POLIPO DICEMBRE 2018

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N.2 ANNO XII

TENTACOLI DI GIUDIZIO

IL QUOTIDIANO RISCHIO DI FIDARSI

PER IL DIRITTO ALLO STUDIO

DICEMBRE 2018



Polipo • Dicembre 2018

EDITORIALE

INDICE 2-3

OLTRE LE MACERIE

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A CHI DARE CREDITO?

6-7

COSA PUÒ INSEGNARCI LA VICENDA DEL PONTE MORANDI TRA BITCOIN E BANCHE, IL RUOLO DELL’UOMO

IL DIRITTO DI RISCHIARE

LA QUOTIDIANA ALTERNATIVA TRA UNO SPAZIO PER TUTTI E UNO PER ME

8-9

DISCOVERING MILAN

10 - 11

VIVERE L’ATENEO

12 - 13

WORK IN PROGRESS

14 - 15

TOUR PER LA CITTÀ CON GLI STUDENTI STRANIERI DEL POLI

INTERVISTA AL RETTORE FERRUCCIO RESTA LISTA APERTA: DOVE SIAMO ARRIVATI

E TU, COSA DIRESTI A UNA MATRICOLA? SAGRA 2018: PERCHÈ NE È VALSA LA PENA

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CICATR/CI

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CHRISTOPHER NOLAN

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UN VIAGGIO DI EMOZIONI E VERIFICHE PER SCOPRIRE LA MERAVIGLIA CHE È IN OGNUNO DI NOI

INGENIEUR DI ILLUSIONI E ARCHITETTO DI SOGNI

RIMANERE DISINFORMATI POLIPOROSCOPO SMART TALK: DON’T TRUST ME NOW

AUTORI E COLLABORATORI DIRETTORE: Letizia Petulicchio CONDIRETTORE: Anna Finotto

Ogni volta che iniziamo qualcosa, vogliamo essere certi di avere tutto sotto controllo. L’idea di agire in prima persona, di essere gli unici veri responsabili di ciò che facciamo, ci permette di essere sereni e certi. In ogni situazione però, siamo costretti per una piccola parte ad affidarci agli altri: in un progetto di gruppo non possiamo fare tutto da soli, o quando non siamo capaci di fare una cosa, ci tocca seguire le indicazioni di un altro. Molto più spesso di quanto sembrerebbe, senza nemmeno pensarci, compiamo delle azioni che richiedono un passo di fiducia: un passo che diventa spontaneo, quasi naturale. Immagina di dover prendere un aereo: sali, sistemi le tue cose e ti siedi. Dalla cabina una voce ti avvisa che sta per iniziare il decollo. Il pilota tu non lo conosci, non l’hai mai visto prima, come fai ad essere sicuro che sia in grado di fare ogni cosa per bene? Supponi che sappia fare il suo lavoro, che sia lì perché è stato selezionato, non c’è motivo di preoccuparsi. Senza pensarci in realtà ti stai fidando di lui, o della società che l’ha assunto, o dell’istituzione che l’ha formato: sei costretto a porre la tua fiducia in qualcosa, in qualcuno. Il nocciolo è proprio questo: la società in cui viviamo, a volte complessa e all’apparenza un po’ egoista, volente o nolente, si costruisce e si sviluppa grazie alla fiducia.

FOTOGRAFI: Arturo Brunetti, Sebastiano Colaluce, José Limbert, Teresa Paterlini, Stefania Spadoni

Scrivendo gli articoli di questo numero, ci siamo fatti una domanda, semplice ma fondamentale: quanto vale davvero la fiducia in ciò che facciamo? Sono nati così approfondimenti su moltissime tematiche che di recente ci hanno interrogato: il crollo del ponte di Genova, l’incontro quotidiano con studenti nuovi in università, fino ad arrivare al mondo della finanza e all’introduzione del Bitcoin. Questa domanda costituisce un interrogativo profondo e drastico che non può accontentarsi di una risposta banale, ma che richiede una disponibilità completa a lasciarsi colpire da ciò che succede. Ci auguriamo che queste pagine siano l’occasione per guadagnare questa semplicità, arrivando così a riconoscere ed accogliere quella dose di fiducia che silenziosamente muove ogni cosa.

RINGRAZIAMENTI: Ferruccio Resta, Marco Andrea Pisani, Marinella Levi, Alessia Romani, Giuditta Ravalli, Claudio Signorelli, Filippo Campiotti, Michele Bellotti, Camilla Colombo, Benedetta Rossi, il Team di Lista Aperta

Buona lettura! Il team di Polipo

CAPIREDATTORI: Antonino Garofalo, Francesco Muneratti, Andrea Sansonetti, Francesco Toso REDATTORI: Michele Bravi, Anna Brazzini, Elena Buttolo, Luigi Cagliani, Filippo Campiotti, Giovanni Castelli Dezza, Marco Di Vieste, Giorgia Doni, Elena Ferrario, Davide Grasso, Matteo Guglielmi, Michele Iovane, Giacomo Lonardoni, Giorgio Mandrino, Marco Mazzucchelli, Francesca Marson, Gabriele Mauri, Stefano Morandi, Francesco Papa, Sara Piersigilli, Stefano Robbiani, Lucia Schgor, Dario Spreafico, Paolo Venturini ART DIRECTION E PROGETTO GRAFICO: Elena Buttolo CREATIVE DIRECTION: Marco Previdi ASSISTENZA GRAFICA IMPAGINAZIONE E PHOTO-EDITING: Caterina Cedone, Caterina Ghio ILLUSTRATORI: Caterina Cedone, Riccardo Cernetti, Alessia Garlaschi, Caterina Ghio, Paola Sega, Gabriele Tricella

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Tentacoli di giudizio

OLTRE LE MACERIE

COSA PUÒ INSEGNARCI LA VICENDA DEL PONTE MORANDI a cura di F. Campiotti, M. Guglielmi e D. Spreafico

Il crollo del ponte Morandi dello scorso 14 agosto ha scosso tutti, compresi noi. Smaltita l’iniziale incredulità per la vicenda, ci siamo resi conto che questa tragedia porta con sé una serie di tematiche umane e tecniche che non abbiamo voluto trascurare. Così una sera, parlando tra amici universitari dell’ambito civile-edile, abbiamo deciso di indagare e di provare a cogliere le varie provocazioni che l’incidente del ponte sul Polcevera ci ha suscitato. Abbiamo chiesto aiuto al professor Marco Andrea Pisani, docente ordinario del Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente, che per quindici anni ha insegnato il corso di Ponti e che ad oggi è titolare dei corsi di Tecnica delle Costruzioni e Consolidamento delle Strutture. Partiamo dunque dalle ore e dai giorni immediatamente successivi al crollo, che hanno visto susseguirsi le reazioni più disparate: dalla gran parte dei politici, fin da subito alla caccia di qualcuno da additare davanti al popolo, ai giornalisti immediatamente alla ricerca dello scandalo. Nel frattempo le persone, vedendo da un momento all’altro crollare una così imponente infrastruttura, venivano prese da un forte senso di terrore e incertezza: dopo quel giorno, transitando sopra o sotto ad un ponte, ha iniziato a venire più naturale domandarsi “ma sarà sicuro?” o pensare “facciamo una cosa veloce, prima che venga giù”. Tutte queste reazioni esprimono un’improvvisa dose di sfiducia nei confronti delle nostre infrastrutture e di chi le gestisce. Si tratta di una sfiducia giustificata? Innanzitutto occorre distinguere la fiducia verso quello che possiamo sapere e la fiducia verso quello che non possiamo sapere. Chiacchierando con il professore è emerso immediatamente un fattore che teoricamente basterebbe a non destare sfiducia: come ingegneri siamo consapevoli dell’impossibilità di azzerare totalmente il rischio legato al progetto e alla costruzione di un’infrastruttura, ma, ci fa notare il professor Pisani “i margini di sicurezza con cui lavoriamo nel campo delle costruzioni sono enormi rispetto a molti altri settori”. Ma a maggior ragione allora, viene 2

da chiedersi: se i margini di sicurezza con cui lavoriamo sono così elevati e la qualità delle nostre infrastrutture invidiabile, come è possibile che accadano fatti come quello di Genova? Ci siamo chiesti se ci sia un limite nelle conoscenze di cui disponiamo, e perciò se non ci si debba rassegnare ed accettare una componente di imprevedibilità nel comportamento

dell’infrastruttura stessa, aprendoci alla possibilità che certe tragedie non abbiano un vero e proprio responsabile né tantomeno una causa conosciuta. La risposta del professore tronca subito i nostri dubbi: “Possiamo avere delle sorprese costose, ma farsi venire in testa gli edifici è difficile”. Dopodiché usa diversi esempi


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non ho problemi. Di solito i guai nascono quando le cose vengono fatte esageratamente male. Un bravo ingegnere può dormire tranquillamente.” Una volta chiarito che una grande causa di problemi potrebbe essere quindi la superficialità di chi lavora in questo ambito, siamo comunque convinti che la questione non si esaurisca qui: il degrado di molte delle nostre infrastrutture - che il prof. Pisani ci conferma, pur precisando che non siamo certo l’unico Paese al mondo in questa situazione - è sotto gli occhi di tutti. Può essere tutto dovuto solamente all’incompetenza e alla noncuranza o c’è qualcos’altro? “Il problema è il solito: il denaro. Nel caso del ponte Morandi c’è tutto un altro problema: la leggerezza di certa gente, ma è un altro paio di maniche… Che però ci siano moltissime strutture in pessime condizioni dipende dalle risorse che la comunità mette a disposizione per “tenerle in ordine”. Alla fine è tutto legato al quattrino.” E non finisce qui, perché c’è anche tutto l’aspetto legale e burocratico da considerare: “Tenete presente che, se non si è certi della necessità, il ponte non si chiude al traffico, perché se non riesci a dimostrare a un magistrato che era assolutamente indispensabile chiuderlo, rischi anche di finire in galera per quello.”

