Quaderno della ricerca #56

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1. L’Italia che legge (dieci anni dopo)

Alcune misure poste in essere dal Governo a sostegno della domanda e delle imprese, oppure volte a rivitalizzare le biblioteche (credito di imposta per le librerie, finanziamenti alle biblioteche per acquisto libri nelle librerie del territorio, rifinanziamento della App 18), riusciranno forse a garantire la sopravvivenza di alcune strutture che altrimenti rischierebbero di essere spazzate via dalla crisi che si sta manifestando. Ma è evidente che l’obiettivo strategico non può essere quello di ritornare alla situazione pre-Covid, di per sé già difficile. Il futuro del libro e della stessa industria editoriale è affidato alla possibilità di rendere le pratiche di lettura “contemporanee” al mondo che verrà, in presenza degli stili di vita, di informazione e di apprendimento che già vanno affermandosi da qualche anno, frutto del progressivo spostamento verso la rete di tutte le nostre attività di lavoro, di studio e di intrattenimento; un trasferimento che è facile prevedere subirà una ulteriore accelerazione per effetto della pandemia. Il modello di trasmissione culturale che il libro incarna e la complessità che lo connota potrebbero alla fine risultare incompatibili con un certo modo di intendere la rete e per l’impazienza che essa ci trasmette. Oggi sembra tramontare (almeno apparentemente) la comunicazione monodirezionale, siamo sempre più insofferenti verso un’offerta confezionata, siamo in preda alla irresistibile tentazione per il fai-da-te, al senso di onnipotenza che ci prende per il fatto di poter accedere rapidamente a una enorme quantità di non meglio specificati contenuti, e di potervi accedere in modo “immediato” (e cioè non solo rapidamente, ma senza passare attraverso alcuna forma di mediazione). Mi limito ad accennare qui a due esempi di innovazioni che – tra le tante – potrebbero essere sperimentate, rispettivamente nel campo della produzione e della circolazione dei prodotti editoriali. In entrambi i casi credo che potrebbe trattarsi di cambiamenti capaci di attrarre la curiosità del pubblico giovanile. Sul versante della produzione, partirei dalla considerazione che i libri elettronici attualmente disponibili sono soltanto la versione elettronica del libro cartaceo, in tutto simile al libro paginato che conosciamo ormai dal IV secolo d.C., quando il codex sostituì definitivamente il rotolo o volumen, dopo averlo affiancato per qualche tempo. Gli e-book attuali utilizzano in minima parte le potenzialità delle tecnologie digitali e non prevedono l’integrazione di codici comunicativi diversi – testo scritto, suono, immagini fisse, immagini in movimento – o percorsi di lettura differenti da quello lineare. Anche la possibilità di interagire è molto limitata. Un libro che fosse realmente un prodotto dell’era digitale dovrebbe essere concepito a partire dalle tecnologie digitali ed essere un “oggetto narrativo” che – lo dico per cercare di spiegarmi – dovrebbe somigliare forse più ai videogiochi che a un file pdf, che non è

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