Sfocature - L'errore voluto della macchina

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S C F O A

L’ERRORE DELLA MACCHINA

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Laura Bertini Bartolomeo Ciccone Alice Ferretti Leonardo Meoni Leonardo Moretti




La sfocatura, la macchia, lo sgranato, l’eccesso di acido, lo scatto casuale, in sintesi l’errore in sé. Fotograficamente tutto può essere visto, può essere catturato, tutto può diventare soggetto ma soprattutto tutto può essere un errore, un non voluto, un accadimento fortuito. Dalla sua nascita attorno alla metà del 1800 la fotografia ha avuto una vita turbolenta fatta di un’ascesa sempre più pervasiva nelle nostre vite. Essa diventa oggi qualcosa di totale, di imprescindibile ma, in particolar modo per l’artista, diventa materia di studio, di speculazione. La fotografia come pratica artistica è stata una chimera dibattuta per anni e la scelta dell’errore uno dei suoi cavalli di battaglia, diventando per cinque giovani artisti un elemento di ricerca. L’errore voluto: la concezione di uno scarto come qualcos’altro da sé, la sfida alla macchina, la scelta di un fallimento, la rincorsa precisa di un effetto distorto, l’assillo della mano che contamina, sono soltanto alcuni degli elementi di riflessione scelti. La pratica dell’errore è ormai cosa diffusa nel fare artistico contemporaneo, e il lavoro degli artisti Laura Bertini, Bartolomeo Ciccone, Alice Ferretti, Leonardo Meoni e Leonardo Moretti, cerca di estrapolare il misfatto, estetizzare lo scarto, sottolineare la piega che scalza il concetto del corretto, del nitido e del pulito. Il corpus di lavori che intendono presentare, ognuno a modo loro, è un compendio dove la regola è lo sbaglio, dove tutto quello che disturba non è errato ma è scelto, un gioco-forza con la macchina dove lo scarto diventa un dialogo con l’altro. Leonardo Moretti

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attenzione si è soffermata sul tema della realtà e della biguità. Le immagini mediatiche hanno la facoltà di rcezione del mondo visibile e creare nuovi modelli di diffusione della tecnologia digitale e l’enorme quantità dai mass media e da Internet hanno fatto crescere endo al limite la tensione tra apparenza e realtà ed e assuma un ruolo attivo nel definire reale ciò che vede. lità e la spontaneità attraverso cui entriamo a contatto endere tutto più critico e difficoltoso: siamo talmente davanti a noi “schegge di vita altrui” da non essere più servarle, sminuendone così il forte e reale significato. iccole e lapidarie, ma perché, come queste, possono nto da lasciare il segno.

minum , 300 cm x 200 cm, 2018

ne (Senza titolo#1, 2015-2018) consiste nell’esposizione di alcune immagini catturate in maniera completamente casuale dalla fotocamera del cellunon quella di volerle esporre e di ritrovarci il segno di un linguaggio estraneo all’uomo con un proprio inconscio. “Non è importante che il fotografo afica vede per lui”, queste le parole di Franco Vaccari, secondo il quale la fotografia è vera se ci aiuta a scoprire quello che non sappiamo, tramite un ucibile all’uomo perché l’inconscio fotografico agisce là dove non si può dire “io sono”.


ardo Meoni, 2017/2018

mio ultimo lavoro l’attenzione si è soffermata sul tema della realt one, quindi dell’ambiguità. Le immagini mediatiche hanno la fa polare la nostra percezione del mondo visibile e creare nuovi m à. Oggi, la crescente diffusione della tecnologia digitale e l’enorme mmagini disseminate dai mass media e da Internet hanno fatto ta ambiguità, spingendo al limite la tensione tra apparenza e r ndo che lo spettatore assuma un ruolo attivo nel definire reale ciò c forse proprio la facilità e la spontaneità attraverso cui entriamo a queste immagini a rendere tutto più critico e difficoltoso: siamo t ati a veder scorrere davanti a noi “schegge di vita altrui” da non es ado di fermarci a osservarle, sminuendone così il forte e reale sig egge” non perché piccole e lapidarie, ma perché, come queste, e taglienti, fino al punto da lasciare il segno.