per mostrarci che è vero che possono verificarsi degli imprevisti ma, se vengono svolti periodicamente controlli e interventi di manutenzione accurati, si è in grado di notare un ammaloramento della struttura per causa non prevista. Insomma, vale lo stesso principio per chi fa progettazione, costruzione o manutenzione: “se faccio le cose in maniera decorosa

Torniamo quindi alla domanda iniziale: consapevole dell’esistenza di questi problemi, come faccio ad attraversare un ponte con serenità? È evidente che una persona comune, non dell’ambito, può rimanere tranquilla solamente se si fida che chi ha il compito di occuparsi di queste cose, pur con le limitate risorse di cui dispone, stia facendo bene il proprio lavoro. Insomma, non dobbiamo fare nulla di diverso da quello che, in fin dei conti, più o meno inconsciamente facciamo nella vita di tutti i giorni, quando ci fidiamo del conducente che guida la metro, del pilota dell’aereo, del chirurgo che ci opera e, in fondo, anche del professore che ci sta facendo lezione questo semestre. D’altra parte, la fiducia così intesa è intrinseca e necessaria nell’esperienza societaria dell’uomo. Senza di questa, non potremmo vivere le nostre giornate: paradossalmente non entreremmo neppure in casa nostra. Il fatto che la società necessiti di questa “fiducia” dovrebbe porre

una responsabilità su costruttori e manutentori: occorre che ciascuno svolga bene il proprio compito. Partendo dunque dall’ipotesi positiva che chi lavora in questo campo sia responsabile e in buona fede, resta ancora un nodo da sciogliere: con tutte le limitazioni di cui si è parlato, con le poche risorse che si hanno a disposizione, è veramente possibile fare bene questo lavoro? Insomma, è ragionevole fidarsi? Il prof. Pisani ci assicura che “si possono ottenere comunque discreti risultati”. Ci racconta quindi di un dialogo avuto recentemente con un importante addetto ai lavori, nel quale è emerso che per il Nord-Ovest italiano (circa 12.000 ponti, più tutte le gallerie e crinali franosi) la supervisione delle infrastrutture è affidata solamente a una decina di ingegneri. Facendo un rapido calcolo, ci si accorge subito che non è fisicamente possibile che controllino tutti i ponti neanche una sola volta all’anno. Tuttavia, c’è uno stradino che passa ogni giorno a fare un controllo visivo. Pur non avendo le competenze di un ingegnere, può dare l’allarme in caso di anomalie e il suo ruolo può rivelarsi fondamentale. In un’occasione, infatti, notato un avvallamento su un ponte stradale, lo stradino ha dato l’allarme, causando la chiusura immediata del ponte che poi è crollato nel giro di mezza giornata. “Non potevano fare niente, ma erano là e hanno chiuso il ponte”. Come a dire, si fa quel che si può ma c’è sempre abbastanza per fare il minimo indispensabile: il problema è sempre quello di farlo bene, con coscienza. In conclusione, se da una parte le reazioni più naturali e comprensibili sono state quelle che inneggiano alla caccia al colpevole, dall’altra siamo convinti che la tragedia di Genova debba essere guardata più a fondo, in quanto può portare con sé un interrogativo fondamentale rivolto a se stessi. La coscienza di questa fiducia è insita nella società e pone delle domande nette: “Ma io come lavoro? Io come studio? Con che cura faccio il mio piccolo? Contribuisco a giustificare questa fiducia?”. Lo stradino che ha individuato l’anomalia nel ponte, salvando ipoteticamente la vita di molte persone, è un esempio chiaro di una responsabilità vissuta con totale dedizione e coscienza. 3


Tentacoli di giudizio

A CHI DARE CREDITO? TRA BITCOIN E BANCHE, IL RUOLO DELL’UOMO a cura di S. Morandi, F. Muneratti e P. Venturini

Provocati dal tema della fiducia di questo numero di Polipo e spinti dai contenuti di ciò che studiamo, abbiamo subito pensato alla finanza: un mondo che proprio sul concetto di fiducia pone le sue basi. Cerchiamo di capire come funziona questo binomio: una persona, un’istituzione, uno Stato o un’impresa può spendere oggi più soldi di quanti ne possiede, grazie al fatto che ognuno ha preferenze di consumo diversificate nel tempo. Ci sono individui che oggi preferiscono tenere da parte i loro soldi (risparmiano) per usarli in futuro e altri che preferiscono investire oggi dei soldi che magari non possiedono (prendono a prestito). Come succede nel caso di una persona che vuole comprare una casa ma non ha abbastanza soldi per farlo. Quindi il ruolo della finanza è quello di creare un mercato che faccia incontrare le diverse preferenze di ogni individuo aumentando la soddisfazione di entrambe le parti. Questo articolato meccanismo è tenuto in piedi dal concetto di fiducia: chi presta i propri soldi crede che il suo debitore un giorno glieli possa restituire con un certo interesse. Minore la fiducia in questo individuo, più alto sarà il rischio associato all’operazione e maggiore sarà il tasso di interesse, quindi il possibile guadagno del creditore. Perché questo concetto è così importante? Uno degli esempi più chiari e famosi è quello del fallimento di una delle più grandi banche di investimento americane avvenuto 10 anni fa. 15 Settembre 2008: il tracollo di Lehman Brothers. Questo evento ebbe dei profondi effetti negativi sull’economia, per cui si venne a creare un clima di incertezza nei confronti del sistema finanziario. Esemplificativo è l’innalzamento dell’Euribor, tasso di interesse medio delle transazioni in euro tra le principali banche europee, che passò da un valore 4

negativo a circa il 5% in un mese, proprio a mostrare questa crisi di fiducia. L’effetto finale di questo avvenimento è stato poi una forte diminuzione del credito concesso dalle banche, fattore che ha contribuito ulteriormente alla stagnazione dell’economia. Quali sono state le due ipotesi di risposta al crollo della certezza nel sistema? Specialmente in Europa, ma non solo, sono state create nuove strutture legislative più restrittive e stringenti con l’obiettivo di evitare che una nuova crisi di questa entità potesse accadere; si è cercato dunque di rendere più sicuro il mercato e di ristabilire la fiducia tra gli individui. Parallelamente, nel 2008, è nata una soluzione alternativa: Satoshi Nakamoto ha inventato il protocollo Bitcoin. Senza dilungarci nel merito della questione, in sintesi l’avvento dei Bitcoin propone una nuova configurazione in cui il rapporto economico fra persone non abbia bisogno di intermediari: perché se devo dei soldi ad una persona ho bisogno di passare attraverso un istituto di credito? Vista la vulnerabilità del sistema tradizionale si è pensato di spostare la fiducia da un organo centrale ad un algoritmo: infatti le transazioni hanno luogo sulla cosiddetta blockchain che, per come è costruita, fa da garante della validità delle operazioni. Questa possibilità è completamente alternativa rispetto a quella abituale: se nel primo caso la fiducia è riposta in uno stato centrale, che può essere corrotto, vulnerabile, inefficiente, soggetto a manipolazioni, dall’altra parte un algoritmo, per come è costruito, è in grado di eliminare tutte queste debolezze. Non può essere modificato, non può essere corrotto: così l’algoritmo stesso diventa il sistema, e il fondamento della fiducia.

A nostro avviso però entrambe le proposte presentano delle criticità: un brano di Eliot dei “Cori da La Rocca” sembra essere significativo a proposito: “Essi cercano sempre di evadere/ dal buio esteriore e interiore/ sognando sistemi talmente perfetti che più nessuno avrebbe bisogno d’esser buono”. È come se l’algoritmo e le leggi si ponessero su un certo livello


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essere utilizzati sia a fin di bene che non. Diverse criptovalute, per esempio, vengono tutt’oggi utilizzate per comprare prodotti illegali, come droga e armi sul cosiddetto deep web. In questo senso si capisce che importanza hanno le nostre azioni! Per questo ciò che noi crediamo è che sia assolutamente necessario che l’uomo, con la sua capacità di giudicare le cose, sia messo costantemente al centro di ogni sistema economico e sociale. È importante che si scommetta su di lui e che su di lui si riponga la fiducia, perché non si può pensare di costruire una macchina talmente perfetta che alla fine non ci sia più bisogno di persone vere. La questione è sicuramente molto profonda e ampia, per questo rimane del tutto aperta e si gioca in tutti i contesti e in tutte le situazioni che ognuno di noi è chiamato quotidianamente a vivere.

di soluzione, cercando di costruire sistemi perfetti, ma così facendo di fatto ignorano tutta un’altra sfera, quella in cui si gioca la libertà dell’uomo, in cui egli può decidere cosa perseguire istante per istante, può scegliere cosa fare con gli strumenti e le responsabilità di cui dispone. Come il sistema legislativo, anche i Bitcoin non sono altro che un’invenzione degli uomini e in quanto tali possono 5


Tentacoli di giudizio

IL DIRITTO DI RISCHIARE LA QUOTIDIANA ALTERNATIVA FRA UNO SPAZIO PER TUTTI E UNO PER ME a cura di A. Finotto, A. Garofalo e L. Petulicchio

Una mattina come tante altre: non hai sentito la sveglia, sei uscito di corsa, hai preso la metro per un pelo, ma come previsto arrivi in ritardo a lezione. Ti siedi dove capita: un posto esterno in ultima fila. Da quando è iniziata la Magistrale l’aula è piena di gente mai vista, facce nuove di cui non sai nulla. Vengono davvero da ogni parte del mondo. Quello seduto a fianco a te stringe le sue cose per farti spazio. “Tranquillo gli dici - Ci sto”. Poi lo guardi meglio, ha la pelle un po’ scura, forse non parla italiano. Non sapresti dire da dove viene e per non sbagliare abbozzi un sorriso casuale mentre tiri fuori il tuo quaderno. Lui risponde con un sorriso altrettanto casuale... Non ti è ancora chiaro se capisca o meno l’italiano. La lezione è in inglese ed è già iniziata da almeno mezz’ora, quindi sbirci sul suo foglio per capire quanto spazio lasciare. A un certo punto arriva la pausa: ti guardi intorno, tiri fuori il cellulare… In realtà ti servirebbero gli appunti di quello che ha spiegato il prof mentre tu eri in metro. Che fai, li chiedi al tuo vicino? Ma in che lingua gli parli, poi? Lo guardi meglio: sì, è scuro, ma magari è italiano. E se poi si offende se gli parli in inglese? Decidi che non ha senso farsi troppe paranoie, metti via il telefono e ti giri verso di lui con sguardo amichevole e tono incuriosito: “My name is Marco, where are you from?” È sbagliato fare questa domanda? Durante le nostre giornate in università incrociamo moltissime persone, ognuno con le proprie origini, la propria storia, le proprie idee. Della maggior parte di loro non sappiamo niente. Fino a che punto possiamo spingerci nel rapportarci con loro?

