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mensile Anno 1 n° 1 gennaio 2012 € 0,00
Eugenio Bennato Eugenio Bennato - Italia Terry Woods - Irlanda Iļģi - Lettonia
Liuteria File sharing illegale? Newgrass
EVENTI
n. 1 - Gennaio 2012
Sommario
Contatti: direttore@lineatrad.com - www.lineatrad.com - www.lineatrad.it - www.lineatrad.eu
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Presentazione del disco “Questione meridionale” di Eugenio Bennato
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Terry Woods, l’imprevedibile
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Il file sharing: è illegale o una risorsa?
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Eugenio Bennato: biografia
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Guido Antoniotti: un liutaio atipico
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E i “nipoti” di Bill Monroe fanno la rivoluzione culturale
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Intervista a Eugenio Bennato
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Iļģi: il vento fresco della Lettonia
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Gli eventi del mese
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Le recensioni del mese
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—24 Eventi
Cronaca
Interviste
Recensioni
di Loris Böhm
L
a domanda che mi pongo è: stiamo invecchiando, siamo sempre più stanchi e svogliati; la recessione ci opprime e ci toglie risorse economiche; in più problemi familiari e calamità naturali... questo stato di cose tende a distruggere tutto quello che abbiamo costruito nella nostra esistenza. L’oblio della tradizione musicale di una nazione è un’ipotesi impensabile, comunque un rischio concreto che dobbiamo affrontare: il nostro scopo è quello di salvaguardare e se possibile rivitalizzare la tradizione... non fosse così dovremmo rispondere alle future generazioni del nostro fallimento. Perdonatemi questo primo editoriale dal sapore catastrofista, ma quasi tutte le riviste specializzate in musica (stampate su carta) hanno chiuso le pubblicazioni. A breve distanza dalla fine della mia rivista Traditional Arranged, anch’essa impossibilitata a sostenere le ingenti spese di stampa e distribuzione, non è rimasto in attività in Italia un solo magazine di musica folk, e ciò rappresenta un triste epilogo per gli appassionati di musica di nicchia, per gli stessi musicisti, per
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le agenzie, per i discografici e per gli organizzatori di concerti... tutti costretti ad affidarsi alle sporadiche informazioni diffuse dai quotidiani e dalle approssimative, incomplete e spesso inesatte informazioni raccolte su una miriade di siti internet. Noi di Lineatrad abbiamo capito che non era più possibile pubblicare una rivista su carta garantendo una periodicità regolare e una distribuzione capillare, e abbiamo preferito aspettare tempi migliori piuttosto che collassare definitivamente e scomparire come è successo per tanti colleghi. La recessione attuale ci fa capire che non arriveranno tempi migliori a breve e medio termine, allora per evitare di perdere tutto il lavoro di propaganda e diffusione della musica folk che io e i miei collaboratori abbiamo prodotto nei decenni passati, siamo ora costretti a riprendere in mano la situazione, con tutti i rischi che derivano dal fatto che siamo l’unico magazine rimasto in circolazione in lingua italiana che parla di artisti italiani (anche il franco-italico Mondomix ci ha lasciato nel 2011, ma aveva cadenza quadrime-
Argomenti
Editoriale strale). Ritorniamo in veste elettronica, per ipod, tablet e computer, l’unica opzione moderna a costi contenuti capace di farci sopravvivere nel tempo. L’inizio sarà stentato e incompleto, per il semplice fatto che dobbiamo ripristinare molti contatti andati persi negli anni. Basti pensare che la stessa RAI ha completamente rivoluzionato il suo organigramma e le sue strategie per quanto riguarda la musica world, preferendo investire su settori più remunerativi: un bruttissimo segnale da parte dello Stato, come bruttissimo segnale è l’impoverimento dei programmi radiofonici delle emittenti private in materia “trad”. Spetta a noi di Lineatrad, visto che non lo fa nessun’altro media, sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza vitale di salvaguardare e rinnovare un patrimonio inestimabile di musica, autori ed esecutori, che stanno perdendo tutti gli spazi di visibilità che avevano faticosamente trovato negli ultimi decenni. Per questo motivo ci rifiutiamo di pubblicare in questi primi numeri della rivista una qualsiasi inserzione pubblicitaria, anche a discapito di una perdita
EVENTI La Città Vecchia Vegiù prufessor cosse ti vè a cercar in tou portun Quella che forse te da na lessiun Quella che de giorno ti te ciammi dispressandula bagascia Quella che di notte ti te ciammi bella figgia Ta cerchie ta invochia de tante notti Ti isi sfetoù rimndandoù aoù ventisette Quande te piggie e palanche e te spendie mezza pensiun Dexe mila per sentite di levre de coppi bello e scemmù Se ti anie dou confin de vegi moli
In te aia gonfia de sae e oudoù Ti ghe truvia facce da mandillà e a legera Ou fentou cu la smercià pe tre palanche sua moae aou nano Se ti pensiè se giudicà da borgheizè Ti le condanniè au cinquemilla anni ciù e speise Ma se ti capiè e li cerchiè sino in fundou Se nu sun de fiuri restan smpre figgi vittime di stou Mundou Canzone di F. De Andrè Tradotta in genovese da Antonio Rocchi
Editoriale di guadagno, per il semplice fatto che non vogliamo “pesare” sugli operatori di settore con un servizio di cui l’efficacia non è ancora verificabile, al contrario di quello che fanno alcuni siti internet che pretendono cifre esorbitanti per un misero banner. Questo nostro totale impegno in chiave di volontariato per noi dev’essere fonte di orgoglio, e per i nostri lettori deve essere la consapevolezza di avere, in Lineatrad, un interlocutore onesto e disinteressato, che praticherà delle tariffe per le pubblicità e per gli abbonamenti solo quando la rivista sarà consolidata nel mercato internazionale. Non me la sento di fare promesse ne tantomeno proclami, ma posso garantire un paio di cose: saremo presenti su internet a cadenza mensile per quanto riguarda questa rivista, e giornalmente per quanto riguarda le notizie nazionali (www.lineatrad.it) e internazionali (www. lineatrad.eu), ovviamente compatibilmente con la quantità di notizie che ci arriveranno in sede. Tornando a noi, andiamo avanti per la nostra strada, ben convinti della bontà
del nostro progetto: tutti sono benvenuti a collaborare con Lineatrad ma non si tollerano lamentele e critiche come è già avvenuto in passato per Traditional Arranged, perché chi rimane escluso dal magazine lo è esclusivamente perché ci ha ignorato (purtroppo non possiamo accorgerci di tutto quello che accade in Italia e nel mondo), per cui fate un primo passo verso di noi, contattateci, e noi faremo quattro passi verso di voi! Non sorprendetevi dunque se in questo primo numero troverete poche pagine... è il momento di crisi di cui noi non possiamo far altro che constatarne gli sviluppi. Ognuno di noi deve fare la sua parte per poter superare il momento di “oscurantismo” in cui stiamo vivendo; per cui non bisogna guardarsi indietro e piangerci addosso per quello che poteva essere e non è stato, e polemizzare, commemorare i bei tempi in cui esistevano tanti folk club, tanti festival e tanti spettacoli folk nella penisola. Non mi resta che augurare a tutti buona lettura: la musica tradizionale non finirà mai, sarà sempre giovane e brillante anche quando noi non ci saremo più! ❖
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N. 1 - GENNAIO 2012 via Marco Sala 3/6 - 16167 Genova Direttore Editoriale: Loris Böhm Tel. 348 2682550 direttore@lineatrad.com Vice Direttore: Agostino Roncallo agoronca@tin.it Hanno collaborato in questo numero: Massimo Losito, Tommaso Michea Giuntella, Gloria Berloso, Giordano Dall’Armellina, Antonio Rocchi, Stefano Rolli, Associazione Taranta Power Pubblicazione in formato esclusivamente digitale a distribuzione gratuita completamente priva di pubblicità. Esente da registrazione in Tribunale (Decreto legislativo n. 70/2003, articolo 7, comma 3)
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Argomenti NINCO NANCO: CAMPÀ RA BRIGÀNT di Loris Böhm
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l titolo che ho scelto è in napoletano, in italiano suona “Ninco Nanco: vivere da brigante”, da me parafrasato da quel titolo “Brigante se more”, una celebre ballata di Eugenio Bennato datata 1979 che viene ripresa in questo ultimo lavoro mantenendo il titolo originale. L’album in questione invece bisogna immaginarlo come un inno alla vita da brigante, inteso come strumento di ribellione all’invasione piemontese. Ma questa guerra non finirà mai... dalle invasioni garibaldine ai conflitti nord-sud attuali e futuri sarà una storia infinita. Anche Eugenio Bennato ha dovuto subire, in seguito ad una sua dichiarazione sull’inutilità della celebrazione dei 150 anni di unione d’Italia, una sorta di attacco frontale da parte di certi giornalisti italiani tanto ottusi quanto retorici, che invece si dimenticano della “questione meridionale” intesa come conflitto di cultura, di interessi, infine anche di popolo, protrattasi dopo l’unione, che invece si dimenticano che la vita (e la storia!) non è fatta solo di celebrazioni e luoghi comuni, di regimi e invasioni, ma anche di sogni, di leggende, di ideali, di fantasia... E proprio su questi schemi sta fluttuando Eugenio: mi piace pensare che l’immagine dello Stato Italiano che nel mondo ha fallito con l’applicazione della sua Costituzione e delle sue Leggi, invece ha trionfato per quanto riguarda i suoi sogni, le sue leggende, i suoi ideali, la sua fantasia. Da sempre esistono eroi ed antieroi, amici e nemici, allineati e dissidenti, sfruttatori e oppressi; schierarsi da una parte piuttosto che dall’altra può cambiarti la vita in meglio o in peggio a seconda se stai con il più forte o con il più debole. Dov’è la giustizia in tutto questo? Dove si trova la democrazia in tutto questo? Cari lettori, non la trovate nemmeno con il più sofisticato “navigatore satellitare”. Bisogna giudicare sapendo leggere tra le righe, bisogna sforzarsi un po’ a interpretare il pensiero invece di dar sfoggio di nozionismo spicciolo: non credo proprio che Eugenio abbia fatto queste insinuazioni, così distanti dalla massa di benpensanti italioti, per vendere più copie del suo disco... certamente le sue osservazioni creeranno dibattiti e contrasti, ma tutto sommato non bisogna scandalizzarsi dal fatto che il “sud” voglia ribellarsi al “nord”, quando da sempre il “nord” tratta
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il “sud” da sottosviluppato e parassita. Ma veniamo al disco “Questione meridionale”, già il titolo parla chiaro. La tematica e le idee espresse possono essere condivise o meno e sicuramente creano diversi spunti di riflessione e di dibattito; tutto questo è un dato estremamente positivo in un mercato discografico che dimostra sofferenza a creare qualcosa di nuovo. La musica dicevamo, quella che come rivista ci interessa maggiormente, la troviamo incanalata in una vena cantautorale che si scosta dagli abituali ritmi tarantati e risulta molto aperta a collaborazioni “canore” in chiave etnica di artisti dell’area mediterranea, che impreziosisce il progetto. Una voce a tratti vagamente ispirata a Fabrizio De André, che conferisce, abbinata al consueto tono caldo di Eugenio, un misticismo fuori dal tempo, una narrazione incalzante e avvolgente che affascina con le note prima ancora che con la crudezza del testo. “Questione meridionale” possiamo considerarla senza dubbio l’opera più significativa degli ultimi anni per quanto riguarda Eugenio Bennato; un lavoro che farà discutere a lungo sull’opportunità di guardare con più attenzione al futuro piuttosto che soffermarsi sulla pompa delle celebrazioni degli eventi passati (e in questo caso anche il buon Eugenio ha commemorato qualcosa...). Non abbiate timore alcuno ad acquistare questo disco, ci troviamo di fronte un’opera che merita tutto il nostro rispetto perché in grado di deliziarci nota dopo nota, sillaba dopo sillaba. Nell’editoriale ho scritto in fondo una frase che non deve passare inosservata: “la musica non deve finire”: sono convinto che Eugenio Bennato darà il suo valido contributo finché avrà fiato. Non ci resta che seguire il suo esempio, e credere finalmente in qualcosa! ❖
Cronaca Biografia
E
ugenio Bennato fonda negli anni Settanta la Nuova Compagnia di Canto Popolare, il primo e più importante gruppo di ricerca etnica e revival della musica popolare dell’Italia del Sud. La NCCP, scoperta dal grande artista napoletano Eduardo De Filippo, che la accoglie nel suo teatro, dopo l’esordio al Festival dei Due Mondi di Spoleto (‘72) realizza tournées di grande successo in Italia e all’estero (Francia, Inghilterra, Germania, Iugoslavia, URSS, Argentina, ecc.) Eugenio nel 1976 fonda con Carlo D’Angiò MUSICANOVA e inizia un’attività autonoma di compositore con costante riferimento allo stile popolare. Realizza numerosi LP di successo, fra cui “Brigante se more” (1979), contenente brani sul brigantaggio meridionale ancora oggi estremamente popolari tra il pubblico giovanile. Scrive decine di colonne sonore per cinema, teatro e balletto classico.
