CONTEMPORANEA 1.0 abitare il territorio tramite il contemporaneo Il progetto CONTEMPORANEA parte come seguito e getta le sue basi sul lascito del progetto LIGHTINING avvenuto nel giugno 2017. Lo scopo di questa seconda edizione, come si deduce dal titolo rinnovato, è quella di portare ad un’evoluzione le tematiche affrontate nella scorsa edizione aggiungendo un aspetto di riguardo verso la territorialità e il “site specific”. L’evento è una ricerca con un duplice scopo: mantenere viva e promuovere la riattivazione dello spazio di Palazzo Ferroni, trasformandolo da luogo a “dispositivo” tramite la pratica artistica e, allo stesso tempo, portare all’interno della realtà di Signa le dinamiche e la fruizione dell’arte contemporanea che auspica a inserirsi come mezzo per parlare, affrontare e discutere della Città stessa. Gli artisti sono stati chiamati ad un’analisi ed una rielaborazione degli elementi storici, urbani e sociali, i quali, con occhio nuovo, puntano a rileggere ed aprire, tramite la propria ricerca, una situazione, un elemento o un contesto, mostrando un passato, un presente o un futuro che sente e vive il contemporaneo tramite i suoi linguaggi. Attraverso la riattivazione di un dibattito sul destino di Palazzo Ferroni la speranza è quella di portare in un territorio neutro, assente a certi tipi di attività, la necessità dei linguaggi dell’arte contemporanea, come mezzo-altro per affrontare il nostro presente ed allargare i nostri orizzonti. Tutto questo è possibile attivando un rapporto ed una rete di relazioni e attività con la Città, metodologia e finalità di CONTEMPORANEA. Il progetto al quale gli artisti hanno partecipato è stato un percorso di 6 incontri a partire da settembre 2017 a febbraio 2018. I meeting sono stati essenziali allo scopo di scandagliare vari aspetti della territorialità Signese, quelli urbani, storici, artigiani, sociali, ecc. per potersi poi confrontare con la tematica della mostra con la quale si conclude il percorso. I 6 incontri sono stati fatti con cadenza mensile: l’obiettivo era quello di far sì che ogni esperienza “decantasse”, così che ogni artista potesse assorbire e farsi ispirare dalle tematiche specifiche trattate. Lo scopo è stato quello di fornire agli artisti un bagaglio di conoscenza per poter aprire uno spettro di riflessione sull’argomento trattato ad ogni appuntamento. Una volta chiusi gli incontri gli artisti hanno scelto il tema sul quale lavorare e il passo successivo è stato quello di concepire un’attività, un’opera o una performance, che rappresentasse l’essenza delle loro conclusioni e connessioni con l’elemento della territorialità a loro suggestivo. Trovando punti di dialogo tra le loro esperienze e
quelle che hanno vissuto durante gli incontri ognuno ha riportato in mostra un aspetto del terriotorio rivisto con la propria sensibilità. Le realtà intervenute in questi 6 incontri sono state: il Parco dei Renai, a settembre, cercando di “immergere” gli artisti nella storia e nelle dinamiche di un importante polmone verde, spazio attivo per la Città e per le aree metropolitane limitrofe; la Filarmonica Giuseppe Verdi di Signa, ad ottobre, dove, inserendosi durante le prove settimanali della banda, è stato possile sondare l’aspetto musicale, stimolare i contatti e discutere della risposta che ha la musica a livello sociale; poi è stata la volta di una conferenza tenutasi a novembre a Villa Castelletti sul “Villaggio Artigiano di Signa”. Luogo “fecondo” per tantissimi giovani nel dopoguerra, è stato una scuola di grande importanza e si fa oggi detentore di una memoria ed un patrimonio storico/artistico di notevole rilievo; a seguire in scaletta c’è stato un “viaggio” nell’Archivio storico e fotografico di Signa, a dicembre, tramite la disponibilità della biblioteca e il Gruppo Archeologico Signese. Qui è stato possibile, attraverso la consultazione, percepire le radici storiche ed i cambiamenti sociali e urbani del territorio. Nello