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Quanto possiamo rischiare? Qualche anno fa sul sito ufficiale della University of California è stato pubblicato un documento appositamente pensato per risolvere tutti i dubbi come questo: una lista delle espressioni da evitare per non trovarsi mai in situazioni spiacevoli. Si tratta delle cosiddette

“microaggressioni”, una categoria che racchiude tutti quei gesti o quelle frasi che, a prescindere dalle intenzioni, potrebbero risultare offensivi per determinati gruppi di persone. “Where are you from?” fa parte di queste. Con una domanda del genere infatti si suppone implicitamente che l’interlocutore sia straniero e quindi non un vero americano, affermazione che potrebbe ferire la sua sensibilità. Sembrerà strano ma è partita proprio dagli studenti la richiesta di introdurre regolamenti che evitino l’impatto con idee e opinioni diverse dalle proprie, regole che permettano di rinchiudersi in uno spazio sicuro, un safe space, dove tutti la pensino allo stesso modo e nessuno possa mai ricevere domande scomode. Questa iniziativa fa ancora più effetto se si pensa che il primo emendamento della Costituzione americana è quello per la libertà di parola, che in questo modo viene profondamente negata. E non si sta parlando di censurare solo le domande sulla vita degli altri: insieme alle microaggressioni e per proteggersi da queste, sono stati coniati i trigger


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warnings. Si tratta di avvertimenti che ogni docente dovrebbe dare alla propria classe prima di esporre argomenti o concetti particolarmente delicati che potrebbero, per diversi motivi, risultare troppo violenti per coloro che ascoltano la lezione. Come quando prima di un film si segnala che i contenuti trasmessi richiedono l’accompagnamento di un adulto, solo che invece che al cinema siamo in università e abbiamo almeno una ventina d’anni. Sono compresi in questa categoria tutti quegli aspetti drammatici della vita, che per esempio vengono espressi e a volte esaltati nella letteratura e nel teatro. Scene di stupro o suicidio descritte all’interno di un’opera sono state denunciate come troppo aggressive, ma pensando alla tragedia greca o a Shakespeare è chiaro come escludere categoricamente questi aspetti risulti estremamente riduttivo. Stando a questi fatti, sembra che gli studenti vogliano rivendicare il loro diritto a non essere interpellati, come a dire “se c’è un tema che preferisco tenere lontano da me, nessuno mi può obbligare ad affrontarlo”. Per capirlo dovremmo immaginare quanto può essere difficile per chiunque affrontare una particolare tematica che, per motivi personali, risulti molto delicata. Una sorta di tasto dolente, qualcosa che non si vuole esternare ma che, anche se si tiene nascosto, a un certo punto ostacola il rapporto con gli altri.

Per assurdo, invece di favorire la condivisione di queste difficoltà, si preferisce spingere verso la chiusura, costruirsi la propria bolla e, senza dare spiegazioni, restare nel proprio safe space. In realtà ognuno di noi ha i propri tasti dolenti, grandi o piccoli che siano: tutti possiamo pensare a qualche tematica delicata che preferiamo non affrontare con gli altri. Magari non si tratta di argomenti che vengono trattati quotidianamente nelle nostre lezioni, però quante volte ci capita, in una conversazione, di trattenerci dall’esprimere un giudizio su qualche argomento? Quante volte preferiamo far finta di niente piuttosto che affrontare apertamente qualcuno di diverso da noi? Di fronte ad una persona estranea e diversa da me ho sostanzialmente due atteggiamenti possibili. Da una parte posso scegliere di ignorare del tutto, quasi negare, la diversità che c’è, ma questo in genere non viene spontaneo, richiede uno sforzo e la conclusione è che ho bisogno di regole precise per capire come comportarmi in ogni situazione. L’alternativa è accettare di essere me stesso e che l’altro sia diverso da me: riconoscere la diversità, senza bisogno di censurarla o di nasconderla, ma anzi accogliendola come una ricchezza e affrontandola con semplice umanità. Pensando alle persone a cui siamo più legati, è immediato riconoscere che tra di noi non ci sono muri o regole alla conversazione, anzi affinché nasca un’amicizia vera è necessario prima di tutto essere disposti a rompere la bolla propria e altrui. Lo stesso vale quando si affronta un testo o una tematica difficile: solo lasciando andare le protezioni e accettando la fatica, possiamo spingerci al fondo della questione, coglierne tutti gli aspetti e maturare una posizione che sia cosciente e soprattutto che sia davvero nostra. Tornando al vicino di banco che non hai mai visto prima, quello a cui all’inizio di questo articolo hai osato chiedere “Where are you from?”. Secondo la logica sopra descritta, di fronte a lui non ci sono temi che puoi affrontare con sicurezza, senza correre il rischio di urtare la sua sensibilità. Dovresti pesare il tuo discorso e magari trattenerti dal dire alcune cose. Ma è meglio non dire nulla, avendo la certezza di essere nel giusto, oppure rischiare di dire la cosa sbagliata, cercando un rapporto sincero? È questa l’alternativa di fronte alla quale ci troviamo nei rapporti di ogni giorno, con i compagni di corso, gli amici o i professori. Sta a ognuno scegliere fino a che punto valga la pena di rischiare. 7


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DISCOVERING MILAN

TOUR PER LA CITTÀ CON GLI STUDENTI STRANIERI DEL POLI a cura di G. Mauri

Milano, 27 ottobre: un Sabato d’autunno, la pioggia che batte sulle strade di Milano e il freddo che inizia a farsi sentire. Ci troviamo con un gruppo di ragazzi a Cadorna, sotto il monumento dell’Ago e Filo: sembriamo persone che non hanno nulla in comune, alcuni di noi sono italiani mentre gli altri vengono da ogni parte del mondo. È l’inizio del tour guidato organizzato dai ragazzi di Lista Aperta per gli studenti stranieri che sono venuti in questo periodo a studiare al Poli. Pensato per loro totalmente in lingua inglese, il percorso all’interno del centro storico propone tre delle chiese della città più care ai milanesi. Il ritrovo iniziale ha permesso di conoscerci un po’ meglio, sono rimasto colpito dal fatto che tre miei compagni di corso che avevo invitato un po’ distrattamente fossero venuti carichi di un entusiasmo che non mi sarei aspettato. La prima chiesa è stata San Satiro in via Torino. Fu eretta a seguito di un miracolo quando nel 1242 un dipinto della Vergine con Bambino fu visto sanguinare dopo essere stato pugnalato con un coltello. Nella seconda metà del Quattrocento fu edificata la struttura attuale su progetto del Bramante. La caratteristica principale è il finto coro stuccato, capace di ricreare una profondità con il sapiente uso della prospettiva, per cui i 97 cm disponibili si trasformano in 9.7 metri per un osservatore posto al centro della 8

chiesa. Ci siamo poi spostati verso corso Magenta per entrare nella splendida San Maurizio al Monastero Maggiore. Costruita nel Cinquecento, ha rappresentato il più importante monastero femminile della città. I numerosi affreschi all’interno rappresentano le storie di martiri e scene della Bibbia. Una parete al centro della chiesa divide l’aula dei fedeli da quella delle monache, costituendo un particolare divisorio che la rende unica nel suo genere. L’ultima tappa ci ha portati presso la Basilica di Sant’Ambrogio, la chiesa più importante di Milano insieme al Duomo. Costruita per volere del vescovo milanese Ambrogio a partire dal 379, essa è stata modificata nei secoli. Esempio di stile romanico lombardo, al suo interno si può osservare il preziosissimo altare d’oro e argento e la colonna del serpente di Mosè, a cui i milanesi si rivolgono per scacciare alcuni tipi di malanni. Verso sera siamo andati in un oratorio nei pressi della basilica dove ci siamo riscaldati, cantando insieme con una chitarra, tè e cioccolata calda. Il canto finale “O mia bela madunina” ci ha permesso di trasmettere un po’ di milanesità nel cuore di tutti i partecipanti. Questo pomeriggio di condivisione ci ha dato la possibilità di portare alcuni tratti della storia milanese e italiana a studenti appartenenti a culture e religioni completamente diverse dalla nostra. Proprio questa diversità è stata al centro

della nostra proposta e ci ha permesso di ribaltare quell’idea sempre più dilagante che la condivisione dei propri ideali e delle proprie abitudini, porti in sé il rischio di offendere o ferire chi invece non li approva. Infatti, pur avendo religioni differenti e background culturali variegati, il fatto di mostrar loro la bellezza delle nostre chiese ha creato una condivisione di esperienze vive e vissute. Un esempio è stato la spiegazione ad un ragazzo iraniano di cosa significassero le immagini bibliche dell’Arca di Noè, le raffigurazioni di alcuni santi o il valore del sacramento della confessione per i cristiani: ciò che per noi, che abbiamo una cultura occidentale, poteva apparire scontato, è invece stato motivo di dialogo e arricchimento per entrambi. Perchè un arricchimento anche per noi? Conoscevamo già quelle storie e quelle chiese. Tuttavia, episodi come questo sono stati l’occasione per uscire dalla nostra comfort zone, aprendoci a qualcuno di nuovo e ridando le ragioni di cose che da tempo ritenevamo ovvie. Non siamo abituati a incontrare e parlare liberamente a degli stranieri della realtà che viviamo o della nostra posizione riguardo a certi argomenti. Può essere la ricchezza della nostra cultura e la bellezza delle nostre opere il punto d’incontro per un vero dialogo?


