che le vostre aule adibite a suite d’albergo, primo duran-
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te l’autogestione non erano vostre, bensì degli studenti occupanti (come tra l’altro pattuito con la vice-presidenza) e secondo sono state tutte meticolosamente pulite (così come il teatro…) dagli studenti stessi alla fine della mobilitazione, ovvero quando ritornavano di diritto di “vostra” proprietà. (stesso discorso per la 3^F) Concludo solo analizzando la vostra affermazione più squallida, falsa e che, sinceramente, potevate davvero per la vostra stessa immagine risparmiarvi: “…siamo disposte a collaborare per un Lunardi migliore.” 1) Siete mai venute al collettivo (nonostante i ripetuti avvisi via interfono)? NEANCHE UNA VOLTA, e nemmeno nell’assemblea successiva all’autogestione. 2) Avete mai proposto ai vostri rappresentanti qualcosa che secondo voi era più giusto o alternativo da fare per un “Lunardi migliore”? Rispondo anche qui io per voi: NEANCHE UNA VOLTA. Consiglio:invece di criticare chi può aver sbagliato ma si è preso tutte le responsabilità del caso, ragionate su voi stesse che un po’ di auto-critica non fa mai male. Gianluca Staffoni (l’occupante)
Questa è la storia di una famiglia. Una delle tante in Italia, una delle migliaia che si apprestano a passare il Natale e ad aspettare il capodanno. Ma quest’anno, per la famiglia di Luca, uno dei tanti bambini italiani, le cose sono andate in maniera diversa dal solito. Più tensione in casa, più discussioni. Papà rientrava più tardi la sera, la mamma nascondeva a fatica le lacrime. E Luca guardava la televisione senza che nessuno gli dicesse cosa stava succedendo. Una sola cosa era interdetta in casa, chiedere del lavoro di papà. Ancora si ricordava della sera di quel freddo lunedì, quando gli era corso incontro e con un sorriso gli aveva detto “com’è andata oggi?” Ma lo sguardo del papà era freddo e vuoto, quell’immagine che un bambino non dovrebbe mai vedere, perché i papà non hanno mai problemi, devono essere sempre presenti per risolvere i nostri, loro non sono colpiti dal male della vita, loro ci insegnano ad essere immuni. Eppure lo sguardo turbato e perso, la bocca stretta che a fatica pronunciava “bene”. Poi un giorno tutto fu chiaro. Luca, troppo sveglio per i suoi dieci anni, sentito che un problema c’era, ascoltò sforzandosi di capire, gli strani discor-
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si dei TG che parlavano di dati economici e di termini che non aveva mai sentito. La Fiat era in cattive acque. Tutto quello che Luca sapeva lo aveva letto in un opuscolo del sindacato senza capire cosa realmente fosse. Aveva però compreso che il papà rischiava di perdere il lavoro. Si parlava anche di indotto, di crisi del mercato, di recessione, di braccio di ferro tra i sindacati e l’Impresa: lui pensa e materializza questo insieme di problemi con l’immagine di sconforto del padre e la paura di non trovare i regali sotto l’albero di Natale. Come biasimare il nostro Luca. Noi tutti sappiamo che la Fiat è in crisi, eppure come Luca non ne capiamo i motivi. Una cosa certa è che ovunque cerchiate informazioni su questa situazione avrete interpretazioni diverse, dati di mercato, opinioni. Perché nel nostro mondo, il mondo dei compromessi politici, tutto, anche la verità è sottoposta ad un duro gioco di interpretazione e opportunismo. Ho cercato, per capire, sul sito internet di varie testate giornalistiche e ciononostante non sono riuscito a chiarire dentro di me la vera situazione. Ed allora ho pen-
LUNARFOLLIE sato al lato umano. I fatti sono che la Fiat è in crisi, che intanto si manifesta con il preannuncio de “la cassa integrazione di 12.000 lavoratori, tra dipendenti diretti della Fiat” come cita Repubblica. Come tutti sappiamo il gruppo Fiat è costituito da una serie di aziende satellite che contribuiscono, per semplificare il discorso, a diverse fasi della produzione. Quindi una crisi delle vendite, un calo del giro d’affari e lo spettro di una cessione alla General Motors, azienda americana che controlla il 20% dell’impresa torinese, non riduce la paura nei dipendenti. In più la Fiat avrebbe pesanti debiti con grandi gruppi bancari il chè certo non rassicura nessuno. “Stato di crisi” ecco il problema.. La cosa più interessante da me trovata, durante il tentativo di chiarirmi le idee sul caso, è rappresentata da un’intervista ad Agnelli. Lui parla di “colpo al cuore inevitabile”. Questo colpo è rappresentato dalla necessaria richiesta al Governo di attuare i cosiddetti “ammortizzatori sociali” che dovrebbero assi-
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curare al gruppo Torinese una nuova possibilità di sviluppo. E poi si parla insistentemente di cassa integrazione. L’enciclopedia Generale De Agostini la definisce così: “fondo gestito dal MPS al fine di integrare le retribuzioni dei lavoratori, che per cause non loro imputabili, effettuano un orario settimanale ridotto, o che siano stati temporaneamente sospesi dal lavoro. La cassa speciale… indennizza i lavoratori coinvolti in ristrutturazioni aziendali e costretti a fermate che possono durare mesi o anni”. Non mi avventurerò in un commento. Certo si potrebbe dire che è colpa dell’ 11 settembre, di un mercato folle, della concorrenza asiatica, della recessione, del calo di innovazione, ma non si farebbe al-
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tro che giocare a scarica barile senza trovare una soluzione. Io vi ho proposto i fatti secondo lo schema Crisi del mercato – Cassa interazione Richiesta Aiuto al Governo Ammortizzatori sociali- Proteste dei lavoratori e scioperi. La verità però è che ognuno di noi conosce ciò che la Fiat rappresenta ed ha rappresentato del passato per nostro paese, e credo che sarebbe il caso di pensare per un istante alla famiglia di Luca e augurare, magari pregare perché sotto l’albero trovi ciò che vorrebbe di più. No, non si tratta della playstation due o di qualsiasi altro giocattolo o videogioco, Luca vorrebbe trovare una soluzione ai problemi di suo padre e regalargli un sorriso. Dimentichiamo per un attimo il fattore economico, la polemica, le leggi del mercato e dell’utile, e pensiamo come esseri umani che sono in grado di provare sentimenti, proviamone per queste famiglie, e tra i buoni propositi del nuovo anno chiediamo di apprezzare ciò che abbiamo e ringraziamo il cielo se non ci troviamo nelle loro condizioni. di Fabio Franzoni
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Avevo accompagnato ai servizi una mia amica, arrivate là, lei entrò in uno dei due bagni ed io rimasi fuori ad aspettarla. Devo dire che in quel momento era molto affollato, d’altronde c’era appena stato il suono della campanella. Mi distraevo vedendo la panoramica del posto in modo superficiale, quando non potei fare a meno di posare la mia attenzione sul dialogo fra una bidella ed un insegnante:” E’ tutta carta nuova, pulita, non l’ hanno nemmeno usata! L’ hanno stropicciata e buttata nel cestino!”. L’insegnante incuriosito si avvicinò alla porta dell’ antibagno, e, impressionato, vide vagamente un cestino sotto una montagna di carta, ma non disse niente. Entrò nell’ aula della classe a cui doveva impartire lezione come se niente fosse; la signora bidella si precipitò dietro lui e rivolse queste parole alla classe: “Ragazzi, avete visto come avete lasciato i servizi? Fanno schifo! Potreste almeno avere un pò di considerazione nei confronti di chi fa le pulizie, perché noi non siamo vostri servi!”. Finita la lamentela, tutti gli alunni scoppiarono a ridere, senza rendersi conto del triste sguardo che la signora rivolgeva loro, ed aggiunse: “Ragazzi, non ridete! Perché è veramente umiliante! Siete dei maleducati!”. Si girò, sbatté la porta, e mentre si allontanava si mise a piangere.