EUGENIO BENNATO
Ricordiamo fra le altre, “L’eredità della priora” di A.G.Majano (1980 Raiuno) “Don Chisciotte” di Maurizio Scaparro (1984, premio Colonna Sonora), “Cavalli si nasce” di Sergio Staino e “La stanza dello Scirocco” di Maurizio Sciarra per i quali riceve il Nastro d’Argento (1988 e 1999). Nel 1998 fonda con la collaborazione di Silvia Coarelli, il movimento “Taranta Power” che, sulla scia di uno straordinario rinnovato interesse del grosso pubblico giovanile per il ritmo della taranta rituale, propone nuove strade di creatività artistica e segna una frattura con il passato modo d’intendere la musica popolare in Italia. Nel febbraio 2000 realizza la tournée “Lezioni di tarantella” che porta i grandi maestri storici della tarantella nei Centri Sociali di Firenze, Milano Padova, Bologna e Roma. La tournée internazionale Taranta Power di Eugenio parte nel 1999 nei grandi teatri delle principali città dell’Est Europa: Zagabria, Belgrado, Sarajevo, Dubrovnik, Tallin Varsavia Praga Pristina, Skopje e prosegue nel 2000-2001 in Marocco, Tunisia, Australia, Canada, U.S.A., Argentina, Spagna, Francia, Algeria. Il 17 febbraio 2001 partecipa al Womad festival di Peter Gabriel in Australia, ed il suo brano “Taranta Power”
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Cronaca
è inserito nella raccolta “Womad 2001”. Sarà poi lo stesso Peter Gabriel ad invitarlo nuovamente per le tappe di Reading (Inghilterra) e di Singapore. Nel Giugno del 2002 pubblica un nuovo lavoro dal titolo “Che il Mediterraneo sia”, che allarga il senso della musica etnica italiana ad un orizzonte mediterraneo, e apre alla collaborazione di energie artistiche presenti in Italia per la nuova emigrazione proveniente dai sud del mondo. La tournée “Che il Mediterraneo sia” inizia nell’estate 2002 e dall’Italia si estende a tappe significative come lo Sfinks festival ed il Festival de Brugges in Belgio, lo Stimmen festival ed il Festival di Norimberga in Germania, il Festival di Villanova ed il Festival di Salamanca in Spagna, il B.B.C. Chappel Union in U.K.; Festival du Vent in Corsica, Festival del cinema egiziano dell’Opera del Cairo (dic. 2004) e ancora concerti in numerosi paesi del Mediterraneo (Francia del sud, Spagna, Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Turchia, Grecia, Albania, Croazia) dell’Africa (Mozambico, Swaziland, Africa del Sud) e dell’Europa continentale (Francia, Germania, Belgio, Svizzera, Inghilterra). Nel 2003 scrive, per la prima volta unitamente al fratello Edoardo, la colonna sonora del cartone animato “Totò Sapore”, visto da milioni di bambini. Anche l’attività concertistica prosegue, arricchendosi di nuove ed importanti tappe come: Addis Abeba, Il Cairo, Festival di Tabarka in Tunisia, il Medfest di Salonicco, Pristina e Pec in Kossovo, e un lungo un tour in Galles. E’ inoltre dal 2005 il direttore artistico del “Concerto euromediterraneo di dialogo tra le culture” che vede la presenza in scena, oltre a lui e al suo gruppo, di un’orchestra classica del paese di accoglienza diretta da Nayer Nagui dell’Opera del Cairo, con ospiti artisti mediterranei di prestigio come Fathy Salama, Hasna el Becharia, Pietra Montecorvino, Maria del Mar Bonnet tra gli altri (Cairo, Roma, Napoli, Otranto, Cosenza, nel 2006 Barcellona, Lussemburgo, Algeri). Il 20 Aprile 2007 esce “Sponda Sud”, che apre col brano omonimo scritto ad Addis Abeba per le voci bianche dei bambini etiopi. Nel 2008 è invitato al festival di Sanremo dove presenta il brano multietnico “Grande Sud”. Con questo nuovo lavoro discografico inizia nel 2008 un tour intenso che tocca tra le sue tappe più importanti a fine agosto il Fiesta Festival a Toronto (Canada) per finire con una torunè in Africa, a dicembre 2008, a Maputo e nuovamente adAddis Ababa. Dall’agosto del 2008 è direttore artistico del Kaulonia Tarantella Festival a Caulonia (RC), da lui fondato nel 1998,
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che si affianca per importanza e numero di presenze ai grandi festival di musica etnica (Melpignano, Carpino ecc.) sorti sulla scia del movimento Taranta Power. Nel 2010 al Festival dei Due Mondi di Spoleto (il più prestigioso festival italiano di teatro e musica) presenta il concerto Briganti emigranti, Ad ottobre 2010 esce il libro“Brigante se more” che racconta la storia della celebre ballata da lui scritta con Carlo D’Angiò nel 1979. Nel 2010-2011 è impegnato in concerti in Grecia, Portogallo, Giordania, Marocco, Turchia, Filippine. A settembre 2011 su richiesta della nuova amministrazione comunale fonda il Napoli Taranta Festival che si inaugura con il concerto “Suite per orchestra e voci popolari” da lui scritto per l’orchestra e il coro del Teatro di San Carlo, diretta dal Maestro Julian Kovatchev. ❖
Interviste INTERVISTA A EUGENIO BENNATO
Il 13 dicembre 2011 è uscito l’album “Questione meridionale”
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egue a distanza di un mese dall’uscita dell’omonimo singolo l’album Questione meridionale. 11 brani di Eugenio Bennato dedicati all’annoso problema del Sud. «Ho intitolato questa raccolta di brani nuovi “Questione meridionale”- dichiara Eugenio Bennato - prendendo a prestito la famosa espressione coniata al parlamento di Torino appena avvenuta l’Unità, perché, a pensarci e a riguardare queste mie ultime composizioni e il percorso che tanti anni fa ho iniziato, dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare a Musicanova a Taranta Power, di “questione meridionale” si è sempre trattato. I miei maestri sono gente anonima di un profondo sud, i personaggi che racconto sono i briganti di una storia negata, le voci e gli strumenti sono espressione di un sud ancora più profondo che viene dal Mediterraneo e dall’Africa, madre di tutte le leggende, e giunge oggi in Italia con i nuovi flussi migratori della storia». E questo tema del sud esce dai confini dell’Italia per diventare un inno internazionale. E’ il caso di Neda, il brano che Eugenio ha volutamente messo in apertura della raccolta. Dedicato a Neda Soltan, la giovane pianista iraniana uccisa nell’estate 2009 durante una manifestazione a Teheran. Aveva 20 anni ed era colpevole di sfilare pacificamente in mezzo a tanti ragazzi contro l’arroganza del governo. Il video dei suoi ultimi istanti di vita ha fatto il giro del mondo, scuotendo le coscienze, una delle micce che hanno innescato la primavera araba. Mentre Addio sud, un brano dedicato al fermento dei giovani di tanti paesi che si affacciano sul Mediterraneo che sono riusciti a modificare l’assetto politico e a mostrare un Sud del mondo che sa muoversi da solo e scegliere nuove strade. Ma soprattutto l’album include brani dedicati alla nostra storia, ai briganti della lotta antirisorgimentale. Il sorriso di Michela, è una ballata composta per descrivere l’emozione di una fotografia storica, che ritrae la brigantessa Michelina De Cesare, fiera donna del sud, che fissa il fotografo con il magnetismo e il fascino del suo sguardo, a smentire tra l’altro le teorie di Lombroso sulla inferiorità morfologica delle popolazioni che l’esercito sabaudo intendeva colonizzare. Nella storia scritta dai vincitori non c’è stato, per 150 anni, spazio per la figura di Michela, ardita combattente che fino all’ultimo istante è rimasta accanto al suo uomo. Mentre il brano Mille va a smitizzare l’epopea garibaldina, una delle più profonde certezze della storiografia risorgimentale e della coscienza nazionale. «Qualcosa andava detto – dichiara Bennato - soprattutto perché credo nei valori positivi dell’Unità, e sento che la storia, per quanto possibile, vada raccontata e non insabbiata. Ho descritto l’infamia di una promessa “la terra a chi lavora” lanciata nel 1860 e subito disattesa. Il testo l’ho scritto su una splendida musica di Carlo D’Angiò nel classico ritmo della tammurriata campana». Ogni brano una storia da Ninco Nanco, il brigante lucano che
assomigliava a Che Guevara, fino a Brigante se more, la ballata scritta con Carlo D’Angiò, ormai diventato un inno, riproposto nella intensa ed emozionante interpretazione di Pietra Montecorvino. Fatta l’Unità, finita la repressione, comincia il capitolo dell’emigrazione per milioni di contadini. Un esodo di speranza rappresentato nel brano Si va! a cui fa seguito Balla la nuova Italia, il canto al presente che vede milioni di giovani italiani protagonisti di un movimento artistico e musicale che si contrappone all’appiattimento dei mass-media, che sceglie strade nuove con forza e entusiasmo; e infine Questione meridionale la ballata che ribalta il luogo comune di un Sud rassegnato e vittimista, mentre al contrario sprigiona energie creative rivendicando il proprio spazio nella coscienza e nell’orgoglio delle proprie origini e della propria cultura. Un album, Questione meridionale di Eugenio, che canta la storia degli ultimi 150 anni di un Sud che non si è mai dichiarato vinto e che oggi volge lo sguardo al futuro restando sempre legato alle sue radici e ai suoi valori. Un Sud ricco che incuriosisce e fa parlare di sé, come testimoniano i successi letterari degli ultimi mesi, e che aspetta solo di essere scoperto. Testi e musiche di Eugenio Bennato Produzione: Taranta Power/Cramps music s.r.l Distribuzione: Edel
Dettaglio crediti:
Testi e musiche di Eugenio Bennato (“Mille”, “Brigante se more” di Eugenio Bennato e Carlo D’Angiò) Musicisti e voci: Ezio Lambiase chitarra classica solista, chitarra elettrica Mujura basso, chitarra acustica, mandoloncello Mohammed Ezzaime El Alaoui voce SoniaTotaro voce Zaina Chabane voce M’Barka Ben Taleb voce WalterVivarelli tamburello Antonietta Paternoster (violino solista in “Addio sud”, “Neda” e “Si va!); Roberto Perrone (batteria e percussioni); Gianluca Capurro (chitarra classica in “Il sorriso di Michela”); Angelo Cioffi (pianoforte in “Brigante se More” e “Neda”); Luca Natale (mandola in “Balla la nuova Italia”); Gennaro Porcelli (Electric slide in “Mille”); Erasmo Petringa (violoncello in ”Questione meridionale” e “Brigante se more”); Ernesto Vitolo (organo in “Il mondo corre”) Cori Annalisa Messina, Anna Rosa Vanore, Gianni Giordano, Giacomo D’Angiò, Peppe Rotolo, Ivan Virgulto, Adele Paone Arrangiamenti Eugenio Bennato, Mujura, Ezio Lambiase, Angelo Cioffi Orchestra d’archi COLLEGIUM PHILARMONICUM violino solista Gennaro Cappabianca Arrangiamenti per archi Antonello Paliotti Produzione artistica Mujura Registrato nella primavera 2011 agli studi RR Sound (Napoli) da Davide Iannuzzi, Claudio Convertito. Mixato da Angelo Cioffi agli studi RR Sound Mastering Angelo Cioffi Progetto grafico di Silvia Coarelli Foto di Hicham Gardaf (copertina), Umberto Telesco, Maria Raffaela Scalfati, Federica Costantino, Marco Mancini, Eugenio Bersani - Organizzazione TARANTA POWER Fiorita Nardi, Giovanna Quasto, Laura Cuomo, Adele Paone - Consulenza internazionale Silvia Coarelli Produzione esecutiva Renato Marengo Special guest PIETRA MONTECORVINO (voce solista in “Brigante se more”) CARLO D’ANGIO’ (voce solista in “Mille”) RINO ZURZOLO (Contrabbasso solista in “Addio Sud”) Ufficio Stampa: TV: Elio Cipri, elio.cipri@virgilio.it; Radio: Giorgio Cipressi, comunicazioneglobale@gmail.com; Stampa e Web: Donata Brusasco, ufficiostampa@dbrusasco.com
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Argomenti TERRY WOODS, L’IMPREVEDIBILE
La storia di un musicista eclettico che dagli Sweeney’s Men ai Modena City Ramblers, passando attraverso i Pogues, ha percorso la storia del folk britannico di Agostino Roncallo