LAURA BERTINI Untitled Questo lavoro è iniziato grazie al ritrovamento di fotografie che l’artista aveva scattato in adolescenza. Sin da subito per lei era importante poterle avere come manufatto fisico, concreto e non limitato all’esclusiva visione tramite schermo. Così, si è ritrovata anni dopo con un centinaio di foto stampate su carta fotografica iniziando a sperimentare le possibili varianti che un’immagine poteva avere intervenendo sullo scatto. Sono state trattate con diversi agenti chimici e corrosivi, scoprendo via via una gamma di toni e colori inaspettati, sorprendenti. A fare da padrone al processo è stato il Sole, contribuendo ad incidere sulla foto e modificandola secondo la sua intensità. Laura, attivando con scelta tutta una vasta gamma di azioni in postproduzione, generalmente cosiderate come errori, ha realizzato un intenso lavoro, dove dalla dominante del blu si apre una narazzione fatta di improbabili visioni. La contaminazione e l’abuso di acido disegnano una nuova topografia di senso alle immagini. Laura Bertini è nata a Parma nel 1993. Frequenta il liceo psico pedagogico dove si diploma nel 2013. Nel 2015 si trasferisce a Firenze per frequentare l’Accademia di Belle Arti, tutt’ora in corso. Tra le partecipazioni più recenti: nel 2016 workshop presso il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci in funzione della mostra La Fine Del Mondo. Sempre nello stesso anno partecipa a ANABASIS, Montaione, Firenze, un progetto in collaborazione con il Comune di Montaione e l’Accademia di Belle Arti di Firenze. Nel 2017 partecipa a ART YOU MINE presso IED Firenze. Progetto in collaborazione con: l’Accademia di Belle Arti di Firenze, la California State University, la Fondazione Studio Marangoni, la LABA e la Fondazione Palazzo Strozzi. A seguito del progetto a tematica Appropriazioni, indetto dal Dipartimento di Educazione della Fondazione Palazzo Strozzi partendo dalla mostra su Bill Viola. Rinascimento elettronico a Palazzo Strozzi. Sempre nello stesso anno partecipa anche al progetto CONTEMPORANEA. Workshop con mostra finale su arte e territorio, Signa, Firenze, in collaborazione con il Comune di Signa, l’Accademia di Belle Arti di Firenze e il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci.




Untitled (Laura Bertini)


BARTOLOMEO CICCONE Untitled #1 Il trittico presentato dall’artista consiste nell’esposizione di alcune immagini catturate in maniera completamente casuale dalla fotocamera del cellulare, senza la volontà di un operatore se non quella di volerle esporre e di ritrovarci il segno di un linguaggio estraneo. “Non è importante che il fotografo sappia vedere, perché la macchina fotografica vede per lui”, queste le parole di Franco Vaccari, secondo il quale la fotografia è vera se ci aiuta a scoprire quello che non sappiamo, tramite un linguaggio che è solo parzialmente riconducibile all’uomo perché l’inconscio fotografico agisce laddove non si può dire “io sono”. Instant Shot L’opera è costituita da una serie di fotografie realizzate e postate su Instagram da Bartolomeo nel corso di vari anni e in diversi luoghi. L’intento è quello di fermare su carta quel “fare digitale” che ci caratterizza nel quotidiano ponendo l’attenzione così al processo di stampa e di archiviazione di un qualcosa che spesso è destinato ad una visione frettolosa e avida di “likes”. Il formato di stampa volutamente piccolo che rimanda a quello della Polaroid, la sgranatura, la perdita di dettaglio e la ricerca della dissolvenza dell’immagine, contrastano con quello che è la ricerca esasperata dell’alta definizione che caratterizza la società contemporanea, un intento volutamente involutivo che porta ad un recupero della matericità della fotografia attraverso la stampa di quello che non doveva esser stampato, in qualche modo uno scarto. Re-love Il progetto presentato è dedicato alla riflessione sul concetto di famiglia, ai suoi rapporti interni, la vita intima ed il ribaltamento dei ruoli. Quello che viene mostrato dall’artista è un dialogo tra le tracce del passato (immagini raccolte dall’archivio familiare) e gli attimi del presente. Bartolomeo Ciccone, Firenze (1982), vive e lavora a Firenze. La sua formazione, avviata già in ambito familiare grazie al padre pittore, prosegue con il diploma ottenuto presso l’Istituto Statale d’Arte di Firenze, con annesso il corso di grafica d’arte presso la scuola internazionale “Il Bisonte”. Nel 2005 si diploma presso l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze specializzandosi nella conservazione della pittura murale. Nel 2007 consegue la laurea di primo livello in Conservazione dei Beni Culturali presso l’Università degli studi della Tuscia e nel 2016 il diploma accademico di secondo livello presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze in Arti Visive e Nuovi Linguaggi Espressivi, sezione pittura, con la tesi dal titolo “Street Art: tra clandestinità e committenza pubblica” con Franco Speroni e Mauro Betti. Nel 2015 vince