- Dottore mi ascolti, credo che mi servano un paio d'occhiali. - Lo credo anche io, questa è una salumeria!!! - La maestra dice a Pierino: <Pierino sei immaturo!> - Nell'intervallo lo si vede su un albero: <Pierino cosa fai su quell'albero?!> - <Sto maturando signora maestra!!!>
I servizi erano veramente in condizione riluttante, aveva ragione di lamentarsi, ma non era pronta a ricevere una risposta priva di consapevolezza. Dobbiamo, tutti noi, renderci conto del fatto che tutti i lavori sono decorosi, perché permettono di avere una retribuzione per sopravvivere. Vi sono lavori di retribuzione più alta, altri di un guadagno talmente basso che non si riesce a soddisfare i propri bisogni, ma sono tutti degni allo stesso modo. Ora, l’ intenzione di queste righe, è in particolare l’invito alla riflessione come persone sensibili, e poi imparare a rispettare il prossimo. Chiaretta
- Qual è il colmo per una puzzola? - Aprire una profumeria. - Qual è il colmo per un sacrestano? - Stare in campana!! - Qual è il colmo per un fanatico della pulizia? - Ordinare il latte macchiato!
- Perché il barista entra in un convento? - Perché si ritira a fare il cappuccino!! - Perché il sarto cambia mestiere? - Si è accorto di non avere la stoffa!! - Perché la balena sgrida il balenottero? - Perché continua a masticare il gommone!!!
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Lunarfollie offre questo dossier per chi vuole approfondire in modo serio il grande tema della pace. ***** Vi sono due questioni che richiedono la nostra attenzione: 1.C’è un mondo che muore, si tratta del terzo mondo, ma anche del nostro che muore di benessere; 2.La guerra è ancora diffusa, le violenze sono tante. Come fare per risolvere questi problemi? In genere l’uomo li risolve attraverso la solidarietà, ma v’è un forte bisogno di educare alla pace. La solidarietà La solidarietà è un principio, ma anche una vocazione universale che determina in pratica il dovere d’ogni uomo nei confronti dell’altro che è nel bisogno, a prescindere dai legami di sangue, dall’appartenenza ad una categoria, ad una nazione, ad una religione, all’uno o all’altro emisfero della terra. Nessuno può sfuggire al dovere della solidarietà e questo semplicemente perché chi è nel bisogno è un uomo come ognuno di noi; qualsiasi altro comportamento è inaccettabile. L’uomo trae la sua origine, il senso della sua esistenza e la stessa soddisfazione dei suoi bisogni da altri; la solidarietà è allora la prima vocazione dell’uomo nei confronti dell’altro, ed essere solidali con l’altro significa amarlo. Non stiamo certo parlando di
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sentimenti vaghi, infatti la solidarietà è azione concreta che deve tradursi in iniziative di salvezza. La solidarietà autentica tende a due scopi: difendere i diritti e costruire apparati di difesa, ma anche demolire i possibili meccanismi d’offesa. In ogni realtà umana infatti esistono diritti incompiuti e doveri inevasi. Difesa del diritto ed educazione al dovere sono allora le due facce della medaglia della solidarietà che in fondo conduce alla pace vera. Al giorno d’oggi urge un’educazione non violenta, basata su un grande progetto sostenuto da autentici valori. Infatti, per essere un uomo di pace bisogna avere determinate caratteristiche: Valori dell’uomo di pace 1.Competenza: sapere e valutare La prima necessità logica è il sapere, il conoscere, il vedere per poi valutare. La pace poggia necessariamente su acquisizioni sicure, infatti, è la verità il primo pilastro su cui poggia la non violenza. Le tappe essenziali per una buona informazione e quindi anche per una certa competenza operativa, si possono riassumere a quattro: a) conoscenza approfondita della violenza; b) interpretazione della violenza; c) assimilazione della mentalità non violenta; d) traduzione politica della
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non violenza, occorre cioè scegliere obiettivi d’azione che siano contemporaneamente chiari, precisi, limitati, possibili da realizzare in breve tempo. Se l’azione non violenta vuole tradursi concretamente, ha bisogno di una programmazione, di una strategia; diventa dunque importante educare a scegliere obiettivi politicamente costruttivi. 2.Senso della giustizia nella verità Non c’è pace senza verità, non si può stare in pace quando non si è nella verità, e oggi è in crisi soprattutto il riferimento alla verità. a) Le ingiustizie contro la pace Gli oltraggi alla giustizia sono innumerevoli ed evidenti. Tutti vediamo il dilagare di un modello di sviluppo fondato sull’avere con conseguenze disumane, non centrate sull’essere e sulla crescita integrale della persona. E quando è perduta la centralità dell’uomo dilagano le situazioni più negative: leggi inadeguate o in ogni casi inosservate, pene incerte, degrado ecologico, burocrazia inefficiente. Il dramma della mitizzazione dell’avere raggiunge il culmine dell’ingiustizia proprio di fronte ai problemi estremi e decisivi del nostro tempo. I media distolgono la nostra attenzione dai veri problemi che stanno soffocando il nostro mondo come la fame, il sottosviluppo e
