Quaderni di Legislazione Tecnica 6/2025

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di LEGISLAZIONE TECNICA

6|2025

Bimestrale per il Professionista tecnico e l’Amministrazione

ARTICOLO TECNICO

GLI IMPERMEABILIZZANTI LIQUIDI

POSSONO ESSERE CONSIDERATI

ELEMENTI DI TENUTA?

PRATICA PROFESSIONALE

> CONTO TERMICO 3.0: ESEMPIO DI CALCOLO DELL’INCENTIVO

> LE RISERVE PER FATTI DANNOSI PRODUTTIVI DI DANNI CONTINUATIVI NEGLI APPALTI PUBBLICI

OSSERVATORIO PREZZI

> COME SI FA E QUANTO COSTA? UMIDITÀ DI RISALITA: APPROCCI DIAGNOSTICI E TECNOLOGIE NON INVASIVE PER IL RISANAMENTO DELLE MURATURE

AZIENDE, COMUNICATI, EVENTI

> Allplan

> SismoCell

> Consorzio Poroton

> Pronext

> Acca

FOCUS AMMINISTRAZIONI

> La nomina del RPCT: i nuovi chiarimenti di ANAC

> Divieto di pantouflage: analisi di un caso concreto e sintesi delle valutazioni di ANAC

> Il procedimento disciplinare degli iscritti all’albo: addebito non provato, archiviazione del procedimento e proscioglimento

si fa e quanto costa? Umidità di risalita: approcci diagnostici e

Il procedimento disciplinare degli iscritti all’albo: addebito non provato, archiviazione

• I cambiamenti del project financing portati dal correttivo (Pronext)

• APP4: il nuovo applicativo di Consorzio POROTON® Italia per il calcolo delle prestazioni acustiche (Poroton)

• Miglioramento sismico industriale con dispositivi dissipativi Sismocell: un caso pratico (SismoCell)

• Innovazione BIM: AI e strumenti avanzati in Edificius (Acca)

• Free Tutorial: Le innovazioni di ALLPLAN per la progettazione BIM (Allplan)

Quaderni di Legislazione Tecnica Pubblicazione bimestrale registrata al Tribunale di Roma, il 15.03.2012, al N. 70/2012

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CONTROCORRENTE

a cura di Roberto Gallia

In questo ultimo periodo, i problemi del mondo delle costruzioni appaiono frammentati in aspetti di dettaglio e suscitano una ridotta attenzione, orientata ad accogliere interessi particolari piuttosto che alla soluzione di problemi.

All’incessante diffondersi del numero di alloggi destinati agli affitti turistici viene attribuita l’accentuarsi della crisi abitativa, alla quale contribuisce sottraendo immobili al mercato residenziale. La soluzione, individuata nell’incremento della cedolare secca, viene contestata nonostante si attesti comunque al di sotto dell’aliquota di tassazione di un reddito medio.

Nessuno si pone il problema che nel recente passato il fenomeno è stato agevolato e sostenuto, anche dichiarando che l’uso turistico non fa venire meno la destinazione abitativa. Questa indicazione ha prodotto una immediata ricaduta sui rapporti condominiali. L’aggravio dei conti condominiali, derivante dall’oggettivo incremento delle spese per pulizia, ascensore (manutenzione e energia) e manutenzione ordinaria, reso necessario da un palese uso più intenso delle parti comuni, ricade su tutti i condomini, in quanto gli usi turistici non possono essere equiparati agli usi non residenziali. Nessuno pensa ad una appropriata norma civilistica, in grado di superare questa oggettiva ingiustizia.

Contemporaneamente, a fronte della rilevante presenza di immobili non più utilizzati all’interno dell’immenso patrimonio edilizio nazionale, si propone un nuovo condono edilizio nonostante l’enorme giacenza di pratiche pregresse inevase; senza preoccuparsi di sistemare la gestione amministrativa delle tolleranze costruttive e dell’accertamento di legittimità del costruito.

Si dice che il nuovo testo unico dell’edilizia, che dovrebbe dare vita ad un rinnovato codice delle costruzioni, affronti anche questi aspetti, riproponendo e proseguendo le scelte avviate con il salva-casa.

In particolare, questi aspetti dovrebbero essere trattati nel testo predisposto dal MIT, del quale molto si parla e poco si conosce. Avrebbe dovuto essere diffuso entro il mese di novembre, ma ancora tutto tace. Vanno avanti, anche se non suscitano attenzione, i lavori per la definizione delle altre due proposte, una di iniziativa governativa (AS 1623), in discussione presso la 1^ Commissione permanente “Affari costituzionali” del Senato, e l’altra di iniziativa parlamentare (AC 2332), per la quale la Commissione VIII “Ambiente” della Camera sta svolgendo numerose audizioni, parallele alla discussione di merito.

Le tre proposte hanno un solo aspetto in comune. Sono progetti di legge delega, che autorizzano il Governo ad emanare un decreto legislativo che attui i principi definiti dalla legge delega. Questa decisione non sembra adeguata. In pratica si sceglie di allungare i tempi per definire il nuovo codice dell’edilizia, dividendo il procedimento in due fasi (legge delega prima, decreto legislativo poi).

Inoltre, poiché l’edilizia fa parte del governo del territorio, materia concorrente fra Stato e Regioni, appare del tutto improprio che il Governo sia delegato ad adottare norme che disciplinano l’attuazione dei principi che regolano l’attività costruttiva e i controlli sull’attività edilizia.

CONTROCORRENTE

Oltre ciò, personalmente nutro molti dubbi sulla capacità dei tecnici, che saranno chiamati a definire la disciplina di attuazione delle attività edilizie, a fornire specifiche chiare ed adeguate, visto l’enorme lavoro che ho dovuto fare per portare a compimento la Guida per la compilazione della modulistica edilizia, districandomi fra errori ed omissioni.

Si è sempre parlato di superare le stratificazioni che caratterizzano il vigente Testo unico edilizia, quale sommatoria di norme adottate in tempi diversi e in contesti differenti, per giungere (prima o poi) ad una nuova disciplina organica e coerente.

A tal fine, la legge ordinaria appare più idonea per promulgare un nuovo Codice dell’edilizia, non solo formalmente (non si devono coordinare norme adottate con distinte leggi, non si devono recepire norme comunitarie), ma soprattutto per consentire una decisa accelerazione della entrata in vigore (evitando, altresì, le sorprese che può comportare un doppio procedimento con un inevitabile doppio dibattimento).

La nuova disciplina edilizia dovrebbe risultare efficiente nei procedimenti ed efficace nel conseguire i risultati sperati. Le strade intraprese non convergono. Le parti interessate appaiono molto distratte. I processi avviati non sembrano in grado di conseguire il risultato.

Purtroppo, i tempi non appaiono maturi. Le criticità restano, non solo nell’edilizia, ma anche nella gestione delle città e del territorio, sia per gli aspetti riguardanti la pianificazione urbanistica, sia per l’organizzazione dello spazio pubblico, entrambi finalizzati a migliorare la qualità della vita delle persone e a favorire l’insediamento e lo sviluppo delle attività produttive.

Comunque, andiamo avanti offrendo informazioni e riflessioni che approfondiscono gli argomenti di interesse del mondo delle costruzioni.

In questo numero, dopo un approfondimento tecnico sugli impermeabilizzanti liquidi quali elementi di tenuta, trovate ulteriori informazioni e riflessioni nelle consuete rubriche «Osservatorio prezzi» (Umidità di risalita: approcci diagnostici e tecnologie non invasive per il risanamento delle murature), «Pratica professionale» (Le riserve per fatti dannosi; Conto termico 3.0: esempio di calcolo dell’incentivo), «Focus Amministrazioni» (La nomina del RPCT; Divieto di pantouflage; Il procedimento disciplinare degli iscritti all’albo).

Buona lettura.

Roberto Gallia (1951), architetto, docente, saggista. info@robertogallia.it

CONTO TERMICO 3.0: ESEMPIO DI CALCOLO DELL’INCENTIVO

In vista dell’entrata in vigore, dal 25/12/2025, del Conto Termico

3.0 (D.M. 07/08/2025) si riporta un breve riepilogo schematico degli aspetti generali e lo sviluppo di un esempio di calcolo per un intervento di isolamento dell’involucro edilizio.

ASPETTI GENERALI

DOMANDE a partire dal 25/12/2025 (entro tale data si attendono regole applicative)

ALIQUOTE

•25 ÷ 65% spese ammissibili: Aliquota generale

•100% spese ammissibili:

– Interventi in comuni < 15.000 abitanti

– Interventi su scuole, ospedali ed RSA pubbliche

RIPARTIZIONE:

•5 ANNI: involucro, nZeb, pompe calore > 35kW, solare termico > 50mq

•2 ANNI: pompe calore e ibridi > 35kW, solare termico < 50mq, scaldacqua

BENEFICIARI, INTERVENTI, CATASTO

BENEFICIARIO INTERVENTI CATEGORIE CATASTALI

PA E fficienza energetica FER

Tutte le categorie catastali

Privati e imprese E fficienza energetica A mbito terziario : - A/10 - Gruppo B - Gruppo C esclusi C/6 e C/7Gruppo D escluso D/9 - Gruppo E esclusi E/2, E/4, E/6

Privati e imprese FER

Ambito residenziale : - Gruppo A esclusi A/8 e A/9 e A/10

Ambito terziario : - A/10 - Gruppo B - Gruppo C esclusi C/6 e C/7Gruppo D escluso D/9 - Gruppo E esclusi E/2, E/4, E/6

BENEFICIARI, INTERVENTI, %, DURATA

Le note sono in fondo alle tabelle.

Pubbliche Amministrazioni

Imprese

Soggetti privati

ESEMPIO DI CALCOLO DELL’INCENTIVO

Intervento di isolamento esterno superfici opache - Strutture opache verticali. Per semplicità, consideriamo edificio privato, nessun altro intervento abbinato (quindi non si applicano le maggiorazioni da note (**) e (***) di Tabella 7) e zona climatica D, quindi resta il 40% e non si applica l’incremento al 50% previsto solo per le zone E-F come da nota (*).

Per una Scheda tematica completa sul tema del Conto termico 3.0

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Per il testo completo del D.M. 07/08/2025

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LE RISERVE PER FATTI

DANNOSI PRODUTTIVI

DI DANNI CONTINUATIVI

NEGLI APPALTI PUBBLICI

PRINCIPIO GENERALE DI TEMPESTIVITÀ

La giurisprudenza ha consolidato il principio secondo cui le riserve dell’appaltatore derivanti da fatti dannosi continuativi devono essere iscritte nella contabilità contestualmente o immediatamente dopo l’insorgenza dell’evento lesivo, percepibile con la

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Si fornisce di seguito un quadro sintetico ma completo dei principi consolidati in materia di iscrizione delle riserve per “fatti dannosi produttivi di danni continuativi” negli appalti pubblici.

normale diligenza, mentre il quantum può essere indicato successivamente Come chiarito dalla Cassazione civile, ordinanza n. 1215 del 17 gennaio 2025: “Nei pubblici appalti, è obbligo dell’impresa inserire una riserva nella contabilità contestualmente all’insorgenza e percezione del fatto dannoso; in

particolare, in relazione ai fatti produttivi di danno continuativo, la riserva va iscritta contestualmente o immediatamente dopo l’insorgenza del fatto lesivo, percepibile con la normale diligenza, mentre il ‘quantum’ può essere successivamente indicato”

MOMENTO DELL’ISCRIZIONE PER I

FATTI CONTINUATIVI

Il criterio fondamentale è quello della percepibilità del fatto lesivo con normale diligenza. La Corte d’Appello di Roma, sentenza n. 4419 del 10 luglio 2025 ha precisato che “l’obbligo di tempestiva iscrizione delle riserve impone all’appaltatore di contestare il fatto

lesivo contestualmente alla sua insorgenza e percezione con normale diligenza, non potendo attendere la cessazione del fatto o la quantificazione definitiva del danno”.

La giurisprudenza distingue chiaramente tra:

• Il momento dell’insorgenza del fatto lesivo (quando deve essere iscritta la riserva)

• Il momento della quantificazione del danno (che può avvenire successivamente)

RATIO DELLA TEMPESTIVITÀ

La funzione dell’iscrizione tempestiva è chiarita dalla Corte d’Appello di Firenze, sentenza n. 147 del 27 gennaio 2025: “l’onere della riserva

Pantaleo De Finis

euro 34,00

Le RISERVE, le VARIANTI e il COLLAUDO nei CONTRATTI PUBBLICI

•Gestione operativa di riserve, varianti e collaudo

•Procedure e documenti per le varianti in corso d’opera

•Guida al calcolo dei risarcimenti e alle domande contabili

•Nomina, funzioni e responsabilità del collaudatore

•Revisione prezzi e riequilibrio del contratto

•Formulario con 70 modelli editabili

2a EDIZIONE riveduta e aggiornata al “Correttivo”

(D. Leg.vo 31/12/2024, n. 209) e alla Legge n. 105 del 18/07/2025

svolge la funzione di consentire la tempestiva e costante evidenza di tutti i fattori che siano oggetto di contrastanti valutazioni tra le parti e perciò suscettibili di aggravare il compenso complessivo, ivi comprese le pretese di natura risarcitoria”. Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici (art. 7 dell’Allegato II.14) conferma questa ratio specificando che l’iscrizione delle riserve è “finalizzata ad assicurare alla stazione appaltante, durante l’intera fase di esecuzione del contratto, il continuo ed efficace controllo della spesa pubblica, la tempestiva conoscenza e valutazione delle eventuali pretese economiche avanzate dall’appaltatore”.

MODALITÀ

SPECIFICHE PER I FATTI CONTINUATIVI

Quantificazione progressiva

Per i fatti continuativi, il Codice dei Contratti Pubblici prevede espressamente che “la quantificazione della riserva è effettuata in via definitiva, senza possibilità di successive integrazioni o incrementi rispetto all’importo iscritto, salvo che la riserva stessa sia motivata con riferimento a fatti continuativi”

Esempi giurisprudenziali

La giurisprudenza ha applicato questi principi a diverse fattispecie:

• Sospensioni dei lavori: La Corte d’Appello di Firenze ha chiarito che “ai fini della tempestività dell’iscrizione di riserva

avente a oggetto la contestazione dell’ordine di sospensione e la richiesta di risarcimento dei conseguenti danni, si deve distinguere l’ipotesi in cui l’illegittimità della sospensione sia originaria, nel qual caso l’appaltatore deve inserire la riserva nello stesso verbale di sospensione, da quella in cui l’illegittimità emerga in un momento successivo”.

• Consegne parziali: La Corte d’Appello di Roma ha stabilito che “nei casi di consegne parziali dei lavori che determinino un prevedibile allungamento dei tempi di esecuzione, la riserva deve essere iscritta già nei verbali di consegna parziale,

Pantaleo De Finis

DIREZIONE dei LAVORI PUBBLICI

•Requisiti, affidamento e compensi

•Consegna dei lavori

•Esecuzione del contratto

•Perizie di variante e revisione dei prezzi

•Attività al termine del contratto

•Memorandum riepilogativo

•Modelli di atti e verbali

4a EDIZIONE

riveduta e aggiornata al “Correttivo”

(D. Leg.vo 31/12/2024, n. 209)

Michele Pompili

MANUALE dei CONTRATTI PUBBLICI

•Principi guida del Codice appalti e ricadute operative

•Il RUP quale Project Manager del ciclo dell’appalto

•Applicazione degli standard di Project Management (PMBoK® 7th edition)

•Digitalizzazione, procedure, esecuzione e collaudo: guida pratica per stazioni appaltanti, operatori economici e professionisti

essendo immediatamente percepibile la potenzialità dannosa di tale modalità esecutiva”.

ONERE DELLA PROVA

La giurisprudenza consolidata stabilisce che “l’onere della prova di avere tempestivamente iscritto apposite riserve in relazione a dette pretese grava sull’appaltatore”.

CONSEGUENZE DELL’INOSSERVANZA

L’inosservanza dei termini comporta decadenza dal diritto di far valere le relative pretese. La giurisprudenza ha chiarito che “qualora le riserve originarie siano state iscritte tardivamente rispetto al momento in cui il fatto lesivo era percepibile con la normale diligenza, il vizio di tardività si estende alle successive riserve che costituiscano gemmazione e aggiornamento delle prime”.