C’
è stato un periodo, gli anni ottanta, in cui la folk music si identificava coi Pogues. Un dialogo tra due curiosi e appassionati di musica che si incontrano nel loro negozio preferito avrebbe potuto avere, di conseguenza, il seguente e prevedibile svolgimento: Ciao, tu che genere musicale preferisci? Io, ascolto il folk. Ah, quindi i Pogues? Certo, sono molto bravi. I Pogues in effetti avevano avuto in quegli anni uno straordinario successo: in tutta europa nascevano irish pub con musica dal vivo, giovani musicisti si riunivano per dare vita a nuove formazioni. E tutto questo all’insegna della poguesmania. In Italia, per esempio, i Modena City Ramblers sono nati proprio così, dopo un viaggio in Irlanda. A dir la verità, i Pogues irlandesi non lo sono per niente, per quanto la loro musica abbia recuperato gli aspetti più caciaroni della musica di strada o dei pub delle ore più tarde, quelle delle grandi bevute. Personaggio simbolo dei Pogues rimane indubbiamente Shane McGowan, che seguiva lo stereotipo del poeta “maledetto” di ottocentesca memoria: nelle copertine dei dischi appariva costantemente privo di facoltà mentali, un bicchiere di whisky in una mano, una sigaretta nell’altra. E piaceva. Si vede che un artista, se non è così, non suscita entusiasmi. Gli esempi, d’altronde, si sprecherebbero. Va aggiunto che questo tipo di personaggio, per alimentare il mito, non dovrebbe avere vita troppo lunga, altrimenti che mito sarebbe? Eppure il nostro Shane gode tuttora di ottima salute: che fosse solo un grande attore, magari morigeratissimo nella vita privata? Se così fosse, verrebbe da pensare che troppi fans hanno danneggiato il loro fegato inutilmente cercando di imitarlo. Il folk, tuttavia, non é nato coi Pogues: anzi, chi ha vissuto gli anni sessanta tende a vedere nei Pogues una deriva del movimento folk, un impoverimento rispetto alla creatività e alla raffinatezza degli esordi. Quando ebbi l’occasione di ascoltare i primi album dei Pogues, non ne trassi positive sensazioni: dietro quelle
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sonorità così umorali trovavo energia sì, ma poco più. I nomi dei musicisti mi erano sconosciuti, tranne uno: Terry Woods. Dato il contesto, mi convinsi inizialmente che si trattava di un omonimo, il suo era in fondo di un nome alquanto diffuso. Non mi sfiorava neppure l’idea che quel Woods era proprio il fondatore degli Steeleye Span e, prima ancora, degli Sweeney’s Men. Che fosse proprio lui, l’ho scoperto in tempi relativamente recenti, con mio grande stupore. Che ci faceva un tipo come Terry, con la sua esperienza, in una band di ragazzini? Per comprenderlo, si deve ripercorrere le tappe della sua non breve carriera. Il primo strumento fu un banjo acquistato quando aveva 14 anni, poi conobbe una ragazza, Gay, insieme alla quale fondò il suo primo gruppo, gli Apprentice Folk, nome che fu poi abbreviato in The Prentice Folk. Ma è nel 1967, dopo le prime esperienze giovanili, che inizia la sua carriera professionale: in quell’anno entrò infatti a far parte della band irlandese degli Sweeney’s Men. Il curioso nome di questa band ha un’origine letteraria: l’uomo di Sweeney è infatti il protagonista del romanzo di Flann O’Brien “At Swim Two Birds”. Gli altri componenti di quel gruppo erano Andy Irvine (voce, mandolino, chitarra, armonica) e Johnny Moynihan (voce, flauto, bouzouki), tutti musicisti destinati a divenire famosi. Moynihan fu il primo a utilizzare il bouzouki nella musica irlandese, così come Andy Irvine il mandolino: il risultato fu un raffinato e creativo lavoro di rilancio del folk irlandese che, rispetto alla sobrietà un po’ rudimentale dei Dubliners e dei Clancy Brothers, diventò un genere esportabile nel mondo proprio per la sua forza innovativa. Il trio ha registrato il primo, omonimo,
Argomenti NYC, Paddy’s Day 2011, St. Patrick’s Day: Terry Woods al mandolino e James Fearnley alla fisarmonica
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album nel 1968, poi Andy Irvine decise di abbandonare il progetto per viaggiare nell’Europa dell’est e trovare nuove idee che confluiranno nel repertorio dei Planxty. Andy venne sostituito dal chitarrista elettrico Henry McCullough che in quegli anni era in tour con Jimi Hendrix. Forse quest’ultimo non era la persona più adatta a rinvigorire gli Sweeney’s, il mondo da cui proveniva era fatto di grandi platee e contratti milionari: fu così che dopo pochi mesi, senza aver lasciato traccia di sé (non vi sono registrazioni live o in studio che testimoniano la sua presenza) decise di andare a suonare nientemeno che con Joe Cocker. Di fatto, dunque, gli Sweeney’s Men erano un duo. Essi arrivarono a pubblicare nel 1969 un secondo e ultimo album dal titolo “The Tracks of Sweeney”. Entrambi gli album sono stati poi ripubblicati nel 1992 sul CD “Time Never Was Here 1968-69”. Conclusasi l’esperienza degli Sweeney’s, Terry fece un tour in Irlanda con un gruppo chiamato Orphanage (orfanotrofio) che comprendeva anche Phil Lynott e Brian Downey. Ma l’esperienza durò poco, erano anni intensi nei quali si sperimentavano senza sosta nuove strade. Insieme a Gay, che nel frattempo era diventata sua moglie, egli andò allora in Inghilterra dove incontrò Ashley Hutchings, che suonava in quel periodo coi Fairport Convention. Hutchings voleva formare una band che comprendesse i tre vecchi componenti degli Sweeney’s Men, ma Irvine e Moynihan rinunciarono. Tra i tre non c’era più molta sintonia e le loro idee divergevano: ho un ricordo preciso in mente, che si riferisce agli anni ottanta, quando invitammo Andy Irvine a suonare a Genova. Quando egli vide un disco dei Pogues sul letto della camera dell’amico e giornalista Antonio Vivaldi, fece una smorfia di disgusto che all’epoca non avevo compreso: la musica di questo gruppo, del quale era entrato a far parte proprio Terry Woods, era qualcosa di sostanzialmente diverso dal percorso artistico di Andy. La sua rinuncia al progetto di Hutchings è ora, alla luce di queste distanze, più comprensibile. A quel progetto tuttavia Terry aderì insieme alla moglie Gay, a Tim Hart e Maddy Prior, una coppia che era diventata anche un sodalizio dopo la pubblicazione di “Folk Songs of Old England, Vol.1” (1968). Il quartetto si chiamò Steeleye Span e pubblico il primo e memorabile album nel 1970: “Hark! The Village Wait!”. Anche in questo caso però il gruppo si divise dopo questo primo album, troppo difficile era conciliare la diversità di vedute e non si può dire che Terry sapesse adattarsi alle situazioni. La coppia formata da Tim Hart e Maddy Prior continuerà l’esperienza degli Steeleye Span, che oggi sono ancora un gruppo molto creativo e seguito da molti fans. Gay e Terry diedero invece vita alla Woods band che, inizialmente era un gruppo, ma nella sostanza era un duo che utilizzava differenti
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musicisti in occasione dei tour e delle registrazione in studio, tanto che alla fine molti dischi erano firmati semplicemente da Gay e Terry Woods. I dischi in vinile di questa coppia non sono oggi di facile reperibilità e hanno un certo valore commerciale, per quanto molti di essi siano stati ristampati su CD. Uno di essi, “Backwoods” (1975), mi è stato regalato da un amico: si tratta di un disco che ho trovato straordinario per energia, qualità compositiva e originalità. Nel 1980 Terry e Gay si separarono e lui per quasi cinque anni uscì dalle scene musicali quando, in un giorno di primavera, arrivò la telefonata di Frank Murray. Frank era il tecnico del suono al tempo dell’uscita dell’album d’esordio degli Steeleye Span e in seguito era diventato produttore dei Pogues, un gruppo emergente che aveva suscitato l’entusiasmo di molti proponendo una vitaminica e coinvolgente roots music. A Terry venne proposto di entrare a far parte dei Pogues, lui accettò con entusiasmo e dal Settembre 1985 iniziò una collaborazione che si sarebbe interrotta otto anni dopo, quando il gruppo entrò in crisi in seguito alla partenza del leader Shane McGowan. L’ultimo album con i Pogues (“Waiting for Herb”, 1993), non fu apprezzato dalla critica. Del periodo trascorso nei Pogues ricordo in particolare il concerto live tenutosi a Leysin nel 1991, in Svizzera, che è stato recentemente ristampato in doppio vinile su etichetta Earmark (una joint venture della Sanctuary Records). Di quel concerto, peraltro malamente registrato, mi rimane impresso nella memoria il coinvolgente dinamismo di certe esecuzioni così come l’estrema rozzezza di alcuni arrangiamenti. Mi sono sempre domandato se Terry non fosse un corpo estraneo a quel caotico circo viaggiante che erano i Pogues. Dal 1993 Terry Woods iniziò un sodalizio artistico con Ron Kavana, già collaboratore dei Pogues, con il quale fondò il gruppo The Bucks, il cui album d’esordio “Dancin’ to the Ceilí Band” vide la luce nel 1994. Ron Lasciò
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The Bucks subito dopo la pubblicazione di tale album ma la collaborazione tra i due musicisti non finì qui e Terry svolse una parte importante nel progetto LILT dedicato ai bambini: il ricavato della vendita del disco omonimo andò devoluto interamente in beneficenza. La carriera di questo eclettico musicista ebbe una nuova svolta dopo l’incontro con Dave Brown, insieme al quale rifondò la Woods band: come tutte le rinascite e le reunion, anche questo evento suscitò la curiosità e l’entusiasmo degli appassionati. Il suono della nuova Woods band condensava tutta la carriera di Terry: oltre a una ventina di nuove composizioni, nel repertorio di matrice irlandese figurano “The Irish Rover” (dei Pogues), “Waxies Dargle” (Sweeney’s Men), Finnegans Wake (Dubliners). Nel 2002 il gruppo entrò in sala di registrazione per incidere il primo CD del nuovo corso il cui titolo è “Music from the Four Corners of Hell”. Nella formazione figura un giovane cantante ventiduenne, Shane Martin, oltre a Dave Browne (acoustic & electric guitars), Terry Woods (acoustic guitar, banjo, bouzouki, cittern, mandolin, concertina, background vocals), Paul Harrigan (whistle, Uillean pipes, accordion), David “Sparky” Hughes (keyboards, electric bass, background vocals), Steve Browne (drums, percussion, background vocals). Il disco è godibile e ritengo meriti un posto fisso nella discografia degli appassionati del genere. Ma arriviamo all’ultima tappa di questo lungo viaggio: l’Italia. Terry Woods incontrò i Modena City Ramblers e trovò simpatici quei ragazzotti poguesmaniaci ma alquanto sprovveduti in fatto di conoscenza della musica tradizionale. Da quell’incontro è iniziata una collaborazione e il 3 novembre 2006 è uscito l’album “Dopo il lungo inverno”, prodotto da Peter Walsh, nel quale Terry è fautore di alcuni arrangiamenti. Poi, nel febbraio 2007, i Ramblers tornano in studio insieme a Terry, sempre presso l’Esagono di Rubiera, per incidere il loro primo disco destinato al mercato straniero. Si arriva così all’ultima fatica dei Modena City Ramblers “Bella Ciao” (Italian Combat Folk for the Masses, 2008), un album registrato in due session diverse (settembre 2006 e febbraio 2007) e pensato per un pubblico internazionale. Terry Woods in questo caso, oltre a scegliere il materiale da reincidere adatto a un pubblico straniero, ha tradotto in inglese anche alcuni brani. L’intensità con cui ha suonato il mandolino in composizioni quali “Music of the time”
NYC, Paddy’s Day 2011, nel concerto “sold out” dei Pogues le prime file sono sempre molto agitate...