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Santa Maria presso San Satiro

Finto coro stuccato

Basilica di Sant’Ambrogio San Maurizio al Monastero Maggiore

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VIVERE L’ATENEO INTERVISTA AL RETTORE FERRUCCIO RESTA a cura di E. Buttolo

dell’Ateneo mi invitava. Lo sento proprio come una responsabilità: esattamente come quando mi invita il Presidente della Regione Lombardia o il Sindaco. Ancora di più perché si trattava di persone che iniziano ora il loro percorso al Politecnico, le matricole: quando ti trovi davanti a qualcuno di nuovo, devi avere un’attenzione particolare, non puoi permetterti di farlo aspettare. L’ultimo motivo è perché me lo avete chiesto voi: i rappresentanti degli studenti sono per me una parte fondamentale del Governo dell’Ateneo. Governo con la G maiuscola, quello positivo, quello che si prende le responsabilità di tenere il timone dritto di un’istituzione che oggi è sempre più importante. I rappresentanti lo sanno che per me non sono rappresentanti degli studenti, ma rappresentanti dell’Ateneo. Questo è difficile perché ogni tanto tutti noi dobbiamo sforzarci di avere una visione non sul nostro interesse, ma verso l’interesse di un’istituzione che vede anche noi come parte integrante di essa. Sono passati due anni dalla sua elezione: cosa c’è di diverso oggi rispetto al 2016, sia rispetto al lavoro che sta portando avanti sia nel modo in cui concepisce il suo ruolo? La realtà ha rispettato le sue aspettative?

La sera del 23 ottobre si è tenuta in Bovisa la “Sagra della Matricola”: in occasione dell’evento, il Rettore ha tenuto un discorso di apertura per accogliere personalmente tutti i partecipanti: in particolare ha augurato a tutti di poter vivere a pieno questi anni di università senza correre via appena finita la lezione, ma approfittando di tutte le opportunità che il Politecnico offre. Colpita dalle sue parole, oltre che dalla grande disponibilità dimostrata nel dedicarci un po’ del suo tempo, ho deciso di intervistare il Rettore per approfondire con lui alcuni aspetti del suo lavoro che mi interessavano particolarmente. 10

Nell’ascoltare le sue parole alla Sagra della Matricola, sono rimasta molto stupita dal suo interesse verso noi studenti. Cosa l’ha spinta ad accettare il nostro invito? Che interesse ha ad incontrare gli studenti e come intende il rapporto con loro all’interno del suo lavoro? Innanzitutto mi stupisce il fatto che lei sia sorpresa. Nel senso che l’Ateneo è fatto da docenti, da personale tecnico amministrativo e da moltissimi studenti, che ne sono una parte integrante. Ho accettato l’invito perché una parte istituzionale

C’era sicuramente più paura: la responsabilità fa paura e non c’è niente da fare, se qualcuno ti dice qualcosa di diverso secondo me sbaglia. La paura è un sentimento che ti mantiene vicino alla realtà: un sentimento umano che, in qualche maniera, ti costringe ad essere attento e non trascurare le cose più importanti. Anche se oggi una parte di questa paura è passata, rimane la difficoltà. In questo ufficio arriva gente con le richieste più disparate. Per tanti anni ho fatto il Direttore di Dipartimento e il Delegato del Rettore: quando non riuscivo a rispondere, mi voltavo e c’era sempre qualcuno a cui passare il testimone. Ecco oggi invece questo qualcuno non c’è e questa è una grande responsabilità, a volte ancora una difficoltà, soprattutto quella di dare una risposta che vada al di là del contesto: va data una risposta nel quadro generale, mentre spesso la richiesta è particolare, specifica. Questa, per esempio, è una difficoltà che è rimasta. Fortunatamente, posso contare su una buona squadra al mio fianco. In questi due anni però - io in questo sono un progettista, un ingegnere - c’era un programma ben chiaro, espresso nei famosi cinque verbi [Unire, Attrarre, Abitare, Anticipare, Funzionare], che descrivevano un po’ la nostra impostazione, un piano strategico che abbiamo sintetizzato così. In quei cinque verbi c’è tutto: dove vogliamo andare,


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perché ci vogliamo andare e come ci andremo con le misure specifiche. Fra qualche mese diremo proprio a che punto siamo, lo stiamo misurando esattamente. Saremo al giro di boa: i primi tre anni. Si dovrà completare il piano strategico e l’anno prossimo sarà una parte molto interessante, perché riprogetteremo il secondo triennio. Quindi, in sintesi, quello che è successo in questi due anni è che abbiamo messo a terra un progetto e lo stiamo monitorando attentamente, l’anno prossimo dobbiamo completarlo e arrivare così al secondo triennio. Ci stiamo muovendo sempre più verso una direzione di internazionalizzazione, che ha dettato molti cambiamenti all’interno dell’Ateneo, a partire dalla didattica in lingua inglese. Come questo influisce sulla visione che il mondo ha del Politecnico e come l’internazionalizzazione può essere una risorsa per uno studente italiano che frequenta il Politecnico? La domanda pone il problema da un punto di vista corretto: oggi c’è un’equazione “internalizzazione uguale estero” che va smantellata. Essere internazionali non vuol dire stare all’estero, al di là delle Alpi. Si può essere internazionali stando a Milano, in Italia, nel nostro Paese. Naturalmente dobbiamo essere legati ad un contesto internazionale e quindi avere le relazioni con il mondo globale, confrontarci con i migliori Atenei perché lo studente sceglie il meglio, non gli interessa che sia a Milano, a Monaco, a Parigi o a Londra. Dobbiamo quindi misurarci con queste realtà. Dobbiamo avere un contesto internazionale e questo vuol dire avere i miglior docenti: se questi ci sono qui, bene, se no dovremo andare a cercarli. Vuol dire avere i migliori studenti, i migliori laboratori, le migliori attrezzature, acquistandole qui o dall’altra parte dell’oceano. Quindi essere in un contesto cosmopolita vuol dire dare la possibilità a quarantamila studenti di respirare un’aria internazionale in Italia. Questo è l’obiettivo, quindi è corretto parlare di che cosa vuol dire per uno studente italiano vivere un contesto internazionale: non tutti si possono permettere di fare la Magistrale all’estero, non tutti si possono permettere di prendersi del tempo per studiare le lingue, o fare un master o una summer school. Siamo un’università statale, per cui abbiamo il dovere di fornire un percorso di studi estremamente di qualità (su questo possiamo essere i più severi possibili), ma che sia accessibile a tutti. E se oggi uno studente ha bisogno, oltre che di una preparazione di qualità, di una esperienza internazionale, noi gliela dobbiamo fornire. È questo

il percorso che stiamo facendo e, affinché sia possibile, bisogna avere una classe internazionale, in cui la lingua inglese è uno strumento per comunicare, soprattutto all’inizio, quando questo contesto internazionale deve essere creato. Il Politecnico è una realtà unica che unisce tre Scuole apparentemente molto diverse: Architettura, Design e Ingegneria. Perché storicamente si è scelto di unirle in un unico organismo? Che valore possono portare l’una all’altra? Quali realtà esistono all’interno dell’Ateneo di interazione e cooperazione tra architetti, designers e ingegneri? Innanzitutto non si è propriamente scelto di unirle in un unico organismo: è stata un’evoluzione del nostro Ateneo. Le tre Scuole non sono così diverse come si pensa e le diversità comunque sono un valore. Ci unisce la caratteristica di essere tutti progettisti: chi progetta oggetti di design, chi una costruzione, chi una casa. Il progetto è il DNA che accomuna tutti gli studenti del Politecnico: l’informatico, l’architetto, l’urbanista. Da questo punto di vista c’è veramente qualcosa che ci accomuna e ci unisce nella volontà di essere parte di un unico Ateneo. Le decisioni infatti vengono prese nel rispetto e dell’interesse di tutti. Anche la gestione delle Scuole segue un filo comune, seppur prendendo atto delle differenze, per esempio nei modelli didattici. Come sempre, le differenze non devono spaventare: dobbiamo capirle e valorizzarle, così si ottiene un grosso arricchimento; se fossimo tutti uguali sarebbe una tragedia. Ci sono opportunità di confronto, attività di ricerca che vedono coinvolti designer con ingegneri meccanici, gestionali, chimici o informatici. Perché oggi un prodotto di design è anche un prodotto di tecnologia, fatto di materiali. Ci sono poi progetti che combinano l’urbanistica con gli aspetti tecnologici: le smart cities, con tutta la conseguente gestione dei dati. Oggi infatti, non è possibile trovare delle soluzioni adeguate alle sfide che il mondo ci pone, se non si mettono insieme delle competenze che abbiano una risposta disciplinare e scientifica, ma che tengano conto anche del contesto. Quindi essere una Scuola che mette insieme tutto questo, ha un grande valore. Sicuramente vale per l’ingegneria, che sarebbe troppo arida se non avesse a fianco l’architettura e il design, che danno rispettivamente l’approccio delle scienze umanistiche e la creatività. Ma vale anche viceversa per le scuole di architettura e design, che nel mondo sono incardinate nelle scuole di arte e quindi mal riescono nell’interpretare le tecnologie. Dal punto di vista dello studente, l’Alta Scuola Politecnica è un esempio di come questa cooperazione sia possibile. Ci sono progetti assolutamente trasversali alle Scuole e lo studente si può trovare in un team insieme ad un ingegnere, un architetto o un