CONCLUSIONI

Il quadro giurisprudenziale delinea un sistema rigoroso che impone all’appaltatore di iscrivere tempestivamente le riserve per fatti continuativi al momento dell’insorgenza del fatto lesivo quando questo sia percepibile con normale diligenza, riservando la possibilità di

Per una Scheda tematica completa sul tema della direzione dei lavori pubblici

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Per il testo completo del Codice dei contratti pubblici

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quantificazione successiva solo per l’aspetto economico del danno. Tale disciplina mira a garantire alla stazione appaltante la tempestiva conoscenza delle pretese economiche e la possibilità di intervenire per limitare i danni, realizzando un equilibrio tra tutela dell’appaltatore e controllo della spesa pubblica.

Come si fa e quanto costa?

UMIDITÀ DI RISALITA: APPROCCI

DIAGNOSTICI E TECNOLOGIE NON INVASIVE PER IL RISANAMENTO DELLE MURATURE

I CODICI DEI PRODOTTI

E DELLE OPERE COMPIUTE FANNO RIFERIMENTO AI PREZZARI NAZIONALI EDITI DA LEGISLAZIONE TECNICA

L’umidità di risalita è uno dei problemi più comuni nelle abitazioni, soprattutto in edifici datati o privi di adeguata impermeabilizzazione delle fondazioni. Oltre a deteriorare intonaci e murature, rappresenta un rischio per la salute e incide negativamente sul valore dell’immobile. Negli ultimi anni, oltre agli interventi tradizionali, sono nate tecnologie innovative basate sugli ultrasuoni, progettate per risolvere definitivamente il problema senza demolizioni né interventi invasivi.

1. INTRODUZIONE

L’umidità di risalita rappresenta uno dei fenomeni più diffusi e al tempo stesso più complessi da affrontare nel patrimonio edilizio, in particolare negli edifici storici, ma non solo. Le manifestazioni visibili macchie, distacchi di intonaco, efflorescenze saline e degrado degli strati superficiali, sono l’espressione esterna di processi interni che coinvolgono fisica dei materiali, chimica dei sali, condizioni ambientali e interazione tra struttura e suolo.

Oltre al danno estetico, la risalita capillare determina perdita di coesione dei materiali, peggioramento delle prestazioni termo-igrometriche e sensibile riduzione del comfort abitativo. Tradizionalmente il problema è stato affrontato con interventi invasivi (taglio meccanico, barriere murarie rigide, scavi), spesso incompatibili con edifici storici o strutture in esercizio.

La ricerca scientifica ha però sviluppato sistemi diagnostici e tecnologie non distruttive in grado di intervenire in modo selettivo, monitorabile e reversibile.

2. IL FENOMENO FISICO

La risalita capillare è un processo per cui l’acqua contenuta nel terreno si espande verso l’alto attraverso i pori dei materiali da costruzione. Il movimento avviene contro la gravità ed è influenzato da:

- Diametro e distribuzione dei pori del materiale;

- Tensione superficiale dell’acqua;

- Temperatura e umidità dell’aria;

-Presenza di sali disciolti.

Durante l’evaporazione sulla superficie muraria, i sali cristallizzano e aumentano di volume, esercitando pressioni interne che causano:

- disgregazione superficiale;

- distacco dell’intonaco;

- polverizzazione dei materiali lapidei;

-perdita di coesione delle malte.

Il fenomeno è aggravato da cicli igrometrici e termici, che in edifici non riscaldati o poco ventilati risultano particolarmente intensi.

Intonaci, muri in pietrame e mattoni bagnati dall’acqua di risalita capillare con evidenti efflorescenze saline e danni causati dai sali solubili trasportati dall’acqua.

3. DIAGNOSI: APPROCCIO SCIENTIFICO E NON

INVASIVO

Un intervento efficace richiede la distinzione tra risalita capillare e altre forme di umidità: condensa, infiltrazioni meteoriche, rotture impiantistiche o ponti termici.

La diagnostica moderna consente di ottenere un quadro completo limitando drasticamente campionamenti e demolizioni.

3.1 Termografia a infrarossi

Individua anomalie termiche legate alla presenza di acqua, utile per riconoscere aree critiche e percorsi preferenziali della risalita. È efficace soprattutto se associata a un monitoraggio delle condizioni climatiche.

3.2 Misure igrometriche e dielettriche

Sistemi portatili consentono di stimare il contenuto d’acqua nei materiali murari sulla base della variazione delle proprietà elettriche. Permettono rilievi rapidi, ripetibili e puntuali senza danneggiare le superfici.

3.3 Monitoraggio microclimatico

Attraverso datalogger e sensori wireless si registrano nel tempo temperatura, umidità relativa e punto di rugiada. Il monitoraggio continuo consente di valutare l’efficacia degli interventi e la risposta del sistema murario.

3.4 Indagini radar e multispettrali

Tecniche più avanzate, adottate soprattutto nel restauro monumentale, che permettono di mappare la distribuzione dell’umidità in murature spesse, individuando vuoti interni, concentrazioni saline e disomogeneità.

L’integrazione di diverse tecniche diagnostiche rappresenta oggi la modalità più efficace per ottenere dati attendibili e per progettare interventi mirati.

Tabella 1. Tecniche di diagnosi non invasiva.

Tecnica diagnosticaTipo di misuraVantaggi Limiti

Termografia IR Temperature superficiali

Igrometro/dielettrico

Datalogger microclimatici

GPR / multispettrale

Contenuto d’acqua nei materiali

UR, T°, punto di rugiada

Distribuzione interna dell’umidità

Rapida, non distruttiva, mappa aree critiche

Puntuale, ripetibile

Monitoraggio continuo, scientifico

Profondità e mappatura 3D

Sensibile alle condizioni climatiche

Lettura locale, serve matrice di confronto

Richiede tempo di raccolta

Strumentazione specialistica

Ideale per

Individuare zone umide e ponti capillari

Valutazioni prima/ dopo intervento

Controllo efficacia e manutenzione

Murature storiche spesse

4. TECNOLOGIE NON INVASIVE PER IL RISANAMENTO

L’evoluzione della ricerca ha reso disponibili sistemi capaci di interrompere o ridurre la risalita capillare preservando l’integrità dell’edificio.

Tabella 2. Tecnologie non invasive di risanamento.

TecnologiaMeccanismoInvasività

Sistemi elettrofisici

Barriere chimiche a bassa pressione

Intonaci macroporosi

Compatibilità con edifici storici

Monitoraggio

Inversione del flusso capillare Nulla Ottima Sì, in continuo

Zona idrofobica nel muro Bassa

Evaporazione e cristallizzazione profonda

Buona (se malte porose)

Nessuna demolizione strutturale Ottima

Sì, verificabile nel tempo

Controllo visivo e igrometrico

Ventilazione passivaRiduzione UR e ristagniNessunaUniversale Sì, anche con sensori

4.1 Sistemi elettrofisici a potenziale controllato

Si basano sull’applicazione di campi elettrici a bassissima intensità in grado di invertire la direzione del flusso capillare dell’acqua.

Vantaggi principali:

- totale assenza di demolizioni;

- reversibilità e monitorabilità;

- compatibilità con edifici storici; -ridotto impatto estetico.

Questi sistemi richiedono una corretta progettazione e un monitoraggio periodico, in quanto l’efficacia è legata all’equilibrio elettrico tra suolo e muratura.

4.2 Barriere chimiche a bassa pressione

Consistono nell’iniezione di formulazioni idrofobizzanti (silaniche o silossaniche) in fori di piccolo diametro, con tecniche a freddo e pressioni contenute. Creano una zona capillare non bagnabile che interrompe la risalita senza operazioni invasive come tagli o escavazioni.

Vantaggi: - compatibilità con molti substrati; - rapidità esecutiva; -costi controllati.

Fondamentale la valutazione preliminare del contenuto di sali e della porosità dei materiali per evitare migrazioni indesiderate e migliorare la distribuzione del prodotto.

4.3 Intonaci deumidificanti e macroporosi

Gli intonaci di nuova generazione favoriscono la traspirazione e la cristallizzazione dei sali in profondità, evitando il distacco superficiale. La presenza controllata di vuoti d’aria permette la migrazione del vapore e riduce il deterioramento. Si tratta di sistemi particolarmente indicati in edifici storici in cui la muratura non può essere sigillata oppure dove le tecniche fisiche non sono applicabili.

4.4 Ventilazione e controllo passivo dell’umidità

Sistemi di ventilazione naturale, pannelli igroregolatori e finiture ad alta permeabilità sono oggi strumenti fondamentali per stabilizzare il quadro igrometrico senza soluzione di continuità. In molti interventi il risanamento funziona solo se abbinato a una corretta gestione del microclima.

Taglio meccanico della muratura Definitivo

Barriere chimiche (iniezioni)

Contropareti, intonaci macroporosi

Discreto rapporto costo/ beneficio

Invasivo, polvere, rischio strutturale, costi elevati

Fori, manutenzione, efficacia variabile

Aspetto estetico miglioratoNon fermano la risalita

Ventilazione e deumidificazione Migliorano l’aria

5. VANTAGGI, LIMITI E CRITERI DI SCELTA

Non risolvono la causa

Le tecnologie non invasive stanno sostituendo molte pratiche tradizionali, in virtù di: - assenza di demolizioni o modifiche strutturali; - riduzione dei tempi di cantiere; - reversibilità e compatibilità con materiali storici; - possibilità di monitorare il comportamento nel tempo.

Nondimeno, non esiste una soluzione universale: la scelta deve basarsi su analisi preliminari, caratteristiche della muratura, presenza di sali, condizioni idrogeologiche e vincoli architettonici.

Un progetto corretto prevede: - diagnosi strumentale iniziale; - scelta della tecnologia idonea; - monitoraggio post-intervento; - uso di intonaci e finiture traspiranti; -controllo del microclima.

Tabella 3. Soluzioni tradizionali: limiti e criticità.
Metodo
Vantaggi
Limiti

6. SISTEMA ELETTROMAGNETICO A IMPULSI IN MULTIFREQUENZA

L’apparecchiatura a impulsi in MULTIFREQUENZA. Il suo scopo è fermare la risalita capillare per permettere al muro di asciugarsi più velocemente per evaporazione.

Esterno edificio

Interno edificio

Linea a potenziale 0

Schema di funzionamento degli impulsi.

1. Imbibizione dal terreno di acqua che risale per capillarità - 2. soluzione e trasporto di sali solubili lungo la parete - 3. equilibrio tra suzione, evaporazione - 4. Evaporazione dal substrato o dalla superficie - 5. Propagazione degli impulsi elettromagnetici in multifrequenza - 6. caduta delle molecole d’acqua dai capillari e arresto della risalita.

Principi di funzionamento

1. L’acqua, dal punto di vista elettrico, può essere pensata come un dipolo elettrico per la sua distribuzione non uniforme della carica nello spazio, sebbene nel complesso rimanga neutra. Ad ogni dipolo elettrico è associato un momento elettrico, ossia una grandezza vettoriale con un proprio verso e una propria direzione e che quantifica la polarità del sistema; si misura in Coulomb per metro.

2. Ogni dipolo elettrico immerso in un campo Elettrico è soggetto a momento meccanico M=-(qxE) dalle leggi di Maxwell si evince che con un campo magnetico variabile nel tempo è possibile generare un campo elettrico.

3. Il dispositivo genera una serie di impulsi elettromagnetici centrati su diverse frequenze, quindi un campo magnetico variabile nel tempo che è in grado di indurre un momento meccanico sui dipoli elettrici dell’acqua e quindi, all’interno della muratura, di disturbarne la risalita. Sperimentalmente si è visto che certe frequenze sono più efficaci su determinate tipologie murarie piuttosto che su altre e viceversa. A differenza degli altri sistemi, che adottano la mono-frequenza, il dispositivo genera invece un treno di impulsi a diverse frequenze che permette di ottenere

risultati eccellenti su tutte le tipologie di strutture murarie a prescindere dalla geometria dei pori capillari e dalla composizione della muratura.

7. INQUADRAMENTO NORMATIVO E LINEE GUIDA

(Si guardi scheda riferimenti tecnici – UNI, EN, MIC)

In Italia, gli interventi legati all’umidità nelle murature si collocano all’interno di riferimenti tecnici consolidati, tra cui:

- Norme UNI sulla diagnostica non distruttiva e sui materiali da costruzione;

- Linee guida MiC per interventi su beni culturali, con attenzione a compatibilità e reversibilità;

- Regolamenti edilizi locali per opere di risanamento e consolidamento;

- Normativa energetica per la qualità igrotermica dell’involucro.

Sempre più bandi pubblici e progetti di restauro prevedono l’adozione di metodologie a basso impatto e monitoraggio continuo dei risultati.

8. CONCLUSIONI

Il risanamento dall’umidità di risalita non può più essere affrontato con soluzioni empiriche o con interventi invasivi, spesso incompatibili con edifici storici e costosi da mantenere.

Le tecnologie non distruttive e non invasive rappresentano oggi un progresso decisivo: consentono di prevenire, controllare e ridurre l’umidità attraverso diagnosi scientifica, interventi reversibili e monitoraggio a lungo termine.

L’approccio integrato tra progettista, diagnosta e restauratore è il vero fattore di successo. Un edificio risanato correttamente non solo recupera le sue qualità estetiche e materiche, ma garantisce maggiore durabilità, salubrità e valore nel tempo.

Tabella 4. Tempi, costi indicativi e interferenze di cantiere.

Tecnologia

Tempo di installazione

Interruzione attività dell’edificio Manutenzione Tempo medio per risultati percepibili

Elettrofisica 1–3 giorniNessuna Bassa 3–12 mesi

Barriere chimiche 2–5 giorniMolto bassaNessuna2–6 mesi

Intonaci macroporosi 3–10 giorniBassa

Ventilazione passiva 1–2 giorniNessuna

Controlli periodici 1–3 mesi

Pulizia filtri o griglie Immediato/permanente

Segue Analisi prezzo >>

02.S02.A55.005

INTERVENTI DI RISANAMENTO E DEUMIDIFICAZIONE

NOLI E ATTREZZATURE (AT)

CODICE DESCRIZIONE

AT.N99.055.002

Misurazione dell’umidità con metodo ponderale a bilancia termica norma UNI 11085:2003 e n° 3 prelievi per sessione

AT.N99.055.003 rilievo termografico

AT.N99.055.004Apparecchiature per rilievi ed indaginicad1

Totale Noli E Attrezzature (AT)

PRODOTTI DA COSTRUZIONE (PR)

PR.P14.A301.004

Risanamento di murature da umidità risalente per capillarità, mediante apparecchiatura elettrica di deumidificazione ad alta tecnologia e basso consumo energetico basata su tecnologia elettrofisica a risonanza di impulsi in multifrequenza, elettronica di deumidificazione in materiale ABS (UL94 HB) con display a led, funzione autodiagnosi e sensori di umidità dell’aria / temperatura, con alimentazione 12 Vdc, conforme alle norme CEI EN 60335-1, CEI EN 62233, CEI EN 55014-1, CEI EN 55014-2, CEI EN 50366, avente le seguenti caratteristiche: alimentazione di rete 230 V - 50 Hz, tensione di alimentazione nominale 12 Vdc, potenza assorbita 1 W, potenza massima assorbita con 8 satelliti 6 W, campo di temperatura operativo 0 ÷ +70 °C, grado di protezione IP40, Peso ≈ 1 kg; dimensioni 215X215x50 mm. Dovrà inoltre assicurare che l‘induzione elettromagnetica a 50 cm di distanza sia ≤ 0,02 μT. Il sistema, essendo un‘opera non solamente legata all‘installazione delle apparecchiature elettriche, ma anche a dei lavori di indagine preliminare, deve comprendere anche le seguenti attività: ubicazione in pianta del o dei dispositivi (progettazione dell‘intervento), indagini conoscitive sullo stato dei luoghi, misurazione rapida dell‘umidità con igrometro elettronico o altra apparecchiatura, misurazione con metodo al carburo di calcio secondo norma UNI 11121:2004 e/o metodo ponderale con bilancia termica secondo norma UNI 11085:2003, indagine termografica, data sheet delle misurazioni. La misurazione dell‘umidità andrà ripetuta 3 volte nell‘arco di 36 mesi, nei medesimi punti utilizzati per le misurazioni iniziali effettuate contestualmente all‘installazione delle apparecchiature. Verrà sviluppata, se necessario, l‘analisi termografica al fine di visualizzare e misurare l‘energia termica emessa in presenza di risalita capillare dell‘umidità, da ripetere tre volte nell‘arco dei 36 mesi postumi all‘installazione. Ove necessario, dovrà essere condotta un’indagine per l‘individuazione di anomalie termoigrometriche, con la conseguente restituzione dei parametri ambientali interni ed esterni, restituzione e documentazione termografica con rapporto di prova e confronto con l‘immagine fotografica nel visibile, completa di relazione. L‘installazione comprende la fornitura di un idoneo trasformatore per il collegamento alla rete elettrica e/o ad un punto di alimentazione in bassa tensione (già predisposto e da computarsi a parte). Tutte le misurazioni ed indagini saranno valutate all‘atto del sopralluogo, per tale ragione possono essere incrementate o escluse in funzione delle condizioni di degrado delle murature, nonché dell‘entità dei problemi riscontrati. Sono escluse le eventuali opere murarie per il livellamento delle pareti, per predisposizioni elettriche e quanto altro non specificato alla presente voce - apparecchio con raggio d’azione 20 metri

CODICE DESCRIZIONE UMQ PREZZOPARZIALE

Unità elettronica, dotata di tecnologia a impulsi in multifrequenza, per deumidificazione muraria elettrofisica non invasiva, raggio d’azione circa 20 m - apparecchio con raggio d’azione di circa 20 metri cad14.000,00 €

Totale Prodotti Da Costruzione (PR) 4.000,00 €

RISORSE UMANE (RU)

RU.M01.A04.001 Operaio edile - Tabelle ministeriali - IV

RU.M01.A04.001

edile - Tabelle ministeriali - IV

edile - Tabelle ministeriali - I

edile - Tabelle ministeriali - I

Segue scheda riferimenti tecnici – UNI, EN, MiC >>

RIEPILOGO

Norme UNI / EN applicabili

Diagnosi e misure non distruttive

Scheda riferimenti tecnici – UNI, EN, MiC.