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e “El Presidente” rappresenta forse la migliore dedica a Luca Giacometti, il musicista dei “Modena” morto in un incidente stradale proprio poco prima della pubblicazione di questo disco e con il quale aveva instaurato un rapporto di grande amicizia e di stima. Dopo, il silenzio. Sui forum si sono succedute le notizie sul ritiro dalle scene di Terry, alcuni hanno parlato di malattia, altri hanno affermato che non fosse più in grado di cantare. Ma Terry Woods ha mantenuto fede alla sua imprevedibilità e nel 2011 gli appassionati hanno potuto rivederlo sulla scena in occasione del tour americano dei Pogues. ❖
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Costruire strumenti musicali della tradizione significa avere tanta fantasia prima ancora che rigore storico di Massimo Losito
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a tempo immemore Guido Antoniotti si interessa di musica e strumenti popolari, la sua innata curiosità ed il suo interesse per il suono prima ancora che per la musica lo ha fatto avvicinare a diversi tipi di strumenti a fiato e percussivi di diverse parti del mondo, dalla tarota catalana alla bombarda bretone, dal bodhran irlandese al tamburo a corde della Gua-
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scogna, e pian piano ha iniziato lui stesso a costruirne, prima per il suo piacere personale poi su richiesta di appassionati musicisti e non che hanno conosciuto le sue creazioni e ne sono rimasti affascinati. Guido per il suo lavoro utilizza tanto i materiali ed i legnami più raffinati quanto materiali “organici” (ossa, corni e pelli di animali) nonchè i più svariati materiali
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di recupero (lattine, canaline elettriche, molle, tubi) e perfino oggetti di uso quotidiano (mestoli, cucchiai, barattoli, bottiglie, taniche), dando talvolta origine a vere e proprie invenzioni sonore molte delle quali non hanno ancora un nome e forse mai l’avranno. Elemento di punta della produzione musicale di Guido sono percussioni suonabili con una sola mano denominate takenettes (se fatte di legno) oppure semplicemente “ossa” (meglio conosciute appunto come “bones” in inglese) quando invece sono fatte con costine di mucca, pulite e lavorate con un complesso procedimento e poi finemente decorate con intrarsi che richiamano antichi motivi celtici (es.triskell) o piemontesi (es. Sole delle Alpi). Ancora Guido produce fischietti di terracotta dalle molteplici forme e dimensioni decorati con dovizia e grande cura dei particolari, per i quali ha anche ricevuto in passato dei riconoscimenti ufficiali, e li colleziona unitamente alle ribebe (scacciapensieri) provenienti da qualunque parte nel mondo, di cui saltuariamente organizza esposizioni, mostre e rassegne. Come suonatore popolare Guido è stato tra i protagonisti del movimento del folk revival italiano degli anni ’80 col gruppo biellese dei Refolè, e con altre formazioni quali Meikenut e Scent Pej (formazione che utilizzava prevalentemente strumenti di terracotta)
finchè non ha pensato all’inizio del nuovo millennio di radunare diversi suonatori tradizionali dell’area biellese dando origine al progetto polistrumental-multigenerazionale denominato Quinta Rua. Quinta Rua è il nome della via del ricetto medievale del comune di Candelo (BI), uno dei meglio conservati d’Italia, dove hanno sede anche le botteghe artigiane di diversi artisti locali tra i quali Sergio Verna, costruttore di nichelarpe e ghironde, e Frenz Vogel, che produce manufatti di vario tipo lavorando soprattutto pietra e vetro, oltre ad essere ghirondista di Quinta Rua nonché il “padrone di casa” della bottega dove tutte le settimane il nutrito gruppo di suonatori si riunisce per suonare, chiaccherare, fare progetti, bere qualche buon bicchiere. Anche Frenz costruisce saltuariamente strumenti musicali, attualmente assembla cosiddetti “bidon-bass”, contrabbasso artigianale fatto con una tanica di Kerosene, una corda, il manico di un badile.
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Si può visitare la bottega di Guido per ammirare e provare le sue creazioni durante le grosse manifestazioni tenute al ricetto quali “Vinincontro” e “Candelo in Fiore” nonchè la domenica, se Guido non è impegnato a suonare in giro, e spesso anche durante la settimana, quando il brulichìo di visitatori provenienti da tutto il mondo si fa più rado e discreto. In occasione di alcuni grossi eventi di musica tradizionale, quali il festival valdostano Celtica e il canavese Gran Bal Trad, nonché festival più “intimi” quali
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ad esempio TradAlagna, previsto a fine settembre in Valsesia, Guido si sposta con parte della sua ricca produzione, e oltre ad esporre e spiegare agli interessati il funzionamento dei suoi manufatti conduce veri e propri laboratori di percussioni tradizionali che riscuotono sempre grande successo, come i laboratori svolti durante l’anno a favore dei bambini delle scuole materne ed elementari, aventi per oggetto la costruzione di strumenti semplici fatti con carta, plastica ed altri materiali facilmente reperibili in casa. ❖
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Cronaca I¸LG¸ I: IL VENTO FRESCO DELLA LETTONIA
La lunga storia del gruppo folk più rappresentativo della Lettonia, attraverso le sue pubblicazioni. Siamo stati i primi in Italia a parlarne di Loris Böhm
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na lunga storia, quella del gruppo I¸l ´gi, un gruppo che ha saputo adattarsi alle situazioni politiche del suo Paese, quando era sotto l’influenza dell’Unione Sovietica, tanto da vedersi censurata la pubblicazione del primo disco risalente al 1980 “B¯a re¸n u dziesmas (Lapis nostrum)” registrata negli studi radiofonici di Stato e pubblicata in tiratura limitatissima dalla Plate records nel 1993, attualmente non reperibile neanche nelle aste tra collezionisti... Si tratta di una raccolta di brani dolcissimi incentrati sulla voce di Ilga Reizniece e l’accompagnamento del tipico strumento a corda kokle, simile al kantele finnico. Si passa alla cassetta “R¯a mi R¯ami” sempre nel 1993, che rappresenta la prima registrazione ufficiale, prodotto e distribuito dal gruppo stesso fino a poco tempo fa. Le canzoni rivelano le prime sperimentazioni del gruppo sulla musica folk tradizionale; è anche la prima volta che descrivono se stessi come una post-folk band. Si passa ad un altro disco da tempo introvabile: “Riti, riti” del 1996 per l’etichetta lettone Labvakar, anch’esso molto convincente e solido nell’esecuzione: il gruppo acquisisce compattezza e personalità esecutiva, intrecci vocali da brivido in “No Jûriòas Izpeldçja” e una canzone bellissima di oltre sei minuti “Trejs Môsiòas” per un trio ancora intimista ma che inizia a farsi notare al grande pubblico locale. Infine nel 1998 abbiamo la loro esplosione con l’album “Saules meita” per la grande distribuzione
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di UPE records. Il loro lavoro più innovativo, straordinario virtuosismo in ogni brano per generare un’opera che non invecchia mai, ascolto dopo ascolto. Esplosivo mix di ritmi moderni adattati ad antiche ballate lettoni con gruppo a cinque e strumentazione completa. Attualmente ancora in vendita presso la lettona UPE records, consigliatissimo. La fine del secolo, il 2000, li vede ancora interpreti di un album di successo: “S¯eju v¯eju” che segue lo schema del precedente album e una entusiasmante sequenza di brani di grande impatto sonoro. Anch’esso reperibile a buon prezzo dalla UPE records, li celebra definitivamente il gruppo di punta di tutti i Paesi Baltici. Per festeggiare il ventesimo anniversario del gruppo, caduto nel 2001, eccoli impegnati in un doppio CD uscito nel 2002 che racchiude buona parte dei primi due dischi irreperibili, acquistabile presso cdroots.com. Un anno intenso il 2002, che li vede protagonisti di una seconda opera: “Sp¯e leju, dancoju”: un esperimento audace per esplorare, modificare e interpretare i testi del più grande poeta della Lettonia, Rainis (Janis Pliekšans 1865-1929). Il risultato è la prima opera folk-rock di un gruppo lettone, basata quasi interamente su nuove composizioni musicali. È anche la prima volta che nelle canzoni gli I¸l ´gi non hanno incluso testi dal “dainas” lettone. Il Daina è una forma tradizionale di musica o poesia, dalla Lettonia. Il Lituano dainas ha tratti comuni. Il Dainas lettone
spesso utilizza temi e leggende del periodo pre-cristiano, con stili vocali a bordone e il cetra Baltico (kokle). Protagonisti - e voci - della produzione sono Gatis Gaujenieks e Ruta Muktup¯avela. Un disco da acquistare assolutamente da UPE. Neanche il tempo di riprenderci che nel 2003 vede la luce il loro ennesimo capolavoro intitolato “Kaza k¯a pa debesis”: sontuoso, dalle ritmiche moderne ma pur strettamente attaccato alla tradizione, denota un ulteriore passo avanti per l’estrema orecchiabilità dei brani proposti. Noi ne abbiamo parlato su Traditional Arranged, abbinandolo ad una intervista al leader Gatis Gaujenieks, antefatto che ha fatto seguito, nel 2004, alla loro prima esibizione in Italia con una acclamatissima partecipazione al prestigioso festival Folkest in Friuli. Pubblico estasiato e grande risalto di critica giornalistica, che ha lanciato in chiave europea questo eccezionale gruppo di una landa sperduta del Nord. Il resto è storia recente quanto frenetica: “Totari” nel 2005 rappresenta una pausa di riflessione intimista, lo straordinario “Ne uz vienu dienu” del 2006, andato purtroppo esaurito in brevissimo lasso di tempo, richiede assolutamente una ristampa, come pure la richiede il divertente “Ej tu dejot” del 2008, sparito dal mercato in un lampo, dove il gruppo si esalta in un brano tradizionale lettone riproposto con gli stili tradizionali di mezza Europa, compreso una versione ligure intitolata guardacaso “Ligurian farinata”. Consiglio chiunque a fare una ricerca su internet per recuperare le versioni mp3, facilmente reperibili. Nel 2009 un altro prodotto di grande spessore: “Songs of the Shortest Night” la traduzione inglese dell’impronunciabile lettone, denuncia la maturità del gruppo e propone un’altra gemma da archiviare in discoteca, ma attenzione
perchè il CD è già di difficile reperibilità, io continuo a preferire il formato disco per l’indubbia qualità del suono rispetto l’mp3, provate a cercare su Amazon. Veniamo ora ai giorni nostri: abbiamo ancora, a getto continuo, pubblicazioni che neppure figurano sul loro sito internet!! Evidentemente preferiscono suonare che aggiornare in rete o chattare continuamente su facebook come purtroppo fanno molti musicisti folk nostrani avari di novità!! Per il 2011 bisogna guardare su balticshop.com e troverete “Rami un Ne”, dove il gruppo si esibisce in un gioco vocale con ragazzi e ragazze, oppure “Izlase 20012009”, una sorta di greatest hits; opere sicuramente riservate agli appassionati e ai collezionisti. Questi ultimi giorni del 2011 li vede ancora imperterriti in sala incisione per donarci, a inizio 2012, una ulteriore dimostrazione del loro talento: “Tur Saulite p¯erties g¯aja”. Il compact è presente nel nuovo sito UPE www.upett.lv, e riesce a stupire già dal primo brano. Voci e suoni soffusi, meditativi... una melodia quasi ipnotica che ti entra in testa per non uscirne più, rumori di fondo, sbuffi, stridii e cigolii che si fondono con gli strumenti etnici e le voci... alla fine quasi non riesci più a riconoscerne la provenienza, ti viene voglia di riascoltare questa sorta di magia sonora, ma leggete come Ilga Reizniece descrive il disco: Un abitante della lettonia nel pirts (bagno): Musica tradizionale e contemporanea. Come si avvicina Sabato, i lettoni si rallegrano. Anche la serata precedente è sacra, quando i lettoni vanno al pirts. Un pirts non è solo un posto dove i lettoni si lavano, è un luogo di incontro con Dio; in altre parole, una chiesa. Il lettone non pulisce solo il suo corpo nel pirts, ma anche la sua
Cronaca
anima. La Slota pirts rappresenta un fascio di ramoscelli puliti per fustigarsi nel bagno: è la medicina per tutte le malattie. Questi eletti che usano questo rituale possono portare una fiamma nelle loro mani. Buoni custodi dei pirts in Lettonia sono gli sciamani, e per fortuna sono abbondanti. Sono stati preceduti da saggi falegnami, forti muratori, fuochisti e ostetriche.