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i profughi. La non violenza sostiene che “la giustizia è la virtù prima senza la quale tutte le altre perdono di valore e si trasformano in difetti; essa è l’evidenza della bontà, è la legge della vita e la ragione dell’armonia; pone e mantiene al suo posto ogni cosa, perché ogni cosa è buona a suo tempo e a suo luogo”. b) l’uomo di pace e la giustizia Qui la lezione della storia è grande e dice che, in caso di tirannia evidente, quando si attenta ai diritti fondamentali della persona e del bene comune, se la situazione non potrebbe essere risolta in modo pacifico, la comune dottrina sociale ammetterebbe come valida l’insurrezione armata e rivoluzionaria. L’azione non violenta è primariamente fondata su motivazioni etiche; non si esaurisce in un platonico atto d’amore, ma diventa un’azione di forza, anche se i metodi usati privilegiano più la costrizione morale che fisica (boicottaggio, obiezione di coscienza, obiezione fiscale…). c) giustizia reale e ideale Ancora una volta la pratica si discosta decisamente dalla teoria: alla violenza va opposta l’intuizione formativa della non violenza, che è pratica dell’amore che a sua volta si fonda sull’attaccamento alla verità. 3.Responsabilità nelle istituzioni Ieri come oggi il pericolo è il crescere della sfiducia nelle strutture sociali. Tutto è stato contestato, la famiglia, la scuola, il lavoro, l’associazionismo, il sindaco, il partito, i poteri
dello stato, le organizzazioni religiose ed ecclesiali. Questo rifiuto drastico e radicale è fondato sull’assolutizzazione dell’individualismo. L’antica tensione tra persona e istituzioni, tipico caso della più vasta conflittualità tra coscienza e legge, resta problema storico ed educativo. La soluzione è certamente quella di tenere in equilibrio i due poli: persona e istituzione. L’esempio più alto e convincente del metodo non violento per la soluzione dei conflitti dei conflitti sociali è indubbiamente la democrazia. Pace e democrazia si chiamano a vicenda. La prima, se ben concepita e vissuta, permette il con-
corso di tutti a decidere su tutto; la seconda assicura (certamente più d’altri regimi) una convivenza pacifica. Impegnarsi nelle istituzioni diventa allora un dovere, un imperativo, un compito importante, un’educazione da non dimenticare. 4.Riscoperta della libertà autentica Unitamente alla giustizia, ma spesso in conflitto con essa, la libertà costituisce un altro pilastro per la costruzione della pace. L’uomo ha sempre intuito che non può esserci autentico ordine se non esiste la libertà per motivi politici, sociali, economici o spirituali.
LUNARFOLLIE Gli ideali dell’uomo di pace 1.Rispetto della vita Il senso della giustizia, della verità e della libertà raggiunge una prima sintesi attorno al motto: “rispetto per la vita”, per tutta la vita, per ogni vita. L’ampio fronte della vita che esclude ogni violenza all’uomo sotto l’aspetto fisico, psichico e spirituale, non è mai stato difeso in modo adeguato né nel passato né oggi. Troppe volte si è cercata la pace utilizzando la guerra , la lotta, la morte. Quando, come si è fatto, si segue il motto “si vis pacem para bellum” (se vuoi la pace, prepara la guerra) la storia si riduce ad un tragico cumulo di macerie. Fin troppo serpeggia ancora nella mentalità degli uomini d’oggi una pericolosa parzialità di giudizio: vale solo la vita di coloro che appartengono allo stesso gruppo. Si giudicano i moribondi o i morti in base alle apparenze politiche di destra o di sinistra o in base alla nazionalità, si scusano o si esaltano le grandi violenze anche delle guerre attuali in relazione ai colori della propria bandiera. Così si dividono gli uomini, si perde l’autentico significato umano dei fatti e dei problemi, applicando etichette parziali. In questo modo si semina inevitabilmente violenza. 2.L’impegno nell’amore Verità, giustizia, libertà, rispetto per la vita diventano reali allorché la persona è animata dal supremo valore
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chi sbaglia. Si preferisce porre attenzione sulla mancanza, sul negativo più che sulla possibilità di redenzione. L’uomo che sbaglia si riabilita veramente se, oltre che al livello necessario della giustizia che lo chiama a scontare la pena, intravede la possibilità dell’amore e del perdono. Il male si estirpa dall’umanità non solo trovando i colpevoli e giudicandoli, ma soprattutto esprimendo solidarietà con chi sbaglia aiutandolo a risalire la cima.
dell’amore. Oggi questo valore è in grave crisi. Sembra ovunque prevalere un modello d’uomo ad una dimensione, l’uomo puntato su se stesso. La cultura contemporanea, preoccupata per il progresso, il cambiamento, l’efficienza, la rapidità, è afflitta dal sentimento persistente dell’avere che si traduce in manifestazioni problematiche: il confronto, il prestigio, l’affanno, l’acquisizione, lo sfruttamento, l’autoritarismo, la competizione. Tutti gli aspetti umani per eccellenza quali: la fede, l’amore, la sicurezza, la felicità, il peccato, la morte, il passato, il futuro, sono occultati. Lo spirito che anima la nostra società conduce alla disgregazione dell’amore nella famiglia, nell’amicizia, nella scuola, nel quartiere, nel lavoro. Ne deriva che le persone capaci d’affetti autentici sono oggi l’eccezione, non la regola, quasi un fenomeno marginale.