- UNI EN 13187 – Prestazione termica degli edifici – Rilevazione qualitativa delle irregolarità termiche negli involucri edilizi (termografia IR)

- UNI EN ISO 6781 – Prestazione termica degli edifici — Individuazione e diagnostica delle anomalie

- UNI 11018 – Diagnosi delle umidità nelle costruzioni (spesso citata in ambito di risanamento e verifiche)

- UNI EN 16712 – Metodi di prova per la determinazione del contenuto d’acqua nei materiali da costruzione

Materiali e intonaci per risanamento

- UNI EN 998-1 – Specifiche per malte per intonaci (incluse malte da risanamento e macroporose)

- UNI EN 1504-3 / 1504-10 – Prodotti e sistemi per la protezione e la riparazione delle strutture in calcestruzzo (parte sulle malte e sistemi di protezione superficiale)

- UNI EN 16302 – Conservazione dei beni culturali — Test per determinare l’assorbimento d’acqua capillare

Prove su materiali e murature

- UNI EN 1925 – Assorbimento d’acqua per capillarità nei materiali lapidei naturali

- UNI EN 12370 – Prove di cristallizzazione dei sali (fondamentale per valutare effetti di sali solubili)

- UNI EN 15801 / 15803 / 15886 – Metodi per la misurazione delle proprietà igrotermiche e dell’assorbimento d’acqua nei materiali da costruzione (contesto beni culturali)

Linee guida e riferimenti del Ministero della Cultura (MiC)

- Linee guida MiC per la conservazione del patrimonio architettonico (parti su: compatibilità, reversibilità, minimo intervento, uso di tecniche non invasive)

- Raccomandazioni NORMAL (ICR – Istituto Centrale del Restauro) utili per diagnosi e interventi su materiali lapidei, intonaci e murature

- Carte del Restauro: principi su reversibilità, compatibilità, riconoscibilità degli interventi

Riferimenti normativi

- UNI EN 13187 — Prestazione termica degli edifici – Rilevazione qualitativa delle irregolarità termiche (termografia)

- UNI EN ISO 6781 — Prestazione termica degli edifici — Diagnostica delle anomalie

- UNI 11018 — Criteri di diagnosi delle umidità nelle costruzioni

- UNI EN 998-1 — Malte per intonaci, comprese malte macroporose da risanamento

- UNI EN 1925 — Assorbimento d’acqua per capillarità nei materiali lapidei naturali

- UNI EN 12370 — Prove di cristallizzazione dei sali

- UNI EN 1504 (serie) — Prodotti e sistemi per la riparazione e protezione delle strutture in calcestruzzo

- Linee guida MiC per la conservazione del patrimonio architettonico

- Raccomandazioni NORMAL (ICR – Istituto Centrale del Restauro)

GLI IMPERMEABILIZZANTI LIQUIDI POSSONO ESSERE

CONSIDERATI

ELEMENTI DI TENUTA?

Caratteristiche tecniche e differenze tra prodotti impermeabilizzanti liquidi e sistemi certificati “elementi di tenuta”

di Mario Vincenzo Monardo Architetto laureato presso la Facoltà di Architettura di Roma a Valle Giulia, si occupa da circa 30 anni anni di problematiche legate al settore delle impermeabilizzazioni.

PREMESSA

Il settore delle impermeabilizzazioni rappresenta oggi un ambito particolarmente complesso per progettisti, imprese e applicatori. Le numerose norme tecniche introdotte negli ultimi anni - spesso eterogenee e di difficile interpretazione - hanno contribuito a creare un contesto normativo frammentato, confuso e in continua evoluzione.

Le norme UNI, pur essendo strumenti volontari e non cogenti, costituiscono un riferimento essenziale per garantire qualità, sicurezza e affidabilità nei prodotti e nei processi. Tuttavia, la loro natura non obbligatoria apre la porta a interpretazioni ambigue e a strategie e pratiche di marketing discutibili. In tale contesto, alcune aziende applicano le norme in modo rigoroso e trasparente, mentre

altre ne fanno un uso strumentale, ricorrendo a marchiature o dichiarazioni promozionali fuorvianti. Queste dinamiche generano confusione tra i diversi attori della filiera edilizia e possono portare a scelte tecniche prive di adeguate basi. Di conseguenza, proliferano opportunità - spesso sfruttate in modo poco trasparente - da parte di operatori che cercano di trarre vantaggio commerciale dalla mancanza di vincoli normativi stringenti, ricorrendo a comportamenti ambigui e poco chiari, a discapito della concorrenza leale e della tutela dei prescrittori (progettisti), degli utilizzatori (imprese e applicatori) e anche dei rivenditori. L’obiettivo di questo articolo è chiarire i principali termini tecnici relativi all’impermeabilizzazione, focalizzandosi sulle differenze tra impermeabilizzanti liquidi ed elementi di tenuta. Una corretta comprensione di tali concetti risulta necessaria e fondamentale per evitare errori progettuali ed esecutivi che potrebbero compromettere la durabilità e l’efficacia dell’intero sistema impermeabile.

ELEMENTI DI TENUTA E STRATI DI PROTEZIONE IDRAULICA

Negli ultimi anni, il termine impermeabilizzante viene spesso utilizzato in maniera impropria, sia in ambiti divulgativi (post, video, pubblicità sui social media) che tecnici (webinar, corsi di formazione e seminari), generando ambiguità e confusione. Capita, infatti, che prodotti pubblicizzati come impermeabili o elementi di un “sistema impermeabile” non abbiano in realtà le caratteristiche tecniche necessarie per garantire una vera e garantita tenuta all’acqua.

Un’analisi attenta delle schede tecniche e delle Dichiarazioni di Prestazione (DoP) evidenzia come molti prodotti comunemente utilizzati non siano veri e propri elementi di tenuta, ma piuttosto semplici protettivi superficiali o strati di protezione idraulica

Questa confusione è particolarmente frequente nel caso dei prodotti liquidi, spesso presentati come soluzioni impermeabilizzanti. Infatti, se impiegati in modo non corretto o fuori con-

testo, possono portare ad errori di progettazione, infiltrazioni o al malfunzionamento dell’intero sistema impermeabile, proprio perché non conformi a requisiti prestazionali specifici.

In particolare, la UNI 8627 (parti 1 e 2) definisce e classifica gli schemi funzionali delle coperture, fornendo un riferimento utile per individuare soluzioni conformi tramite una matrice che distingue gli elementi fondamentali, necessari e facoltativi.

Le norme trattano principalmente tre elementi: l’elemento portante, quello termoisolante e l’elemento di tenuta (impermeabilizzazione).

Un elemento di tenuta è un componente o sistema costruttivo progettato in modo specifico per garantire la tenuta idraulica di una struttura, o di una sua parte, anche in presenza di acqua in pressione. Si tratta di un sistema impermeabile continuo, conforme a normative tecniche stringenti e idoneo alla destinazione d’uso.

Esempi tipici di elementi di tenuta sono:

• membrane bituminose (posate a fiamma, autoadesive o meccanicamente fissate);

• membrane sintetiche (PVC, TPO/FPO, EVA/ EVAC/EVAL, EPDM, PIB);

• sistemi bentonitici (utilizzati prevalentemente in opere interrate;

• teli e membrane per coperture verdi;

• membrane liquide marcate CE secondo la linea guida europea EAD 030350-00-0402 (ex ETAG 005).

Dal punto di vista normativo, l’elemento di tenuta deve garantire un insieme di requisiti e prestazioni minime quali ad esempio:

•impermeabilità all’acqua: deve impedire all’acqua meteorica o di infiltrazione di raggiungere gli strati sottostanti);

•durabilità nel tempo: deve mantenere le prestazioni dichiarate per la vita utile prevista (resistenza ai raggi UV, all’ossidazione, al gelo/disgelo, agli agenti atmosferici);

•resistenza meccanica: deve garantire resistenza a trazione, lacerazione, punzo-

namento, sollecitazioni del vento, dilatazioni e movimenti del supporto;

•stabilità dimensionale: deve mantenere forma e dimensioni accettabili anche se sottoposti a variazioni termiche;

•compatibilità con gli altri elementi della stratigrafia:

• compatibilità chimica con l’isolante e gli altri materiali

• capacità di aderire o saldarsi correttamente

• assenza di reazioni che possano degradare il sistema

•reazione e resistenza al fuoco: deve rispondere alle classificazioni europee (EN 13501) e, se previsto, contribuire alla sicurezza in caso di incendio;

•tenuta all’aria e al vapore (quando richiesto): non sempre obbligatorio ma rilevante in molte stratigrafie, soprattutto in coperture isolate;

•sicurezza d’uso: deve essere applicato in condizioni che eviti rischi per gli occupanti e per i manutentori.

Le norme più rilevanti (in ambito europeo e italiano) per questi sistemi sono più complesse e articolate.

La UNI 8627 è strettamente collegata alla UNI 8178/2 (Edilizia – Coperture – Analisi degli elementi e strati funzionali delle coperture continue e indicazioni progettuali per la definizione di soluzioni tecnologiche) che approfondisce la progettazione e la corretta sequenza degli elementi e degli strati utilizzabili in un sistema di copertura continua realizzata con membrane flessibili prefabbricate (bituminose e sintetiche).

L’elemento di tenuta, in particolare, riveste un ruolo cruciale nella realizzazione di una copertura, al punto da essere disciplinato da norme specifiche: la UNI 9307-1 per le coperture continue e la UNI 9308-1 per quelle discontinue.

Secondo la normativa italiana vigente (NTC 2018, Capitolo 5.1, Punto 5.1.1), un sistema impermeabile deve garantire la protezione

della struttura portante contro le infiltrazioni. Tale prescrizione implica che la garanzia debba avere una durata di almeno dieci anni, come previsto dall’art. 1669 del Codice Civile, e non semplicemente “fino a” dieci anni. In questo contesto, la norma UNI 8178/2 fornisce, al punto 5.5.1, la seguente definizione del termine “elemento di tenuta” (vedi Riquadro 1).

Sempre nella UNI 8178/2 al punto 5.17.1 troviamo anche la definizione di “strato di protezione idraulica” (vedi Riquadro 2).

GLI IMPERMEABILIZZANTI

LIQUIDI SONO

GENERALMENTE FORMULAZIONI

POLIMERICHE CHE, UNA VOLTA INDURITE, FORMANO UNA MEMBRANA

ELASTICA CONTINUA

SENZA GIUNZIONI, PERFETTAMENTE

ADERENTE AL SUPPORTO.

Quindi gli strati di protezione idraulica sono strati impermeabili secondari destinati solo alla semplice protezione del massetto e non a garantire la tenuta impermeabile dell’intera stratigrafia. Possono essere realizzati con prodotti liquidi, cementizi o resinosi, oppure con sistemi prefabbricati in fogli, come membrane bugnate o con le lamine non certificate come “elementi di tenuta”. Gli strati di protezione idraulica non offrono la stessa affidabilità strutturale e prestazionale degli elementi di tenuta enon sono idonei nei contesti in cui è richiesta una vera e propria tenuta idraulica

IMPERMEABILIZZANTI LIQUIDI: TRA PRESTAZIONI E LIMITI D’IMPIEGO

La crescente promozione degli impermeabilizzanti liquidi come “soluzione universale” per ogni tipo di infiltrazione ha portato a un uso spesso scorretto e fuorviante di tali prodotti. La loro apparente semplicità di applicazione, unita a una certa ambiguità normativa, li rende popolari presso progettisti, applicatori e

Riquadro 2
Riquadro 1

rivenditori, ma non sempre adeguati al ruolo di elementi di tenuta

Molti impermeabilizzanti liquidi sono marcati CE in conformità alle norme UNI EN 1504-2 (relativa ai prodotti per la protezione del calcestruzzo) e UNI EN 14891 (impermeabilizzazione sotto piastrelle ceramiche incollate). Grazie alla loro versatilità e alla semplicità di applicazione, tali sistemi vengono spesso proposti a progettisti, imprese, applicatori e rivenditori come vere e proprie soluzioni impermeabili a tenuta idraulica, potenzialmente in grado di sostituire integralmente i tradizionali elementi di tenuta, come le membrane bituminose o sintetiche.

Tuttavia, per garantire una corretta informazione e una progettazione conforme ai criteri tecnici e normativi, è fondamentale chiarire in modo preciso le differenze tecniche e prestazionali tra un prodotto impermeabilizzante liquido e un vero e proprio elemento di tenuta, alla luce delle definizioni e dei requisiti previsti dalle normative tecniche nazionali ed europee.

Gli impermeabilizzanti liquidi sono generalmente formulazioni polimeriche (cementizie modificate, poliuretaniche, epossidiche, acriliche, poliuretani e poliuree, PMMA) che, una volta indurite, formano una membrana elastica continua senza giunzioni, perfettamente aderente al supporto avente la funzione di ridurre l’assorbimento d’acqua o proteggere

le superfici da agenti atmosferici e aggressivi. Di seguito si riportano le principali normative tecniche di riferimento.

UNI EN 1504-2:2005: “Prodotti e sistemi per la protezione e la riparazione delle strutture di calcestruzzo - Definizioni, requisiti, controllo di qualità e valutazione della conformitàParte 2: Sistemi di protezione della superficie di calcestruzzo”. La norma specifica i requisiti per l’identificazione, le prestazioni (compresi gli aspetti di durabilità), la sicurezza e la valutazione della conformità dei prodotti e sistemi da impiegare per la protezione della superficie di calcestruzzo, per aumentare la durabilità delle strutture di calcestruzzo e del calcestruzzo armato, nonché per il calcestruzzo nuovo e per opere di manutenzione e di riparazione. La parte 2 della norma prende in considerazione 5 degli 11 principi descritti nella UNI EN 1504-9:

– (PI) Principio 1 - Protezione contro l’ingresso;

– (MC) Principio 2 - Controllo dell’umidità;

– (PR) Principio 5 - Aumento della resistenza fisica;

– (RC) Principio 6 - Resistenza ai prodotti chimici;

– (IR) Principio 8 - Aumento della resistività. Tutti e 5 i principi vengono soddisfatti con tre diversi metodi di protezione superficiale:

LA UNI EN 1504-2 NON CONSIDERA

L’IMPERMEABILIZZAZIONE COME UN PRODOTTO

AUTONOMO, MA COME UNA

DELLE FUNZIONI CHE UN SISTEMA PROTETTIVO PUÒ

O DEVE SVOLGERE.