Passato e presente. Tutto ciò oggi è scomparso - un chiaro e lento, tantrico, oblio al suo interno - ma la musica lettone rafforza e rinfresca, ispira prima della fustigazione, ma soprattutto aumenta la sensazione di gioia portata dal vero rituale lettone pirts. Non ti preoccupare se ti manca l’accesso ad una pirts: ascolta questa musica, l’effetto sarà analogo.
Rotondo come un salice. Sano come un salice. Questo è quello che ci consegna il presente, probabilmente il futuro ci riserverà ancora altre sorprese, perchè gli I¸l ´gi non hanno nessuna intenzione di fermarsi. E noi saremo ancora qui, a celebrare la loro musica, come si conviene. ❖
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Cronaca IL FILE SHARING: È ILLEGALE O UNA RISORSA?
A volte tollerato, a volte aspramente combattuto a volte ritenuto utile per far conoscere i musicisti. Qual’è la verità? di Loris Böhm
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ritmo incalzante si susseguono notizie su vicende legate allo scaricamento della musica da internet. La questione è di vecchia data ma ancora nessuno ha pensato ufficialmente a interrompere tutti i servizi file sharing che permettono di scaricare la musica da internet senza pagare i diritti d’autore, nessuno ha posto un blocco totale a coloro che ne usufruiscono per riempire il loro lettore di mp3 senza pagare il prodotto che si ascolta. Noi utenti di internet come dobbiamo comportarci? Quali sono i rischi che corriamo se scarichiamo musica senza pagare i diritti? Considerando la casistica delle denunce e relative multe (invero neanche tanto elevate) pagate dall’utente che ha scaricato illegalmente canzoni in formato mp3, notiamo che si trattava esclusivamente di provvedimenti adottati verso persone che avevano scaricato album di artisti molto noti, tutelati a 360 gradi da potenti major discografiche, che intervenivano tramite monitoraggi in rete per colpire chi danneggiava l’artista da loro promosso. A dirla tutta, in rete, a parte il fenomeno ormai “preistorico” di Napster, che era rivolto a musicisti nel top delle classifiche, e che per questo motivo creava danni abbastanza ingenti al mercato discografico di allora, in questi ultimi anni il fenomeno della cosiddetta pirateria musicale (intesa come duplicazione del compact disc o vinile scaricabile in formato mp3) si è incanalata su settori di nicchia, “coinvolgendo” artisti sconosciuti o
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quasi, prodotti discografici autoprodotti rari o addirittura dischi fuori commercio da anni, da collezione. È tutto da dimostrare come un artista sconosciuto e una casa discografica artigianale altrettanto sconosciuta, possano essere danneggiati da un fenomeno di questo tipo: paradossalmente abbiamo in rete nella maggioranza dei casi artisti che incoraggiano la diffusione dei loro brani liberamente scaricabili in mp3, appunto per l’incredibile azione pubblicitaria che questo sistema produce. A conti fatti il beneficio consiste nell’azzeramento delle spese per la campagna pubblicitaria su carta stampata, su emittenti radiofoniche e talvolta televisive, di un nuovo album; nel senso che l’appassionato di musica che scarica la versione mp3, il più delle volte, se il prodotto piace, è spinto ad acquistare la relativa copia su CD. È altrettanto vero che l’ascoltatore poco interessato o impossibilitato per motivi economici ad acquistare il CD, ben difficilmente sarà portato comunque al suo acquisto ascoltando la versione scaricata da internet. Una funzione sociale rivolta agli appassionati con difficoltà economiche? Indubbiamente sì: anche se esiste un muro burocratico “legalizzato” delle Società Autori ed Editori che tendono a tutelare comunque chi produce un’opera, indistintamente si tratti di una straricca rockstar abituato a stadi da centomila posti (che si può pagare decine di avvocati) o un povero disgraziato suonatore ambulante che suona nei vicoli del centro storico e
considera i “Busker festival” come eventi epocali... Le suddette Società di Autori ed Editori non per questo applicano tariffe “sociali”, a seconda di chi si presenta al loro cospetto! Esattamente come fa un barbiere che applica la stessa tariffa per un’ora di lavoro su un cappellone e uno stempiato che richiede al massimo dieci minuti di lavoro (forse per questo motivo metteranno fuorilegge gli elettrodomestici chiamati “tosatori” perchè tolgono lavoro ai barbieri? Certo che no!) se hai quattro peli è giusto che risparmi, come altrettanto giusto è che la cultura intesa come musica non deve essere riservata solo a chi ha il denaro per potersela permettere ma dovrebbe essere garantita a tutti. Internet sta diventando un mezzo insostituibile per essere in contatto con il mondo, per conoscere persone, imparare, lavorare, ascoltare e vedere, pagare utenze, il tutto ad un prezzo ragionevole. Se si incomincia a tagliare certi servizi internet perchè danneggiano le attività “non virtuali”, ci ritroveremo con l’incapacità di risollevare l’economia nazionale e mondiale, perchè ormai il commercio (in senso lato) sarà sempre più gestito con i mezzi virtuali offerti dalla rete e sempre meno con il negozio di mattoni che comporta una miriade di spese superflue di gestione, che con la recessione in atto diventa insostenibile. Con questo discorso non voglio schierarmi apertamente dalla parte di coloro che praticano questo “sport” dello scaricamento di files
sonori... è evidente che costoro se non usano questo sistema con moderazione, si ritrovano in breve tempo la casa piena di unità di storage e dischi rigidi: decine di migliaia di brani musicali equivalenti a tante ore di ascolto che non basterebbe l’intera vita umana a sopportare! E qui entriamo in un discorso di paranoia che vorrei evitare. Una persona ammalata di questa sindrome, si comporta come quello che non riesce a staccarsi dalla playstation, e richiede un intervento medico piuttosto che una multa in denaro. È notizia fresca di pochi giorni fa: l’FBI ha chiuso i servizi Megavideo e Megaupload su internet perchè ritenuti responsabili di condividere illegalmente musica, film e libri. A parte il fatto che esistono centinaia di servizi di file sharing esattamente identici a quella società, che continuano tranquillamente a proporre i loro servizi di scaricamento “illegale” di detto materiale, c’è da sottolineare che Megaupload non effettua un controllo diretto sul materiale che viene depositato sui loro server di archiviazione, ma si limita a un messaggio di avvertimento in cui intima che il materiale che si deposita o si scarica deve essere privo di diritti d’autore, e addirittura, come tutte le società di file sharing esistenti, attiva un servizio di denuncia online in caso un utente riscontrasse materiale illegale presente sul server. Sarebbe come dire brutalmente: sputate sul piatto in cui mangiate! Immagino che ben poche siano le segnalazioni di abuso ricevute e ben pochi gli archivi rimossi da Megaupload in questi anni (esattamente come succede negli altri servizi di file sharing). Se la legge dovesse essere applicata appieno, si avrebbe una rivoluzione su internet che comporterebbe comunque azioni di ritorsione da parte di queste strutture, e del mondo di internet, con il solo risultato che il servizio di Megau-
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pload (e sono in molti a crederlo) verrà riattivato dopo pochissimo tempo, magari in un altro luogo, magari con un altro nome, come è già successo in modo clamoroso con il servizio di scaricamento file torrent “Btjunkie”, chiuso dalle autorità per aver infranto i diritti d’autore, che emigra sistematicamente ogni volta che viene chiuso, su un nuovo indirizzo. Mi sembra difficile pensare che la potente FBI e tutte le autorità non siano al corrente di questo fatto e non siano consapevoli del fatto che è praticamente impossibile interrompere un servizio su internet gestito da una persona che si è arricchita notevolmente con questo mezzo e che inoltre è “risoluta” e “determinata” a perseguire il suo scopo, a meno che non si condanni all’ergastolo il colpevole e tutto il suo staff tecnico. In questi casi la logica può far pensare una sola cosa: è possibile annullare in toto il download su internet di files? Sarebbe l’unico sistema per eliminare definitivamente il problema pirateria. Oppure non basterebbe? Vi ricordate i tempi del vecchio vinile? Allora non esistevano i download mp3 illegali, ma esisteva il commercio di bootleg (dischi di vinile illegali). Attualmente i dischi di vinile esistono ancora, così come esistono i bootleg di vinile illegali. La legge è uguale per tutti? Forse! Forse è implacabile solo verso coloro che non hanno i mezzi economici per poterla applicare. Per cui non vorrei scrivere uno scoop
giornalistico affermando che l’FBI deve mettersi il cuore in pace e ricordarsi che “questa pirateria” è ben diversa da quella esistente sui mari di due secoli fa: è molto più sfuggente, più subdola, più sostenuta dall’utenza mondiale, avendo a disposizione grandi risorse economiche... Un dato di fatto è che questa decisione dell’FBI ha innescato l’ira del gruppo hacker più famoso al mondo, “Anonymous”, dando il via ad una serie di attacchi informatici su alcuni siti web federali ed etichette discografiche quali: Il Dipartimento di Giustizia, l’FBI, l’Universal Music e la EMI. Ricorderemo questo evento come l’attacco hacker più grande della storia, e considerando che la situazione è in continua evoluzione, l’incertezza sull’applicazione delle leggi unita a una generale sensazione di prevaricazione governativa provocherà ulteriori azioni repressive da ambo le parti. Quello che mi sento in definitiva di consigliare al povero appassionato di musica, che è il vero anello debole di tutto questo meccanismo perverso ridondante di “colpi di scena” tra potere e potenze economiche... è di usare estrema diffidenza per tutte le proposte di scaricamento e di attivazione di servizi che si trovano su internet. Chi decide di usufruire di un servizio di file sharing deve essere perfettamente a conoscenza su cosa va incontro, sui rischi che corre, perchè in questa epoca in cui la tecnologia corre più veloce della vita stessa di una persona, non è ammissibile la disinformazione; piuttosto è meglio fermarsi, restare indietro, ascoltare un buon CD o un vinile, e soprattutto riprendere ad ascoltare i programmi radiofonici delle tantissime emittenti esistenti in Italia, compresa la RAI: sarà un tuffo nel passato e sicuramente un’esperienza rilassante assolutamente priva di rischi e rimorsi di coscienza, oltrechè economica. ❖