stesso incontro è stato visitato anche il Museo della Paglia, importante manifatura signese attiva e storicizzata; il penultimo appuntamento, a gennaio, si è presentato come una visita al “Villaggio Artigiano” attraverso un incontro nel laboratorio della ceramista Carlotta Fantozzi, assieme alla curatrice Serena Becagli e all’artista Andrea Lemmi. Qui abbiamo aperto un dialogo raccontando e riscoprendo un passato ed un presente dell’arte della lavorazione della ceramica allargando, così, i possibili orizzonti di confronto; infine, è stato attivato un “tavolo di lavoro” presso il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, a marzo, per affrontare, assieme alla curatrice Alessandra Poggianti, la tematica del “site specific”: progettare e realizzare un opera per uno specifico spazio/ territorio. Concludendo l’esperienza attraverso una visita alla collezione del museo. Lo spazio espostivo scelto per questa edizione è stato quello dell’Officina Odeon 5, in Via Santelli, Signa. Un luogo che il Comune ha destinato alla pratica artistica e conserva nella sua conformazione una certa neutralità. Molto simile ai “classici white cub” si prestava molto bene alle nostre esigenzze espositive non essendo uno spazio fortemente caratterizzato, escluso l’intervento fatto qualche anno fa sulla facciata. Per l’inaugurazione della mostra è stato organizzato un talk con la partecipazione della curatice e critica d’arte Ilaria Mariotti e gli artisti-docenti Paolo Parisi e Marco Raffaele. La tematica affrontata è stata quella
di Arte e Territorio: operare “site specific“. L’invito al quale hanno risposto è stato quello di raccontare, creando un momento di scambio e di educazione, le proprie esperienze e il proprio lavoro quando si parla di realizzare opere site specific, non solo pensate a partire dallo spazio dove dovranno essere esposte, ma anche studiate in relazione ad un territorio e a un contesto che ne indirizza la creazione. Modalità operativa sulla quale si è basato appunto il progetto di CONTEMPORANEA. Ilaria Mariotti, attualmente direttrice del Centro per le Arti di Villa Pacchiani a Santa Croce sull’Arno (FI), ha illustrato i progetti e le esposizioni portate avanti in quello spazio che puntano a porre in relazione arte, impresa e territorio, dimostrando come la strategia artistica possa creare un legame di scambio tra l’artista e il luogo dove si trova. Paolo Parisi ha portato invece una presentazione di alcuni sui lavori presi a modello per poter discutere e confrontare varie pratiche artistiche che sono stati d’esempio per scandagliare cosa volesse dire, appunto, operare site specific. Marco Raffele, infine, ha presentato tutto un corpo di lavoro partendo dalle esperienze Accademiche del progetto Start Point, dimostrando, anche qui, come la creazione di opere che intendono relazionarsi con un ambiente deve passare dallo studio e dal confronto di vari aspetti del luogo con il quale si desidera entrare in contatto. Questo secondo evento, che in uno spirito evoluzionistico puntava ad instaurare un legame più profondo con il territorio, ha dimostrato che una cittadina come Signa, se stimolata e coinvolta attraverso una colloborazione che parte dal microcosmo delle realtà che la abitano, può riuscire ad oggi a ritrovare vigore come “terriotorio di produzione”. In passato ha avuto una notevole storia e una grande lavorazione artistica che, purtroppo, tende troppo spesso ad essere lascita nel cassetto, assieme a molti spazi dalle valide possibilità come Palazzo Ferroni. L’obiettivo era quello di arricchire il territorio attraverso la difussione e la partecipazione al contemporaneo, sperando che l’esperienza potesse servire per aprire la strada ad una prosecuzione e a un’evoluzione futura, non facile da attivare e tanto meno presa in considerazione da molti, ma tanto più, per questo, importante. Un ringraziamento va a tutti coloro che sono intervenuti ed hanno reso possibile il progetto.