– impregnazione idrofobica: trattamento del calcestruzzo finalizzato ad ottenere una superficie idrorepellente. I pori e le capillarità sono rivestiti internamente, ma non riempiti. Non vi è alcuna pellicola sulla superficie del calcestruzzo e l’aspetto varia poco o niente;

– impregnazione: trattamento del calcestruzzo finalizzato a ridurre la porosità della superficie e a rinforzare la superficie. I pori e le capillarità sono parzialmente o totalmente riempiti;

– rivestimento (coating): trattamento finalizzato ad ottenere uno strato protettivo continuo sulla superficie del calcestruzzo.

Per i sopracitati metodi di protezione superficiale la norma stabilisce i requisiti di prestazione e le relative modalità di prova (alcune fanno riferimento ad altre norme) per garantire che i prodotti utilizzati nella protezione delle superfici in calcestruzzo siano efficaci e duraturi nel tempo:

» Adesione al substrato (prova di adesione per trazione diretta - EN 1542);

» Assorbimento capillare d’acqua (riduzione dell’assorbimento capillare - EN 10623);

» Resistenza alla diffusione del vapore acqueo (Permeabilità al vapore acqueo - EN ISO 7783);

» Permeabilità al CO₂ (resistenza alla diffusione del CO₂ - EN 1062-6);

» Permeabilità ai cloruri (opzionale, se richiesto);

» Comportamento al fuoco (classificazione di reazione al fuoco secondo EN 13501-1);

» Resistenza agli agenti chimici;

» Resistenza all’abrasione per pavimentazioni o superfici soggette a usura (EN ISO 5470-1);

» Prova di stabilità agli agenti atmosferici (invecchiamento artificiale - EN 1062-11 o EN ISO 11507);

» Prova di elasticità e crack-bridging (EN 1062-7).

La UNI EN 1504-2 non può essere considerata una norma sull’impermeabilizzazione in senso generale, ma deve essere classificata come norma specifica dedicata ai sistemi di protezione della superficie del calcestruzzo. I metodi di prova contemplati (impregnazione idrofobica, impregnazione e rivestimento) sono infatti finalizzati a limitare la penetrazione di agenti aggressivi - quali acqua, cloruri, solfati, anidride carbonica - responsabili dei principali meccanismi di degrado del calcestruzzo. La riduzione della permeabilità all’acqua costituisce quindi un mezzo funzionale alla durabilità, non l’obiettivo primario dell’impermeabilizzazione edilizia in senso stretto. Le norme specifiche sui sistemi impermeabili (ad esempio UNI EN 13707 per i manti bituminosi da copertura o UNI EN 13967 per le membrane per l’impermeabilizzazione delle strutture interrate) disciplinano invece la capacità di un sistema di realizzare una barriera continua e impermeabile, indipendente dal tipo di supporto, atta ad impedire in modo assoluto l’ingresso dell’acqua o dell’umidità. In sintesi, la UNI EN 1504-2 è una norma di

prodotto e di sistema orientata alla protezione e alla conservazione del calcestruzzo esistente. Comprende anche trattamenti idrorepellenti, ma non qualifica l’impermeabilizzazione come funzione autonoma né fornisce un quadro prestazionale per i sistemi impermeabili in senso stretto. Pertanto, i prodotti marcati EN 1504-2 devono essere considerati principalmente come protettivi superficiali e non come soluzioni idonee a garantire l’impermeabilità assoluta di una struttura, la quale richiede invece una specifica progettazione e l’impiego di sistemi conformi alle norme dedicate.

UNI EN 14891:2017: “Prodotti impermeabilizzanti applicati liquidi da utilizzare sotto le piastrellature di ceramica incollate con adesivi - Requisiti, metodi di prova, valutazione e verifica della costanza della prestazione, classificazione e marcatura”. Questa norma stabilisce i criteri, i metodi di prova ed i requisiti per la valutazione della conformità, la classificazione e la designazione dei prodotti impermeabilizzanti (malte cementizie modificate con polimeri, rivestimenti in dispersione ed in resine reattive) applicati liquidi da utilizzare sotto piastrellature di ceramica incollate con adesivi per la posa di pavimenti e rivestimenti esterni (lastrici solari, terrazzi e balconi) ed in piscine.

I test previsti dalla UNI EN 14891 coprono una gamma molto ampia di condizioni meccaniche, chimiche e ambientali, con l’obiettivo di garantire che i prodotti impermeabilizzanti applicati allo stato liquido offrano una protezione duratura sotto piastrelle incollate, in presenza di acqua e umidità.

Secondo la norma, i prodotti devono superare una serie di prove standard, che includono: prove di adesione a trazione:

» adesione a trazione iniziale;

» adesione a trazione dopo contatto con l’acqua;

» adesione a trazione dopo azione del calore;

I TEST PREVISTI DALLA

UNI EN 14891 HANNO

L’OBIETTIVO DI GARANTIRE

CHE I PRODOTTI

IMPERMEABILIZZANTI

APPLICATI ALLO STATO

LIQUIDO OFFRANO UNA

PROTEZIONE DURATURA

SOTTO PIASTRELLE

INCOLLATE, IN PRESENZA

ACQUA E UMIDITÀ.

» adesione a trazione dopo cicli di gelo e disgelo;

» adesione a trazione dopo contatto con acqua clorurata;

» adesione a trazione dopo contatto con acqua di calce

» impermeabilità all’acqua;

» capacità di crackbridging:

» capacità di crackbridging in condizioni di riferimento;

» capacità di crackbridging a bassa temperatura.

Sempre più frequentemente, in diversi articoli tecnici dedicati alla valutazione della capacità di resistere alle crepe (“crack bridging ability”) dei sistemi impermeabilizzanti liquidi conformi alla UNI EN 14891, si tende a far passare l’idea che i prodotti marcati secondo tale norma siano idonei all’impermeabilizzazione di coperture, terrazzi e balconi esposti direttamente agli agenti atmosferici, equiparandoli di fatto a veri e propri elementi di tenuta. Questa interpretazione è tuttavia tecnicamente scorretta e fuorviante. Infatti, la UNI EN 14891 definisce le prestazioni minime che i sistemi impermeabilizzanti liquidi applicati sotto piastrelle devono garantire, includendo:

» impermeabilità all’acqua in pressione;

» adesione su diversi supporti e dopo cicli di invecchiamento;

» capacità di ponte sulle fessure in condizioni statiche e dinamiche;

» resistenza agli alcali, al gelo-disgelo, all’acqua clorata;

» durabilità in presenza di umidità e calore. La norma stabilisce inoltre le procedure di prova per la valutazione di conformità, la classificazione dei prodotti (CM O, CMO1P, CMO2P, ecc.) e i requisiti necessari per la marcatura CE. Tuttavia, il suo campo di applicazione è chiaramente definito: sistemi impermeabilizzanti liquidi utilizzati esclusivamente al di sotto di piastrelle ceramiche incollate. La norma non disciplina:

» la progettazione di un sistema impermeabile in esposizione diretta;

» la verifica delle pendenze, dei dettagli costruttivi, dei giunti, dei sormonti e delle continuità con altri elementi di tenuta;

» la capacità del sistema di resistere a sollecitazioni meccaniche, termiche o igrometriche tipiche delle coperture;

» la durabilità a lungo termine in esposizione ai raggi UV (parametro fondamentale

LA UNI EN 11928-1:2023

SPECIFICA TERMINI, REQUISITI PRESTAZIONALI, COMPRESA LA DURABILITÀ

E RELATIVI METODI DI

PROVA, PER I PRODOTTI

IMPERMEABILIZZANTI

APPLICATI LIQUIDI IN SITU

DA UTILIZZARE COME

ELEMENTI DI TENUTA IN UN SISTEMA DI COPERTURA

CONTINUA.

nelle membrane impermeabili esposte). È importante ricordare che la crack bridging ability (C.B.A.) definita dalla UNI EN 14891 riguarda esclusivamente fessure di ampiezza limitata e in condizioni controllate di prova; la norma non garantisce la resistenza a movimenti più ampi, ciclici o strutturali, che sono frequenti nelle strutture esterne soggette a dilatazioni termiche.

La UNI EN 14891, quindi, attesta l’idoneità di un materiale a svolgere funzione impermeabile “in un contesto preciso e confinato”, quello delle impermeabilizzazioni sotto rivestimento ceramico, ma non rappresenta una norma di riferimento per la progettazione, l’esecuzione o la verifica dei sistemi impermeabili dell’involucro edilizio nel suo complesso. Per tali ambiti esistono norme specifiche (come UNI 8178/2, UNI EN 13707, UNI EN 13967, linee guida e codici di buona pratica), che considerano il sistema nel suo insieme e le reali condizioni di esercizio.

In sintesi, i prodotti conformi alla UNI EN 14891 devono essere interpretati come componenti di un sistema sotto piastrella, e non come membrane impermeabili strutturate per garantire l’impermeabilità assoluta di coperture, terrazze e balconi in esposizione diretta

UNI EN 11928-1:2023: “Prodotti applicati liquidi per impermeabilizzazione -Parte 1: Definizioni e requisiti”. Pubblicata il 12 ottobre 2023, questa normarappresenta la prima parte di un pacchetto di norme in fase di elaborazione

La norma specifica termini, requisiti prestazionali, compresa la durabilità e relativi metodi di prova per i prodotti impermeabilizzanti applicati liquidi in situda utilizzare come elementi di tenuta in un sistema di copertura continua (nuova o esistente). La UNI EN 11928 non si applica ai prodotti impermeabilizzanti applicati liquidi utilizzati al di sotto delle piastrellature ceramiche su pareti e pavimenti, applicati in esterno o in pisci-

na, trattati, invece, nella norma UNI EN 14891

Prove e requisiti tecnici previsti dalla UNI 11928-1:

–requisiti iniziali:

» reazione al fuoco (UNI EN 13501-1);

» comportamento al fuoco esterno (UNI EN 13501-5);

» impermeabilità (UNI EN 1928 - 60 kPa per 24 h);

» proprietà di trasmissione del vapore d’acqua (UNI EN ISO 7783:2019);

» adesione per trazione diretta (UNI EN 1542);

» resistenza all’urto (UNI EN ISO 6272-1);

» punzonamento statico (UNI EN 12730 metodo B);

» crack-bridging dinamico a +23°C e crack-bridging dinamico a basse temperature (UNI EN 1062-7 metodo B);

» resistenza allo slittamento, antisdrucciolo (UNI EN 13036-4);

» resistenza alla penetrazione delle radici (UNI EN 13948);

» assorbimento capillare permeabilità all’acqua (UNI EN 1062-3).

requisiti dopo invecchiamento - durabilità:

» impermeabilità (UNI EN 1928 - 60 kPa per 24 h);

» Adesione per trazione diretta (UNI EN 1542);

» Criteri di accettazione dopo esposizione (UNI EN ISO 4628-2, UNI EN ISO 4628-4, UNI EN ISO 4628-5).8

La norma UNI 11928 specifica chiaramente che “Qualora si volesse valutare la membrana impermeabilizzante in un sistema di copertura relativamente alla destinazione d’uso prevista e a una specifica vita utile di servizio (5, 10 o 25 anni), si fa presente che la linea guida europea EAD 030350-00-0402 o, già in precedenza, la ETAG 005 conferiscono l’apposita marcatura CE.”. Inoltre, non fornisce indicazioni: – per la progettazione e la posa di tali prodotti;

–per le coperture carrabili.

La pubblicazione della UNI 11928-1 rappresenta un passo importante per i prodotti impermeabilizzanti applicati liquidi. Ciò permetterà ai produttori di riconoscere i propri prodotti attraverso una norma condivisa, con riferimenti chiari e requisiti definiti, e distinguere questi prodotti dalle resine e dalle pitture. La norma rappresenterà un punto di riferimento anche per i progettisti e gli applicatori al fine di supportarli nella scelta del prodotto più idoneo alla destinazione d’uso.

La normaconsentirà di comparare prodotti simili attraverso le stesse caratteristiche i cui risultati vengono raggiunti con lo stesso metodo di prova. Ad oggi è in vigore esclusivamente la parte 1 della norma mentre le parti 2 (di prossima uscita) e 3, che riguardano rispettivamente la progettazione e la posa in opera dei prodotti e che garantiscono anche le competenze per i posatori e i requisiti per la corretta manutenzione, non risultano ancora pubblicate. È consigliabile adottare cautela nell’utilizzo di riferimenti a tale norma in ambiti dichiarativi, promozionali o certificativi, fino al completamento e alla piena entrata in vigore dell’intero corpus normativo.

UNI EN 1928:2002: “Membrane flessibili per impermeabilizzazione - Membrane bituminose, di materiale plastico e di gomma per impermeabilizzazione di coperture - Determinazione della tenuta all’acqua”. La norma è applicabile alle membrane bituminose, di materie plastiche (PVC, TPO, ecc..) e di gomma (EPDM) per l’impermeabilizzazione e specifica le procedure per determinare l’impermeabilità, cioè la resistenza all’acqua stagnante o alla pressione idraulica assorbita da una parte limitata della superficie, al fine di garantire la durabilità e l’efficacia del sistema impermeabile nel tempo. La norma è applicabile esclusivamente alle membrane prefabbricate utilizzate per l’impermeabilizzazione di: – coperture, terrazze e balconi; – fondazioni;

opere interrate; – altre applicazioni dove è richiesta l’impermeabilità assoluta all’acqua.

La UNI EN 1928 definisce i metodi di prova per verificare l’impermeabilità all’acqua delle membrane flessibili per impermeabilizzazione: metodo A (bassa pressione) e metodo B (alta pressione):

• metodo A: valuta se la membrana è impermeabile quando è sottoposta a una piccola pressione idrostatica, simile a condizioni di acqua stagnante o coperture piane non esposte a pressioni elevate. Il campione della membrana viene fissato su una camera di prova e successivamente immessa acqua in pressione a 60 KPa. La membrana resta sotto pressione per un certo periodo (di solito 24 ore). Si verifica l’eventuale comparsa di:

» gocce;

» umidità;

» qualsiasi infiltrazione. Esito della prova:

» passa: nessuna perdita d’acqua sul lato opposto della membrana;

» non passa: presenza di infiltrazioni.

•metodo B: valuta l’impermeabilità quando la membrana deve resistere a pressioni idrostatiche molto più elevate, come ad esempio opere interrate, vasche, fondazioni oppure ambienti interrati con forte spinta idrostatica. Il campione viene montato su una camera di prova applicando una pressione idrostatica costante di 60 kPa pari a circa 6 m di colonna d’acqua per 24 ore. La pressione iniziale, stabilita dal produttore, non deve variare oltre un margine di tolleranza massimo del 5% e viene mantenuta per il tempo previsto dalla norma. Si osserva la comparsa di eventuali infiltrazioni.

Esito della prova:

» passa: nessuna perdita d’acqua sotto la pressione definita;

» non passa: qualsiasi infiltrazione o trasudamento.

I due metodi consentono di valutare l’efficacia dell’elemento di tenuta garantendo che il prodotto sia idoneo per l’impiego previsto. La EN 1928 è una norma di metodo, cioè stabilisce come testare la resistenza all’acqua sotto pressione di una membrana (bituminosa o sintetica). Pertanto, superare il Metodo B della EN 1928 certifica che il prodotto possiede una impermeabilità intrinseca: può tenere all’acqua anche in assenza di altri strati o protezioni e può essere considerato a tutti gli effetti un vero elemento di tenuta continuo e assoluto

EAD 030350-00-0402: grazie all’attività di ricerca svolta da EOTA, la linea guida ETAG 005 (“Guidelines for European technical approval of liquid applied roof waterproofing kits”) è

stata sostituita dal Documento di Valutazione Europeo EAD 030350-00-0402. EAD sta per European Assessment Document, documento di valutazione europea per prodotti da costruzione rilasciato in conformità al Regolamento UE n. 305/2011 (CPR), riguardante la marcatura CE. Questo documento riguarda i kit di impermeabilizzazione per coperture applicati in forma liquida (Liquid applied roof waterproofing kits). Tuttavia, a differenza delle norme armonizzate, i documenti elaborati da EOTA (come gli EAD) sono di applicazione volontaria e richiedono un processo di valutazione più complesso rispetto a quanto previsto, ad esempio, dalla norma italiana. Nonostante ciò, alcuni produttori adottano volontariamente i documenti EOTA per determinati sistemi, in particolare nei casi in cui si intenda certificare la durabilità e le prestazioni del prodotto per un uso specifico. Per favorire l’integrazione tra i riferimenti europei e quelli nazionali, la norma UNI 11928-1 include una

Sistema impermeabile in PMMA (polimetilmetacrilato).

correlazione tra i requisiti previsti dalla UNI stessa e quelli contenuti nei documenti EOTA, lasciando così al produttore la libertà di scegliere il riferimento normativo più appropriato. In ogni caso, la conformità a un EAD o al precedente ETAG 005 garantisce automaticamente anche la conformità ai requisiti della UNI 11928-1.