I filosofi della non violenza sostengono che gli autentici rapporti tra gli uomini devono assumere e privilegiare la categoria del dono. Il rovescio della pace non è la guerra, ma il dominio sistematico dell’io sul tu, dell’uomo sull’uomo, è la mancanza d’amore. 3.La forza del perdono La capacità d’amare, se pensata sino alle sue ultime conseguenze, racchiude anche la capacità del perdonare. Il perdono non si pone allora in contrasto con l’equità come a volte erroneamente si crede. Non si perdona prescindendo dalla giustizia e dall’amore, ma neppure si è giusti, nell’attuale situazione storica dell’uomo, se non si giunge anche all’amore e al perdono. La difficile unione tra questi due ideali deve essere parzialmente educata tramite la meta sublime della pedagogia del perdono. Si pensa di doversi opporre con efficacia all’ingiustizia mediante l’accusa e la vendetta, dimenticando l’amore versi
4.Decisione di soffrire La configurazione dell’uomo di pace, non è compiuta con i pur validi valori della verità, della giustizia, della libertà, dell’amore e del perdono. Si estende fino alla “decisione di soffrire”. Il discorso pedagogico sulla sofferenza è oggi sconosciuto quasi da tutti. Gli slogan sono: benessere, denaro, divertimento, disimpegno, chiusura nel privato. Si rimuovono gli ostacoli e le difficoltà; si tende a far evitare sacrifici e sforzi perdendo così decisive occasioni di crescita. È’ invece un grande compito educativo il porre in luce e il far vivere il dolore come legge della vita. Dolore, morte e felicità convivono nell’uomo di pace, in una misteriosa ma vitale mescolanza. Perché quando la sofferenza porta sulle altezze dell’amore e del perdono, rifulgono pure la pienezza e la gioia. 5.Sogno, utopia, speranza La via dell’amore e della sofferenza non è mai priva di
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una segreta speranza di trionfo che ovviamente si colloca nel futuro. Non si pretendono successi immediati, ma si sanno attendere con pazienza i tempi, sempre lenti della maturazione delle persone e della società. Assolutamente da evitare è quindi la disperazione, il pessimismo, la mancanza di speranza. L’uomo di pace pur ricco di valori resta una costruzione incompiuta come forse lo sono sempre stati i grandi capolavori. La pace è però possibile e in quanto tale è un dovere personale e un fine educativo. E’ un’autentica speranza di quelli che credono nella vittoria del bene sul male, dell’amore sull’egoismo. Il sogno della pace non è falso e ingannevole, ma solo incompiuto, non è un valore irreale, ma un valore da continuare a costruire. La pace è una reale scommessa sull’uomo, sul futuro del mondo. E’ un atto di coraggio. E’ però una scommessa ragionevole e possibile. L’utopia non si pone nella linea di un progetto illuministico o fantastico, incompatibile con le possibilità umane. E’ un luogo di possibile perfezione, è un pensiero profetico. E’ la capacità di intravedere il mondo futuro con l’intelligenza creativa superando la mera ripetitività del passato. a cura di Maria M. 5 L
Mi hanno insegnato a sognare… a me non piace, non mi è mai piaciuto, ci si illude. Eppure mi hanno insegnato che a volte sognare fa bene, fa bene illudersi; illudersi che le cose vadano meglio e che il mondo sia migliore. E’ di questo che ho deciso di parlare, HO DECISO DI CAMBIARE DISCORSO!!! Mi sono proposta di scrivere di un mondo migliore, di pace, in un momento in cui non si parla altro che di guerra e in cui il mondo è il peggiore possibile. Forse… Forse se imparassimo a parlare con lo sguardo, non ci sarebbero i malintesi delle parole. Forse se imparassimo a credere tutti in un unico Dio, a prescindere dalle razze e dalle religioni, in un Dio che dif-
LUNARFOLLIE fonde la pace, profeta di pace, che da noi vuole solo PACE! Forse se guardassimo il Sole e ci rendessimo conto che il mondo è talmente bello… Forse, se fossimo diversi, ma non lo siamo!!! E la pace dobbiamo inventarla se non la sappiamo fare!!! Dobbiamo inventare la Pace (e sperare nella pace, sempre e comunque), per tutte quelle persone che la guerra l’hanno vissuta, per tutti coloro che la guerra la vivono tutti i giorni, per quei bambini che cercano la parola Pace nei vocabolari della loro vita e non la trovano; dobbiamo inventare la pace (e crederci!!!) per le donne che in queste stupide guerre hanno perso i loro uomini, e i bambini i loro padri, per coloro che dovranno nascere e se nasceranno in un mondo che non farà schifo magari è anche meglio!!! Dobbiamo inventare la Pace per noi, che forse, siamo quelli che ne hanno più bisogno di tutti. Abbiamo bisogno di tregua, di andare a dormire sapendo che tutti potranno farlo come noi, e che soprattutto il giorno dopo si risveglieranno come noi. Basta poco: io chiudo gli occhi, tutto si spegne: le luci, i fuochi, le guerre… e si accende la pace! La pace interiore: quella più vicina e vera da trovare. E immagino un mondo dove tutti parliamo la stessa lingua, dove i debiti non esistono, dove posso gridare, ma gridare in silenzio, perché dei “nuovi” uomini dai cuori e dalle menti aperte mi sentirebbero ugualmente; Un mondo NUOVO: di PACE!!!!!… Ma per ora non c’è… così mi siedo in silenzio e lo immagino…e il sogno realtà diverrà… speriamo!!!