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Cronaca E I “NIPOTI” DI BILL MONROE FANNO LA RIVOLUZIONE CULTURALE di Tommaso Michea Giuntella
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ai mattoncini rossi ricoperti di neve delle strade di Boston, tra le fioche luci dei tanti live music club nei quali si riversano gli studenti delle innumerevoli università dei dintorni, sta nascendo la nuova generazione della musica tradizionale americana; una generazione abbastanza motivata da essere pronta a segnare un profondo cambiamento e abbastanza giovane da candidarsi a farlo da protagonista per i prossimi decenni. Sembra alle spalle il lungo periodo del manierismo, poca fantasia e molto sudore alla ricerca delle perfette emulazioni, dal banjo Scruggs style, ai ronzii di chitarra, dalla timbrica più tradizionale, pronuncia di collina e voce preferibilmente nasale per lui, all’ugola dolce e sospirata per lei, uscire dal canone è sempre stata considerata un’avventura per geni veri - e rari - o perditempo. Che poi è il motivo per cui nella ultime decadi Bela Fleck si è costruito il suo regno incontrastato. L’opzione preferenziale per il suono pulito a velocità di esecuzione al di sopra delle possibilità umane, un’obbedienza all’ortodossia vicina alla vera e propria devozione e una malcelata polemica nei confronti della sperimentazione hanno segnato anni di eccellente virtuosismo e nomi che sono oggi autorità indiscusse della tradizione, ma sembrano questi i giorni per una rinnovata grammatica della bluegrass music che sappia confrontarsi con un pubblico esteso. Chiamatelo newgrass, chi lo suona non sempre si farà limitare da questa etichetta, ma è un dato di fatto che i nipotini di Bill Monroe stanno portando la tradizione nel ventunesimo
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secolo con grande rispetto ma senza alcun timore. È pur vero che l’ombra dei nonni è più dolce e meno ingombrante di quella dei genitori, tanto che nella musica tradizionale riscontriamo spesso generazioni di ossequiosi esecutori che hanno fatto seguito a generazioni di grandi innovatori, ed è forse il motivo principale per cui stiamo ancora aspettando che si impongano i folksinger del trentennio, che - a debita distanza da Joan Baez, Bob Dylan, Donovan, Peter, Paul & Mary, Woody Guthrie e Pete Seeger - sappiano riaccendere quel brivido che non è lo stesso dei pur grandissimi Bruce Springsteen, Van Morrison, Neil Young o James Taylor. Di quella dolcezza permissiva tipica dei nonni che furono severi genitori, sembra cogliersi l’eco nelle note dei nipotini, cresciuti ad ascoltare le storie di chi li ha preceduti ed educati da istituzioni come Ricky Skaggs, Laurie Lewis & Tom Rozum, Jim Mills, Tony Rice, Jerry Douglas, Darrell Scott, Tim O’Brien, da Alison Krauss, Lyle lovett, Peter Rowan, David Grisman, e tanti altri “padri” sui quali tornermo nei prossimi mesi, la rivoluzione culturale del newgrass coglie fette di pubblico che per età e per interessi erano sempre sfuggite o appena sfiorate. Parliamo degli Infamous Stringdusters e dei Cherryholmes, forse i più fedeli, degli Old Crow Medicine Show – che insieme a Chris Thile possono considerarsi i fratelli maggiori, dei Punch Brothers, dell’incantevole Sarah Jarosz, del giovane fiddler prodigioso Alex Hargreaves e del suo compagno di giochi preferito Mike Barnett, degli splendidi Crooked Still e dei giovani, capacissimi Joy
Kills Sorrow, dei Deadly Gentleman, mattoidi alla corte di Greg Liszt – ricordate il banjoista scatenato delle Seeger Sessions di Bruce Springsteen?). Parliamo di un prato fiorito essenzialmente nella East Coast i cui semi sono giunti dalle campagne per assaggiare la maturità sulle sponde del fiume Charles. Qui, tra il New England Conservatory e il Berklee College of music, quei semi hanno trovato una città che li premia facendoli germogliare con il suo affetto, il suo calore italo-irlandese e il suo pubblico entusiasta. Un crocevia, un luogo di scambio di amicizie, linguaggi, suoni, che ha dato vita ad una comunità che non disdegna le bevute in compagnia almeno quanto la jam sessions, che si conosce e si sostiene vicendevolmente invadendo i social network di consigli di ascolto ma anche scambi di opinioni e tanta ironia, tutto nel nome delle quattro, cinque e sei corde. Mandolino e Violino sempre più al centro, un Banjo sempre più votato a cromatismi e suoni meno esplorati, e una rottura degli schemi classici che, oltre a non tradire per nulla gli antenati, strizza l’occhio al pop più intelligente e ai suoi estimatori, dimostrando intelligenza, duttilità e capacità di interpretare i segni del nostro tempo. Sulle vie del vento che ha portato le note di nonni, padri e nipoti fino a noi vogliamo metterci in cammino; lo faremo ripercorrendo i passi dei protagonisti fin qui citati e, soprattutto, ospitando sulle nostre pagine la loro viva voce. Buona musica! ❖
Eventi
in sintonia con
14° Festival delle Culture 2012 Il pubblico, i protagonisti, le iniziative collaterali 65.000 Spettatori 12 Giorni di spettacolo e attività interculturali 600 Protagonisti (artisti, scrittori, giornalisti, artigiani) 100 Eventi (spettacoli, laboratori, dibattiti, incontri) 29 Spettacoli di cui 1 in prima nazionale 22 Incontri e dibattiti 16 Laboratori per grandi e piccoli 114 Ore di spettacolo 53 Persone di Staff e Artisti Compagnia SUQ 40 Biblioteche, Centri Culturali, Associazioni e Comunità Chance Eventi - Festival Suq - Via XX Settembre 20/31 - 16121 Genova - Tel-Fax 010 5702715 website: www.suqgenova.it - e-mail: info@suqgenova.it - e-mail: info@chanceeventi.it
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Eventi
Investi sul festival
Investire sul Carpino Folk Festival significa investire nel proprio territorio “Il Carpino Folk Festival ricopre un ruolo importante nella scena musicale della Puglia. Si tratta di un evento fantastico, dove stare tra il pubblico è meraviglioso cosi come esibirsi sul palcoscenico. Da oltre 16 anni è un evento portatore di valori, di legami con il territorio, di passione, tradizione, identità e credibilità. E’ il primo grande festival pugliese della musica popolare e delle sue contaminazioni. Quest’anno l’Associazione organizzatrice ha davvero bisogno del sostegno di TUTTI per assicurare che uno dei più grandi eventi del suo genere dell’Italia del sud possa continuare a fornire un’esperienza superiore ai tanti altri festival patacca!”. La motivazione a sostenerci può essere la passione per la musica, il desiderio di preservare un evento culturale che alimenta la nostra economia e l’industria del turismo culturale della Puglia, o la consapevolezza che i giovani, i talenti e i nostri visitatori continuano a vivere il festival cosi com’è stato concepito, ossia come una grande festa popolare. Ci sono molti modi per sostenerci, in particolare attraverso: - Donazioni - per essere un importante sostenitore - Contributi - per essere partner e co-generatore dei nostri eventi e dei nostri risultati - Sponsorizzazioni - per associare il festival e gli spettacoli del singolo artista alla propria azienda/istituzione che ne ha permesso la realizzazione. Le donazioni e i contributi possono essere effettuati autonomamente tramite bonifico bancario intestato a “Associazione Culturale Carpino Folk Festival” - IBAN: IT32 V088 1078 3300 0002 0009 201 (Banca Credito Cooperativo Agenzia di Carpino – x i bonifici dal mondo il codice SWIFT o BIC: ICRAITRRMIO); nella causale scrivere “Nome Cognome sostiene il CFF” Le donazioni superiori ai 10,00 euro che perverranno entro il 15 luglio verranno citate in apposita sezione dei 5000 books 10x21 del festival. Per i contributi restiamo disponibili ad ogni eventuale documentazione da produrre. Attenzione: non consegnate soldi in contanti a nessuno li chieda per il Carpino Folk Festival
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31 gennaio
Ultime settimane per iscriversi a La Musica nelle Aie 2012 Attenzione! mancano poche settimane per potersi iscrivere a La Musica nelle Aie – Castel Raniero Folk Festival 2012, il più importante festival indipendente dedicato a tutta la musica folk. L’ultimo giorno per farlo è il 31 gennaio, potete scaricare bando e modulo d’iscrizione dal sito
www.musicanelleaie.it
Tra le novità di quest’anno c’è la possibilità di essere inseriti in un cd compilation che verrà prodotto apposta per l’occasione, un cd che conterrà un brano per ogni partecipante e che verrà realizzato e distribuito grazie alla collaborazione con Galletti-Boston (una delle più importanti e storiche etichette di musica popolare). Ci sarà inoltre la possibilità di concorrere alla conquista di 3 premi: il Premio del Pubbico (assegnato dalla gente presente all’evento), il Premio della Critica (assegnato da una giuria specializzata) e infine dal confronto tra le due classifiche verrà decretato il vincitore assoluto a cui verrà consegnato il Premio Musica nelle Aie. Suonare a La Musica nelle Aie – Castel Raniero Folk Festival e una bellissima occasione per essere tra i protagonisti di una festa che abbraccia la musica popolare, l’enogastronomia e la natura, una festa che negli ultimi anni ha visto la partecipazione media di 15000 persone e che non dovrebbe mancare nel curriculum di qualsiasi musicista folk.
28 gennaio - ore 20
Francesca Romana trio
Il Siciliano - Via Dell’orologio 37 - Palermo
Il Six Bars Jail folk club
Eventi
c/o Circolo Società Mutuo Soccorso SERPIOLLE Via Delle Masse 38 - Firenze (Zona Careggi) ore 21:30 10/02/12 – Soïg Siberil 16/03/12 – Giovanni Pelosi 06/04/12 – Tim Sparks 20/04/12 – Open Mic VII
Geomusic s.r.l.
La musica sta cambiando...