Leonardo Moretti
Museo Civico della Paglia Filarmonica di Signa Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci
CONTEMPORANEA 1.0 sei incontri per confrontarsi con il territorio Parco dei Renai Villaggio Scolastico Artigiano di Signa Archivio Storico e Fotografico
Postcards (cartoline) video a doppio monitor
Adriana Amoruso L’utilità della materia si manifesta nel momento in cui essa subisce una trasformazione dovuta alla lavorazione. Nessuno può capire fino in fondo il valore di un nodo ben fatto meglio di un pescatore che tira in barca una rete vuota proprio a causa di un nodo inaffidabile; e nessuno può sentire fino in fondo una derisione dovuta ad un cappello che cala sugli occhi poiché mal intrecciato e facilmente evitabile grazie al lavoro sapiente di una trecciaiola. Ci troviamo di fronte a mestieri antichi che è necessario non dimenticare. Postcard si pone come trait-d’union fra due realtà diverse: quella familiare Tranese, paesino di pescatori, e quella da conservare e riscoprire di Signa, Città della paglia. L’intento è quello di restituire, attraverso il mezzo della video-installazione, la gestualità, sintomo della sapienza meccanica che le mani di due artigiani, benchè lontani e diversi, hanno accumulato nella vita. L’artista con il suo lavoro vuole porci davanti, tramite l’attenzione al ripetersi del gesto dell’intreccio, non solo ad una risonanza visiva di mestieri ma a due visioni che diventano nella loro misura due “cartoline” di un territorio. Il lavoro, nella sua forma quasi intima, era stato studiato per andare ad inserirsi all’interno di una nicchia già presente nello spazio espositivo.
Linfa installazione paglia di riciclo
Vittoria Bagnoli Miriam Poggiali La Paglia a Signa è stata uno degli elementi fondamentali di sviluppo per il paese, una delle attività che ha portato la città ad essere conosciuta per i suoi cappelli e le sue borse in Italia e non solo. Rimane oggi una nostalgia amara di un artigianato che con il tempo è passato da una grande ricchezza ad una quasi totale sparizione. A dare forma a questo spaccato della storia della Città, a questo “patrimonio genetico”, è un albero che pone al pavimento le sue radici, si sviluppa e cresce per poi ramificarsi in più direzioni, finendo per lasciare il “tronco maestro” e quindi diminuire di presenza e di intensità. La forza di un artigianato che per molto tempo è stato fondamentale per i signesi è ora un ramo che fatica a crescere, indebolito da un ostacolo, il soffitto, metafora delle circostanze che impediscono al settore uno sviluppo e lo costringono a cambiare direzione. Secondo la volontà di relazione con il luogo anche la scelta del materiale costitutivo dell’opera è stata frutto di una ricerca che ha visto le artiste entrare in contatto con persone e artigiani che portano avanti la tradizione ancora oggi nella zona di Signa: come l’Azienda Beghè Carlo e figli, Annalisa e Pietro, i quali hanno donato gli scarti di paglia grezza o colorata per la realizzazione dell’opera. L’installazione è quindi costituita utilizzando parti difettose di nastri intrecciati di paglia, che assumono così un nuovo utilizzo, secondo il concetto di upcycling (riutilizzo creativo del materiale di scarto).
Per la realizzazione dell’opera le artiste si sono servite di una delle due colonne portanti dello satbile, l’idea è stata quella di mascherare completamente il suo cuore di cemento “rimuovendola visivamente” e, allo stesso tempo, enfatizzare l’idea di una paglia e di una manifattura che veremente, in passato, e stata elemento “portante”.
Incontri accidentali installazione-performance
Martina Bartolini Fabiola Campioli La musica come realtà sensibile, densità composita di onde sonore. Quotidianamente ascoltiamo musica filtrata da dispositivi come telefoni o altoparlanti mentre i momenti di contatto concreto con essa si riducono a situazioni volontarie di incontro, come ad esempio concerti, spettacoli, o a incontri casuali-accidentali: un suonatore di chitarra in piazza, un pianista improvvisato in stazione, un suonatore di fisarmonica in strada. Questi momenti costituiscono una bolla, un’interruzione della routine quotidiana per fare spazio a qualcosa di inusuale, per staccarci un attimo dalla tecnologia ed essere riportati alla realtà sensibile della musica. La musica in questi momenti assume una densità: la corposità delle onde sonore che fuoriescono dallo strumento. Le artiste intendono riportare la dimensione concreta del suono a contatto con i visitatori, per stabilire un nuovo momento di vicinanza, riprendendo anche il ruolo di coesione che da sempre essa svolge. Inoltre, per sottolineare la sua onnipresenza, vengono posti due metronomi in costante attività, per ricordare come qualsiasi suono sia tuttavia musica. La performance attivata dal duo di artiste ha visto entrare in scena, prima in momenti distinti e poi tutti assieme, un gruppo di giovani musicisti della Filarmonica di Signa. L’opera che si è presentata come un incontro inaspettata con la musica dal vivo, ha legato il momento espositivo con un momento acustico, abbattendo le barriere disciplinari e ponendo lo spettatore in una situazione di “cercatore sonoro”: ognuno dei presenti si è fatto elemento attivo nel seguire e ascoltare la musica, ogni qual volta la sentisse provenire da punto diverso dello spazio espositivo.