Laura 4B
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Sono tanti i motivi di disagio. La “diversità” che segna profondamente lo è in modo particolare. Questa lettera che ci è pervenuta sia stimolo alla riflessione. Se poi qualcuno vuole offrire un suo contributo, sarà volentieri ospitato da Lunarfollie. Sono qui, anche questo mese ho gustato il piacevole Lunarfollie del mese di dicembre, che ancora una volta contiene articoli, testimonianze e racconti interessanti, che mi portano sempre ad ammirare quei ragazzi che si impegnano ad elaborare scritti che evidentemente derivano dalla voglia di farsi sentire, di dire chi sono, di estrarne la loro complessa personalità contrastante (mi piacerebbe far parte di quello staff). Questa volta anche io vorrei, senza incorrere nella squallida trasgressione, apportare una testimonianza che spero chiarirà qualche idea alle ragazze e ai ragazzi della mia età. Mentre scrivo trovo un tormentante disagio e una forte ansia, che sono le stesse sensazioni che purtroppo devo subire quando, a causa della mia identità, devo fingere davanti a tutti, devo raccontare bugie ai miei genitori, devo abbassarmi ad essere qualcun altro, devo nascondermi die-
tro il modello di chi è ritenuto normale. Ok. Sono un ragazzo diverso e con questi miei pensieri vorrei comunicare (anche se purtroppo indirettamente), con quei miei coetanei che spesso cercano di discutere, di commentare, di darsi spiegazioni su chi magari è la persona più vicina a loro. Ripeto che non so cosa mi sta spingendo ad un atto simile, probabilmente se seguissi la testa di chi è ritenuto giusto non lo farei, ma voglio cercare di sfogare le sofferenze che ogni giorno colpiscono e feriscono il mio cuore. Sono loro, i ragazzi che a causa di una caratteristica sessuale diversa sono costretti a vivere doppie personalità, vivere più
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vite a seconda delle situazioni, nascondere un disonore (!), arrivare perfino a rinnegare sé stessi, a dover essere come quelli che rientrano nei canoni della normalità (vorrei sapere chi è stato a deciderli). Vi invito a fare un esperimento: immaginate di dover farvi piacere ciò che non vi interessa o che addirittura non vi piace (scusate la ripetizione) E’ tremendo, vero? Ma per essere accettato e integrato nella mia classe, nella mia famiglia, nel mio paese e nella nostra società, devo apparire. Sarò mai me stesso? E poi questa: “essere omosessuali è una scelta di vita…” Infine concludo la mia testimonianza affermando che anche noi ragazzi sfortunatamente privilegiati abbiamo un cuore. Siamo capaci di amare, provare sentimenti e sensazioni che elevano e nobilitano un uomo. Non desideriamo che la felicità dell’altro che è in funzione di noi. Non siamo poi così diversi… Adolescenti,… amici… compagni… è inutile discutere sul fatto che professori, adulti, genitori abbiano pregiudizi su di noi quando in fondo nemmeno tra noi siamo riusciti ad estirparli! Pensiamoci bene! Un ragazzo del biennio
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PER FABIO 2 D Ciao, volevo dirti che anche se so di non essere corrisposta, ho imparato a volerti tanto bene in questi mesi Tu Gna Gna Lisa PER MELIS 3 F Effettivamente mi mancate… anche le vostre gommine e le canzoncine che mi mandavano in bestia… Aspetto con ansia la nuova song! Sono sicura che avrà successo come l’altra… By la vostra preda! PER LA GABBERINA DEL N U M ER O SCORSO Sono la morosa del Gabber a cui hai scritto. Ti ho cercata ma non riesco a capire chi 6! Cmq sappi che lui non ti vuole conoscere e io non ti voglio vedere! Se no ti rompo la testa… Non cercare di incontrare Diego se no 6 morta! OK? By incazzata fx 88 PER DIEGO 2 L Da quando 6 entrato nella mia vita, niente + mi fa paura e solo il tuo pensiero mi fa vivere giorno x giorno nella felicità di uno sguardo… Ti amo, forse troppo… By tua gnara 88 PER PAOLI 4 M Ehi!, Paoli… 6 troppo forte!
Da piccolo (1 media) eri dolcissimo e tnt tnt carino… ke ciccy! Ciao bello!!! Rsp.. By Dany PRIMA NOTTE DI OCCUPAZIONE Troppo bello, grazie a tutti quelli che sono qua… Un bacio Iry – Anita – Lorenzo PER PAOLA 5 L Ogni volta che ti vedo arrivare con le tue 2 amiche mi si stringe il cuore. Lui palpita per te… Paola… oh Paolaaa!! Dammi una possibilità. Orione 85 PER DANIEL 3 C Forse non sono la prima che te lo dice e non sarò l’ultima, ma lo faccio comunque: sei stupendo!… Non pretendo che tu mi voglia conoscere visto che sarai stanco di vedermi attorno a te, però… -N-
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riamo ke sia possibile x l’anno proximo. Cmq sappiate ke anke noi vi vogliamo 1 casino di bene Gnare e gnari della 2 H P.S. Gaffu… TVBFX By*Ve* CIAO FABIO Sono una ragazza di seconda che ogni volta che ti vede rimane affascinata dalla tua bellezza. Mi piacerebbe tanto conoscerti anche se lo so che è impossibile perché tu in confronto a me 6 troppo irraggiungibile! 6 un figo assurdo… Se per caso hai voglia di conoscermi (anche se so che non lo farai) io sono in 2 O. Se vuoi puoi rispondermi sul prossimo giornalino. Mi piace un casino il tuo piercing! BY A. 87
PER LA MITICA 2 D Ragazze (con tutto il rispetto per i 2 gnari) siete mitiche. Non cambiate mai…Vi voglio tanto, tanto, tanto bene. Smack Dany
X LA MIA SISSI DI 4 M Ti pregop donami x aver detto ai miei amici ke 6 una del mio paese. Mi correggo subito, tu x me 6 una carissima amica. TVBFX Bibo
X GNARE E GNARI 2 O Ciao Pisel!!! Sig..Sig…anke a noi dispiace fx di nn poter venire in gita kn voi…!!! Xò spe-
PER JDM JUSTINE F Beh la sgla è già un programma… poi se penso a quanto in questi tre anni ho sentito
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pronunciare il tuo nome in modo sbagliato… ma ora non sei triste senza una compagna di classe come me? (sia sa, la modestia è il mio forte!) Dopo tante vane parole ti volevo ricordare che sai dove trovarmi se vuoi, quando hai bisogno, ma anche quando no ne hai… Tvbf IKA PER LA 4 C People… sapete che se andiamo avanti così ci rinchiudono in un reparto psichiatrico tutti insieme !!? Basta, forse ci conviene smettere di studiare, almeno non ci va in fumo tutta la materia grigia! Cmq volevo approfittare per scusarmi con quelli a cui a volte rispondo in modo sgarbato (credo che ci siate dentro un po’ tutti… ma lo sapete, o sono buona, poi però quando mi girano…) e dirvi che siete davvero speciali! Buon 2003 (speriamo con meno cose da studiare) un bacione La vostra suonata IKA PER LUMACHINA DI 3 E Ma bisogna per forza togliersi le calze maglie x guardare un film!!?? By le due letterine di 3 E che hanno fatto anche le veline…
PER LA SERY DI 3 E …prova a guardare dietro di te…forse c’è Virgilio. Ma stiamo a casa.. TVSTRTBFX By le veline di 3 E PER FABRIZIO 3 H Sei bellissimo, non ho mai visto un ragazzo come te!!! Spero di conoscerti meglio!!! TVB Vale 1 L PER DONA, IKA, DESA, CIRILLINA, MIKI,ELY, SILVIA VUDEVE E PERRY 4 C Son 4 anni che vi sopporto… e più passa il tempo più mi rendo conto che è bello sopportare delle persone come voi!!! Vi voglio un mondo di bene e spero che anche quando le nostre strade si separeranno (ed io vivrò in un attico a New Yor vi ricorderete della vostra amica ed inimitabile Snob! VVTTTTTB!