Diversi prodotti impermeabilizzanti liquidi provvisti di certificazione EAD 030350000402 possono essere considerati equivalenti agli “elementi di tenuta” impermeabile, in quanto:

– hanno superato rigorosi test tecnici e ambientali;

– sono accompagnati da una valutazione tecnica europea (ETA) ufficiale;

possono essere considerati prodotti di alta affidabilità per applicazioni strutturali in ambito edilizio.

I prodotti liquidi certificati secondo EAD 030350000402 vengono testati in condizioni simulate d’uso e valutati su parametri fondamentali quali:

– impermeabilità all’acqua (pressione interna ed esterna);

– durabilità e vita utile prevista;

– comportamento al fuoco;

– rigidità meccanica e resistenza alle sollecitazioni ambientali.

Esistono sistemi impermeabilizzanti liquidi, come ad esempio quelli a base di polimetilmetacrilato (PMMA), poliuretano o alcune poliuree, certificati secondo EAD 030350000402 che possono essere qualificati come veri “elementi di tenuta”. Infatti, tra le prove richieste per la rispondenza dei prodotti alla EAD viene inclusa la prova di tenuta all’acqua secondo la EN 1928, essendo un parametro fondamentale per le membrane impermeabilizzanti. Pertanto, la norma EN 1928 è integrata come metodo di prova tecnico all’interno del processo di valutazione EAD. Ne deriva che questa tipologia di prodotti liquidi risponde ai requisiti necessari per l’impiego come soluzioni impermeabilizzanti affidabili, garantendo

prestazioni durature e tracciabili nel tempo, secondo le aspettative stabilite dalla normativa europea.

Nella pagina successiva alcune tabelle comparative tra le norme UNI EN 1928, UNI EN 14891, UNI EN 1504-2 e il Documento di Valutazione Europeo (EAD) 03035000-0402, in grado di chiarire le differenze fondamentali tra le norme, in particolare per quanto riguarda l’idoneità dei prodotti liquidi impermeabilizzanti.

GLI IMPERMEABILIZZANTI

RISPONDENTI ALLE NORME UNI EN 14891 E UNI EN 1504-2 POSSONO ESSERE CONSIDERATI ELEMENTI DI TENUTA?

Purtroppo, una disinformazione sempre più diffusa nel settore dei sistemi impermeabili induce progettisti e applicatori a ritenere, erroneamente, che l’utilizzo di prodotti liquidi equivalga a garantire l’impermeabilizzazione di qualsiasi struttura.

La semplice conformità alle norme UNI EN 14891 e/o UNI EN 1504-2 non può essere sufficiente a qualificare un prodotto liquido come vero “elemento di tenuta”.

La UNI EN 1504-2, infatti, riguarda i rivestimenti protettivi per il calcestruzzo e non a sistemi impermeabili di tipo strutturale mentre la norma UNI EN 14891è pensata per applicazioni sotto piastrelle e non è specifica per sistemi di impermeabilizzazione a tenuta idraulica sotto pressione né per applicazioni in cui il prodotto deve essere esposto direttamente.

Nella Tabella 9 una comparazione tecnica tra la prova di impermeabilità della  UNI EN 14891 e quella della  UNI EN 1928 Metodo B. Le differenze risiedono nel loro  campo di applicazione e nelle  modalità specifiche di esecuzione del test, inclusi i materiali di prova, la pressione dell’acqua e i criteri di valutazione.

EN 1928

EN 14891

EN 1504-2

EAD 030350-00-0402

EN 1928

Tabella 1. Oggetto e finalità della norma.

Membrane flessibili per impermeabilizzazione. Determinare la tenuta assoluta all’acqua di membrane prefabbricate.

Sistemi impermeabilizzanti liquidi sotto piastrelle.

Sistemi di protezione della superficie del calcestruzzo.

Kit di impermeabilizzazione liquida per coperture (LAR – Liquid Applied Roof Waterproofing Kits).

Definire le prestazioni minime dei prodotti usati come strato impermeabile sotto rivestimenti ceramici.

Definire requisiti per protezione e durabilità del calcestruzzo, non per impermeabilizzazione primaria.

Stabilire requisiti e prove per i sistemi impermeabilizzanti liquidi destinati a coperture, con valutazione ETA.

APPLICAZIONI PREVISTE

Coperture, terrazzi, balconi, opere interrate, vasche. Membrane esposte o coperte.

EN 14891 Ambienti interni ed esterni, solo sotto piastrelle. Non per esposizione diretta.

EN 1504-2

EAD 030350-00-0402

Opere in calcestruzzo: ponti, gallerie, infrastrutture, edifici. Non è una norma per manti impermeabili.

Coperture e superfici esposte direttamente agli agenti atmosferici. Sistemi liquidi applicati in sito con funzione di elemento primario di tenuta.

EN 1928

EN 14891

EN 1504-2

Membrane flessibili prefabbricate (bituminose, PVC, TPO, EPDM, ecc..).

Impermeabilizzanti liquidi cementizi, polimerici o ibridi per sotto piastrella.

Idrofobizzanti, impregnanti, pitture protettive, rivestimenti protettivi per calcestruzzo.

EAD 030350-00-0402Sistemi liquidi applicati in sito per coperture completi di primer, strati, rinforzi, top-coat.

Tabella 2. Campo di applicazione.
Tabella 3. Tipologia dei prodotti.
NORMA PRODOTTI

EN 1928

EN 14891

EN 1504-2

EAD 030350-00-0402

EN 1928

EN 14891

EN 1504-2

EAD 030350-00-0402

NORMA

EN 1928

EN 14891

EN 1504-2

Tabella 4. Prestazioni caratterizzate.

Impermeabilità in pressione (60 kPa).

Adesione, impermeabilità, crack bridging statico/dinamico, resistenza agli alcali, gelodisgelo, acqua clorata. Non prova resistenza UV.

Assorbimento capillare, permeabilità al vapore, resistenza chimica, penetrazione cloruri, adesione, crack bridging limitata. Non verifica impermeabilità assoluta.

Tenuta all’acqua su supporti con pendenze minime, resistenza ai raggi UV, stabilità dimensionale, comportamento al fuoco esterno, resistenza alle fessure, shock termico, durabilità accelerata, resistenza al punzonamento, trazione e allungamento. Prove complete per manto impermeabile esposto.

EAD 030350-00-0402

Metodo di prova per determinare la tenuta all’acqua di membrane flessibili bituminose, plastiche e in gomma per impermeabilizzazione di coperture.

Requisiti e metodi di prova per prodotti impermeabilizzanti liquidi (cementizi modificati, dispersioni, resine) usati sotto piastrelle, in esterni e piscine. Definisce classificazioni, proprietà obbligatorie/opzionali e marcatura CE.

Specifica i requisiti delle protezioni e dei prodotti per la protezione del calcestruzzo (caratteristiche meccaniche, adesione, permeabilità, durabilità) per sistemi di protezione del calcestruzzo.

European Assessment Document per liquid applied roof waterproofing kits (kit liquidi per impermeabilizzazione di coperture). Definisce criteri di valutazione per ETA (valutazioni tecniche europee) dei sistemi liquidi a composizione di kit/assemblati.

LIMITAZIONI PRINCIPALI

È un metodo di prova (non prescrive requisiti di progetto o uso). Si applica a fogli/ membrane flessibili ma non definisce prestazioni di sistemi complessi o kit liquidi.

Si concentra su prodotti liquidi applicati sotto piastrelle/ambienti specifici (pavimenti, piscine). Non è una norma di progetto strutturale. La conformità non sostituisce la valutazione del sottofondo/giunti di dilatazione o la progettazione della stratigrafia completa.

Dedicata al calcestruzzo. Non descrive metodi di posa dei prodotti di impermeabilizzazione sotto piastrelle né i kit liquidi per coperture; è complessa e richiede competenze per scegliere principi di intervento e prove appropriate. Non è una approvazione di prodotti singoli senza certificazione.

È un documento di valutazione per rilascio di ETA: non è una norma tecnica armonizzata (è base per ETA), e quindi non sostituisce sempre direttamente le norme nazionali o i requisiti di progetto; specifica procedure di valutazione per kit, ma le condizioni reali in cantiere e sottostrati restano responsabilità del progettista/fornitore.

NORMA PROVE / PRESTAZIONI RICHIESTE
Tabella 5. Funzione tecnica.
NORMA COSA REGOLANO / A COSA SERVONO
Tabella 6. Limiti e condizioni d’uso.

EN 1928

NORMA

EN 14891

EN 1504-2

EAD 030350-00-0402

Tabella 7. Uso corretto in fase di progettazione.

INFLUENZA DELLE NORME SULLA SCELTA / PROGETTAZIONE DEL SISTEMA IMPERMEABILE

Criterio di selezione della membrana: scegliere prodotti che superino i test di tenuta pertinenti. Utile per verifiche di laboratorio su membrane prefabbricate prima di inserirle in dettagli progettuali.

Guida la scelta di prodotti liquidi per impermeabilizzazione sotto piastrelle: specificare il tipo (CM/DM/RM), classe di comportamento a basse temperature, proprietà obbligatorie (adesione, assorbimento d’acqua, crack bridging su fessure ecc.) e test richiesti nel capitolato. Nel progetto indicare le prove richieste e le classi necessarie per l’uso (es. piscine, esterni).

Nella protezione di strutture in CLS: definire principi/metodi (es. protezione contro penetrazione, controllo umidità, ripristino resistività) e requisiti di prestazione del materiale (adesione, permeabilità CO₂, resistenza chimica ecc.). La scelta del sistema deve rispettare i principi EN 1504 e le prove richieste

Per sistemi “kit liquidi” da usare su coperture: il progettista/committente deve richiedere ETA rilasciata su base EAD, verificare la compatibilità con il substrato, spessore del film, resistenza al distacco/delaminazione oltre a requisiti di resistenza al fuoco e durabilità previsti dall’EAD. L’EAD esplicita le prove che devono essere superate per l’ETA.

EN 1928

EAD 030350-00-0402

EN 14891

EN 1504-2

Norme che riguardano sistemi realmente impermeabili (elementi di tenuta) in esposizione diretta:

 EN 1928 per membrane prefabbricate

 EAD per sistemi liquidi applicati in sito con ETA

Non sono norme specifiche per manti impermeabili esposti:  EN 14891 norma per impermeabilizzazione sotto piastrella

 EN 1504-2 norma per protezione del calcestruzzo

Le due prove di impermeabilità non sono intercambiabili, in quanto:

•si testano materiali diversi;

•si utilizzano pressioni diverse;

• si perseguono obiettivi diversi (durabilità vs resistenza alla pressione).

Le prove previste dalla norma UNI EN 14891 riguardano la capacità del prodotto impermeabilizzante liquido di resistere all’umidità e all’acqua, ma non ne certificano la funzione di barriera idraulica strutturale in senso assoluto. Pertanto, sia la UNI EN

14891 come anche la UNI EN 1504-2 risultano norme di prestazione in quanto non testano direttamente l’impermeabilità intrinseca di un materiale ma definiscono le prestazioni richieste quando il prodotto è parte di un sistema, cioè in combinazione con altri strati o elementi. Pertanto, un prodotto conforme alla EN 14891 può essere ottimo come strato complementare o integrativo, ma da solo non garantisce la stessa impermeabilità assoluta di un prodotto che supera la prova secondo il Metodo B della UNI EN 1928

Tabella 8. Sintesi finale.
NORMA SINTESI

Tabella 9. Prova comparazione tecnica di impermeabilità tra la UNI EN 14891 e UNI EN 1928 Metodo B.

UNI EN 14891 EN 1928 Metodo B

Norma ideata per Impermeabilizzanti liquidi sotto piastrelleMembrane impermeabilizzanti prefabbricate

Metodo di prova dell’impermeabilità

Pressione

Il test (metodo A.7) prevede l’applicazione del prodotto su un supporto standard e la successiva esposizione all’acqua per un periodo definito, misurando l’eventuale penetrazione dell’acqua o l’aumento di peso del provino. Un requisito chiave è che il prodotto non deve permettere la penetrazione dell’acqua. Spesso include anche test sulla capacità di “crack bridging” (capacità di coprire fessure).

La prova di tenuta all’acqua richiede una pressione costante di 150kPa (~1,5 bar) per 7 giorni in condizioni di immersione/contatto con l’acqua.

Durata della prova 7 giorni

Criterio di accettazione

Tipo di stress

Nessun passaggio d’acqua visibile sotto il campione dopo 7 giorni

Stress a lungo termine

La norma UNI EN 1928, invece, è una norma di metodo in quanto stabilisce come testare e verificarela tenuta all’acqua in pressione (proprietà più vicina alla “resistenza idraulica”) di una membrana di tipo bituminoso o sintetico (vedi Tabella 10).

Anche i prodotti impermeabilizzanti liquidi rispondenti alla EAD 030350-00-0402 (ex ETAG 005) possono essere considerati pienamente elementi di tenuta, in quanto: – sono sottoposti a prove in condizioni pressurizzate; – viene valutata la durabilità, la resisten-

EN 1928 Metodo BMetodo di prova

UNI EN 14891

UNI EN 1504-2 Norma di prestazione

Il Metodo B è un metodo di prova che utilizza un apparecchio che applica una pressione idrostatica significativa e crescente sul campione di membrana fino a un certo valore o fino a quando non si verifica una penetrazione. Il test verifica la capacità della membrana di resistere alla pressione dell’acqua.

La prova viene condotta per 24 ore ad una pressione idrostatica di 60 kPa (equivalente a circa 6 metri di colonna d’acqua).

24 ore

Nessuna penetrazione visibile d’acqua sul lato opposto del campione

Stress a breve termine e ad elevata pressione

za meccanica e il comportamento agli agenti esterni; – sono accompagnati da valutazione tecnica europea (ETA), che ne certifica l’idoneità strutturale.

In conclusione, i prodotti impermeabilizzanti liquidi conformi alla UNI EN 14891 e alla UNI EN 1504-2, non possono essere utilizzati come “elementi di tenuta” e non possono essere comparati a materiali testati secondo la norma EN 1928 (metodo B) oppure rispondenti alla EAD 030350000402 (ex ETAG 005) in quanto non possono garantire la

Impermeabilità intrinseca della membrana

Prestazioni del sistema o del prodotto in uso combinato

Elemento di tenuta continuo e assoluto

Elemento di tenuta continuo e prestazioni funzionali conformi

Tabella 10.
Norma Tipo Cosa valuta
Risultato

tenuta idraulica richiesta in applicazioni critiche come terrazze, coperture, piscine o serbatoi

CONCLUSIONI: PROGETTARE CON CONSAPEVOLEZZA TECNICA

Il termine “impermeabile” viene troppo spesso utilizzato in modo superficiale per descrivere numerosi prodotti, senza accompagnare tale definizione nelle relative schede tecniche con dati tecnici chiari o parametri oggettivi. Questo approccio non facilita il lavoro di progettisti, applicatori o committenti e può generare gravi rischi progettuali e legali, soprattutto quando si impiegano prodotti liquidi non certificati come sistemi impermeabili strutturali (elementi di tenuta)

Parallelamente, si rileva un uso crescente e improprio di norme tecniche estrapolate dal loro contesto, impiegate a fini meramente commerciali piuttosto che per fornire riferimenti tecnici affidabili. La promozione commerciale di un prodotto non può e non deve sostituire una valutazione tecnica rigorosa

Nella fase di progettazione e nella scelta dei materiali, è fondamentale distinguere tra un prodotto liquido impermeabilizzante e un vero elemento di tenuta.