il primo premio nella categoria pittura in occasione del Concorso Faces organizzato da EneganArt, giuria presieduta da Fabio Cavallucci, Direttore del Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato. Ha esposto in musei ed in importanti spazi espositivi in Italia ed ha partecipato a workshop con artisti di fama internazionale come Sisley Xhafa. Dal 2015 trasforma la propria sede operativa in spazio espositivo “Studio Ciccone” presso il Palazzo dei Pittori di Firenze, come luogo per mostre ed eventi artistici. Dal 2017 è membro dell’ICOM (International Council of Museums).

Re-love


Il trittico presentato da Bartolomeo Ciccone (Senza titolo#1, 2015-2018) consiste nell’esposizio lare, senza la volontà di un operatore se non quella di volerle esporre e di ritrovarci il segno di sappia vedere, perché la macchina fotografica vede per lui”, queste le parole di Franco Vaccari, linguaggio che è solo parzialmente riconducibile all’uomo perché l’inconscio fotografico agisce


one di alcune immagini catturate in maniera completamente casuale dalla fotocamera del cellui un linguaggio estraneo all’uomo con un proprio inconscio. “Non è importante che il fotografo secondo il quale la fotografia è vera se ci aiuta a scoprire quello che non sappiamo, tramite un là dove non si può dire “io sono”. Untitled #1



Instant Shot


ALICE FERRETTI “Ephemera” Il lavoro che l’artista ci propone è nato dopo la lettura del saggio “Sulla fotografia” di Susan Sontag, trovando ispirazione in particolare dai concetti di tempo e memoria. Sviluppando una determinata poetica, dove il corpo umano è visto come soggetto ‘effimero’, in contrasto con lo spazio inteso come materiale e ben definito, la fotografia diventa una sorta di “ritratto della mortalità”. Alice, giocando con quello che potrebbe esser defintio un errore di scatto, ci mostra corpi femminili di età diverse, alcuni statici altri in moto, che rappresentano la fragilità umana in relazione al tempo e allo spazio, i quali, come scie, si affacciano alla nostra vista. Il titolo richiama la parola greca ephemeros (che vive un giorno), utilizzata per indicare gli insetti della famiglia delle Ephemeroptera. Alice Ferretti (1991) vive e lavora tra Bientina e Firenze. Si è laurea in Grafica d’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze e, sempre qui, ottiene la laurea specilistica nello stesso campo. Tra le principali attività ricordiamo: nel 2015, Ephemera, esposizione fotografica per Associazione Culturale La Torre, Bientina, Pisa. Nel 2016/2017, curatela per progetto grafico e realizzazione del logo per il Black History Month Florence, e la curatela per progetto grafico del catalogo espositivo per la sede di Villa Romana , Firenze. Nello stesso anno il Workshop Flying Carpet con Farkhondeh Shahroudi, in collaborazione con il centro PACI (centro per rifugiati e richiedenti asilo) e Villa Romana, Firenze e la residenza d’artista presso Carico Massimo, Livorno. Ancora, Lightning, mostra d’arte contemporanea, con il patrocinio dell’Accademia di Belle Arti di Firenze e l’Assessorato alla Cultura del Comune di Signa, curatela di Leonardo Moretti. TU35 Expanded, sezione cinema, Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato e Stand Up for Africa, residenza d’artista con mostra finale presso HYmmo Art Lab, direzione artistica di Paolo Fabiani, curatela di Serena Becagli e Rita Duina, Pratovecchio-Stia, Arezzo. Nel 2018, Alternative, rassegna di videoarte, con il patrocinio dell’Accademia di Belle Arti di Firenze e l’Assessorato alla Cultura del Comune di Signa, curatela di Leonardo Moretti, Andrea Lemmi e Serena Becagli e Contemporanea, workshop con mostra finale con il patrocinio dell’Accademia di Belle Arti di Firenze e l’Assessorato alla Cultura del Comune di Signa, curatela di Leonardo Moretti, in collaborazione con il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato.