1896 installazione materiale fotografico rielaborato
Laura Bertini Il progetto vuole essere un’indagine a metà tra la rielaborazione e la ricerca archivistica nella storia di Signa. L’artista parte dall’interesse verso le trecciaiole sviluppato durante gli incontri, per raccontare una storia, non narrativa, di queste, prendendo come riferimento il lasso di tempo a cavallo tra fine ‘800 e inizio ‘900. Laura si è basata sulle fonti storiche signesi citando lo sciopero del 15 maggio 1896 che portò alla nascita della prima cooperativa di trecciaiole e successivamente al sindacato, oltre che all’editto del Re che stabiliva che le lavoratrici signesi potevano sposarsi senza dote. L’opera che Laura ci propone è un racconto di vita, in parallelo agli eventi storici, di una di queste donne, però immaginaria. Che in qualche modo è sempre reale, perchè rappresenta la Città di Signa, come era e come è cambiata. Principalmente ha utilizzato foto d’archivio e documenti originali, dai quali è partita per rielaborare una “vita” concettualmente e fisicamente. Stampando e modificando, partendo da negativi d’archivio, utilizzando vecchie carte e tutta una serie di alterazioni, Laura dispone al nostro sguardo un racconto ibrido, a metà tra la realtà e la finzione. Rielaborazione visiva e ripresa fedele si uniscono, la fotografia non si manifesta come dato oggettivo ma come un territorio per “credere”, dove non importa se quello che vediamo sia vero o falso in rapporto a se stesso, ma funziona come uno stratagemma per rivivere una storia comune, quella di Signa. La scelta installativa orizzontale vuole sottolineare l’aspetto di ricerca e archivio. Tipica modalità espositiva estratta dai musei di storia, ad esempio, è molto cara all’artista e sottolinea la sua attenzione verso una aspetto di studio e narrazione piuttosto che ad uno puramente estetico.
Nuovi semi nel terreno della tradizione installazione n.25 bicchieri in ceramica
Giulia Bono in collaborazione con Carlotta Fantozzi Il progetto intende indagare, attraverso la collaborazione tra l’artista e la ceramista signese Carlotta Fantozzi, la situazione che si è venuta a creare dagli anni ‘90/2000 in poi nel territorio signese. Una visione di distacco e di offuscamento del mestiere e dell’operato del ceramista che fino a quel tempo era stato un vanto per il territorio. Mentre le altre città toscane continuano ad essere riconosciute a livello nazionale e internazionale come città della ceramica, e a riconoscere anche faticosamente il ruolo dell’artigiano, a Signa è mancato questo riconoscimento. Il progetto intende, in maniera molto sottile, mettere l’accento non tanto sull’aspetto della perdita, piuttosto sulla speranza e la possibilità di un rinnovo e di un ritrovato vigore verso questo campo. Da qui nasce l’idea di coinvolgere e lavorare a stretto contatto con Carlotta. Con il suo aiuto Giulia ha realizzato una serie di bicchieri di porcellana che, al primo impatto sembreranno dei comunissimi bicchieri ma, se poniamo maggiore attenzione, ci rendiamo conto della materia preziosa di cui sono fatti. Il messaggio che intende lanciare l’artista è quello di non fermarsi all’apparenza e di scoprire, avvicinandoci, che il “bello” si svela nel rendersi conto della preziosità del materiale che in realtà simboleggia proprio il mestiere del ceramista. Essendo questo patrimonio del paese stesso, Giulia intende con quest’opera porre l’attenzione alla rivalutazione e alla coltivazione del mestiere, con passione ed impegno. L’opera è stata posizionata in basso per sottolineare una visione che arriva dall’alto, quasi costringendoci ad abbassarci, Giulia ci invita ad avvicinarci per riuscire a vedere.