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PER MATTEO 5 H Nell’altra edizione del giornalino ti ho dedicato una poesia, ma non sapendo il tuo nome me la sono inventato e ti ho chiamato “Francesco”. Adesso ho saputo come ti chiami e volevo dire che mi hai affascinata da morire. Ti auguro di fare dei buoni esami. Anche se purtroppo non ti potrò più vedere il prossimo anno sul pullman tutte le mattine. Una ragazza del tuo pullman TV 1 KDB PER MINELLI LARA 2 F Ciao Lara, anche oggi è la tipica giornata no, triste, cupa, sola… Abbiamo fatto 2 verifiche e sono stata anche interrogata e, per di più, lui non ‘era a scuola… Per miracolo non ha piovuto, e l’aria che gira è aria di neve. Mi sento così a terra per “si dai tu sai chi”, voglio che questa storia finisca, o meglio che cominci, sono stufa di vivere nei sogni, di immaginare, di sperare, che un giorno… un giorno cosa… cosa succederà un giorno? Mi sento così sciocca ad alimentare il mio desiderio con continui sogni ed immagini sfocate nella mente di un ragazzo che a uscita da scuola
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sfreccia con il motorino tra tanti, tanti altri ragazzi, eppure così unico ed insostituibile; e mi sento anche e comunque, nello stesso tempo così infelice, tranquilla e rasserenata al pensiero dell’immagine del suo volto davanti ai miei occhi…A volte vorrei gridare a tutti quello che sento dentro di me, ma purtroppo non posso. O forse sono io che non ne ho il coraggio. Beh, si, forse è proprio così. Non posso, poi, condividere tutte le mie gioie e i miei dolori con chiunque, ma solo con qualcuno di speciale. Questa persona speciale sei proprio tu, sei la mia migliore amica, colei che comprende ogni singola parola da un mio semplice sguardo, colei che sa tutto di me, dei miei disastri e dei miei successi, colei con la quale mi sfogo e che sa sopportarmi senza perdere la pazienza mai (anche se a volte lo farebbe volentieri), e soprattutto, colei alla quale voglio bene, perché me ne vuole altrettanto e mi sa apprezzare per come sono realmente! Ti ringrazio per il tempo che mi dedichi sempre e per i consigli che mi dai e voglio dirti che sei e resterai la mia migliore ami-
LUNARFOLLIE PER CRISTIAN 2 A Sono la ragazza dei tuoi sogni… Sei bellissimo! Mi piaci 1 casino! Ti prego, dobbiamo incontrarci x’ senza di ten non vivo.. Rispondimi qui sopra. La tua xxx’87 PER FRANCESCO ROSSI 6 la nostra vita ma anche la nostra rovina By disperate 1 H
ca. TVBFX La tua vicina di banco Cris@Facchini X SIMONA 1 M Ti ho visto sulla corriera e mi sono innamorato subito… sei bellissima… Ogni volta ke ti vedo il mio cuore trabocca d’amore x te… Ti voglio conoscere al più presto!!! Ciao stupenda… Ti amoo… Tuo biscottino PER LA 1 M Ciao!! Siete unici… Vi vogliamo bene… By Vele B. Chiara, Vary, Angy
Sabato 25 gennaio, 20.000 volontari dell'Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro saranno presenti in 2.100 piazze in tutta Italia - nelle metropoli, nelle città e anche nei piccoli paesi - per distribuire le arance rosse della Sicilia e diffondere un importante messaggio sull’importanza della prevenzione, che ci auguriamo possa essere raccolto con il tradizionale entusiasmo. Ogni reticella - contenente 3 chili di arance a coltivazione integrata della qualità moro e tarocco - sarà distribuita a fronte di un contributo associativo minimo di 8 euro.
PER GIGI Sono a scuola e ti penso, tutto il resto non ha senso. Se mi interroga il Prof di italiano rispondo che ti amo. In corridoio incontro il bidello, gli dico che l’amore è bello. Finalmente esco di scuola e non dico una parola. C’è un ragazzo che conosco che vuol prender il tuo posto. Ma non mi importa, e sai perché? Voglio amare solo te! By anonima 88’ PER MARCO SANNA 3 G Sei troppo bello! 6 fantastico! TVTB By… ‘88
LUNARFOLLIE PER SILVIA TOMMASI 1 G Ciao, sono Stefano, faccio la 3, volevo dirti che sei molto carina e mi piacerebbe conoscerti. Spero di poter realizzare il mio desiderio. xx’86 PER ROBY 1 G Non te l’aspettavi!!! Volevamo solo ringraziarti per essere stata ai Caraibi a spassartela mentre noi eravamo a scuola! Comunque ti vogliamo bene. Peace and love Anto Anna e Giada PER PAOLO ZANETTI Lo sappiamo che Tarozzo è figo, molto figo, ma noi… amiamo te!!! Come balli tu i lento non lo balla nessuno!!! Per non parlare del resto!!! Un grosso bacio. Le tue donne dell’ultimo PER IL TIPO KE HA SCRITTO IL MESSAGGIO X MONICA Sono una delle tante Monica della scuola, e vorrei sapere di ke sezione sei e x ke Monica era indirizzato il mess.. Monica PER GRA, ALY, DANY,PIA 2 D Ciao gnare… ieri abbiamo cercato nel dizionario il significato di amicizia, ma c’erano solo parole difficili, abbiamo cercato nel nostro cuore e c’erano I vostri nomi Vi vogliamo bene fx Ely & Lalla
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Riassunto delle puntate precedenti: Durante una festa tra amici mi accorsi di un particolare feeling tra il mio ragazzo e la sua ex. Alla fine della serata scoprii che avevano una relazione; così dopo una lunga discussione con lui decisi che mi sarei vendicata. III Il giorno seguente ritornando da scuola incontrai Sergio, un vecchio amico d’infanzia che da un paio di anni si era trasferito altrove ed era ora ritornato per salutare i parenti e amici. Pensai subito che era l’occasione giusta per vendicarmi di Nico. Gli proposi di passare una serata insieme per ricordare i nostri vecchi tempi. Quella stessa sera ma passò a prendere a casa e mentre ci avviavamo verso il ristorante lui si mise a giocherellare con i miei capelli ed iniziò a fare battutine ammiccanti quasi già sapesse la mia intenzione. Ogni qualvolta le sue mani mi sfioravano per caso, strani brividi e pensieri mi assalivano. Tra un ricordo e l’altro ci trovammo davanti al ristorante dove cenammo velocemente quasi volessimo uscircene in fretta per poter trascorrere il resto della serata con più intimità. La cosa strana era che non mi sentivo per niente in colpa per quello che stavo facendo, ma soprattutto per quello che stavo pensando di fargli. Dopo la nostra deliziosa cenetta, decidemmo di andare nel parco dove avevamo passato la nostra infanzia. Ci sedemmo su di una panchina e ad un certo punto, dopo un lungo silenzio, lui mi baciò. Mi tirai indietro e mi sentii