... la musica ispira la fantasia del pubblico
Via Provinciale, 24 - 24024 - Gandino (BG) Tel.: +39 035 732005 Fax: +39 035 732005 cell. +39 348 4466307 9/2/2012 NICK HARPER LUGAGNANO di SONA (Vr) Club “Il Giardino” Ore 21:30 9/2/2012 PICCOLA ORCHESTRA APOCRIFA di GIORGIO CORDINI VARESE Cine Teatro Nuovo - via dei Mille, 39 Ore 21:00 - 16-12 euro 11/2/2012 ELLIOTT MURPHY, VERONICA SBERGIA & RED WINE SERENADERS LODI Teatro alle Vigne, via Cavour 66, per Lodi Blues Festival - Winter Session 2012 Ore 21:00 - 15 euro 23/2/2012 VERONICA SBERGIA & RED WINE SERENADERS VARESE Cinema Teatro Nuovo Ore 21:30 5/3/2012 ANDY IRVINE PESCARA Auditorium Flaiano Ore 21:00 9/3/2012 ANDY IRVINE LUGAGNANO di SONA (Vr) Club “Il Giardino” Ore 21:30 11/3/2012 ANDY IRVINE MAROSTICA (Vi) Panic Jazz Club Ore 21:30 31/3/2012 STRAWBS ACOUSTIC LUGAGNANO di SONA (Vr) Club “Il Giardino” Ore 21:30
21/4/2012 FAIRPORT CONVENTION MORBEGNO (So) Teatro S. Antonio Ore 21:00 22/4/2012 FAIRPORT CONVENTION MAROSTICA (Vi) Panic Jazz Club Ore 21:30 23/4/2012 FAIRPORT CONVENTION PALERMO Teatro Dante Ore 21:00 24/4/2012 FAIRPORT CONVENTION CATANIA Auditorium Le Ciminiere Ore 21:00 15/6/2012 VERONICA SBERGIA & RED WINE SERENADERS VERONA Centro Studi Campostrini, via S. Maria in Organo 4/2, per “La Valigia dei Suoni” Ore 21:15
Ballkan World Music
Management Viale della Vittoria, 171 - 61100 Pesaro – ITALY Mobile: (+39) 337.657870 Fax: (+39) 06.99369823 info@musicballkan.com FANFARA TIRANA (ALBANIA) 27/08/2012 TRENTO (IT) BOBAN I MARKO MARKOVIC ORKESTAR (SERBIA) 03/02/2012 TREVISO (IT) 04/02/2012 TORINO (IT) 07/02/2012 ROMA (IT) 08/02/2012 FIRENZE (IT) 09/02/2012 BOLOGNA (IT) KLEZMATICS (USA) 24/07/2012 TRENTO (IT)
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ALBION CHRISTMAS BAND, A Sound in the Frosty Air CD Rooksmere Records, 2011 (RRCD104)
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Ashley Hutchings e Simon Nicol sono dei professionisti e questo nuovo album della Albion Christmas Band, natalizio ma costruito su canzoni tradizionali del repertorio invernale, risulta sufficientemente intrigante. Indubbiamente i pezzi migliori appaiono quelli composti dallo stesso Hutchings: “A Distant Bell” e “Burn, Logs, Burn” per fare un esempio. Il produttore Mark Hutchinson è davvero un tuttofare: è autore della registrazione, mix e masterizzazione, dei brani nonché autore della grafica di copertina. La registrazione è stata effettuata negli studi di quella che di fatto è diventata una casa discografia: la Rooksmere.
Tracks
1. Christ Was Born in Bethlehem 2. Sans Day Carol 3. A Distant Bell 4. School Boys in Winter 5. Snow Chain / Obvious Jig 6. Winter Song 7. King Herod and the Cock 8. Chanticleer 9. The Star 10. Christmas Is Now Drawing Near At Hand 11. Hereford Carol 12. At the Christmas Ball 13. Minstrels 14. Calling on / Hogmanay 15. Burn, Logs, Burn 16. Mad World 17. Good Shepherd Carol
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CHRISTY MOORE, Folk Tale
Sony / Yellow Furze Ltd. 2011 (88697973042) 04
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Christy Moore si presenta con nuove undici composizioni, tutte bellissime, accompagnato dal chitarrista polistrumentista Declan Sinnott, che svolge anche il ruolo di produttore. Si tratta di un album in crescendo che si conclude con la bellissima “God Woman”.Il disco è stato registrato dal fonico Tim Martin al Ballymountain di Cork. La grafica di copertina, che non appare molto adeguata al contenuto, è opera dell’atelier di David Smith. All’interno del booklet si trova una bella fotografia di Dikon Whitehead del concerto che Christy e Declan hanno tenuto al Finsbury Park di Londra.
Tracks:
1. Tyrone Boys, 2. Folk Tale, 3. My Little Honda 50, 4. Easter Snow, 5. Michael Hayes, 6. On Morecambe Bay, 7. Tiles and Slabs, 8. Haiti, 9. Weekend in Amsterdam, 10. Ballydine, 11. God Woman.
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BEPPE GAMBETTA, Live At The Teatro Della Corte – The First 10 Years (2010) CD Gadfly Records (Gadfly 517)
A distanza di dieci anni dalla prima edizione di Acoustic Night, svoltasi nel 2001, Beppe Gambetta ha deciso di raccogliere in un album il meglio delle performance live, cui hanno partecipato musicisti come l’ex Byrds Gene Parson, Patty Larkin, Mike Marshall, Don Ross e Tony McManus, solo per fare alcuni nomi. Nello stile di Beppe, il repertorio presentato è assai eclettico ma tra le varie composizioni ci hanno colpito particolarmente “Gator Strut” di Mike Marshall e la versione di “Stefania” di Pasquale Taraffo. Le registrazioni, di ottima qualità occorre dire, sono state effettuate al Teatro della Corte di Genova, con la supervisione della produttrice Federica Calvino Prina e gli allestimenti scenici di Sergio Bianco.
Tracks:
1. Romance in Durango 5:21 2. Gator Strut 6:26 3. St. Augustine 6:21 4. Brass Band Ruchenitsa 3:17 5. Indifference 3:28 6. Charming Betsy 3:38 7. Procession 4:34 8. Blackberry Blossom 2:31 9. East Virginia Blues / Soldier’s Joy 4:46 10. Stefania 7:44 11. Mrs McLeod 3:28 12. Un Canadien Errant 5:15 13. Vlasico / Czardas 3:49 14. Improvisations and Dance on “La Follia” / The Gold Rus
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PENTANGLE, In Concert - Recorded on tour 19972011 CD GJS Records 2011 (GJSCD 032)
Si tratta di uno splendido live, registrato dai fonici Paul Smith e Michael Meldru in varie località inglesi nel periodo 1997-2011.
Recensioni Più che nelle registrazioni in studio, ritroviamo qui una continuità con I Pentangle storici. Vale la pena di analizzare le singole Tracks: 1. JABALPUR: brano iniziale che parte morbido per poi trovare un groove molto intens0. Molto bravo Ravi, nel suono della kora. 2. JARDIN D’AMOUR: una canzone di Pierre Bensusan, splendidamente accompagnata dalla voce di Jacqui Mc Shee. 3. NOTHING REALLY CHANGES: composizione in puro stile Pentangle sul tema della ciclicità dell’esistenza umana. Molto buono il sax di Gary Foote. 4. THAT’S THE WAY IT IS (Matt’s Song): suadente canzone che parla dell’adolescente figlio di jacqui, con deprecabili coretti di Alan Thomson e Spencer Cozens. 5. ACROBAT: motivetto cadenzato con coralità calypso di scarso impatto complessivo. 6. THE BONNY GREENWOOD SIDE: finalmente un “traditional”, una storia di fantasmi perfettamente adatta al ritmo delle sabbatiche percussioni di Gerry Doumbek. 7. SANDWOOD DOWN TO KYLE: si tratta di una delle prime registrazioni del 1997, una canzone di Dave Goulder bene interpretata dal sax soprano di Jerry Underwood. 8. INTERLUDE: è una registrazione del 2009 in cui Spencer Cozens, Alan Thomson e Gary Foote si esibiscono in terribili coretti. Timidi gli applausi del pubblico. 9. NOW’S THE TIME: grazioso motivo in 7/4 già in “Feoffees’s Land” 10. THE WIFE OF USHERS WELL: un altro traditional, bellissimo, registrato nel 1997. Si tratta di una folksong Americana già incise in “About Thyme”. La voce di Jacqui trova qui massimo risalto così come il sax di Jerry Underwood. 11. LOVELY JOAN: un altro brano tradizionale interpretato in modo suggestivo dal sax e soprattutto dalle percussioni di Miles Bould che si scatenano in un assolo fonale. 12. WE’LL BE TOGETHER AGAIN: un finale lento, un soul jazz da piano bar che avremmo preferito non ascoltare. Musicians: Jacqui McShee – vocals Gerry Conway - drums, percussion Spencer Cozens - keyboards, vocals Alan Thomson – basses Gary Foote – saxes Jerry Underwood - saxes (#7,10,11)
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M. LEPISTO, D. MUNNELLY, R.TESI, B. LE TRON, D. LALOY, Accordion Samurai CD Homerecords 2011 - 4446078
Cinque accordeonisti per un album davvero interessante che i critici di Trad Magazione relegano tra i migliori del 2011. Tra i pezzi migliori ci piace segnalare “Trioolé” di Riccardo Tesi. La registrazione è stata fatta da Corentin Aussems presso gli studi “Le Chantier”, il mix e la masterizzazione sono stati poi realizzati negli studi della stessa Homerecords. Il progetto è stato ideato da Frédé rique Dawans “fritchou”, le foto di cpertima e dell’interno sono opera di Lieve Boussaw.
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Tracks:
1. Samurai I 2. Le Grand Cèdre 3. Trioolé 4. Blind Harbour / Carty’s Reel 5. De Delay Lo Ribatel / Espresso 6. Polar Balkan 7. Eleanor Neary’s Hornpipe 8. Reel Finlandia 9. Mia 10. The Last Waltz
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MARTIN SIMPSON, Purpose + Grace
CD Topic Records 2011 - TSCD584
Il nuovo album di Martin Simpson è molto bello e si avvale di importanti collaborazioni. Una di queste è sicuramente quella di Andy Cutting, che suona la fisarmonica in quasi tutte le composizionii. Particolare importanza hanno tuttavia le presenze di Dick Gaughan, June Tabor e Richard Thompson. Un merito va sicuramente anche al produttore Andy Seward che è anche ingegnere del suono. Il booklet contiene informazioni molto dettagliate sull’origine e la composizione dei brani ma anche fotografie di David Angel.
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Tracks:
1. The Sheffield Apprentice 2. Bold General Wolfe 3. Brothers Under the Bridge 4. Little Liza Jane 5. Brother Can You Spare a Dime 6. Jamie Foyers 7. In the Pines 8. Strange Affair 9. Banjo Bill 10. Barbry Allen 11. Don’t Leave Your Banjo in the Shed Mr. Waterson 12. Bad Girl’s Lament 13. Lakes of Ponchartrain
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STEELEYE SPAN, Now We Are Six Again
2CD Park Records 2011 (PRKCD113)
Un live degli Steeleye Span è sempre un evento e questo doppio album, registrato durante il tour della primavera 2011, non fa certo eccezione. Per l’occasione il gruppo si presenta con una nuova line-up e un repertorio che rivisita il famoso album “Now We Are Six”. Ma c’è anche un bonus CD con una serie di classici reintepretati splendidamente. Oltre a Pete Zorn suona col gruppo in questo tour l’attore musicista Julian Littman, fratello di Madonna nel film “Evita” e autore di canzoni con e per, Gerry Rafferty, Sheena Easton, Phillip Bailey, Sister Sledge, Barbara Dickson, Charlie Dore, Toto coelo e Aswad. Il lavoro è stato registrato, mixato e masterizzato da Bob Prwse, La bella confezione e i disegni sono opera di Gwen Morgan.