designer. Adesso stiamo lavorando anche sul tema delle borse di dottorato interdipartimentali, in modo che il dottorando sia una figura trasversale fra l’una e l’altra Scuola. Si potrebbe e si dovrebbe andare anche verso una maggiore trasversalità in termini di Laurea Magistrale. Quello che stiamo facendo, per esempio con programmi di innovazione della didattica, è promuovere corsi il più possibile interdisciplinari. La didattica innovativa può voler dire per un architetto mettersi alla prova con qualcosa di tecnologico e per un ingegnere frequentare corsi attinenti all’etica. Questa opportunità di scambio quindi c’è a livello di ricerca, a livello di studenti dell’Alta Scuola e di dottorandi. Adesso la sfida è portarla il più possibile alla comunità intera. E dunque quali sono i frutti che si stanno raccogliendo? Ovvero ci sono esperienze positive di laureati che ora lavorano e rimangono in contatto con l’università? La comunità dei nostri Alumni è oggi sempre più estesa: abbiamo oltre centocinquantamila persone (nostri laureati) che sono contattate. Non tutte partecipano alla vita dell’Ateneo, però trentamila partecipano attivamente, attraverso una donazione o attraverso risorse di tempo, di impegno via dicendo. L’ultima reunion dei nostri Alumni è stata ai primi di novembre: milletrecento persone al teatro Dal Verme per confrontarsi sul delicato tema del fallimento. Il fatto che un Ateneo come il Politecnico si fermi a parlare del valore del fallimento è importante. Sul palco c’erano sei nostri ex-alunni: da chi si era laureato nel ‘58 a chi pochi anni fa e ancora naviga nei primi anni della propria impresa. Tutti a parlare di come vivere il fallimento, di quali sono gli stati d’animo. Ecco, io credo che per quel ragazzo e per tutti i neolaureati che erano lì, sentire i differenti punti di vista sia stato veramente un momento formativo. Stasera [21/11/208 n.d.r.] incontrerò in Aula Magna un gruppo di ex-allievi, The Circle, che investono in borse di studio per studenti. La cosa particolare è che questi studenti vengono affiancati direttamente da chi ha donato la borsa di studio: i ragazzi che la ricevono possono direttamente rivolgersi a questi donatori, in qualsiasi parte del mondo per chiedere dei consigli. Sono tutti professionisti di alto livello, come l’amministratore delegato dell’Enel: avere il suo numero di cellulare per chiedergli cosa pensa di un certo tema secondo me ha un grande valore. La comunità degli Alumni è una comunità che abbiamo riavviato, perché c’era un’associazione di ex-allievi che non funzionava abbastanza bene. L’abbiamo riavviata solo nel 2012, quindi è abbastanza giovane, ma i risultati sono importanti. Quello che emerge è che c’è un grande orgoglio nell’essere contattati e un fortissimo desiderio di partecipare. 11


Tentacoli di giudizio a cura de il Team di Lista Aperta

WORK IN PROGRESS

ECCO SU COSA STA LAVORANDO IL NOSTRO TEAM DI RAPPRESENTANZA ED I PASSI FATTI NEGLI ULTIMI MESI

#DOING DSU: IDONEI=ASSEGNATARI Anche per quest’anno stiamo lavorando affinché tutti gli idonei a ricevere la borsa di studio DSU risultino beneficiari. Nonostante un notevole aumento degli idonei anche per l’anno accademico 2018/2019, dovremmo riuscire a garantire che tutti gli studenti con i requisiti ricevano effettivamente la borsa. Potete consultare il nostro sito per gli aggiornamenti dopo il Cda del 27 novembre.

PRESTITO D’ONORE Il prestito d’onore è uno strumento molto importante e utile che permette agli studenti di poter sostenere i propri studi chiedendo un prestito di denaro attraverso il Politecnico. La reale convenienza si basa sul fatto che il tasso di interesse risulta essere molto ridotto (solitamente tra l’1 e il 2%) e che la somma di denaro può essere restituita dopo un certo lasso di tempo dalla fine degli studi. Abbiamo già chiesto più volte e continuiamo a chiedere che il servizio del prestito d’onore, non funzionante purtroppo da circa un anno, venga riabilitato per tutti gli studenti del Politecnico nel minor tempo possibile.

MAKE BOVISA GREAT AGAIN Abbiamo continuato a lavorare affinché non sia sottovalutato il problema della vivibilità in università. In particolare in Bovisa abbiamo notato la mancanza di un posto al chiuso in cui mangiare il proprio pasto, quando portato da casa, e le lunghe code che si creano per scaldarlo, nonostante ciò abbiamo fatto aggiungere nuovi microonde al primo piano dell’edificio B12. Per questo motivo stiamo chiedendo che ne vengano aggiunti altri. Un’altra problematica importante riguarda il fatto che non ci sono gli adeguati spazi per studiare una volta finita lezione. Abbiamo portato in Commissione Permanente degli Studenti una proposta per ottenere un aumento di circa 60 posti studio nell’edificio B2 del campus Durando. Si sta inoltre lavorando per incrementare le postazioni studio all’edificio B8 dello stesso campus. Attendiamo come sempre anche i vostri suggerimenti! 12

SOVRAPPOSIZIONI APPELLI LAUREA MAGISTRALE

FORMAZIONE INIZIALE E TIROCINIO (FIT)

Negli ultimi mesi il tema delle sovrapposizioni delle date di esame per le scuole di Ingegneria è stato molto discusso. Abbiamo incontrato le segreterie didattiche dei dipartimenti e stiamo portando avanti in parallelo tre diverse linee con obiettivi a breve, medio e lungo termine.

Il CNSU (Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari) si riunisce a Roma una volta al mese per portare all’attenzione del Ministero dell’Istruzione alcune questioni delle università italiane gestite a livello centrale.

Breve termine: per ogni Corso di Studi abbiamo incontrato le segreterie e i docenti che gestiscono le date degli appelli, cercando di risolvere le situazioni più critiche della prossima sessione. Medio termine: abbiamo introdotto una nuova modalità di calendarizzazione degli appelli che permette, a chi fissa le date, una maggiore consapevolezza delle possibili sovrapposizioni ed aiuta quindi a far sì che queste non si verifichino. Lungo termine: con le segreterie di Scuola abbiamo chiesto all’Area Servizi ICT di Ateneo di “centralizzare” la gestione degli appelli anche di Laurea Magistrale e automatizzare la creazione del calendario della sessione mediante l’introduzione di un software adeguato.

SPAZI IN LEONARDO Anche in Leonardo ci muoviamo con una serie di azioni volte a migliorare la vita di tutti i giorni in università: abbiamo aperto un dialogo in Commissione Permanente degli Studenti riguardo alle problematiche dei cablaggi e del condizionamento in diverse aule. Inoltre, a seguito di nostre segnalazioni, abbiamo ottenuto l’aggiunta di 8 microonde all’edificio 5 ed 8 all’edificio 4, siamo in contatto con gli uffici per monitorare e migliorare il servizio degli armadietti. Siamo infine continuamente al lavoro con il Rettore e l’Area Gestione Infrastrutture e Servizi per rispondere poco alla volta - alla grossa esigenza di posti studio nel Campus.

Tra i temi dell’ultimo periodo ci racconta la nostra rappresentante Anna Brazzini - ve ne è uno che può essere di interesse per chi, tra i nostri lettori, avesse intenzione di fare l’insegnante. Come saprete, da più di un anno il TFA ha lasciato il posto al Percorso FIT, così come previsto dal decreto della Buona Scuola. Secondo questo sistema, uno studente per abilitarsi alla professione di insegnante deve conseguire 24 CFU in materie antropo-psico-pedagogiche per poter accedere al concorso, a seguito del quale deve svolgere un tirocinio triennale. È probabile però che il FIT cambi ancora, passando da un percorso di tirocinio triennale ad uno annuale, anche se ad oggi è ancora difficile fare considerazioni in modo sicuro e definitivo. Possiamo tuttavia proporre alcune generali valutazioni: innanzitutto non sono più tollerabili cambi così repentini della disciplina dell’accesso all’insegnamento, perché agli aspiranti docenti non è data alcuna garanzia e stabilità sul proprio futuro. Inoltre, a tutti coloro che l’anno scorso hanno conseguito quei 24 crediti non più vincolanti per poter accedere al concorso - è necessario dare delle risposte e delle tutele. Non è facile scendere a compromessi, e ancor più difficile, spesso, è trovare il modo giusto per proporre ed essere ascoltati, ma su un argomento così delicato, che decide il futuro di coloro che formano le nuove generazioni, siamo convinti che sia necessario continuare a muoversi e a lavorare nel modo più incisivo possibile.


Polipo • Dicembre 2018

#DONE SERVIZI RISTORAZIONE DSU A seguito di una nostra proposta, sono state allineate le tempistiche di erogazione del servizio di ristorazione per gli studenti dei primi anni e degli anni successivi. Gli anni scorsi uno studente che fosse beneficiario del DSU per due anni di fila, al secondo anno si trovava tra il 6 e il 30 di novembre a non poter usufruire del buono pasto per via delle tempistiche di distribuzione non allineate. Da quest’anno il problema verrà risolto, garantendo una copertura dei buoni pasto per un anno completo. Sottolineiamo che questa problematica esula dalle complicazioni avute con il nuovo sistema dei buoni pasto, sulle quali abbiamo lavorato e stiamo lavorando in collaborazione con gli uffici dei Servizi per il Diritto allo Studio.

