QdR / Didattica e letteratura 02

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2. IL RACCONTO DELLA SPERANZA, IL RACCONTO DEL DISINCANTO

angeli nudi: ritratto di un’infanzia (2000), Scenari di esilio (2003), Chiamalo pure amore (2008). Da ricordare anche la sua intensa attività di scrittura giornalistica e saggistica e i diversi lavori di traduzione. Diario di una maestrina si apre con l’arrivo a destinazione della protagonista in un piccolo paese, uno dei tanti che attraverserà durante il primo anno di supplenza. Nei villaggi aggrappati alle montagne, nei piccoli borghi sperduti lungo la costa, ovunque la situazione si presenta uguale: la bellezza selvaggia del paesaggio, le abitudini di vita incatenate a tradizioni antichissime e immutate, la paurosa miseria degli abitanti. Il primo breve incarico di quindici giorni è in una scuola di tracomatosi. Ventisei alunni di classi diverse che, sebbene sfigurati dalla tigna e con lo sguardo offuscato dal tracoma, «sembrano quasi belli e non mancano di intelligenza e vitalità»28. L’aula è una piccola stanza al pianterreno di una casetta decrepita ai margini del paese, con il pavimento in semplice terra battuta, lunghe assi sgangherate che fungono da banchi, intorno ai quali si accalcano cinque o sei bambini e un tavolaccio come cattedra. Come abbiamo potuto vedere negli autori precedenti, a partire da De Amicis nel Romanzo di un maestro e Cerri, la descrizione degli ambienti scolastici, generalmente aule e arredi fatiscenti, si può considerare un desolante luogo ricorrente delle narrazioni scolastiche. Tuttavia, a differenza dei suoi predecessori, in Diario di un maestrina l’impiego del topos dell’aula cadente è sottoposto allo sguardo ironico dell’autrice, tratto distintivo che già era anticipato dalla scelta di un titolo antifrastico29. Il pavimento era di semplice terra battuta, separato dal piano superiore solo da un tavolato sconnesso che non ci impediva di seguire, con l’udito, le fasi della toeletta mattutina di coloro che vi abitavano e che concludevano i loro parchi lavacri gettando dalla finestra sovrastante alla nostra dell’acqua sudicia i cui schizzi inzaccheravano la lavagna30. La cattedra è un tavolo male in gambe che per molti anni ha fatto buon servizio negli uffici comunali, il cassetto è stato chiuso con una chiave che non esiste più. Il suo contenuto misterioso potrebbe far lavorare la mia fantasia quando nient’altro la tenesse occupata: antiche memorie municipali? Documenti preziosi per la loro data? Oppure materiale didattico, i molti nulla di cui ci gioviamo per rendere oggettivo il nostro insegnamento? Vecchi registri con nomi entrati nella storia del paese? Quando riuscirò ad aprirlo verrà alla luce una bandiera tarlata con la croce sabauda.31

28 M. Giacobbe, Diario di una maestrina, Nuoro, Il Maestrale, 2003, p. 23. 29 Cfr. G. Iacoli, Forme e programmi per le scritture dell’insegnante, in Il mestiere di insegnante. Figure di quotidianità, trame invisibili, a cura di A. Musetti e C. Confalonieri, Milano, Unicopli, 2013. 30 Giacobbe, Diario di una maestrina cit., p. 22. 31 Ivi, p. 105.

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