Tracks CD1:
1. Seven Hundred Elves; 2. Drink Down The Moon; 3. Now We Are Six; 4. Thomas The Rhymer; 5. The Mooncoin Jig (instrumental); 6. Edwin; 7. Long-A-Growing; 8. Two Magicians; 9. Twinkle Little Star; 10. To Know Him Is To Love Him
Tracks CD2:
1. Just As The Tide; 2. Let Her Go Down; 3. Edward; 4. Two Constant Lovers; 5. Prince Charlie Stewart; 6. Cam Ye O’er Frae France; 7. Creeping Jane; 8. Cold Haily, Windy Night; 9. Bonny Black Hare; 10. All Around My Hat; 11. Gaudete
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ALBERTO CESA, Con la ghironda in spalla Libro 224 pp. + 2CD Nota Records 2010
Uscito un anno fa, si tratta del testamento del più amato interprete della musica tradizionale in Piemonte: un lavoro che Alberto ha completato poco prima di lasciarci. Anche se in ritardo, lo vogliamo ricordare così, attraverso questa mirabile pubblicazione della Nota Record di Valter Colle. La cronistoria un po’ romanzata della sua vita, accompagnata da due compact che presentano gran parte del repertorio dei canti militanti di protesta. Leggere ed ascoltare quest’opera mi ha procurato grandi emozioni... le emozioni passate insieme a lui attraverso tante feste, tanti concerti, tanta felicità mi si sono accavallate nella mente... abbiamo
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anche litigato ma non eravamo capaci di portarci rancore, per cui ci salutavamo sempre con un abbraccio e un “hasta siempre”, da buoni militanti di sinistra. Ricordo i suoi incoraggiamenti quando abbiamo iniziato l’avventura con la rivista Traditional Arranged... il suo bellissimo articolo apparso sulla nostra rivista nel 2003 “Il folk e le canzoni di protesta”, e la fitta corrispondenza. Ogni capoverso raccolgo ricordi, sentimenti, e mi commuovo. Lascio a voi l’incarico di acquistare il libro e provare le emozioni che continuerò a provare rileggendolo. Non potrebbe essere altrimenti, per un grande personaggio che ha scritto la storia della tradizione piemontese e soprattutto del canto di protesta.
Tracks: CD1 (Fogli Volanti)
1. Torinorossa; 2. Beniamino; 3. Robadamatti; 4. Michael; 5. Uomini lontani; 6. Partigiano; 7. Oriente; 8. Ninna nanna; 9. Ballantonio; 10. Punkintanz; 11. Victor Jara.
Tracks: CD2 (Il canzoniere dei ribelli)
1. Nostra patria; 2. Italia bella; 3. Palestina; 4. Sacco e Vanzetti; 5. Bourg madame; 6. Los dos gallos; 7. Cime nevose; 8. Addio Ninetta; 9. Sukar ciài - Bella ciao; 10. Masters of war; 11. Esilio; 12. Andrea; 13. Grândola; 14. Hermano; 15. Tango della Plaza de Mayo; 16. Libertà; 17; Partono gli emigranti; 18. Poesia popolare.
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ALBERTO CESA, Il Canzoniere del Piemonte Libro 184 pp. + 2CD Nota Records 2011
Uscito in questo mese, presentato in una sala gremitissima di gente al Conservatorio di Torino, è il vero testamento editoriale firmato da Alberto. In questo libro trovano spazio due compact riservati al repertorio tradizionale che Alberto Cesa proponeva nelle feste danzanti e nei concerti tradizionali. Un libro dove, per argomenti, viene trattato tutto l’archivio di Alberto, gli strumenti, con ampio spazio ai testi delle canzoni e agli spartiti, per quanto riguarda un lasso di tempo dal 1979 al 2008. Un’opera dal valore altamente culturale per l’immenso lavoro di ricerca che ha richiesto, mentre il volume “Con la ghironda in spalla”, molto narrativo e scorrevole, voleva intrattenere il lettore sull’aspetto delle situazioni che si vengono a creare attraverso le esibizioni dal vivo.
Tracks: CD1
1. Barbagal; 2. Mazurka di Alberto; 3. D’an tèra an pianta; 4. Donna lombarda; 5. Magninà; 6. Taurasia/Pinòta/Courenta di Viù; 7. Ben veni Magg; 8. L’avvelenato; 9. Ascarabàz; 10. An su la riva; 11. Mazurca di Nòto; 12. Maté/Sbrando/La spiga/ Pòlca di Nòto; 13. Zoli cheur; 14. Espouzin; 15. Escriveta.
Tracks: CD2
1. La pastora e il lupo/Il bosco incantato; 2. La bërgera; 3. La cadrega fiorìa; 4. La bela Marianson; 5. Avìan jomai vegù; 6. Re Arduin; 7. Ligresia; 8. Ij Cavalin; 9. Maiulin/Valzer di Alberto; 10. Gentil galando; 11. Mamma mia dammi cento lire; 12. Il marinaio; 13. La canzone di Pierotto. Recensioni a cura di Agostino Roncallo e Loris Böhm
Recensioni GIORDANO DALL’ARMELLINA Ballate Popolari Europee (Book Time Editore, 256 pagine, 28 euro
Ballate Popolari Europee (Book Time Editore, 256 pagine, 28 euro), di Giordano Dall’Armellina, è un saggio unico nel suo genere. Come rileva il prof. Paolo Balboni dell’Università di Venezia: “Il percorso che ci propone Dall’Armellina non è solo quello dello studioso di un genere popolare che ha attraversato i secoli e gli oceani: bastava un qualunque antropologo, un qualunque studioso del folclore per scrivere la storia delle ballate popolari. Dall’Armellina fa una cosa in più, e qui sta il miracolo di quest’opera unica: siccome una ballata non è tale se non è cantata, lui le discute, le analizza, e poi ce le offre con la sua chitarra e la sua voce: unisce due linguaggi differenti, la parola e la musica, realizzando ancora una volta la fusione tra “differenza” e “unione” che caratterizza la ballata.” Il saggio è corredato da 4 CD con 70 ballate in 8 lingue diverse. Come si può vedere nel retro del libro, non vi è solo Giordano Dall’Armellina con la sua voce e chitarra, ma più di 50 artisti del nostro mondo folk. Il grande violinista Maurizio Dehò, autore di colonne sonore
THE WILD BOARS, A Bottle Or A Gun
A Bottle Or A Gun è il secondo cd degli Wild Boars, band italo-inglese formatesi inizialmente in terra americana per la passione della musica country e non solo. La fusione dell’inglese Andrew (Andy) Penington (autore dei testi), il torinese Simone Ubezio ed il romano Stefano Raggi (arrangiamenti), ha dato vita a questo esemplare progetto musicale. Alla band si sono uniti il pianista Maurizio Spandre, il percussionista Gianmaria Pepi, il bassista Simone Bellavia, l’armonicista Dave Moretti.. Le sonorità sono costruite con strumenti definiti classici della musica country e soprattutto bluegrass: banjo, dobro, mandolin, harmonica, accordion, lap steel. Gli altri strumenti piano, percussioni e basso hanno creato un messaggio musicale degno di una band ben amalgamata nel suo insieme. La registrazione è veramente ottima così come il mixaggio; tecnicamente i musicisti non hanno da imparare niente da nessuno, di conseguenza il livello qualitativo è eccellente. L’autore dei testi molto belli è Andy Penington che ha dato voce a quasi tutti i brani e ha suonato banjo, mandolin e acoustic guitar mentre gli arrangiamenti musicali sono stati eseguiti da Stefano Raggi (lead and backing vocals, dobro, armonica, lap-steel) e Simone Ubezio (backing vocals, acoustic guitar, bass guitar, electric guitar, acoustic lead & slide guitar, dobro, percussion). Tutti i pezzi rivelano un impatto sonoro immediato all’ascolto anche se non ci sono sfumature strumentali personalizzate ovvero manca l’emersione solista proprio degli strumenti che esprimono la musica country, il bluegrass ed il blues. Anche le voci di Penington
per film e spesso arrangiatore ed esecutore dei brani negli spettacoli di Moni Ovadia, è presente in ben 36 brani. Hanno partecipato, fra gli altri, Giovanna Marini, Lucilla Galeazzi, il grande interprete di ballate spagnolo Joaquin Diaz e molti gruppi come i Tendachënt, Baraban, La Macina, Rhapsodjia Trio, Trio Milonga etc. Il saggio è diviso in 11 capitoli e tocca diversi temi: il ritorno dell’eroe dalla guerra, amore e morte, l’infedeltà, il corteggiamento, i riti legati a Halloween e il primo maggio, la magia etc. E’ pieno di note curiose e dotte sulla cultura europea. Per esempio ci fa scoprire come “Bella Ciao” abbia le sue origini in diverse ballate europee e in particolare in quelle occitane. Non trascura l’aspetto letterario mettendo in rilievo come Boccaccio abbia tratto linfa dal mondo della ballata per scrivere novelle del Decamerone. Analizza ballate colte scritte da Coleridge, Keats e Wilde, da lui messe in musica, e le compara con quelle popolari. E infine Bob Dylan con l’analisi acuta della sua canzone A Hard Rain’s gonna fall che alla lontana ha origine in una ballata medievale italiana. Nella terza di copertina Dall’Armellina ci informa che il saggio è il risultato di 30 anni di ricerche negli archivi dei più importanti centri di ricerca europei e che parla cinque lingue. Insomma ce n’è abbastanza per essere incuriositi a conoscere questa bella sconosciuta che è la ballata che riserva molte più curiosità storiche e sociali di quanto uno si possa immaginare. Nel sito di Giordano Dall’Armellina www.dallarmellinagiordano.it è possibile ascoltare alcuni dei brani presenti nei CD e vedere dei video di alcuni suoi spettacoli (in 30 anni di attività ne ha tenuti quasi 1700 fra Italia, Europa, America, Africa, Australia).
e Raggi rimangono piatte, non si sente l’anima, pur rimanendo due ottimi vocalisti. Impressionante e notevole invece lo svolgimento musicale del piano di Maurizio Spandre per tecnica e feeling. L’espressione musicale per il modo di suonare delle chitarre e di tutti gli stumenti usati in questo disco è europea ma si avvicina molto all’atmosfera pop-blues dell’americano Oliver Everett detto “E” e meno al country e al blues, almeno per quanto riguarda “a bottle or a gun”. Forse la mia impostazione selettiva d’ascolto orientata alla musica “black”, segretamente custodita nell’anima di grandi interpreti, alla musica country rock dei Byrds, dei Flying Burrito Brothers, dei Buffalo Springfield, dei Poco, di Bob Dylan e ancor prima alla musica folk di Pete Seeger (banjo), vuole cercare quasi la perfezione in ogni formazione che si definisce country rock o bluesgrass, ma è anche vero che la critica costruisce la storia di ogni nota. Il bluegrass in America divenne popolare con un quartetto di base di chitarra, basso, dobro e steel guitar specialmente tra i bianchi poveri del sud ed era appena abbastanza forte il suono per impedirti di pensare. Non è il caso dei Wild Boars, che trovo invece aperti, comunicativi ed espressivi musicalmente. Il mio pensiero quindi va tutto a loro, meritevoli di un successo meritevole in mezzo alla giungla discografica con il cd A Bottle Or A Gun che potrete ascoltare dal vivo venerdì 27 Gennaio 2012 all’Asylum Parco della Certosa Reale, Via Torino 9/6 - Collegno (TO). Gloria Berloso
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“La città vecchia” non è solo una delle più importanti canzoni di De Andrè, ma costituisce anche una buona base per illuminare le sue scelte artistiche e linguistiche. Infatti è importante subito precisare che “La città vecchia” di De André è una rielaborazione-traduzione di una poesia di Umberto Saba intitolata anch’essa “Città vecchia”. Antonio Rocchi, fondatore di Radio Faber