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profondamente turbata da quel bacio, forse perché non mi aspettavo che fosse proprio lui a prendere l’iniziativa. Pensai subito:” Quanto sono stupida! Non dovevo tirarmi indietro…devo assolutamente riparare il danno, altrimenti addio vendetta”. Così lo invitai a casa mia a bere qualcosa visto che i miei genitori erano in vacanza. Mi diedi subito da fare per offrirgli una bibita con dei salatini. - Sono contento di essere venuto – mi disse, sfiorandomi la mano. - Anch’io sono contenta che tu sia qui – gli risposi io timidamente. – Tu sei il miglior amico che ho in questo momento. All’improvviso mi resi conto della meschinità del mio comportamento. Mi sentii uno squalo e la cosa non mi piacque affatto. Il mio proposito incominciò a sgretolarsi. Si mise a raccontarmi delle sue nuove amicizie e della sua nuova scuola. Poi, a un certo punto, s’interruppe e rimase a fissarmi. - Giorgia, perché piangi? – chiese, stupito e dispiaciuto. Improvvisamente mi accorsi che stavo davvero piangendo. Mi asciugai le lacrime e cercai di dire qualcosa, ma senza riuscirci. Sergio, preoccupatissimo, mi pregò di spiegargli che cosa avesse fatto di sbagliato. - Nulla, proprio nulla, - risposi, cercando di ricompormi – E’ che mi sono resa conto di una cosa… (Non perdetevi l’ultima puntata sul prossimo Lunarfollie!!!) Baby & Vale
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Un fiume di scarpette, tute, magliette e merendine è pronto a entrare nelle classi e nei consigli di istituto delle scuole italiane. Con tanto di marchio di garanzia. Quello delle aziende e multinazionali leader nel settore dello sport, dell'alimentazione e dell'abbigliamento che, a farsi pubblicità nelle classi, hanno tutto da guadagnare. Il presupposto del resto c'è: si chiama autonomia scolastica, e permette a presidi e consigli di istituto di andarsi a cercare risorse aggiuntive per arricchire i magri bilanci dei loro istituti. Soprattutto dopo i tagli che il governo ha riservato alla scuola e con l'ampliamento dei poteri alle Regioni nell'organizzazione dei servizi scolastici La pubblicità delle aziende nelle scuole è un fenomeno che, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, è da tempo sperimentato con ricche sponsorizzazioni. Alle attività didattiche, alle facciate degli edifici, alle palestre e alle mense scolastiche. Per lo più si tratta di scuole private: quelle che occupano i primi posti nella classifica dei migliori istituti. Ma per l'Italia il fenomeno è nuovo. E rischia di provocare molte polemiche. Per la cronaca, già si registrano i primi casi del cosiddetto brand in classe. Significativo il caso dell'Istituto tecnico industriale Belluzzi di Bologna. Qui la Nike ha organizzato un torneo di pallacanestro a cui hanno partecipato gli studenti di diversi istituti professionali della città. In cambio? Nemmeno un euro ma 50 magliette e cinque palloni scintillanti. Tutta l'iniziativa è stata gestita dai responsabili della famosa azienda di abbigliamento sportivo. L'esperienza è andata in porto tra mille polemiche: infatti durante una delle par-
tite eliminatorie, a due studenti che non indossavano scarpe della Nike, ma quelle delle odiate concorrenti Adidas e Fila, non è stato permesso di giocare. Sono rimasti fuori dalla squadra fino a quando i compagni non gli hanno prestato un paio di scarpe con il marchio Nike. Per la cronaca, il risultato della partita non è cambiato: la squadra ha perso ed è stata eliminata. Al ginnasio Parini di Milano, invece, Stream ha offerto due milioni e un abbonamento alla tv digitale per tre ore di assemblea con gli studenti ai tempi del "Grande Fratello". E non poteva mancare un marchio principe della pubblicità, ovvero Coca Cola, che ha infatti lanciato una campagna a favore dei libri che, tra uno spot e l'altro, raggiungerà 2 mila 500 scuole medie. Dal canto suo, Mentadent, approfittando del programma nazionale di prevenzione dentale, in collaborazione con l'Andi, l'Associazione nazionale dei dentisti italiani, è entrata nelle classi di dieci istituti sparsi in tutta Italia. McDonald's, da parte sua, ha offerto buoni pasto ai migliori studenti dell'Istituto professionale Pareto di Milano, mentre il preside dell'Istituto Giorgi, sempre milanese, sta valutando se dare a un'importante agenzia di assicurazione lombarda gli indirizzi delle 1.400 famiglie dei ragazzi iscritti. Naturalmente in cambio di un cospicuo contributo alle attività didattiche della scuola. In molti casi, sono gli studenti a respingere l'avanzata pubblicitaria delle aziende. Soprattutto se, come nel caso della Nike e di Mc Donald's, si parla di simboli della lotta alla globalizzazione. Un esempio concreto, in questo sen-