RIDUZIONE DELLE TASSE PER PARTICOLARI CATEGORIE A partire dall’anno accademico 2018/2019, è finalmente possibile inserire nel Piano di Studi fino a 32 CFU (non più 30) per ottenere una riduzione sulle tasse universitarie, pagando il 25% del contributo omnicomprensivo, sia per gli studenti iscritti al Politecnico sia per gli iscritti ai Corsi Singoli. La stessa riduzione è stata reintrodotta per gli studenti prossimi alla conclusione degli studi, cioè gli studenti con un Piano di Studi completo per l’anno accademico 2017/2018, che sostengono tutti gli esami negli appelli del 2017/2018 e si laureano dopo l’ultima sessione di laurea del 2017/2018. In questo modo essi evitano di pagare prima e seconda rata piena come succedeva nell’a.a. precedente.

TRIP ADVISOR ERASMUS Negli ultimi mesi abbiamo lavorato ad una piattaforma che potesse essere utile sia per condividere le esperienze dell’Erasmus, sia per porre domande sulle mete in modo da facilitare la scelta. Questo strumento è attivo da giugno ed è utile che venga popolato con le esperienze di tutti noi studenti. Potete trovarlo cercando tra i canali di Beep la “Mobilità internazionale”.

MADE BOVISA GREAT AGAIN Novità nel B12! A seguito delle nostre numerose proposte, al primo piano è stata aperta un’area con 6 microonde e sono state aggiunte circa 60 postazioni studio cablate. Inoltre sotto alla mensa del Campus La Masa (edificio B24), è stata aperta un’altra aula con circa 30 postazioni studio cablate.

#NEWS TOL : TEST D’INGRESSO DI INGEGNERIA In questo momento dobbiamo fare i conti con un problema di sovraffollamento al Politecnico che genera classi con un numero troppo elevato di studenti, che influiscono negativamente sulla qualità della didattica. Per questo motivo, dopo numerose riflessioni e dialoghi, è stata modificata la modalità di accesso ai corsi di Ingegneria del Politecnico. Per il penultimo anno di scuola superiore rimane invariata la possibilità di entrare nel corso preferito con qualsiasi punteggio al test maggiore di 60, mentre per l’ultimo anno di superiori verrà stilata una graduatoria basandosi sul punteggio del test e le preferenze espresse, con la possibilità di ripetere il test un massimo di 3 volte, mantenendo il punteggio migliore. Rimane comunque garantita la possibilità a tutti coloro che hanno ottenuto un punteggio superiore a 60 di iscriversi al Politecnico,

INGLESE AL POLI

ma non per forza nel corso di studi desiderato. Con il nuovo modello non sarà più possibile svolgere il test a settembre (che noi abbiamo fortemente chiesto di mantenere), mentre con un punteggio tra 20 e 60 si potrà prendere iscrizione con OFA, ma secondo la graduatoria e fino ad esaurire i posti programmati. Per informazioni più dettagliate potete consultare l’articolo pubblicato sul sito di Lista Aperta.

Un po’ di chiarezza dopo la tanta confusione dei mesi scorsi. A seguito del parere favorevole del MIUR riguardo alla necessità di avere minimo tre insegnamenti in lingua italiana nei corsi di Laurea Magistrale, ogni Corso di Studi del nostro Ateneo ha cominciato a lavorare sulla implementazione dell’offerta formativa per l’a.a. 2019/2020, cercando di definire quali insegnamenti sia più opportuno svolgere in una lingua o nell’altra.

LA SEZIONE DELLA MATRICOLA Abbiamo introdotto una nuova sezione sul sito di Lista Aperta interamente dedicata alle matricole o a chi, per certi aspetti, si sentisse ancora un po’ matricola: mappe, guida per le tasse, informazioni per erasmus, biblioteche e libri, Piano di Studi e molto altro. Da non perdere! 13


Tentacoli di giudizio

E TU, COSA DIRESTI A UNA MATRICOLA? SAGRA 2018: PERCHÈ NE È VALSA LA PENA a cura di M. Bravi

L’idea della Sagra della Matricola è nata chiedendosi quale fosse il metodo più efficace e bello per accogliere le matricole, mostrando semplicemente ciò che viviamo in università nell’amicizia tra di noi. Per questo dal 2015 abbiamo scelto di organizzare una serata così: cena in compagnia e giochi insieme. Una matricola, quando inizia i primi mesi di università, si accorge di come tante cose cambino rispetto alle superiori. Il luogo dove passa la maggior parte del suo tempo diventa l’università, iniziano a nascere rapporti con i nuovi compagni di corso e magari diventano un po’ più complicati quelli con gli amici delle superiori. Anche il modo di rapportarsi con i propri genitori può cambiare. Anche io, come tutti, sono stato una matricola e, per di più, ho vissuto per 3 anni a Piacenza come fuori sede. Quando ti trovi così, per la prima volta in un’aula affollata e in una città nuova dove non conosci nessuno, ti senti un po’ come un primino di 14 anni per la prima volta alle superiori. Tutto sembra distante,

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Polipo • Dicembre 2018

sconosciuto e troppo grande rispetto a te. Proprio nel mezzo di tutta questa incertezza, è nata la mia amicizia con i ragazzi di Lista Aperta, la stessa amicizia che mi ha spinto poi a candidarmi con loro per la rappresentanza. La possibilità di condividere lo studio, gli esami e le fatiche è ciò che più mi attrae delle persone che ho incontrato qui e, in parte, è proprio perché volevo dei rapporti così che ho iniziato il Politecnico. Avendo frequentato un istituto tecnico meccanico a Milano, subito dopo

il diploma ho fatto un’esperienza di tre mesi in un’azienda. Ero già inserito nel mondo del lavoro e, anche se gli esami di ingegneria mi interessavano, non era per niente scontato che decidessi di iscrivermi all’università. In quel periodo però ho conosciuto casualmente degli amici di mia sorella, che facevano l’università insieme a lei. Li vedevo contenti e mi avevano colpito: volevo anche io qualcosa così. Quindi a Settembre ho deciso di provare il test d’ingresso, ma sono entrato a Piacenza, dove davvero non conoscevo nessuno, trovandomi così di fronte

all’esatto opposto di quello che mi aspettavo. Con il tempo, ho iniziato a conoscere i miei compagni e ho scoperto che alcuni di quelli di cui ero diventato amico, facevano parte di una lista studentesca, Lista Aperta. Così ecco che dopo tre anni ritorno a Milano per continuare qui i corsi e i ragazzi di Lista Aperta, con cui ho lavorato in questi anni, mi propongono di aiutarli ad organizzare la Sagra della matricola. Inizialmente non ho dubbi: certo che ci sono. Pensandoci però, mi sembra che ci sia qualcosa di assurdo: perché mai bisognerebbe impegnarsi ad organizzare una serata per cinquecento persone? I tavoli, il cibo, la sala, montare e smontare tutto l’allestimento. Senza il minimo guadagno. Perché dovrebbe valerne la pena? C’ho pensato un po’, poi ho detto di sì. A chiedermelo erano stati i miei amici e volevo che chiunque potesse incontrare qualcuno come loro: volevo che anche gli altri potessero conoscere nuovi compagni di corso e persone più grandi in università, così come era stato per me con gli amici di mia sorella. Tenendo fisso in mente questo pensiero, ho invitato alla Sagra tutti i miei amici, alcuni di loro mi hanno aiutato a organizzare e sono venuti a cucinare o ad allestire. Pensare a loro mi fa sentire fortunato e vorrei che tutti facessero esperienza di una cosa così. Credo che il senso della Sagra sia proprio questo: invitare ogni matricola a cercare nelle proprie giornate degli amici con cui condividere tutto, affinché l’università non sia solo qualcosa da fare, ma qualcosa da vivere. 15


Tentacoli di giudizio

CICATR/CI

UN VIAGGIO DI EMOZIONI E VERIFICHE PER SCOPRIRE LA MERAVIGLIA CHE È IN OGNUNO DI NOI NATO DALLA COLLABORAZIONE DI B.LIVE E +LAB a cura di G. Doni

Ho conosciuto CICATR/CI alla Triennale di Milano: vedere il +LAB, il laboratorio di stampa 3D del Politecnico di Milano, tra gli autori del progetto, mi ha incuriosita e spinta ad entrare. Uscita da lì, continuavo ad avere davanti agli occhi le 41 facce di chi aveva accettato di trasferire le cicatrici della propria vita sulla Venere o sul David. Perché anche le nostre cicatrici non possono essere belle? A cosa serve la stampa 3D? CICATR/CI è la sconvolgente risposta a queste domande. Il progetto è nato dall’incontro tra il +LAB e Carolina, una studentessa del Poli che ha proposto di far conoscere la stampa 3D a chi, come lei, fa parte di B.LIVE, un contenitore di attività per ragazzi affetti da gravi patologie croniche. Poche settimane fa sono entrata in quello strano laboratorio di chimica che è il +LAB e ne sono uscita avendo conosciuto queste persone e la loro storia, tramite il racconto di Alessia e Gilli. Chiudendo il catalogo che mi hanno regalato, ripenso a Carolina, agli altri ragazzi del +LAB e ai B.LIVERS: nessuno di loro all’inizio poteva sapere cosa sarebbe nato. Nessun intricato progetto sta dietro a questa bellezza oltre i canoni. Solamente delle persone che si sono incontrate e hanno messo in gioco tutto di loro, affidandosi l’un all’altro.

Auguro a chi spenderà parte del suo tempo su questa pagina di prendere sul serio se stessi e chi si incontra, come mi hanno costretto a fare CICATR/CI e questo giornale. E come mi hanno invitato a fare sia lo specchio, tra le foto dei 41 autori, che i fogli per abbozzare la propria Venere, presenti alla mostra. Nell’esprimere la mia gratitudine per questo incontro, voglio citare in modo particolare: Stefania Spadoni, che ha fotografato le opere, +LAB (www.piulab.it), e in particolare +ABILITY (piuability.it), che riguarda progetti con persone con diverse esigenze, abilità, e B.LIVE (bliveworld.org). 16

IL GUSCIO / È svelare un’opera di cui sei autore solo in parte e riconoscere, di te, ciò che sai, ma anche vedere qualcosa che non sapevi. È [...] essere sopraffatto della bellezza di questo assolutamente fortunatamente imperfetto universo umano. Pensavo fosse un’incapacità di mettere insieme i pezzi, all’inizio. Ma l’opera mi ha rivelato che invece è il guscio, il problema. È quel continuo cercare di proteggersi dove si è rimasti feriti, creando strato dopo strato un’armatura perfetta, un guscio immacolato, una bianca cicatrice.