“Ephemera”


LEONARDO MEONI Untitled Nel lavoro presentato dall’artista il tema su quale siamo chiamati a soffermarci è quello dell’ambiguità che si crea nella fruizione di immagini che giocano scardinando il nostro senso di realtà e finzione. Le immagini mediatiche alle quali siamo quotidianamente esposti hanno la facoltà di manipolare la nostra percezione del mondo visibile, creando nuovi modelli di realtà. Oggi la crescente diffusione della tecnologia, del digitale e dell’enorme quantità di immagini disseminate anche da Internet, hanno fatto crescere questa ambiguità, spingendo al limite la tensione tra apparenza e realtà. Siamo talmente abituati a vedere scorrere frammenti delle vite altrui sotto i nostri occhi che non ci soffermiamo più ad osservarle. Leonardo, ha scelto apposiatamente tutta una serie di immagini, sgranate, sfocate, contaminate dall’errore e dal riverbero dello schermo, proprio per metterci davanti all’ineluttabile evidenza del sordo bombardamento visivo al quale, saturi, non poniamo la dovuta attenzione. Nella modernità mediatica solo quello che diventa immagine è considerato reale e immagini a volte quasi insulse, ma proprio per la loro banalità, ci rendono forte il messaggio che l’artista vuole lanciare: selezionando appositamente un corpus di immagini-scarto, veloci, frettolose e dove non importa la qualità, la poca risoluzione diventa il nuovo modello per accreditare la realtà: visivamente sporco quindi vero. Leonardo Meoni (Firenze 1994), si diploma all’Istituto d’Arte di Siena e si laurea all’Accademia di Belle Arti di Firenze nel 2018. Nel 2014 lavora come assistente per l’artista Giovanna Lysy e nel 2016 inizia a lavorare per Riccardo Prosperi Simafra. Partecipa a progetti e residenze in Italia e all’estero tra cui Poison remedy, Inter University Center for Dance (HZT), a cura di William Wheeler e Stefan Pente, Berlino; Residenza artistica nella città museo, curata da Giandomenico Semeraro, Gibellina, Trapani; Officina Scart, residenza/ workshop all’interno di Company Waste Reciclyng Spa, a cura di Edoardo Malagigi e Angela Nocentini, Santa Croce sull’Arno, Pisa; Solomon Project, a cura di Cecilia Luschi, Fabio Fabrizzi, Andrea Ricci, Francesco Taormina, Yoram Ginzburg, Davide Cassuto, Itzik Elhaif, Gilad Duvshani, Yair Varon, Firenze/Gerusalemme. Tra le ultime mostre: Accademiae Biennale, Art and nature, a cura di Federico Seppi, Trento; Forme nel verde, pause tra caos e armonia, a cura di Gaia Pasi, Palazzo Chigi, San Quirico D’Orcia, Siena.