Kéramos video 4’53’’
Alice Ferretti Fondamentale per lo sviluppo del progetto è stato l’incontro avuto presso il Villaggio Scolastico Artigiano di Signa. Un luogo suggestivo dove l’artista è rimasta colpita da come passato e presente si intrecciassero nelle mura e nei corridoi dell’edificio, spazio apparentemente spogliato della dignità e della ricchezza culturale che nel passato lo avevano caratterizzato. Questa immagine, formatasi nella sua mente, ha avuto riscontro quando a parlare all’incontro organizzato è stato l’ex artistaartigiano Andrea Lemmi. Andrea parlava di quello che è stato il Villaggio e il territorio di Signa nell’ambito della ceramica, fino al momento della sua commozione nel raccontare i suoi ricordi, immaginati da Alice come ombre che salivano ancora le scale buie che conducono alle grandi finestre del piano di sopra. Per l’artista è stato un momento inaspettato: negli occhi di Andrea ha potuto scorgere tutta l’umanità della memoria che stava donando. Il video che Alice ci propone ha quindi come ambientazione il Villaggio Scolastico Artigiano e vede come protagonista l’artista-ceramista Carlotta Fantozzi in una giornata lavorativa nel suo laboratorio dentro il Villaggio. La volontà è quella di creare un senso di atemporalità, dove l’assenza di dialoghi rilascia la suggestione per questi spazi. Attraverso la ripresa quasi ritualistica della decorazione della ceramica, Alice porta in scena il segno fluido, che sembra quasi danzare, di Carlotta Fantozzi.
Radici installazione nastro adesivo nero
Olivia Kasa Le ramificazioni che l’artista ha creato sul pavimento compongono un’installazione che rappresenta per lei il territorio signese. L’opera, che è stata concepita estrapolando e semplificando la cartina del territorio, non vuole ricordare esenzialmente una mappa, piuttosto cerca intenzionalmente di figurare delle “radici”, le radici degli abitanti sul territorio. L’idea installativa della messa a pavimento nasce dal concetto del “calpestare”. Partendo da questo Olivia si è focalizzata sulla volontà di trasmettere la sensazione di calpestare, appunto, le proprie radici. La scelta di questo concetto nasce da una personale riflessione dopo avere ascoltato il discorso fatto dall’artista-artigiano Andrea Lemmi, durante l’incontro tenutosi al Villaggio Artigiano, e dall’analisi di alcuni testi nella pubblicazione di tesi “Scuola e società a Signa” dell’Assessore alla Cultura del Comune Giampiero Fossi. In entrambi i casi si parla di una Signa che ha perso la sua tradizione e la sua fama nell’artigianato, fino quasi a farlo scomparire.
Richiami installazione plotter in bianco e nero e colla di farina
Olivia Kasa Il Villaggio Scolastico Artigiano di Signa era uno spazio che si occupava di dare ai ragazzi rimasti orfani nel dopoguerra una casa, degli studi e un mestiere. Creato nel 1945 dal Maestro Leopoldo Fantozzi, oggi l’edificio è in gran parte inutilizzato, a parte alcune aree occupate da laboratori e associazioni, e è da restaurare. L’artista parte proprio dalle figure “storiche” di questi ragazzi per far rivivere agli abitanti di Signa il Villaggio Scolastico Artigiano. Attraverso le foto del Villaggio trovate all’Archivio Storico di Signa, Olivia intende rappresentare i ragazzi che l’hanno vissuto, riportando alla memoria questo luogo, leggendo e recitando quindi la Poesia del Villaggio che veniva cantata proprio da quei ragazzi allora. Grazie all’uso delle vecchie foto dei bambini e di questa poesia, si riporta a galla l’essenza del Villaggio. Collocando una fotografia ricomposta una in mostra ed una al Villaggio, l’artista intende creare un filo di unione tra i due spazi e invitare così l’osservatore ad attraversare il territorio di Signa per andare a vedere l’altra. I ragazzi riprodotti quasi a grandezza naturale sono un modo per Olivia per riportare a noi e alla sfera del reale l’idea di un passato che è importante mantenere, e che continua a contaminare positivamente il nostro presente.