Per garantire latenuta all’acqua di una struttura è indispensabile individuare:

•sistemi impermeabili testati secondo la norma EN 1928 - metodo B (prova di impermeabilità all’acqua in pressione);

•sistemi impermeabili testati secondo EAD 030350-00-0402 (ex ETAG 005);

• materiali conformi alla UNI 8178-2, specifica per elementi di tenuta.

Affidabilità, sicurezza e durabilità si ottengono solo con soluzioni tecniche corrette, conformi alle normative appropriate, applicate secondo prescrizioni di progetto e con materiali idonei allo scopo.

LA PUBBLICITÀ È VENDERE ARIA, MA È

PROPRIO QUELL’ARIA CHE FA GIRARE IL MULINO. (Marcel Bleustein).

Nella fase di progettazione e nella scelta dei materiali, è fondamentale che progettisti, imprese esecutrici, applicatori e anche rivenditori sappiano distinguere chiaramente tra un semplice prodotto liquido impermeabilizzante e un sistema di tenuta completo, idoneo allo specifico contesto applicativo.

Una valutazione errata o superficiale può compromettere la durabilità e l’efficacia dell’intervento, con conseguenze rilevanti in termini di responsabilità. In particolare, anche il rivenditore, in quanto figura attiva nella filiera della distribuzione, ha l’obbligo di assicurarsi che i prodotti commercializzati siano idonei allo scopo dichiarato

La vendita di materiali non conformi o inadatti all’impiego previsto può comportare responsabilità non solo civili ma anche penali, con l’applicazione di sanzioni pecuniarie in caso di danni causati da prodotti inadeguati. È quindi essenziale agire con consapevolezza e competenza lungo tutta la catena decisionale e distributiva.

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO

- Norma UNI EN 14891:2007

- Norma UNI EN 1504:2:2005

- Norma UNI EN 1928:2002

- Norma UNI 8178-2:2019

- Documento EAD030350000402

- ETAG 005 (Guideline for European Technical Approval)

La nomina del RPCT: I NUOVI CHIARIMENTI DI ANAC

A cura di Rosalisa Lancia, Direttore Area Formazione e Consulenza di Legislazione Tecnica

Con il parere del 22 ottobre 2025 (fasc. 3944/2025), ANAC torna a chiarire uno dei temi più delicati nell’architettura della prevenzione della corruzione ovvero i criteri per la nomina del Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (RPCT). Il punto fermo ribadito dall’Autorità – in linea con l’Allegato 3 al PNA 2022 – è che la scelta del RPCT appartiene all’organo di indirizzo, il quale deve procedere con un atto pienamente discrezionale, ma non arbitrario, perché guidato da elementi di competenza, affidabilità e autonomia.

Nel richiamare il principio secondo cui la selezione deve essere coerente con le caratteristiche dell’amministrazione, ANAC sottolinea che la figura del RPCT rappresenta un presidio essenziale per l’effettività del sistema prevenzionistico, motivo per cui la scelta deve essere orientata verso un soggetto che coniughi adeguata conoscenza dell’ente e capacità di esercitare la funzione senza condizionamenti. Il parere, pur calibrato sul caso concreto, ha un rilievo generale perché offre nuovamente agli enti criteri di valutazione e regole operative in materia di scelta, cumulo e durata dell’incarico.

IL QUESITO

L’amministrazione richiedente — un ente pubblico non economico di livello regionale — ha domandato ad ANAC di esprimersi su tre profili:

1.se sia possibile nominare RPCT un dipendente non dirigente, considerata la struttura dell’ente;

2.se sia ammissibile la coincidenza tra RPCT e Responsabile della Protezione dei Dati (RPD/DPO);

3. quale debba essere la durata dell’incarico, in assenza di un limite normativo espresso.

Si tratta di questioni ricorrenti nella prassi amministrativa, soprattutto negli enti di piccole o medie dimensioni che non dispongono di figure dirigenziali o che presentano assetti organizzativi non articolati.

PARERE E MOTIVAZIONI

1. Individuazione del RPCT e profilo professionale richiesto

ANAC conferma che la scelta del RPCT è, per legge, affidata all’organo di indirizzo e deve ricadere su un soggetto dotato di conoscenza dell’organizzazione, autonomia valutativa e competenze qualificate.

Nel parere, infatti, si richiama testualmente che il RPCT dovrebbe preferibilmente essere un dirigente di prima fascia o equiparato, poiché tale profilo assicura maggior indipendenza e capacità decisionale.

Tuttavia, l’Autorità riconosce che non tutti gli enti dispongono di tali figure.

Per questo motivo, ANAC precisa che la nomina può ricadere anche su un dipendente non dirigente, purché:

• dotato di un profilo professionale idoneo,

•preferibilmente di ruolo,

• in grado di garantire stabilità e continuità nell’esercizio della funzione.

Nel caso specifico, ANAC dichiara che nulla osta alla nomina di un non dirigente, considerate dimensioni e dotazione organica dell’ente. È un’indicazione rilevante perché conferma

un orientamento già espresso in più occasioni: la dirigenza non è un requisito essenziale, ma una preferenza, mentre il requisito imprescindibile resta la capacità effettiva di svolgere il ruolo.

2. Coincidenza tra RPCT e RPD/DPO: opzione possibile ma residuale

Il parere affronta anche il tema della possibile coincidenza tra RPCT e Responsabile della Protezione dei Dati (RPD o DPO).

ANAC torna ad affermare un principio già noto: la sovrapposizione tra le due funzioni non è auspicabile, perché entrambe richiedono impegni significativi e rischiano di comprimere l’efficacia l’una dell’altra.

L’Allegato 3 al PNA 2022 suggerisce espressamente di evitarne la coincidenza, ma apre alla possibilità solo negli enti di piccole dimensioni, quando sussiste una motivata carenza di personale.

Anche in questo caso ANAC ribadisce che il cumulo non è la regola, bensì l’eccezione, e può essere previsto solo quando non sia individuabile altra figura idonea.

Il parere, dunque, conferma un orientamento prudenziale:

•preferire la distinzione delle funzioni,

• ricorrere alla coincidenza solo in caso di effettiva necessità organizzativa.

3. Durata dell’incarico: continuità e rotazione

Sul tema della durata dell’incarico, ANAC chiarisce che non esiste un limite legale minimo o massimo.

Tuttavia, l’Autorità fornisce un criterio operativo:

• la durata dell’incarico deve in linea generale coincidere con quella dell’incarico dirigenziale sottostante,

• rispettando comunque il limite dei tre anni prorogabili una sola volta, in coerenza con i principi di continuità e rotazione.

Applicando questo criterio al caso concreto, ANAC suggerisce che la durata dell’incarico di RPCT sia parametrata alla durata dell’incarico

aggiuntivo attribuito al dipendente individuato.

Se tale durata è inferiore ai tre anni, l’Autorità richiama per analogia la raccomandazione rivolta ai segretari comunali nel PNA 2022: assicurare massima collaborazione nella fase di avvicendamento, così da non compromettere la continuità delle misure di prevenzione. È una precisazione importante: anche negli enti con incarichi brevi o figure a tempo determinato, la continuità del presidio anticorruzione deve essere salvaguardata.

CONCLUSIONI

Il parere del 22 ottobre 2025 rappresenta un ulteriore tassello nella costruzione di un quadro chiaro e coerente per la nomina del RPCT, pur andando in direzioni interpretative già note.

ANAC ribadisce i principi cardine della funzione:

•competenza

•autonomia

• stabilità

• proporzionalità tra struttura dell’ente e scelta organizzativa.

La flessibilità interpretativa, soprattutto per enti privi di dirigenza, è bilanciata da indicazioni precise volte a garantire l’effettività della prevenzione.

In definitiva, anche quando l’amministrazione è costretta a orientarsi verso soluzioni organizzative meno “ideali”, l’obiettivo di ANAC rimane immutato: un RPCT che possa operare con continuità, indipendenza e autorevolezza.

Scarica il testo del Parere anticorruzione del 22 ottobre 2025 – fasc.3944.2025

Scarica la locandina con il programma completo del corso

Divieto di pantouflage: ANALISI DI UN CASO CONCRETO E SINTESI DELLE VALUTAZIONI DI ANAC

A cura di Rosalisa Lancia, Direttore Area Formazione e Consulenza di Legislazione Tecnica

IL CASO SOTTOPOSTO ALL’ANAC

Con Delibera n. 369 del 1° ottobre 2025 ANAC ha affrontato e definito un tipico caso di divieto di pantouflage regolato dall’art. 53, comma 16-ter del d.lgs. 165/2001. Il procedimento di accertamento è derivato dalla segnalazione del RPCT di un Comune che aveva riscontrato la violazione del divieto da parte di un ex dirigente comunale, il quale — dimessosi volontariamente— era stato assunto appena due giorni dopo da una società privata affidataria di un appalto comunale di manutenzione triennale per impianti ascensori e cancelli automatici.

L’ex dipendente, in qualità di responsabile di settore, aveva firmato un anno prima la determinazione di aggiudicazione dell’appalto alla stessa società presso la quale sarebbe poi transitato come lavoratore dipendente.

LA FATTISPECIE NORMATIVA: RATIO E CONTENUTO DEL DIVIETO

La casistica attenzionata da ANAC è una concreta applicazione dell’art. 53, comma 16-ter del d.lgs. 165/2001 che – introdotto dalla legge 190/2012- stabilisce che i dipendenti pubblici che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno

esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto della PA non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto, attività lavorativa o professionale presso soggetti privati destinatari dell’attività amministrativa da loro stessi esercitata. Come conseguenza della previsione, i contratti e gli incarichi conferiti in violazione sono nulli, e il soggetto privato che li ha conferiti è interdetto dal contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni, con obbligo di restituzione degli eventuali compensi percepiti.

L’ISTRUTTORIA CONDOTTA DA ANAC

L’istruttoria svolta da ANAC si è sviluppata su più livelli, verificando la sussistenza cumulativa dei presupposti oggettivi e soggettivi previsti dalla norma. Sono stati accertati: l’ambito soggettivo del dipendente pubblico, l’esercizio di poteri negoziali, la destinazione dell’attività amministrativa al soggetto privato e la mancata osservanza del periodo di raffreddamento di tre anni. ANAC ha inoltre valutato e respinto le eccezioni relative all’elemento soggettivo, ovvero l’assenza di colpa del dipendente (e anche della società), chiarendo che la norma dell’art. 53, co. 16 ter ha una natura oggettiva e che ha come obiettivo la tutela della fiducia pubblica nell’imparzialità amministrativa.

1.Ambito soggettivo – ANAC ha accertato che l’ex dipendente rientrava tra i soggetti destinatari della norma, in quanto dipendente di un’amministrazione pubblica (Comune) compreso nel perimetro dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. 165/2001;

2.Poteri autoritativi e negoziali esercitati negli ultimi tre anni – Dalla documentazione acquisita è emerso che l’interessato aveva firmato la determinazione dirigenziale di affidamento alla società privata, esercitando in concreto poteri negoziali diretti nell’ambito della procedura di gara;

3.Destinatario dell’attività amministrativa del dipendente – Dalla documentazione verificata è risultato provato che la società presso la quale l’ex dirigente è stato assun-

to era beneficiaria diretta dell’atto di affidamento da lui sottoscritto, integrando in concreto il requisito della “destinazione” dell’attività amministrativa;

4.Decorrenza del periodo di raffreddamento – L’assunzione presso il soggetto privato è avvenuta appena due giorni dopo la cessazione del rapporto pubblico, eludendo in concreto il triennio di cooling-off previsto dalla legge;

5.Elemento psicologico – Nella memoria difensiva, l’interessato e la società hanno negato la sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa, sostenendo che la violazione fosse stato frutto di un errore interpretativo. A riguardo ANAC ha ribadito che la norma sul divieto di pantouflage ha natura oggettiva e di responsabilità “in re ipsa”, in quanto finalizzata a tutelare l’imparzialità dell’azione amministrativa e la fiducia dei cittadini nell’integrità delle istituzio.

LE CONCLUSIONI DI ANAC

Alla luce delle risultanze istruttorie, ANAC ha ritenuto integrata la violazione dell’art. 53, comma 16-ter, del d.lgs. 165/2001, e ha disposto:

• la nullità del contratto di lavoro stipulato tra l’ex dirigente e la società privata;

• il divieto per la società di contrattare con pubbliche amministrazioni per tre anni;

• la restituzione dei compensi percepiti dal soggetto privato in esecuzione del contratto nullo;

• la segnalazione al Comune per l’adozione di provvedimenti conseguenti, compresa la risoluzione dell’appalto già disposta dall’ente locale per violazione del patto di integrità.

Le misure assunte da ANAC si collocano nel quadro del potere di vigilanza e di sanzione attribuito ad ANAC dall’art. 16 del d.lgs. 39/2013 e dal regolamento del 2024, che ha istituito un procedimento organico per la gestione delle violazioni in materia di pantouflage.

PANTOUFLAGE E SISTEMA DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE: INDICAZIONI OPERATIVE

Il pantouflage è misura cardine di prevenzione della corruzione e non solo una sanzione postuma. Specificatamente, costituisce una forma di incompatibilità successiva, destinata ad evitare il rischio di commistione tra interesse pubblico e interesse privato, in ossequio ai principi di imparzialità, buon andamento e parità di trattamento.

La ratio del divieto di pantouflage si collega direttamente al principio di imparzialità soggettiva del funzionario pubblico, vietando il passaggio repentino dei pubblici funzionari a soggetti privati destinatari di provvedimenti amministrativi che rischierebbe di compromettere la percezione di neutralità dell’azione pubblica, alimentando sospetti di corruzione impropria o relazionale.

La misura preventiva del pantouflage, quindi, non è soltanto repressiva, ma serve a proteggere la credibilità dell’amministrazione e la fiducia dei cittadini, garantendo che le decisioni pubbliche non siano influenzate da prospetti-

ve di vantaggio personale futuro.

In considerazione della qualifica di misura di prevenzione della corruzione del divieto di pantouflage, la regolamentazione di ANAC nel tempo ha più volte richiamato le amministrazioni ai seguenti adempimenti pratici: quali:

• inserire nei Codici di comportamento clausole specifiche sul divieto di pantouflage;

• prevedere nel PTPCT o nella sezione “Rischi corruttivi e trasparenza” del PIAO procedure di verifica preventiva in caso di cessazione dal servizio di personale con poteri autoritativi o negoziali;

• istituire forme di dichiarazione obbligatoria di astensione o comunicazione di assunzione presso privati, da parte degli ex dipendenti, per consentire i controlli ex post dell’amministrazione e dell’ANAC;

• fonire adeguata e specifica formazione sul punto ai dipendenti.

Sono queste le indicazioni operative minime da rispettare per conformarsi alal norma che vanno tradotte in primis in misure organizzative e poi vanno monitorate dalla PA e dal RPCT ciascuno per le proprie competenze.

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Il procedimento disciplinare degli iscritti all’albo: ADDEBITO NON PROVATO, ARCHIVIAZIONE DEL PROCEDIMENTO E PROSCIOGLIMENTO

A cura di Rosalisa Lancia, Direttore Area Formazione e Consulenza di Legislazione Tecnica

Un procedimento disciplinare a carico di un professionista iscritto ad un albo può concludersi per addebito non provato e senza la comminazione di una sanzione.

Le modalità di conclusione del procedimento in questi casi sono diverse a seconda della fase procedimentale in cui ci si trova, ovvero durante la fase preliminare o in esito al dibattimento.

INTRODUZIONE

Il procedimento disciplinare presso gli Ordini e Collegi professionali costituisce lo strumento per garantire il rispetto delle norme deontologiche e la tutela dell’interesse pubblico alla correttezza dell’esercizio professionale. Non tutti i procedimenti disciplinari si concludono con l’irrogazione di una sanzione: in molti casi, infatti, l’addebito contestato risulta

non sussistente, o non provato o anche prescritto determinando la conclusione del procedimento senza conseguenze sanzionatorie per l’iscritto.

La distinzione tra le diverse modalità di conclusione del procedimento disciplinare è di importanza fondamentale poiché ciascuna fase procedurale ha una sua formula e poiché ciascuna formula produce effetti giuridici differenti.

È essenziale, pertanto, chiarire quando si debba procedere all’archiviazione dell’addebito, quando invece, si debba pronunciare il proscioglimento con formula di non luogo a procedere e quando si determina l’estinzione dell’azione disciplinare per sopravvenuta prescrizione dell’illecito.