DASH OF SASS /“non importa, quasi tutto si può sistemare e tutto porta con sé qualcosa di meraviglioso”: se riesco a dirlo col sorriso anche chi mi sta intorno, ci crede. E quindi diventa vero, sempre.

IL RITMO CHE AMMALA / Il computer, le telefonate, l’orologio. Ore 23: incubo e liberazione. È lì, la cicatrice. Cominci a credere che la vita va vissuta in quel modo. Non è vero. E la cicatrice s’allarga. Diventi aggressivo e assente. Conta solo il tuo ruminante lavoro. Devi fermarti. Ci sono voluti due anni per riscoprire gli altri. E quindi me stesso. Riflettere su una fretta inutile. Riprendere il senso delle cose, riscoprire la fiducia e capire che senza fiducia non c’è comunità. La cicatrice? È lì, ma non si allarga più.

SPIRALI / Vedere quelle ferite, fisiche interiori, trasferite su un (s)oggetto che è altro da me, è stupendo. Dona loro dignità. Significa forse accettarle finalmente per quello che sono: [...] È necessario fermarsi e prendersi un momento per sé, scovare queste paure e riconoscerle, per trovarne nella bellezza.


Polipo • Dicembre 2018

CHRISTOPHER NOLAN

INGENIEUR DI ILLUSIONI E ARCHITETTO DI SOGNI a cura di S. Piersigilli e M. Di Vieste

1311 minuti di pellicole, 10 opere e circa 22 ore di viaggi interstellari e spettacoli mozzafiato richiedono l’attenzione di uno sguardo che si muova nello spazio e nel tempo. Per gli amanti della settima arte c’è un mondo di dettagli che aspetta solo di essere scoperto e analizzato. Tra pubblico e cast un patto narrativo: lo sancisce il regista. Christopher Nolan. Ma chi è quest’uomo di insaziabili aspettative e grande talento? Inizia la propria carriera cinematografica molto giovane: a 19 anni produce il suo primo cortometraggio e a 28, con un budget di appena 3000 sterline, occupandosi della scrittura, sceneggiatura e regia di Following, fa il primo passo di un percorso che lo vede oggi tra i grandi del cinema. In Following spiccano molti degli elementi distintivi del genio artistico di Nolan, che, pur limitato da una scarsa disponibilità di risorse, riesce nel contesto di un film mediocre dal punto di vista di riprese, effetti speciali e cast, a coinvolgere lo spettatore, destando l’attenzione della critica. “Quando pensi allo stile visivo, quando pensi al linguaggio visivo di un film, tende ad esserci una naturale separazione tra lo stile visivo e gli elementi narrativi, ma con i grandi, […] quello che vedi è inseparabile, una relazione vitale tra le immagini e la storia che si sta raccontando.” Con “grandi” Nolan si riferisce a Kubrick, a Malick, a Hitchcock, ma lui stesso arriva a superare la “naturale separazione” di cui parla: coerentemente con il suo pensiero, costruisce le proprie opere d’arte, disseminando tutti i film di spunti e domande ricorrenti. L’esoscheletro e il cuore funzionano assieme, sono indispensabili l’uno

all’altro: è una regia la sua, di costruzioni che sostengono il contenuto e di contenuti motori di costruzioni. Il tempo, in cui lo spettatore si trova immerso, viene analizzato in ogni sua dinamica (Interstellar ne è un esempio lampante) e diventa oggetto e soggetto di creazione. Un gioco di flashback e anticipazioni raccontano le sue storie. Le luci si spengono e lo schermo si accende, un titolo bianco, caratteri tipografici senza grazie e si inizia. La prima scena, spesso e volentieri, è la signora Fine che si presenta spavalda. Se l’inizio è la fine allora la fine è solo l’inizio e uscendo dalla sala, Nolan ci affida tutti i dubbi, le domande e le osservazioni dei suoi personaggi e degli intrecci complessi. È qui la differenza tra l’illusionista e l’ingenieur. Nolan attraverso le parole di Michael Caine in The Prestige si appella al suo pubblico: “Ora, voi state cercando il segreto ma non lo troverete, perché in realtà non state davvero guardando. Voi non volete saperlo. Voi volete essere ingannati” (The Prestige) L’inganno, per quanto intrigante, è illusionistico, e muore nello stupore del prestigio; chi assiste al numero, si crogiola nell’ebrezza dell’inganno e non si cura di svelarne il segreto che cela. La percezione del reale è fragile e personale, fra memoria e illusione, passa attraverso volti, ricordi, sentimenti e in primis l’agire dei suoi personaggi. È difficile quindi affezionarsi a una verità, ma Nolan non ci chiede di schierarci, nemmeno tra i buoni e i cattivi, che ricevono dal regista pari attenzione perché ugualmente umani, ma piuttosto ci spinge a seguirlo tra i vari livelli onirici.

I duelli sono così ancora più avvincenti, in The Prestige tra i due illusionisti si gioca una guerra di magia e rivalsa che non favorisce nessuno dei due. È un gioco ad armi pari. Quello di Nolan, è un modus operandi ricco di coerenza: gli elementi ricorrenti non vengono mai semplicemente riproposti allo stesso modo ma seguono un percorso evolutivo costruttivo, come lui stesso ha dichiarato in un’intervista. La visione quasi distopica della realtà, tipica dei primi film (Following, Memento e The Prestige) piano piano lascia spazio a una società meno negativa in cui è valorizzata la libertà dell’uomo. In Insomnia un Al Pacino morente, alla fine di una carriera che ha rischiato di distruggere, si immola per salvare una sua collega e riscattare l’integrità morale, sua e della società che rappresenta. Le ultime parole? Rivolte a noi tanto quanto a Ellie; “Non smarrire la strada”. Il cinema del regista londinese pullula di protagonisti messi alle strette, ma sempre e comunque avvinghiati alla propria, testarda missione di vita. La trilogia di Batman incarna la lotta tra corruzione e bene comune, in cui l’eroe è solo un espediente per incontrare la complessità dell’animo umano. Un’altra idea ricorrente è quella della redenzione dei personaggi nolaniani: una iniziale redenzione eterna e impossibile in Memento che assume sfumature diverse nel corso della produzione. In Inception, Cobb è mosso da un desiderio di salvezza e affrancamento rispetto alla sofferenza che ha causato alla moglie; un tormento che lo accompagna durante tutto il film. Il celebre finale non lascia alcun giudizio: gira una piccola trottola sul legno, il dado è tratto e l’inganno finito; il segreto tutto da svelare.

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Tentacoli di giudizio a cura di Mimmo, Mike, Mudzoo e Lona

RIMANERE DISINFORMATI CROSSWORD CORNER ORIZZONTALE 4. 5. 6. 9. 10.

Ha fatto il Poli e le storie tese Non lo legge nessuno e fa rima con spam Fa la schiuma ma non è sapone Qui al poli crollano insieme alla tua voglia di studiare Sport completo

P O L

I

T A M T A M

VERTICALE

1. scuoladiatene 2. beep 3. sette 4. elio 5. politamtam 6. birra 7. rettore 8. brioschi 9. soffitti 10. nuoto

1. 2. 3. 7. 8.

Un frammento di esso è il simbolo del Poli Utile per censurare le parolacce e consultare tutti i tuoi corsi Numero totale dei Campus del Poli È Magnifico Primo rettore del Politecnico di Milano

FUN FACT!

FUN FACT!

Il frutto della passione si chiama così perchè il suo fiore ha i petali che ricordano la croce e ha tre pistilli come i chiodi della Passione.

Solitamente in un trapianto di reni, il rene nuovo viene inserito nell’addome del paziene ricevente senza sostituire il rene non funzionante, il paziente si trova così ad avere tre reni.

GRAFICI INUTILI Così, senza un motivo preciso

FUN FACT! Il 19 agosto 1965 la città di Singapore è stata espulsa dalla Malesia, diventando il primo paese a guadagnare l’indipendenza involontariamente.

SAFE SPACE @POLIMI Ecco un cantuccio pacifico dove nessuno vi giudicherà per quello che siete!

DESIGN

Un rettangolo

Cielo

Sfida per designers: unisci i punti del disegno e guadagna subito 20 CFU.

Lato al sole della piramide

Pure questo

Lato all’ombra della piramide

Forse anche questo

giallo

rosso

ARCHITETTURA

blu

y Dritto

Ottobre 1865, due studenti del Politecnico decidono di trascorrere un weekend di studio fuori città per preparare il primo compitino di analisi 1. Trascorse poche ore sui libri, presi dallo sconforto e dalla fatica riscontrata, optano per un momento di svago. Rapiti completamente dalle attività di Jenga e Shangai dopo 2 settimane di gioco non solo decidono di lasciare ingegneria ma di condividere coi loro amici questa nuova passione. Nasce così la facoltà di architettura del Politecnico di Milano.

Storto Dritto per un po’ poi si è rovinato

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INGEGNERIA

Volevamo fare una microaggression agli ingegneri ma non abbiamo trovati difetti.