InTREccio, non tutto l’oro luccica trittico acrilico e foglia d’oro su tela
Marta Mazzanti Il progetto è stato influenzato dalla visita fatta al Museo Civico della Paglia di Signa. L’artista è stata suggestionata da alcuni elementi presenti nel museo, dall’esperienza fatta e dai racconti della guida all’interno della mostra. Ispirata dal colore giallo-oro assunto dalla paglia con la quale erano stati realizzati alcuni ornamenti religiosi, l’artista ha deciso di partire da questo elemento per realizzare il suo lavoro. Proprio come la paglia che imita l’oro, Marta con la foglia d’oro, sintetica, vuole riportare in scena quella sorta di “finziona di preziosità”. Con questo gioco di rimandi intende sottolineare come l’elemento prezioso non sia in realtà la paglia che imita l’oro, ma il mestiere che la lavorazione della paglia rappresentava per Signa. Partendo dalle spighe, per arrivare all’archetipo del cappello, simbolo storico della manifattura signese, l’artista con questo trittico “trascina l’oro” dal soggetto allo sfondo. Come a presentare l’idea di un passato che sta svanendo e di una preziosità che si dilata sullo sfondo perdendo di forma e quindi di memoria. Marta pone i soggetti quasi in secondo piano, che diventano, tramite il bianco e nero, anch’essi un ricordo passato. Riflettendo sul tema della perdita della manifattura, l’artista vuole portare il lavoro in un’ottica di relazione con la crisi economica contemporanea, che a modo suo sta facendo sparire altrettanti lavori e tecniche.
E’ PERMESSO? installazione scotch da imballaggio giallo, rosso e blu
Leonardo Moretti L’installazione è stata pensata partendo dal progetto Lightning del giugno 2017: l’esigenza di questo parte dalla volontà di un rinnovo funzionale dell’edificio storico (ex comune) in via Ferroni a Signa. L’idea di fondo è quella di trasformare lo stabile da semplice edificio a luogo funzionale-dinamico per le arti. Una conversione da ambiente fisico a “dispositivo”, concepire lo spazio come un vero e proprio artefatto aperto alla ricodificazione. L’obiettivo è quello di dar luogo ad una situazione che attraverso l’arte possa creare delle esperienze che dialoghino con la città, che partano da essa e che avvicinino il pubblico alla realtà delle arti contemporanee. Promuovendo la riflessione su un edificio storico che fatica a ritrovare una sua degna collocazione nel tessuto del centro storico della Città. Da qui lo scopo di realizzare un’installazione utilizzando i colori di Signa, che trasfigurano la Città e i suoi abitanti in dei fasci colorati, che con la loro azione tentanto di aprire lo stabile e reinserire l’edificio di Palazzo Ferroni nel vissuto. Il fine è quello di dar vita ad un momento di stacco visivo dal quotidiano modo di vedere/non vedere il Palazzo. Un’azione per attivare una riflessione sullo spazio, in cui nello stesso tempo si sottolinea la volontà di entrare e l’oggettiva incapacità, quindi l’immobilità, nel poter fare qualcosa per, e con, questo ambiente.
“FERRONI IN CORSO” installazione scotch di carta, teli di nylon, collage cartacei e materiali vari
Leonardo Moretti Anche per quest’opera, situata in parte all’esterno dello spazio espositivo, l’idea è stata pensata partendo dal progetto Lightning del giugno 2017. L’obiettivo è stato quello di realizzare un’installazione utilizzando materiali tipici di un cantiere: i nylon, per richiamare alla mente una situazione “cantieristica” ma di abbandono. Un luogo lasciato a metà dove questi teli dimessi, soli al tempo, si distruggono pian piano. Lo scopo è quello di dar vita, anche qui, ad un momento di stacco visivo dal quotidiano modo di vedere l’Officina Odeon 5, cercando, in quel lasso temporale in cui l’installazione sarà in piedi, di trasformare questo stabile, in parte celandolo, in parte sottolineandolo, in un’ipotetica “porta” di entrata verso un altro spazio: quello di Palazzo Ferroni che resta per noi un cantiere chiuso. All’interno dello spazio espositivo, invece, è presente un “tavolo da lavoro”: un vero e proprio banco sul quale sono posizionati tutti gli strumenti usati per realizzare le varie installazioni esterne (esp. involucri, bobine di scoth, ecc.), accompagnati da un gruppo di collage che riporta un lavoro realizzato tramite un’attività partecipativa fatta sul territorio di Signa. Per Leonardo, posizionare all’interno della mostra questo “tavolo” vuol dire marcare la situazione di cantiere aperto ma immobile che ha tentato di costruire. Il tavolo, estrapolato appunto da “un ipotetico cantiere”, è bloccato nel tempo, come se un operaio avesse lasciato lì del materiale dopo aver visionato le piante edili e non fosse più tornato. Le piante rappresentano la conclusione di una situazione partecipativa con gli abitanti del posto, i quali, con il loro intervento riconfigurano lo spazio, aprendo ad un modo diverso di vedere l’ambiente dell’area di Palazzo Ferroni.