LA STRUTTURA BIFASICA DEL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE

Ferme restando le specificità previste da ciascuna normativa professionale, il procedimento disciplinare degli iscritti agli Ordini professionali si articola in due fasi distinte, ciascuna caratterizzata da specifiche finalità e modalità procedurali.

La fase istruttoria preliminare è finalizzata alla verifica dei fatti che formano oggetto della segnalazione o esposto e alla valutazione della sussistenza di elementi sufficienti per dare corso al giudizio disciplinare. In questa fase, il Presidente dell’organo disciplinare assume le informazioni che ritiene opportune e può convocare l’incolpato per essere udito, senza tuttavia procedere a una contestazione specifica degli addebiti.

La fase decisoria o dibattimentale si apre solo qualora l’organo disciplinare ritenga che vi sia motivo a giudizio disciplinare. In questa fase, l’incolpato viene formalmente citato con contestazione specifica degli addebiti e si procede alla discussione in contraddittorio, all’esito della quale viene adottata la decisione finale. In questa fase vanno osservate tutti i principi e le tutele previste dalla L. 241/1990 sul procedimento disciplinare.

FASE ISTRUTTORIA PRELIMINARE: FORMULA DELL’“ARCHIVIAZIONE”

La formula dell’archiviazione rappresenta la modalità di conclusione del procedimento disciplinare nella fase istruttoria preliminare, quando l’organo giudicante -valutati gli elementi acquisiti- ritiene che non vi sia motivo per dare corso al giudizio disciplinare.

Questa decisione può essere adottata in particolare quando:

• i fatti segnalati non sono sufficientemente provati o risultano generici e non circostanziati;

• i fatti, pur accertati, non integrano violazione delle norme deontologiche;

• la segnalazione risulta manifestamente infondata o pretestuosa;

• mancano elementi probatori minimi per sostenere l’accusa in un eventuale dibattimento;

• sussistono vizi procedurali che rendono inammissibile la prosecuzione;

• l’organo disciplinare riconosce la propria incompetenza territoriale o funzionale a conoscere del procedimento

• sia eccepita e provata la prescrizione dell’illecito.

Natura e caratteristiche dell’archiviazione

L’archiviazione ha natura di provvedimento amministrativo adottato dall’organo di disciplina nell’esercizio della propria funzione di valutazione preliminare. Non si tratta di una decisione sul merito dell’addebito, ma di una valutazione prognostica sulla sussistenza di elementi sufficienti per instaurare il contraddittorio dibattimentale. La decisione di archiviazione deve essere motivata e deve indicare le ragioni per cui si ritiene che non vi sia motivo a procedere. La motivazione può essere sintetica, ma deve consentire di comprendere i criteri di valutazione adottati dal Collegio.

Effetti dell’archiviazione

L’archiviazione comporta la chiusura del procedimento disciplinare senza che si sia instau-

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rato il contraddittorio dibattimentale. Tuttavia, diversamente dal proscioglimento, l’archiviazione non preclude la riapertura del procedimento a seguito di altra segnalazione e qualora sopravvengano nuovi elementi probatori significativi che modifichino il quadro fattuale inizialmente valutato.

L’archiviazione deve essere comunicata all’incolpato e al Presidente dell’Ordine, ma non comporta l’obbligo di comunicazione alla Procura della Repubblica, trattandosi di una decisione adottata prima dell’instaurazione del procedimento disciplinare vero e proprio.

FASE DEL DIBATTIMENTO: FORMULA DEL PROSCIOGLIMENTO

All’esito del dibattimento, quando l’addebito contestato non è sussistente o non è provato, l’organo disciplinare pronuncia il proscioglimento con formula di non luogo a procedere. La formula di proscioglimento deve essere specifica e motivata, indicando chiaramente se i fatti non sono provati (proscioglimento per insufficienza di prove) o se i fatti non costituiscono illecito disciplinare (proscioglimento nel merito). Questa distinzione riveste particolare importanza per comprendere le ragioni della decisione e per valutare l’eventuale impugnabilità.

Presupposti del proscioglimento

La decisione di non luogo a procedere è adottata quando ricorre una delle seguenti circostanze:

• Fatti non provati: quando il quadro probatorio acquisito nel dibattimento non consente di raggiungere la certezza sulla sussistenza dei fatti contestati. In questo caso, il proscioglimento è pronunciato per insufficienza di prove.

• Fatti non costituenti illecito disciplinare: quando i fatti, pur provati, non integrano violazione delle norme deontologiche o non presentano la gravità necessaria per giustificare una sanzione disciplinare.

• Cause di giustificazione: quando sussisto-

no circostanze che escludono la responsabilità disciplinare, quali lo stato di necessità, la legittima difesa, l’adempimento di un dovere o l’esercizio di una facoltà legittima.

• Prescrizione dell’azione disciplinare: quando nel dibattimento si eccepisca e si provi il decorso del termine prescrizionale.

L’onere della prova nel procedimento disciplinare Nel procedimento disciplinare, l’onere della prova degli addebiti contestati grava sull’organo di disciplina, che deve dimostrare la sussistenza dei fatti e la loro rilevanza disciplinare1. In particolare, deve valutare l’attendibilità delle fonti probatorie acquisite, la coerenza tra i diversi elementi di prova, la sufficienza del quadro probatorio per raggiungere il convincimento e la rilevanza disciplinare dei fatti accertati.

In caso di dubbio ragionevole sulla sussistenza dell’addebito o sulla sua rilevanza disciplinare, l’organo disciplinare pronuncia il proscioglimento. Il principio in dubio pro reo, pur non trovando applicazione diretta nel procedimento disciplinare, ispira la valutazione probatoria nel senso che le incertezze devono risolversi a favore dell’incolpato.

Questo orientamento trova fondamento nel principio costituzionale della presunzione di innocenza e nel diritto di difesa, che impongono di non irrogare sanzioni disciplinari in presenza di dubbi ragionevoli sulla responsabilità dell’iscritto. La certezza richiesta non deve essere assoluta, ma deve essere tale da escludere ragionevoli dubbi alternativi rispetto alla ricostruzione accusatoria.

LA MOTIVAZIONE DELLE DECISIONI

Tanto l’archiviazione quanto il proscioglimento sono provvedimenti adeguatamente motivati, seppur con diversi gradi di approfondimento.

La motivazione deve essere specifica e non apparente, affrontando tutti i punti decisivi della

controversia e le eccezioni sollevate dall’incolpato.

La motivazione dell’archiviazione può essere più sintetica, dovendo essenzialmente spiegare perché non si ritiene opportuno dare corso al giudizio disciplinare. È sufficiente indicare l’assenza di elementi probatori sufficienti o la manifesta infondatezza della segnalazione.

La motivazione del proscioglimento deve essere più articolata, dovendo dar conto della valutazione compiuta all’esito del contraddittorio dibattimentale. Deve analizzare le prove acquisite, le argomentazioni delle parti e le ragioni che hanno portato alla conclusione assolutoria.

Nel caso del proscioglimento, la motivazione deve specificare:

• i fatti accertati o non accertati;

• le ragioni per cui gli elementi probatori sono ritenuti insufficienti o inattendibili;

• l’eventuale insussistenza della rilevanza disciplinare dei fatti;

• le norme deontologiche considerate e la loro applicazione al caso.

GLI EFFETTI GIURIDICI DELLE DIVERSE DECISIONI

Provvedimento di archiviazione e provvedimento di proscioglimento per non luogo a procedere hanno effetti diversi.

L’archiviazione comporta:

• la chiusura del procedimento nella fase istruttoria preliminare;

• la possibilità di riapertura del procedimento a seguito di nuova segnalazione per gli stessi fatti;

• la comunicazione dell’archiviazione all’incolpato e al Presidente dell’Ordine;

• l’annotazione nel registro riservato dei procedimenti disciplinari e/o nel fascicolo dell’iscritto Il proscioglimento comporta:

• l’estinzione definitiva del procedimento disciplinare senza applicazione di sanzioni;

• l’impossibilità di riaprire il procedimento per i medesimi fatti, salvo l’acquisizione di nuovi elementi probatori decisivi;

• la comunicazione dell’esito al Presidente

dell’Ordine e alla Procura della Repubblica;

• l’annotazione nel registro dei procedimenti disciplinari e/o nel fascicolo dell’iscritto. Il proscioglimento non preclude eventuali azioni civili o penali per i medesimi fatti, trattandosi di giurisdizioni diverse con finalità distinte.

LE COMUNICAZIONI, LA TRASPARENZA E LA TUTELA DELLA PRIVACY

La decisione di proscioglimento deve essere comunicata:

• all’incolpato, con le modalità previste per le sanzioni disciplinari;

• al Presidente dell’Ordine, per gli adempimenti di competenza;

• alla Procura della Repubblica. Nessuna comunicazione deve essere fatta al segnalante che, tuttavia, potrà esercitare il proprio diritto di accesso agli atti: come, infatti, pacifico in giurisprudenza la qualità di autore di un esposto che abbia dato luogo a un procedimento disciplinare costituisce circostanza idonea a radicare la titolarità dell’interesse giuridicamente rilevante per l’accesso agli atti. Nelle comunicazioni relative all’archiviazione e al proscioglimento devono essere rispettati i principi di tutela dei dati personali, limitando la diffusione delle informazioni ai soggetti legittimati e adottando le necessarie misure di sicurezza per garantire la riservatezza.

L’IMPUGNABILITÀ DELLE DECISIONI

Archiviazione e provvedimento di non luogo a procedere soggiacciono a diversi regimi di impugnazione.

L’archiviazione, essendo una decisione adottata nella fase istruttoria preliminare, presenta una limitata impugnabilità. Generalmente, può essere impugnata solo dal Procuratore della Repubblica se ritiene che la decisione sia contraria a disposizioni legislative o regolamentari.

La decisione di proscioglimento, invece, è impugnabile:

• dal Procuratore della Repubblica, se ritiene la decisione contraria a disposizioni legislative o regolamentari;

• dall’incolpato, solo se il proscioglimento è parziale e residua una sanzione; Non è mai impugnabile dal segnalante, che non ha qualità di parte nel procedimento disciplinare.

Come chiarito dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione2 “l’eventuale denunciante, cui non è riconosciuta la qualità di parte nel procedimento disciplinare, non è legittimato al ricorso avverso le decisioni dei Consigli dell’Ordine locali, ivi comprese quelle di archiviazione dell’esposto”.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

La distinzione tra archiviazione e proscioglimento nel procedimento disciplinare non è meramente terminologica, ma riflette la diversa natura e finalità delle due fasi procedurali. L’archiviazione rappresenta una valutazione prognostica sulla opportunità di instaurare il contraddittorio, mentre il proscioglimento costituisce una decisione definitiva sul merito dell’addebito all’esito del dibattimento. Entrambe le decisioni devono essere adeguatamente motivate e comunicate agli interessati, nel rispetto dei principi di trasparenza e di tutela del diritto di difesa.

La corretta applicazione di questi istituti contribuisce a garantire l’efficienza del sistema disciplinare e la tutela dei diritti degli iscritti, assicurando che le sanzioni disciplinari siano irrogate solo in presenza di addebiti chiaramente provati e deontologicamente rilevanti.

NOTE

1 Come chiarito dalla Cassazione civile, sentenza n. 2613 del 2014, “quando il provvedimento sanzionatorio si fonda su una pluralità di fonti probatorie, l’organo giudicante è tenuto a valutare il compendio istruttorio nella sua completezza”.

2 Cassazione civile Sez. Unite sentenza n. 10070 del 9 maggio 2011

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I CAMBIAMENTI DEL PROJECT FINANCING PORTATI DAL CORRETTIVO

Il c.d. Correttivo (D. Lgs. 209/2024) ha integralmente sostituito l’art. 193 del DLgs 36/2023, ridisegnando la procedura di finanza di progetto e (maggiore tra le novità) introducendo una fase obbligatoria di stimolo alla presentazione di proposte e valutazione comparativa di quelle pervenute, con l’intento di tutelare la concorrenza fin dallo stadio embrionale della procedura.

Analizzeremo la nuova disciplina, evidenziando come essa, da un lato, risolva una significativa incertezza giuridica pregressa e, dall’altro, introduca rilevanti complessità operative legate alla fase di valutazione preliminare.

LE FASI DESCRITTE NEL NUOVO ART. 193

Considerato che il Correttivo risulta ormai conosciuto ai più, sintetizziamo le fasi introdotte con le modifiche all’art. 193 che consistono in manifestazione di interesse preliminare (comma 2), proposta ad iniziativa privata (comma 3), valutazione delle proposte, gara, prelazione e proposte su iniziativa dell’ente concedente (commi 16 e 17).

PRONEXT

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LE PRINCIPALE DIFFERENZE COL REGIME PREVIGENTE

Le nuove disposizioni si applicano alle procedure avviate a partire dal 1° gennaio 2025. Per le iniziative presentate prima di tale data, continuano a valere le norme previgenti. Le differenze più significative riguardano la struttura della procedura, la reintroduzione della dimostrazione dei requisiti, il contenuto del progetto di fattibilità e il ritorno dell’iniziativa pubblica.

IL SUPERAMENTO DEL VUOTO NORMATIVO

Il merito principale e innegabile della riforma è l’aver colmato un vuoto normativo che in passato ha generato paralisi amministrativa e un elevato rischio di contenzioso. Nella vigenza del quadro normativo precedente, infatti, non era esplicitamente disciplinata l’ipotesi della presentazione simultanea di più proposte concorrenti. Il nuovo art. 193, imponendo di fatto l’obbligo di una valutazione comparativa, fornisce finalmente una procedura definita e una chiara base giuridica. Pur presentando le criticità operative che saranno analizzate in seguito, la norma stabilisce un percorso certo, spostando i problemi sul piano operativo, più che su quello procedurale. Aver risolto l’incertezza sulla procedura da seguire rappresenta comunque un progresso per la funzionalità dell’istituto.

L’IMPATTO SUI TEMPI PROCEDURALI

Inevitabilmente, la forte anticipazione di momenti comparativi tra (potenziali) più proposte, comporta un allungamento significativo dei tempi della procedura. Mentre prima la

tempistica era segnata dalla sola fase di valutazione (con termine perentorio di 90 giorni), oggi assistiamo a più momenti (raccolta informazioni, presentazione proposta, avviso pubblico, comparazione, valutazione) con tempi dettati dalla norma: 60 giorni per la raccolta di eventuali nuove proposte; 45 giorni per la valutazione comparativa; 60 giorni (fino a 90) per la successiva valutazione finale della/e proposta/e.

CONCLUSIONI

La riforma dell’articolo 193 presenta una natura duale. Da un lato, costituisce un indubbio avanzamento, risolvendo il vuoto normativo sulla gestione di proposte concorrenti e rafforzando la certezza del diritto. Dall’altro, introduce una procedura di valutazione preliminare le cui criticità operative – esercizio della discrezionalità in una fase istruttoria prematura, difficoltà di differenziazione in settori standardizzati e dilatazione dei tempi – non possono essere sottovalutate. Per assicurare che i benefici della maggiore concorrenza non siano vanificati da inefficienze procedurali, potrebbe essere auspicabile un intervento di soft law (es. linee guida ANAC) che fornisca alle stazioni appaltanti strumenti metodologici per gestire la nuova e complessa fase di comparazione.

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APP4 : IL NUOVO APPLICATIVO DI CONSORZIO POROTON ® ITALIA PER IL CALCOLO DELLE PRESTAZIONI ACUSTICHE

Il nuovo applicativo online consente di calcolare le prestazioni acustiche di pareti in laterizio, singole o doppie, per stimare in fase previsionale il potere fonoisolante e l’isolamento acustico. Con APP4, il Consorzio POROTON® Italia arricchisce la propria gamma di strumenti digitali per la progettazione edilizia.

UN SUPPORTO TECNICO PER LA PROGETTAZIONE ACUSTICA

Poroton APP4 si basa su formule previsionali semiempiriche, che permettono di ottenere una stima attendibile e cautelativa delle prestazioni acustiche anche in assenza di dati sperimentali.

Lo strumento è pensato per la fase previsionale della progettazione, offrendo un metodo di calcolo semplice ma rigoroso, utile a definire le prestazioni attese di pareti in laterizio sia singole (monostrato) sia doppie (pluristrato).

