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Rinascimento musicale di Gigi Bortoli Cyberphonia. Marcello Fera nella musica non ha barriere.

Gabriele Mirabassi (sinistra), Marcello Fera (destra), Fotos: Gigi Bortoli

Un concerto tenuto recentemente al Teatro Puccini intitolato Cyberphonic Concert e dedicato alle figure di Valentin Braitenberg ed Ernst von Glaserfeld, pionieri della cibernetica, offre lo spunto per occuparci ancora una volta (ma non è mai abbastanza) di Marcello Fera. Una figura che ci ha abituati a circolare nel mondo dei suoni a 360 gradi. Musica senza barriere, né di tempo, né di spazio, né di genere (che nella musica non dovrebbero esistere, anche se convenzionalmente inevitabili). Del Cyberphonic Concert, tenuto con il suo Ensemble Conductus e con la partecipazione del grande clarinettista Gabriele Mirabassi e del fisarmonicista Christian Riganelli, è stato l’anima. Un’anima inquieta, sempre alla ricerca di un linguaggio musicale che

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non sia scontato. Capace di sorprendere. Puntualmente. Un concerto che ci ha saputo proiettare, quasi senza che ce ne accorgessimo, in uno spazio temporale capace di riunire secoli ormai lontani con il nostro, in un gioco fascinoso e vorticoso di note. Uno dei temi dibattuti, rispetto alla musica classica, è quello su come lo spartito di un determinato compositore debba essere affrontato: in modo filologico o attraverso una lettura interpretativa? Sul tema sono stati versati fiumi d’inchiostro. Marcello Fera – così appare a chi scrive – questa tenzone la scavalca. Senza tradire lo spirito di una pagina barocca di Vivaldi o Corelli, ad esempio, la impugna e la riscrive, riportandola all’ascolto ricca di sensibilità contemporanee. Così è stato per l’esecuzione di “Follephonia” giustamente firmata Corelli/Fera. Una

pagina già in origine costruita su variazioni che Marcello riprende in mano, portandole a sonorità taglienti come il metallo, stridenti come lo spezzarsi del vetro. La conduce ai fragori metropolitani, alle masse informi di gente anonima e solitaria dei nostri tempi. Ai drammi di una globalizzazione senza pace. Senza respiro. Analogo spaesamento nell’interpretazione di “Strambotti (I – II – II)” di Andrè Mehari. Qui è stato Mirabassi, sorretto dai Conductus nel suo girovagare solistico ed arricchito dallo scambio delle parti con il percorso intrapreso dalla fisarmonica di Riganelli, ad evocare i sentimenti inquieti dell’uomo contemporaneo lasciato solo alla ricerca di una rotta in un mare periglioso. Ma Marcello Fera, come dicevamo, nella musica non ha barriere. Se, da una parte, nelle sue scelte trovano spazio le esperienze le-

gate alla musica antica e contemporanea, dall’altra si può parimenti cogliere la sua attenzione per le tradizioni popolari (già ampiamente affrontate nella sua esperienza dei Serafinian Quartet). Ecco allora un brano tradizionale, Valle Stura: Mazurca d’Oro di Sirio Restani letto come se si trattasse di un brano da collocare tra le pagine della musica classica. Un rapporto, quello tra musica classica e popolare, ampiamente battuto dai compositori classici. Basti un nome per tutti: Bèla Bartòk. Infine, i suoi brani originali. Nel caso specifico la prima assoluta di Cyberphonia, nella quale Marcello Fera si è mosso in assoluta libertà di ricerca, sorretto da sensibilità spiccate che il suo Ensemble Conductus, una formazione plasmata a sua immagine e somiglianza, gli rende ancor più accessibili.

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