L’installazione esterna prevedeva l’idea che, nell’arco della settimana in cui la mostra è restata aperta, le coperture in nylon si sarebbero pian piano distrutte e riaperte da sole, riscoprendo la facciata dello stabile e riportando l’ambiente al suo stato inerte iniziale. Tutto accade, nulla rimane.
“FERRONI IN CORSO” installazione scotch di carta, teli di nylon, collage cartacei e materiali vari
Leonardo Moretti Collage tramite l’attività partecipativa L’artista ha selezionato e isolato le piante dell’edificio con lo spazio circostante, sviluppandole su dodici fogli. In seguito, tramite un lavoro di partecipazione con i cittadini del posto, ha fatto scegliere ad un gruppo di persone un numero di piantine, a loro piacere, e ha chiesto, sempre a loro discrezione, di piegare i fogli in vari modi. Una volta fatto ciò, ha ripassato le pieghe con un segno nero in modo da far emergere in maniera precisa e pulita il reticolo dei nuovi spazi creati. In seguito ha fatto scegliere ai cittadini di Signa, tramite delle interviste con una tabella colori, una gamma di tonalità. La domanda rivolta è stata questa: -quali colori ti piacerebbe vedere a Signa? Esaminando i risultati ha selezionato, uno per ogni categoria cromatica, il più votato. Ha così definito una rosa di colori che rappresentano il volto che i cittadini vedono o vorrebero dare alla loro Città. A questo punto i colori selezionati sono stati utilizzati per colorare sulle piantine alcuni dei nuovi spazi creati dal reticolo di pieghe all’esterno del perimetro dell’edificio, con lo scopo di riconfigurare lo spazio cartaceo che virtualmente rappresenta la parte di Signa attorno allo stabile. Dopo di che Leonardo è andato a collocare sulle piante, tramite la tecnica del collage, rimanendo però in questo caso solo all’interno del perimetro dello stabile, tutto un repertorio di foto con immagini simbolo di opere d’arte contemporanea, che plasmano l’immaginario comune di questo mondo, allo scopo di creare, attraverso una messa in dialogo del materiale, un racconto non didascalico che potesse far percepire, ma non in maniera totale, quasi come un enigma, l’idea di progetto portata avanti per l’edificio di Palazzo Ferroni.
CONTEMPORANEA
1.0 TALK
14-21/aprile/2018 Abitare il territorio tramite il contemporaneo Mostra d’arte contemporanea in collabarazione con l’Assessorato alla Cultura di Signa, l’Accademia di Belle Arti di Firenze e il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, con l’obiettivo di parlare del territorio e della sua storia tramite lo sguardo dei giovani artisti. Artisti Adriana Amoruso, Vittoria Bagnoli, Martina Bartolini, Laura Bertini, Giulia Bono, Fabiola Campioli, Alice Ferretti, Olivia Kasa, Marta Mazzanti, Leonardo Moretti, Miriam Poggiali. Intervenuti Ilaria Mariotti, Paolo Parisi, Marco Raffaele. A cura di Leonardo Moretti
Testi e grafica di Leonardo Moretti Con la collaborazione di:
Assessorato alla Cultura
Museo Civico della Paglia (Signa) Filarmonica Giuseppe Verdi (Signa) Parco dei Renai (Signa) Fondazione Villaggio Artigiano di Signa Gruppo Archeologico Signese