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so, è quello che ha coinvolto il Mamiani, storico liceo classico di Roma dove, prima la Nike e poi la Parmalat, hanno provato a entrare con i rispettivi marchi. La Nike era riuscita a legare il suo nome all'organizzazione di un torneo di calcetto per le scuole di alcuni quartieri della Capitale. Ma la strategia di marketing è fallita sul più bello: il giorno della presentazione dell'iniziativa, nell'aula magna del liceo, il servizio d'ordine della multinazionale ha negato l'accesso agli studenti. Una gaffe che ha mandato tutto all'aria. Diverso il discorso per la prima volta della Parmalat: l'azienda emiliana aveva offerto al preside e al consiglio di istituto otto milioni per la proiezione degli spot del latte. Protagonista Sabrina Ferilli. Niente da fare: neanche l'insegnante allegra e formosa, che ogni studente sognerebbe di avere in classe, è riuscita a vincere la diffidenza dei ragazzi. A Bologna, invece, gli studenti del Liceo Copernico hanno imposto al fornitore degli snacks della Nestlé di riportarsi a casa il distributore, anche se la fornitura per la scuola era molto vantaggiosa. E poi c'è tutta la partita della formazione professionale: quella che, in particolare, riguarda gli istituti tecnici e industriali che, ogni anno, organizzano decine di stage, tirocini e corsi di apprendistato con il sostegno e la consulenza delle grandi imprese e delle organizzazioni imprenditoriali. La linea tra pubblicità e formazione è a volte molto sottile. È il caso dei corsi per la progettazione dei veicoli organizzati dalla Fiat in tutta Italia, o di quelli di simulazione d'impresa organizzati dall'Ig Studenti per l'Istituto di arte di Palermo. O, ancora, di
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quelli della casa automobilistica Toyota che, all'Istituto professionale Bernini di Napoli, ha fornito una officina-laboratorio per formare giovani meccanici con un investimento di ben 100 mila euro. «Una cosa è l'azienda che promuove corsi di formazione professionale o campagne di promozione sociale come, ad esempio, quelli di Fiat o Kraft», dice Vittorio Cogliati, responsabile di Legambiente Scuola, «un'altra è l'operazione di immagine del grande marchio che deve pulirsi la coscienza. C'è una bella differenza. Anche noi stiamo lavorando, nelle scuole superiori, con Volkswagen, ma lo scopo non è commerciale bensì educativo ai fini di una migliore tutela ambientale».
bera alle imprese».
Il dibattito tra favorevoli e contrari è aperto. «Di certo», sostiene Alba Sasso, parlamentare ds, «educazione e mercato non vanno di pari passo. La pubblicità in classe non è come quella in televisione. A scuola studenti e insegnanti non hanno il telecomando per cambiare canale». Sul banco degli imputati c'è anche la riforma dei cicli scolastici del ministro Moratti. «Una riforma», dice Sofia Toselli del Cidi, Centro di iniziativa democratica degli insegnanti, «che toglie risorse agli istituti, dà più poteri ai presidi e allo stesso tempo snatura la rappresentanza di insegnanti e studenti negli organi collegiali. Lasciando via li-
Ma c'è anche un altro fattore che può rivelarsi un cavallo di Troia per l'ingresso senza controllo delle imprese nelle scuole: quello della mancanza di risorse per l'edilizia scolastica. Attualmente, in Italia, l'80 per cento degli edifici scolastici non è sicuro. La maggioranza degli impianti elettrici non sono a norma; in un terzo delle costruzioni la manutenzione dell'impianto fognario, idrico e di riscaldamento non viene fatta da almeno cinque anni; le scale e gli impianti antincendio sono inadeguati; tetti e intonaci sono precari. Un patrimonio di oltre 40 mila edifici che ha urgente bisogno di finanziamenti, a portata di mano grazie a spot e pubblicità in classe. Ed è certo che non pochi tra genitori e insegnanti potrebbero, in nome della sicurezza, dare in futuro il loro assenso convinti di aiutare le scuole. Ha collaborato Davide Vecchi
Di parere opposto è Rodolfo Russo, preside dell'Istituto tecnico Giorgi di Milano: «Io sono favorevole al rapporto con le imprese. Non mi scandalizzo se un'azienda, in cambio di un finanziamento, entra nella mia scuola e mi aiuta a organizzare le attività didattiche che altrimenti non potrei realizzare». Per Walter Moro, insegnante ed esperto di pubblicità e comunicazione scolastica, quello del brand in classe è invece «un fenomeno decisamente preoccupante che rischia di sfondare il confine oltre il quale la scuola diventa un mercato su cui le aziende si misurano a colpi di saponette, magliette e raccolte punti».
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AMICO LIBRO Ciao a tutti! Eccoci al nostro primo (e spero non ultimo!) appuntamento con i libri, che non sono così noiosi come sembra. Avete presente come vi sentite quando a un appuntamento galante vi ricordate di aver indossato la peggior biancheria intima che avete nel cassetto, o quando vostra madre, in un impeto di “rivanghiamo il passato”, si mette a raccontare a un perfetto sconosciuto, magari piuttosto carino, le cose più imbarazzanti che avete fatto alla tenera età di cinque anni? Queste figuracce sono all’ordine del giorno per Bridget Jones, single trentenne nella bella Londra dei giorni nostri, ossessionata dalle calorie, grande fumatrice, in ricerca dell’uomo perfetto, con amiche (quelle non sposate) che le consigliano di stare alla larga dagli uomini e gli amici (quelli sposati) che continuano a chiederle quando si sposa, mentre una madre continua a presentarle a ogni ora del giorno i figli delle varie amiche. E cosa succederà a Bridget quando una mattina comincerà a scambiare e-mail con il suo affascinante capo-ufficio mentre sua madre tenta di combinare un appuntamento fra la sua figlia un po’ imbranata e il più grande avvocato di Londra? Un libro bellissimo, divertente, con tanti intrecci e un finale e sorpresa…io l’ho già letto, tocca a voi ora scoprirlo! E scoprirete che c’è un po’ di Bridget in ognuno di noi. Stefi 4 D “Il diario di Bridget Jones” Di Fielding Helen Ed Sonzogno
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Biblioteca dell’ Istituto “A.Lunardi” di Brescia Mostra
“Libri d’artista” Opere uniche di
PAOLO CONTI Inaugurazione Martedì 21 gennaio 2003 Ore 10,30