Untitled (Leonardo Meoni)


LEONARDO MORETTI Focus L’opera proposta, formata da 20 fotografie ripetute in copie di 12, vuole riflettere sulla condizione del lavoro manuale come una situazione ad oggi scontata e poco calcolata. Realizzate predispondendo una mano davanti all’obbiettivo poco prima dello scatto, si realizza un’immagine sfocata di questa, fuori fuoco, appunto, non osservata nella sua interezza e lucida pulizia come accade, spesso, al lavoro che sta dietro alla cose nella realtà. Puntando lo sguardo verso il chiarore celestino dello sfondo, che tutto sfuma, la mano si predispone come un elemento sfuggente, un corpo astratto che perde la sua sostanza e si frasforma in una macchia che prova a riappropriarsi della propria fisicità senza riuscirci. Il gioco visivo che si genera da questo scarto tecnico, nel momento in cui la macchina non riesce a mettere a fuoco la mano, apparentemente ci restituisce tutta la stupidità di un gesto semplice e destinato, appunto, a fallire. Nello stessto tempo, però, si fa carico proprio di quel sentimento di perdita, di sfocatura, di una gestualità che si dissimula e che in maniera concreta prova a farci riflettere sullo sfasamento del nostro punto di vista sulla condizione sottovalutata del lavoro manuale, paradossalmente attraverso proprio un gesto povero. Leonardo Moretti (Prato, 1991) si è laureato presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze in Pittura e presso lo stesso istituto ha conseguito la laurea specialistica in Arti Visive e Nuovi Linguaggi Espressivi, con l’indirizzo di Decorazione. Sperimenta sin da subito vari medium, prediligendo, tra gli altri, la pittura, la fotografia e l’istallazione. Ultimamente si sta concentrando sulla dinamica che si genera attorno al mutamento degli oggetti, se visti ed elaborati da prospettive altre. Da ciò ne consegue tanto la propensione all’uso, e al riuso, di oggetti di scarto, quanto lo sfruttamento delle potenzialità espressive offerte da vari materiali, in particolar modo quelli plastici, con una spiccata predilezione per il plexiglas. Tra le ultime attività ricordiamo: Spazio Traccia, 2018, progettazione, curatela e partecipazione alla mostra collettiva presso Saci Art Gallery, con la partecipazione dell’artista Luca Matti, Firenze; 48H – Leonardo Devito – Federica Gonnelli – Pietro Desirò – Leonardo Meoni, 2018, progettazione e curatela della rassegna espositiva su quattro appuntamenti presso Palazzo dei Pittori, Firenze, studio di Bartolomeo Ciccone, in collaborazione con la Galleria Cartavetra (FI) e Studio38 Art Gallery (PT), patrocinata dall’Accademia di Belle Arti di Firenze; Contemporanea, 2017 – 2018, progettazione e curatela del workshop con mostra finale attorno alla tematica di arte e territorio, presso l’Officina Odeon 5, via Santelli 15, Signa, in collaborazione con il Comune di Signa, l’Accademia di Belle Arti di Firenze e il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, con la partecipazione di Ilaria Mariotti, critica, curatrice e docente, Paolo Parisi, artista e docente, Marco Raffaele, artista e docente; Stand Up for Africa 2017 – Le Verità Nascoste/What Lies Beneath, 2017, residenza artistica con


esposizione finale, in collaborazione con l’Artista Alice Ferretti, progetto nato nell’ambito di Toscanaincontemporanea 2017, di Regione Toscana insieme all’Ecomuseo del Casentino – Unione dei Comuni Montani, all’interno degli spazi di Hymmo Art Lab, sotto la direzione artistica di Paolo Fabiani, con la curatela di Serena Becagli e Rita Duina.



Focus


A cura di Leonardo Moretti

22-23/09/2018 Limonaia di Villa Vogel