Disponibile gratuitamente sul sito ufficiale www.poroton.it, APP4 consente a progettisti e tecnici di stimare il potere fonoisolante (Rw) e l’isolamento acustico normalizzato (DnT,w) di strutture in muratura, in conformità alle norme UNI 111751 e UNI EN ISO 12354-1.

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ANALISI SPECIFICA PER PARETI IN LATERIZIO POROTON®

L’applicativo distingue le doppie pareti generiche dalle doppie pareti in laterizio porizzato POROTON®.

Per quest’ultima categoria, il Consorzio POROTON® Italia ha elaborato relazioni empiriche basate su campagne sperimentali condotte su linee omogenee di elementi da muratura, così da garantire risultati più rappresentativi e coerenti con le reali prestazioni dei sistemi costruttivi POROTON®.

Consorzio POROTON® Italia Via Franchetti, 4 - 37138 VERONA - Telefono 045.572697 - Fax 045.572430 www.poroton.it - info@poroton.it

STRUMENTI INTEGRATI PER UN CALCOLO COMPLETO

Il calcolo con APP4 tiene conto di diversi parametri che caratterizzano la parete in esame, tra cui la tipologia di parete (singola o doppia), la tipologia di blocco in laterizio e la percentuale di foratura

Elemento fondamentale per l’elaborazione è la massa per unità di area complessiva della parete (m’), che include malta e intonaci (ove presenti). Laddove non si disponga del dato di massa totale della parete m’, esso può essere calcolato facilmente tramite gli altri strumenti del Consorzio, come APP1

DATI TECNICI E RIFERIMENTI NORMATIVI

L’applicativo consente di calcolare:

•l’indice di valutazione del potere fonoisolante Rw, parametro di riferimento per la determinazione del potere fonoisolante apparente R’w richiesto dal D.P.C.M. 05/12/1997 sui requisiti acustici passivi degli edifici;

•l’indice di valutazione dell’isolamento acustico normalizzato DnT,w, che tiene conto delle caratteristiche geometriche della parete e dell’ambiente ricevente.

SUITE DI APPLICATIVI PER PROGETTISTI E TECNICI

Con APP4, il Consorzio POROTON® Italia conferma il proprio impegno nel fornire strumenti tecnici utili, aggiornati e di facile utilizzo, a supporto della progettazione edilizia di qualità.

APP4 si aggiunge a una suite di applicativi online messi a disposizione gratuitamente dal Consorzio sul sito www.poroton.it, tra cui:

• APP1 – calcolo della massa superficiale delle pareti in laterizio;

• APP2 – calcolo delle proprietà meccaniche della muratura;

• APP3 – determinazione della resistenza al fuoco delle pareti;

• APP4 – calcolo delle prestazioni acustiche; oltre al software WinPar 3.0, che consente la verifica termoigrometrica e la determinazione

delle caratteristiche termofisiche delle strutture. Con questi strumenti, Consorzio POROTON® Italia continua a sostenere la progettazione integrata e consapevole delle costruzioni in laterizio, offrendo risorse affidabili, gratuite e sempre aggiornate per i professionisti del settore.

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MIGLIORAMENTO SISMICO INDUSTRIALE

CON DISPOSITIVI DISSIPATIVI SISMOCELL : UN CASO PRATICO

Air Service sceglie i dispositivi Sismocell per il miglioramento sismico del proprio capannone a Termini Imerese, zona ad elevato rischio sismico, garantendo la continuità produttiva e il rispetto di Ntc 2018 e D.Lgs. 81/2008

Da Nord a Sud, l’Italia è un territorio quasi interamente sismico. La messa in sicurezza dei luoghi di lavoro non è solo necessaria: è un imperativo etico e normativo non più derogabile. E i capannoni prefabbricati costruiti senza criteri sismici, hanno da tempo dimostrato di essere estremamente vulnerabili ai terremoti. Da qui nasce il coinvolgimento di Sismocell nell’intervento di miglioramento sismico del capannone Air Service a Termini Imerese (Palermo), area classificata in zona 2, ad alta pericolosità sismica. “È stata una scelta di responsabilità – spiega l’ing. Andrea D’Anneo, operations manager – maturata dopo una visita a un fornitore nella zona di Mirandola, colpita dal sisma del 2012: abbiamo visto capannoni più moderni del nostro crollati come cartapesta”. Da subito dunque, emerge la necessità di aumentare il livello di sicurezza dello stabilimento in coerenza con le Ntc 2018 (D.M. 17/01/2018) e con il D.Lgs. 81/2008 sugli obblighi del datore di lavoro in tema di sicurezza. Condizione essenziale: programmare i lavori senza fermare la produzione e preservando il fatturato.

LE VULNERABILITÀ DELLA STRUTTURA

La struttura prefabbricata dell’edificio presentava una configurazione regolare, con travi

Intervento di riduzione del rischio sismico presso Air Service @Sismocell

a doppia pendenza e tegoli di copertura caratterizzati da doppia nervatura e assenza di collegamenti nei nodi principali. L’ assenza di connessioni efficaci, in caso di terremoto, può provocare perdite d’appoggio e crolli. La soluzione però non può limitarsi alla realizzazione di semplici unioni (rigide ndr), deve invece prevedere la capacità di dissipare energia. In definitiva due erano le questioni da risolvere: l’inserimento di collegamenti dissipativi e la realizzazione di un intervento non invasivo. Per questo sono stati scelti i sistemi anti-

Sismo Solution S.r.l. Viale Angelo Masini, 48 | 40126 Bologna | ITALIA | Tel:+39 051 0218168 sismocell.com - info@sismosolution.com

sismici Sismocell che migliorano la risposta sismica complessiva dell’edificio controllando lo spostamento tra gli elementi in caso di terremoto.

LA SOLUZIONE CON I DISPOSITIVI

SISMOCELL: INVASIVITÀ RIDOTTA E FACILITÀ

DI MONTAGGIO

Grazie a un supporto tecnico specializzato da parte del team Sismocell, le soluzioni sono state adattate alle caratteristiche specifiche della struttura, migliorandone il comportamento sismico e incrementandone resistenza. Come sottolinea D’Anneo: “Abbiamo scelto dispositivi che garantissero sicurezza senza dover fermare la produzione, integrandosi con la geometria esistente del capannone”.

L’intervento ha previsto l’installazione di dispositivi SismoCell sui nodi trave pilastro e SismoBox per realizzare i collegamenti trave-tegolo. In copertura, su ogni appoggio della nervatura dei tegoli, è stata installata la configurazione B di SismoBox in grado di assorbire energia sismica in entrambe le direzioni e risparmiare notevolmente sulla carpenteria metallica. Entrambi i dispositivi funzionano a fusibile dissipativo di tipo meccanico, concentrando l’energia del terremoto sui dispositivi stessi e preservando la struttura.

L’organizzazione del cantiere invece è avvenu-

ta in esercizio, con interventi per comparti, uso di piattaforme elettriche e limitazioni temporanee della corsa del carroponte. “È stata fatta una pianificazione precisa – prosegue D’Anneo –. I tecnici hanno lavorato in quota, spostandosi solo a fine giornata. Un intervento pulito, efficace, compatibile con le nostre esigenze e senza alcuna interruzione dell’attività”

Infine, per migliorare la percezione di maggiore sicurezza dello stabilimento, la committenza ha scelto di evidenziare i collegamenti con carpenteria colorata, comunicando anche visivamente l’investimento in prevenzione.

RISULTATI IN BREVE

•Installate connessioni dissipative trave-pilastro, trave-tegolo, più efficaci nel migliorare la risposta sismica dell’edificio con notevole riduzione del rischio;

• Utilizzato il dispositivo SismoBox in configurazione B con fissaggio diretto alla trave, senza necessità di opere accessorie e con funzionalità dissipative bidirezionali e risparmio su carpenteria metallica;

• Realizzato intervento con tempi di installazione brevi;

• Salvaguardata la continuità operativa;

• Migliorata la percezione di sicurezza tra gli addetti e l’aderenza alle NTC 2018 e al D.Lgs. 81/2008

INNOVAZIONE BIM: AI E STRUMENTI AVANZATI IN EDIFICIUS

Come ottimizzare il tuo workflow progettuale con Edificius: strumenti AI avanzati come Sibilla, usBIM.codesign AI e i nuovi tool MEP

L’Intelligenza Artificiale sta rivoluzionando il lavoro dei professionisti tecnici nel settore delle costruzioni, integrandosi sempre più profondamente nei sistemi BIM e nei software di progettazione.

La sua applicazione consente di automatizzare attività ripetitive, ridurre i tempi di progettazione e revisione, migliorare la gestione dei dati e supportare decisioni progettuali più informate. All’interno di questo contesto, gli aggiornamenti dei software ACCA introducono strumenti avanzati che combinano AI e BIM per rendere il workflow più efficiente, preciso e collaborativo, dal calcolo degli impianti alla modellazione architettonica, fino alla gestione della documentazione e delle librerie di progetto.

ACCA INTELLIGENCE: L’AI CHE ENTRA NEI

SOFTWARE E NEI SERVIZI ACCA

Grazie alla tecnologia ACCA Intelligence, le applicazioni ACCA software saranno in grado di analizzare i dati progettuali in tempo reale per proporre soluzioni ottimali, generare automaticamente contenuti tecnici e documentazione, migliorare le interfacce per la gestione delle attività in cantiere, offrire analisi predittive dei rischi per la sicurezza e potenziare la visualizzazione architettonica e la collabora-

ACCA software S.p.A.

zione nei flussi BIM.

In particolare, il nuovo aggiornamento del software Edificius introduce nuovi strumenti, tra cui l’integrazione di strumenti che massimizzano l’efficacia dell’integrazione tra AI e BIM.

I principali aggiornamenti riguardano:

• Sibilla, l’assistente AI sempre attivo per supporto immediato;

• un nuovo ambiente per il lavoro collaborativo;

• l’integrazione con il generatore AI di rendering usBIM.codesign AI;

• i nuovi tool usMEP per il calcolo e dimensionamento di impianti elettrici, idronici, aeraulici e gas;

• la gestione e rappresentazione 3D avanzata delle stratigrafie.

SIBILLA: ASSISTENZA AI INTEGRATA E

APPRENDIMENTO CONTINUO IN EDIFICIUS

Sibilla rappresenta un’evoluzione fondamentale nel modo di utilizzare Edificius, offrendo un assistente intelligente sempre disponibile e integrato direttamente nel software. Pur non sostituendo il supporto tecnico tradizionale, garantisce risposte immediate e contestuali, eliminando i tempi di attesa e aumentando la sicurezza operativa durante tutte le fasi di progettazione.

Contrada Rosole 13 - 83043 BAGNOLI IRPINO (AV) – Italy - Tel: 0827/69504 info@acca.it - acca@pec.it- www.acca.it

L’integrazione di Sibilla migliora sensibilmente la curva di apprendimento facilitando l’accesso alle funzionalità avanzate come HBIM, MEP e gestione delle nuvole di punti. Il progettista può risolvere dubbi su comandi e parametri in pochi secondi, riducendo al minimo le interruzioni e incrementando la produttività.

Grazie al suo approccio guidato e contestuale, Sibilla favorisce un apprendimento continuo e operativo: l’utente scopre funzionalità meno note, tecniche avanzate e scorciatoie direttamente mentre lavora, senza necessità di interrompere l’attività per seguire corsi o consultare documentazione esterna. Il risultato è una user experience più fluida, completa ed efficace.

us BIM.CODESIGN AI: CO-PROGETTAZIONE INTELLIGENTE SU MODELLI, LIVELLI E TAVOLE

usBIM.codesign AI si conferma uno strumento strategico per la generazione e l’evoluzione delle idee progettuali. L’agente basato su Intelligenza Artificiale supporta il progettista nella creazione di concept e rendering concettuali, trasformando rapidamente input e indicazioni in soluzioni visive.

La sua integrazione è stata estesa anche su livelli, tavole grafiche, viste 3D del modello e rendering, consentendo di sfruttare pienamente la sua capacità generativa in qualsiasi fase del workflow digitale.

Generatore di architettura AI usBIM.codesign AI

NUOVI

OGGETTI E MIGLIORAMENTI PER LA

MODELLAZIONE ARCHITETTONICA

L’aggiornamento introduce due nuovi oggetti architettonici chiave:

• involucro orizzontale fittizio, utile per delimitare i vani in pianta e contribuire al calcolo dei volumi tridimensionali;

• massetto pendenze, che permette di modellare superfici inclinate multiple per la gestione delle pendenze.

È stata inoltre abilitata la possibilità di inserire più aperture nella stessa nicchia (oggetto Heritage BIM), ampliando le possibilità di rappresentazione del patrimonio esistente.

Oggetto nicchia | Edificius

Completano il quadro le nuove opzioni di personalizzazione delle stratigrafie negli incroci: il progettista può modificare localmente la priorità degli strati per ottenere raccordi specifici e più fedeli alla realtà costruttiva.

OTTIMIZZAZIONE DELLA DOCUMENTAZIONE

ESECUTIVA

Le tavole esecutive beneficiano di tre nuove funzionalità operative pensate per velocizzare creazione e personalizzazione:

• duplica tavola: creata la tavola esecutiva, è possibile duplicarla, creando una nuova tavola che conserva della precedente le caratteristiche, le proprietà e il formato della tavola;

• replica formato: consente di applicare le caratteristiche, le proprietà e il formato di una tavola ad una o più tavole esecutive esistenti;

• segni di piegatura: al fine di agevolare la piegatura del foglio dopo la stampa su carta, aggiunta la possibilità di visualizzare i segni di piegatura, selezionando uno tra i formati predisposti.

MIGLIORAMENTI

A LIBRERIE, IMPORTAZIONE

3D ED ETICHETTE

Ulteriori novità nell’aggiornamento includono la compattazione degli elementi della Libreria Progetto, che permette di eliminare automaticamente tutti gli oggetti non riservati o non utilizzati, alleggerendo significativamente la

dimensione del file e migliorando le prestazioni complessive del progetto.

È stato inoltre introdotto un nuovo importatore per i blocchi 3D, ottimizzando l’inserimento di file nei formati DXF, DWG e DGN attraverso un applicativo dedicato, più affidabile e veloce. Infine, è stata implementata la nuova proprietà “Tipo di riferimento” per le etichette, che consente di definire con precisione la distanza dell’etichetta dall’oggetto, sia durante l’inserimento sia per le entità già presenti nel modello.

MODELLAZIONE E COMPUTO MEP

Nell’ambito della modellazione MEP, l’aggiornamento introduce diverse funzionalità.

Per le tubazioni flessibili sono state aggiunte le maniglie “BLU” per la traslazione dei tratti costituenti un flessibile. Sono stati inoltre introdotti nuovi terminali idronici con configurazione parametrica, tra cui aerotermi a parete con deflettori orizzontali per il raffrescamento e aerotermi a soffitto per riscaldamento e raffrescamento, ampliando le possibilità progettuali.

Tubazioni flessibili | Edificius

Aerotermo a soffitto | Edificius usBIM-r

Computo | Edificius usBIM-r

Infine, nella fase di computo degli impianti MEP, è ora possibile creare raggruppamenti per “Marca”, “Gruppo (Classificazione)” e “Tipologia (Classificazione)”.

us MEP.HVAC: MIGLIORAMENTI NELLA VERIFICA IMPIANTISTICA

Per usMEP.HVAC (aeraulico), l’aggiornamento

migliora la rappresentazione della curva caratteristica dell’impianto a seguito della fase di verifica.

Scopri Edificius con tutte le funzioni integrate in un unico programma per garantirti più velocità e meno errori!

FREE TUTORIAL: LE INNOVAZIONI DI ALLPLAN PER LA PROGETTAZIONE BIM

ALLPLAN Italia è lieta di condividere gratuitamente un tutorial sulle novità per la progettazione BIM offerte da ALLPLAN 2026

ALLPLAN mette a disposizione gratuitamente un nuovo Tutorial in 69 video-pillole sulle innovazioni introdotte da ALLPLAN 2026 per la progettazione multidisciplinare e per la collaborazione BIM. Le pillole di formazione sono ordinate in 6 macro categorie:

• Usabilità: 3 video-pillole

• Building Information Modeling: 9 video-pillole

• Interoperabilità: 4 video-pillole

• Modellazione: 34 video-pillole

• Documentazione: 13 video-pillole

• - Servizi Cloud: 6 video-pillole

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