Polipo • Dicembre 2018 a cura di Lecartomantisegrete

POLIPOROSCOPO “E voi? Cosa fate nella vita?” “Be’, noi... Lavoriamo nell’editoria: giornali, riviste di informazione molto specifiche. Non so… Scienza e quelle cose, cioè… diamo indicazioni che poi si riveleranno utili in grosse situazioni, non so, gli esami Proprio… Consigli mirati per una svolta magari anche futura della sessione..Eh? Non so se mi spiego? “ “Sì, insomma.. scriviamo sul giornalino di Lista Aperta. Cioè, non è che proprio facciamo gli articoli… noi scriviamo l’oroscopo, come Cartomanti Segrete, insomma. (2, rivisitata) ARIETE

TORO

GEMELLI

Amore Salute Studio

Amore Salute Studio

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CANCRO

LEONE

VERGINE

Allenati a riconoscere i tuoi limiti, fa sempre bene! Se non mi bocciano loro, mi boccio da solo, perché li capisco. (1, rivisitata)

A furia di balzare lezioni non sai neanche più che faccia hanno i prof: almeno guarda una foto prima dell’esame per rinfrescare la memoria. Davanti alla porta dell’indovino: “Toc, toc...”. “Chi è?”. “Ah, cominciamo bene...” (4)

Amore Salute Studio

BILANCIA

Scoprirai l’arte di studiare per osmosi, dormendo appoggiato ai libri. Attento a non inimicarti tutti i secchioni delle prime file. A volte dorme di più lo sveglio che il dormiente! (2)

Piove sempre sul bagnato; stai all’erta, non sai mai quando il soffitto cederà. Anche il capitano del Titanic lo diceva: “Ma no, ma no, è solo un rumorino da niente!” (2)

Amore Salute Studio

La sessione si avvicina, ma non preoccuparti: gli astri ci dicono che la fortuna sarà dalla tua parte! Quattro e tre otto... che botta di culo! (3)

La leggenda narra che se andrai sufficientemente fuoricorso vedrai concluso il progetto di Renzo Piano. Vedi tu cosa ti interessa di più. Però... Renzo Piano... il grande Renzo Piano... il grande e irreprensibile Renzo Piano! Mamma mia, non sapevo che facesse anche l’architetto. (1, rivisitata)

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SCORPIONE

SAGITTARIO

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CAPRICORNO

ACQUARIO

PESCI

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È un periodo difficile, ma non temere: tutto si risolverà grazie alla compagnia e al (vero) sostegno dei tuoi amici! “Del resto tu sei un ragazzo intelligente, eh, si vede!” “Da cosa?” “Beppe, son frasi fatte... È per dire... Non è che devi star lì ad approfondire tutto...” (1)

Amore Salute Studio

Te la prendi perché il prof non apprezza i tuoi sforzi e ti insulta? Rispondere a tono sarebbe una grande soddisfazione, ma ricorda: ratio istinctum vincit. “Ma no, non ha capito: ignorante nel senso che ignora...” “Allora lei è un imbecille, nel senso che imbelle!” (2)

E così domani ti laurei? Sì, ma niente di serio. (2, rivisitata)

Fare lo slalom tra edili e civili in contemplazione dei cantieri ti sembra surreale? Porta pazienza: non è colpa loro, sono fatti così! “Certo che è una situazione Kafkiana...” “Ma, precisamente, questo Kafkian, chi è?” (1)

La colazione è il pasto più importante della giornata: dedicale il suo tempo, quello giusto però... il prof non aspetta!! “Va be’, finisco di mangiare la peperonata e scendo!” “Peperonata? Alle otto del mattino? Mezzogiorno... topi morti?!” (2)

Giorno e notte sul progetto, la macchinetta oramai è diventata la tua miglior compagna di studio e di vita, ma attento che non distribuisce crediti.“Ma che, ti sei bevuto il cervello?”. “Sì, e c’è stato tutto in una tazzina da caffè!” (5)

Studiare al Poli non fa di te un milanese, è inutile nasconderlo: ci sarà sempre il pacco da giù a ricordarti chi sei e da dove vieni. “Si accomodi. Una bella cadreghina eh... Prego prego...” “Ragionier Fumagalli, prego si accomodi.” “Mmmhhh... Buona questa cadrec!” (2)

(1) Chiedimi Se Sono Felice (2) Tre Uomini e Una Gamba (3) La Leggenda di Al, John e Jack (4) Tel chi el Telùn (5) I Sardi

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Tentacoli di giudizio a cura di D. Grasso e L. Cagliani

SMART TALKS: DON’T TRUST ME NOW

N.B. TUTTE LE FORME SCORRETTE SONO FORTEMENTE VOLUTE Benvenuti in questo nuovo format di Polipo. Questa è la pagina che consente agli studenti di intercalarsi all’interno di argomenti di alto lignaggio, tipicamente esenti da tasse e dalla vita quotidiana di uno studente del Poli. Abbiamo il piacere di presentarvi due studenti come voi, l’uno ingegnere elettronico, proveniente dal profondo sud e con la passione per la parmiggiana di melenzane e l’altro ingegnere informatico, d’origine lecchese ed esperto ai massimi sistemi di Clash Royale: Davide Grasso e Luigi Cagliani. Essi hanno deciso di confrontarsi con un dibattito sulla fiducia, leitmotiv di questa rivista. Questo lavoro è da intendersi come semplice spunto di riflessione, a cui voi lettori potete dare seguito. Luigi: Ciao Davide. Quando vai a mangiare una parmiggiana in qualche locale, come fai a fidarti che lo chef l’abbia fatta con le melenzane fritte, come previsto dalla ricetta? Davide: Semplice. Confido che lo chef sappia cucinare il piatto, anche perché non friggere le melenzane è un attacco alle mie tradizioni, direi quasi una microaggressione. Non aggiungo altro. Davide: Luigi, come fai a essere sicuro che mentre giochi a Clash Royale non ti cada la connessione? Cosa comporterebbe per te la perdita di una partita per colpa di cause esterne? Luigi: Mah, direi che a Milano una connessione 4G FHD 4K Blu-ray disc è indispensabile. Se volevo una rete che non andava, tanto vale che usavo quella del Poli. Luigi: A proposito di tecnologia, ormai lo smartphone è l’estensione della nostra mano e affidiamo tutto ad accounts, emails, passwords e clouds. Come fai a fidarti che tutto quello che immetti dentro non venga letto da qualcuno o, peggio, sia usato contro di te (come con la Diletta nazionale)? Davide: la certezza assoluta che questi dati non vengano usati contro di me non ce l’ho, ma mettere i propri dati dentro un sito che è stato scritto da un uomo equivale a dare fiducia a quel nerd, quindi il computer non è altro che uno strumento, un mezzo. Perché io non tengo il mio stipendio in casa invece di metterlo in banca? 20

Perché cioè, zio, la banca è l’emblema, oppure perché mi fido che la banca saprà custodirlo e farlo fruttare correttamente. A sua volta la banca si fida dei clienti (perché la mia banca è differente) e presta loro il denaro per le proprie esigenze. Come vedi la fiducia stessa è alla base della nostra società e dei rapporti tra le persone. A proposito di rapporti tra persone: ormai per ogni dubbio, invece che attivare la massa grigia che possediamo nella scatola cranica o chiedere al nostro fedelissimo compagno di mangiate alla sagra de La Purpetta, usciamo lo smartphone e chiediamo a Google. Dove finiremo? Luigi: Come ogni cosa ci sono vantaggi e svantaggi. Il Cambridge Dictionary definisce Internet come “large system of connected computers around the world that allows people to share information and communicate with each other” (in italiano: sono pigro) e quindi permette di essere in contatto con tutto e con tutti. Il vantaggio è che se sono da solo e non so dove andare apro Google Maps, se voglio fare shopping vado su Amazon, se ho sete chiedo consigli alla Ferragni e così via. Lo svantaggio è che, avendo un dispositivo “completo”, esso ci induce ad isolarci e nel delegargli gran parte delle nostre faccende viene meno la centralità dell’uomo. La macchina fa infatti calcoli perfetti, al contrario di noi (quanti hanno dovuto ridare Analisi 1 a settembre?!),

quindi è automatico assegnare compiti e responsabilità alla macchina che non sbaglia. Per esempio, l’inserimento dei dati in un database è un lavoro sbatti per un uomo e una banalità per un computer. Quale grado di responsabilità ha dunque raggiunto la macchina all’interno della nostra società? Davide: Credo che tutto questo processo di sviluppo sia volto alla diffusione del benessere. Ma questo benessere cela un malessere, in quanto delegando tutto alla macchina, potrei benissimo dire: “ma io, uomo, a cosa servo?” Il mondo sta volgendo lo sguardo a una dimensione perfetta dove le macchine rendono tutto facile, veloce e corretto, e in questa dimensione qual è il ruolo dell’uomo che porta con sé i suoi errori? È bene osservare che la macchina rimane lo strumento e che l’unico in grado di osservare la realtà che ci circonda è l’uomo. Oppure il nuovo Samsung Galaxy S100 con fotocamera in modalità panoramica 360° VR. Un ringraziamento speciale a Luigi per questo articolo. Ero scettico all’idea di scrivere un articolo a 4 mani. Siamo partiti guardando video dementi su Youtube e siamo finiti a scrivere un articolo “quasi” serio. Questo conferma che la fiducia nell’altro è una grande ricchezza. Davide.


IN COPERTINA 23 Marzo 1965 - Questa foto del pilota John W. Young (sinistra) e il comandante Virgil I. Grissom (destra) è stata scattata attraverso la finestra del portello della navicella spaziale Gemini-Titan 3 appena prima che si chiudesse, in preparazione al lancio. (NASA.gov)

Fonti iconografiche: Per quanto possibile gli autori di questo giornale hanno cercato di risalire al nome dell’autore di tutte le fotografie così da darne doverosa menzione, ma le ricerche si sono rivelate talvolta infruttuose. Nel chiedere scusa per qualunque eventuale omissione, si dichiara disposto sin d’ora a revisioni in sede di eventuali ristampe e al riconoscimento dei relativi diritti ai sensi dell’art. 70 della legge n. 633 del 1941 e successive modifiche.


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